"L'Italia nel Cuore" di Goffredo Palmerini

Carla Rosati (April 19, 2017)
Quando prendo tra le mani un libro di Goffredo Palmerini e inizio a leggerlo, non posso non emozionarmi perché ne conosco già il protagonista: l’Abruzzo, nostra comune terra di origine. Non è di sé che vuole parlare Goffredo, infatti non si mette in primo piano e non indulge nemmeno a riferimenti personali o autobiografici se questo non è funzionale al racconto e soprattutto se non serve a narrare quello che gli sta più a cuore: l’Abruzzo appunto e gli abruzzesi con le loro storie di vita.

Goffredo Palmerini, in questo suo ultimo lavoro, ci prende per mano e ci accompagna in giro per il mondo ma, senza andare lontano, ci fa anche attraversare la sua terra, ci presenta paesi caratteristici e a volte poco noti che ognuno di noi ha così il piacere di scoprire o di riscoprire. Ci descrive paesaggi magici, ci fa attraversare i vicoli e le strade di antichi borghi arricchendo la descrizione precisa, minuziosa, realistica e insieme poetica che ne fa, con note storiche e culturali che presuppongono uno studio e un approfondimento continuo. 

Così, chi quei posti li conosce, sarà colto dalla nostalgia e vorrà tornarci. In chi invece non li ha mai visti, la descrizione del nostro autore susciterà curiosità, emozione e desiderio di andarci, con la convinzione di fare un’esperienza speciale. Goffredo è la voce narrante, colui che attraverso esperienze e riflessioni personali, sentimentali e al contempo dotte, come solo un animo sensibile sa fare, esalta la bellezza della nostra regione, i suoi colori, la sua asperità e la sua dolcezza, i suoi suoni e i suoi silenzi. Lo fa con parole sue, ma dà voce e spazio anche ad altri che lo fanno con strumenti diversi. 

Spesso Goffredo prende spunto da un viaggio o da un evento culturale a cui partecipa, come la prima mostra di Bruna Bontempo dalle cui opere pittoriche l’autore trae ispirazione per una rappresentazione letteraria di una zona dell’Abruzzo. Nei suoi articoli, reportage o biografie, Palmerini non trascura cultura e tradizioni di cui la nostra regione è così ricca, si commuove davanti alle storie liete o tristi dei nostri conterranei all’estero - ma anche di quelli che non sono mai partiti - e le condivide con i suoi lettori, non so se cosciente di essere diventato la memoria storica di riferimento per tante persone. 

Nel parlare de “L’Italia nel cuore” e del suo autore, io non posso prescindere dai sentimenti. Mi riferisco all’antico sentimento di amicizia e di stima che mi lega a lui, sentimento che poi è la continuazione di quello che l’ha legato a mio padre, da cui, come lui stesso mi ha detto, ha raccolto il “testimone” in politica come amministratore al Comune dell’Aquila. Che cosa è stata la politica per Goffredo lo sanno tutti, ma è bene ricordarlo perché mi sembra che, nella sua ovvietà, se ne sia persa la memoria: servizio al cittadino, spirito di sacrificio, assenza d’interesse personale. 

Ormai da tempo, come ambasciatore degli abruzzesi nel mondo, egli continua a coltivare questo spirito di servizio e di sacrificio nei confronti dell’Abruzzo e dei suoi figli. Sì, perché i suoi non sono viaggi di piacere, ma viaggi da cui trae piacere, soprattutto quello di essere utile ai suoi conterranei portando l’Italia nel mondo e unendo “quella” Italia a noi che siamo qui e viceversa. Allora se è vero, come è stato detto, che il filo rosso che unisce gli articoli di Palmerini è l’Abruzzo, non possiamo affermare che il “filo rosso” è lui, Goffredo? Penso di sì, perché ormai tantissime persone nel mondo e in Italia identificano l’Abruzzo proprio con lui. E grazie a lui hanno recuperato memorie, riscoperto luoghi, rincontrato persone.

