6 aprile 2018. L'Aquila, nove anni dopo

Emanuela Medoro (April 07, 2018)
Ma troppi fabbricati restaurati e rimessi a nuovo sono purtroppo ancora vuoti. La scena offerta da palazzi secolari dall’aspetto oggi nuovissimo, contigui a cantieri con le gru in movimento, è invero singolare anche per chi ne ha esperienza quotidiana. Si ha l’impressione di uno spazio cittadino in divenire, incompiuto, direi informe, dove tutto deve ancora succedere in un futuro dalle dimensioni ignote. Ricordo che un politico in auge all’epoca del sisma, dopo avere sorvolato la città subito dopo il catastrofico evento, disse che per rifarla ci sarebbero voluti almeno trent’anni. Se dopo nove anni la metà è rimessa a nuovo, possiamo essere ottimisti sui tempi a venire.

Nove anni dopo il bicchiere è mezzo pieno, si vede nei servizi fotografici dei media nazionali, e lo confermo con la mia esperienza personale. Salendo da Porta Napoli verso la Fontana Luminosa i fabbricati del lato destro sono tutti rimessi a posto, non così quelli a sinistra, i portici sono ancora fermi alla messa in sicurezza dell’immediato dopo sisma. Nei pochi metri in cui ambedue i lati sono a posto si respira aria di normalità, negozi e studi professionali in piena attività, gente in movimento.

Ma troppi fabbricati restaurati e rimessi a nuovo sono purtroppo ancora vuoti. La scena offerta da palazzi secolari dall’aspetto oggi nuovissimo, contigui a cantieri con le gru in movimento, è invero singolare anche per chi ne ha esperienza quotidiana. Si ha l’impressione di uno spazio cittadino in divenire, incompiuto, direi informe, dove tutto deve ancora succedere in un futuro dalle dimensioni ignote. Ricordo che un politico in auge all’epoca del sisma, dopo avere sorvolato la città subito dopo il catastrofico evento, disse che per rifarla ci sarebbero voluti almeno trent’anni. Se dopo nove anni la metà è rimessa a nuovo, possiamo essere ottimisti sui tempi a venire.

Sorgono attività nuove negli spazi lasciati vuoti da commercianti che o sono andati in pensione o si sono definitivamente trasferiti nei tanti locali sorti in periferia, con il vantaggio certo di ampi e sicuri spazi di parcheggio che dilatano lo spazio della città a dimensioni del tutto imprevedibili prima del sisma. Fra le novità dell’antico centro storico spiccano bar, pub, pizzerie, enoteche, bistrot e ristoranti, aperti a tutte le ore. Da notare che anche a L’Aquila i cuochi oggi si chiamano chef, e appare evidente un generale miglioramento dei servizi di ristorazione, trainato dalla presenza di Niko Romito, il geniale chef pluristellato Michelin, che originò il suo percorso professionale in zona Castel di Sangro, provincia dell’Aquila.

Parlando del dopo-sisma a L’Aquila, segnalo con molto piacere, un libro che ho scoperto per una bella recensione di Donatella di Pietrantonio: Gli Ottanta di Campo-rammaglia, di Valerio Valentini.

Giovanissimo, ancora nei suoi vent’anni V. Valentini ha pubblicato con la casa editrice Laterza un resoconto del sisma e degli eventi successivi che hanno avuto luogo a Campo-rammaglia, nome finora mai sentito di una frazione della zona di Sassa, a pochi chilometri dell’Aquila. La narrazione intreccia il presente e il passato. L’improvviso sconquasso delle mura e del gruppo che le abitava da secoli, la disagiata sopravvivenza sotto le tende e la forzata convivenza fra famiglie sfollate si fondono con i ricordi degli anni della formazione culturale del protagonista, vissuti tra tradizioni paesane, feste del patrono, vita di circolo, e licei di città. Il narratore rivolge all’intreccio dei rapporti degli abitanti del paese uno sguardo arguto, sempre positivo e affettuosamente partecipe; narra, rielabora e commenta con una brillante proprietà di linguaggio, che mescola in modo sapiente la lingua nazionale al dialetto. Devo a questo libro qualche sorriso, suscitato nel ritrovare frasi dialettali aquilane, usatissime e colorite, consegnate alla solidità e durata di un libro pubblicato da una casa editrice a diffusione nazionale.

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