La favola del Rock

Alessandra Grandi (April 01, 2010)
Una pizza a Bleecker Street e due ore non-stop di concerto all' Highline Ballroom. Battute, provocazioni, riflessioni, e risate: il nostro incontro con Edoardo Bennato, nota per nota...



C’era una volta un bambino che viveva a Bagnoli, vicino Napoli, e passava ore ad ascoltare incantato la musica trasmessa da una stazione radio straniera. Il golfo di quel mare piccolo e antico ospitava infatti la base della NATO e nella roccaforte della storia trovava spazio la moderna quotidianità di giovani americani in servizio. Musica di un altro pianeta accompagnava i giorni dei militari e i sogni del bambino. Quel pianeta si chiamava Rock ed era abitato da alieni come Elvis Presley.

Per l’occasione siamo riusciti a dare forma ad una Napoli improvvisata nel cuore di Manhattan. È bastato mettere insieme a Bleecker Street (Greenwich Village) l’anima di un artista che in viaggio porta con sé le sue radici e Kestè Pizzeria, il sapore e il sole del capoluogo campano trapiantato nella Grande Mela.

Intorno a loro lo spirito femminile della nostra redazione.  


L’intervista (che sarà presto pubblicata su i-italy) ci ha dato modo di conoscere un personaggio che ha fatto la storia del rock italiano e scoprirne gli aspetti fanciulleschi e quelli impegnati. Bennato è sempre stato capace di raccontare i volti crudi della vita con la leggerezza della favola e del sogno. E così lo abbiamo conosciuto, con la mano gentile del suo rock, con la voce sporca che non teme di volare qualche metro sopra la rabbia. 

 



 

Venerdi 26 marzo l’Highline Ballroom (431 West 16th Street vicino al Chelsea Market) ha ospitato il primo concerto solista di Bennato a New York e noi non ce lo siamo fatto scappare.

 

L’esordio è stato quantomeno provocatorio, come la musica rock d’altronde ama essere. Alle spalle del palcoscenico Bennato ha infatti scelto di presentarsi attraverso la proiezione di sequenze dell’11 Settembre e della guerra in Iraq, di Bush e Bin Laden, di una storia marcia che da anni avvelena l’America e il mondo.  

Denuncia e memoria sono strumenti che la musica ha spesso imbracciato per ricordare al mondo che la storia si fa per le strade, sotto e sopra il palco, nei palazzi e nei deserti.

 

Ma non si limita ad accusare la brutalità straniera, in C’era un Re Bennato proietta il nostro sguardo su un’Italia che si rigira su se stessa e sui suoi regnanti

Il repertorio proposto non ha deluso le aspettative dei tanti accorsi a festeggiare un protagonista della scena musicale italiana. Il concerto era sold out e l’atmosfera del locale era satura di energia.

 

Sul megaschermo i sottotitoli hanno permesso anche al pubblico americano di seguire le canzoni, e ogni tanto Bennato stesso si è divertito a tarsformare le sue ben note parole sotto una nuova veste inglese. Lo ha fatto ad esempio con L’isola che non c’è, cominciata appunto in inglese anche nella prospettiva di presentare a Broadway, speriamo presto, il suo musical dedicato a Peter Pan.



 

In tutta la sua carriera Edoardo Bennato non ha mai smesso di lanciare messaggi profondi e fortemente radicati nella realtà attraverso il linguaggio poetico e immaginifico della favola. Pinocchio e Peter Pan, con la loro voglia di giocare e sconfiggere i cattivi, sono il filo conduttore di uno spirito libero, di un percorso umano e professionale che va dove a volte è più scomodo camminare e guarda in faccia i difetti e i pregi dell’umanità.


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