Ma il legame più forte tra noi due credo che sia l’essere nati non solo nella stessa regione, ma anche nello stesso paese: Paganica. Ancora una volta le radici dunque, che sono poi il leit motiv di tutti i suoi scritti. Perciò, essendo quasi coetanei, abbiamo il ricordo delle stesse persone, delle stesse situazioni, delle stesse sofferenze e problematiche che sono appartenute alla nostra gente negli anni difficili del dopoguerra. Abbiamo potuto in seguito condividere il piacere e la soddisfazione dei progressi, dello sviluppo, del benessere e del cambiamento sociale che hanno reso il nostro paese più moderno e più florido, soprattutto nel periodo del boom economico degli anni sessanta-settanta. Tanto che mi ricordo di paganichesi che tornando dopo anni di emigrazione dicevano, positivamente sorpresi, di non riconoscere il loro paese ed esprimevano quasi il rimpianto di averlo lasciato. 

Da Paganica lui non è mai andato via, io ci sono sempre tornata. Infatti, pur vivendo da tanto tempo in un’altra città, non ho mai spezzato il legame con Paganica. Anzi, con l’età, come spesso succede, questo richiamo si fa sempre più forte. Ma Goffredo non è un “paesano”, perché l’attaccamento e l’amore per le sue origini non sono stati un freno che gli ha impedito di “volare”. Anche lui ha avuto ali che gli hanno permesso di esplorare, di conoscere e studiare realtà diverse che lo hanno arricchito umanamente e culturalmente. 

Tutto quello che ha fatto e fa è dovuto, oltre che all’amore per l’Abruzzo, alla curiosità, all’interesse per gli altri, al piacere che trae dai rapporti umani, senza distinzione di categoria, di estrazione sociale o di esperienze vissute. Egli segue i nostri conterranei all’estero, ne descrive le vicissitudini, intesse amicizie e rapporti non superficiali, gioisce e si inorgoglisce dei loro successi come accade con qualcuno della nostra famiglia. Va detto che questa sua attività frenetica in Italia e all’estero, dovuta anche ai numerosi e prestigiosi incarichi che riveste con serietà e dedizione, comporta un impegno e un onere di notevole portata, a cui può far fronte grazie alla convinzione e alla consapevolezza di lavorare per qualcosa di veramente importante. La promozione dell’Abruzzo in Italia e fuori ha infatti una ricaduta non solo culturale sulla nostra regione. E inoltre, molti connazionali all’estero hanno avuto modo di ritrovare “il filo rosso” che ancora li unisce all’Italia grazie a Goffredo.

Come si può costatare anche da quest’ultimo libro, l’autore non è interessato solo alle storie altisonanti degli abruzzesi che “ce l’hanno fatta”, di coloro che hanno salito la scala sociale del Paese che hanno scelto come seconda patria. Lui si avvicina, raccontandocele con garbo e sensibilità, anche alle storie minute di persone comuni. Di quelli che sono partiti dall’Abruzzo in cerca di fortuna ed hanno conquistato “solo” una vita normale, per sé e per la propria famiglia. Il che, pensando alla realtà che alcuni di loro si sono lasciati alle spalle, si può considerare di certo un successo, un riscatto.

Goffredo comprende il dolore del distacco, la lacerazione, la nostalgia che accompagna per tutta la vita persone che hanno lasciato casa e affetti sapendo che difficilmente ci sarebbe stato un viaggio di ritorno. Certo, c’è anche l’emigrazione più recente, quella di persone che sono partite per motivi diversi da quelli economici, che insomma hanno potuto scegliere. Tra gli uni e gli altri ho ritrovato compagni di giochi, vicini di casa, persino parenti, il che ha suscitato in me rimpianto e nostalgia per un’infanzia semplice e felice tra gente che conosceva la sofferenza, le privazioni e il sacrificio, ma anche la solidarietà e il piacere della condivisione.

Ma sarebbe riduttivo pensare che ciò che Palmerini scrive sia destinato solo a lettori abruzzesi o di origine abruzzese. In realtà le storie di cui ci porta a conoscenza hanno un valore universale. E chiunque abbia interesse o curiosità per la storia dell’emigrazione italiana, può trovare nei suoi libri articoli, ricerche, approfondimenti di insigni studiosi della materia.

Parimenti, chi come me è interessato alla storia della lingua italiana, alla sua diffusione nel mondo - l’italiano è la quarta lingua più studiata, al suo insegnamento, alla sua utilizzazione e potenzialità sia all’estero che in Italia, troverà soddisfazione nella lettura di questo libro. Interessante a tal proposito è l’intervista a Marcello Lazzerini sulla sua opera teatrale, in cui la protagonista è proprio la “signora” Lingua Italiana che racconta la sua storia, dalla nascita fino a noi.

Confesso che quando ho letto il titolo del capitolo (La lingua italiana è uno spettacolo!) ho pensato che fosse la definizione del nostro bell’idioma da parte di uno studente. Sì, perché nel corso dei miei anni d’insegnamento all'Università per Stranieri di Perugia, tante sono state le definizioni che me ne hanno dato gli studenti: “la lingua italiana è come una musica”, “la lingua italiana fa innamorare”, “esprime con più passione i sentimenti”, ecc. Molte volte mi è capitato di avere nelle mie classi allievi di origini abruzzesi che, per motivi diversi avevano deciso di imparare o perfezionare la lingua dei genitori o dei nonni. Non ho mai resistito alla tentazione di sollecitare questi studenti a raccontarmi le loro vicende familiari, nelle quali mi calavo totalmente mentre, alle loro parole, scorrevano davanti a me luoghi conosciuti e situazioni note. Così, l’interesse per questa varia umanità sparsa per il mondo, ma che è parte di noi, le sue storie e le sue vicissitudini, Goffredo l’ha soddisfatto viaggiando e andandole incontro, io svolgendo il mio lavoro d’insegnante di italiano a stranieri.

Ciò che mi unisce a Goffredo - le origini, le esperienze di vita, l’antica amicizia e la stima - non influenza minimamente il mio giudizio su quanto scrive. Perciò, prima di concludere, vorrei dire che c’è una cosa che ormai gli deve essere pienamente riconosciuta: il ruolo di scrittore. Tra i tanti modi con cui viene definito Palmerini, questo termine compare di rado. Penso in tutta sincerità che ormai questo riconoscimento gli sia dovuto, tanto è il piacere con cui ho letto questo suo ultimo libro. Tra un viaggio e l’altro, tra una conferenza e l’altra, tra un trasferimento da un posto all’altro, egli annota con finezza di scrittura le sue sensazioni ed emozioni, descrivendo luoghi, paesaggi, persone, con uno stile così appassionante e coinvolgente che il lettore ha l’impressione di stargli accanto e di viverle con lui.

Nel sottotitolo del presente volume leggiamo infatti “Sensazioni, emozioni e racconti di viaggio”: Queste parole sembrano presagire un futuro libro che sviluppi in un senso pienamente letterario le sue notevoli capacità di scrittore. Questo è un invito e un augurio che faccio a Goffredo e sono sicura che mi troverà d'accordo con i tanti estimatori che vanta in tutto il mondo. Allora auguri Goffredo e che il viaggio continui! 

CARLA ROSATI è nata nel 1949 a L’Aquila, dove ha seguito gli studi fino alla maturità classica. Laureata presso l’Università degli Studi di Perugia in Lettere Moderne, con il massimo dei voti, ha poi conseguito il Diploma in “Bibliografia, Paleografia e Diplomatica” e, in seguito, ha frequentato la “Scuola di Perfezionamento in Storia” presso l’Università di Urbino, discutendo una tesi in Storia Contemporanea. Dopo alcuni anni d’insegnamento nelle scuole superiori, dal 1979 al 2014 ha insegnato presso l’Università per Stranieri di Perugia come docente di Lingua e Cultura italiana, nei Corsi di vari livelli e nei Corsi per Insegnanti d’italiano all’estero. Per molti anni ha ricoperto cariche elettive in rappresentanza dei Docenti nei Consigli di Corso, di Facoltà, e per due mandati nel Consiglio Accademico. Ha pubblicato numerosi articoli e testi di didattica della Lingua italiana a Stranieri e il volume “Sapere” nell’italiano contemporaneo. In pensione da tre anni, ha intensificato la sua attività nel sociale come volontaria in Emergency, l’associazione umanitaria fondata da Gino Strada. Vive a Perugia con la famiglia, ma torna spesso nella sua città natale. 

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