Concerto per pochi e un Jovanotti un pò diverso...

Alessandra Grandi (April 24, 2010)
Questo è l’ombelico del mondo e noi stiamo già ballando. In attesa di assistere al nuovo concerto newyorchese di Jovanotti siamo stati all’esclusivo evento al Cooper Square Hotel dell’East Village per assaporare il gusto del suo nuovo album americano e ritrovare, a stretto contatto, l'artista italiano.

A New York c’è gente che viene e che va. La scorsa estate, Lorenzo Cherubini, o più semplicemente Jovanotti, ha trascorso tre mesi suonando  in giro per tre locali storici della grande mela: lo Zebulon a Brooklyn, Nublu ad Alphabet City e Joe's Pub, di Noho. Appassionata la risposta del pubblico.

 
E nella primavera del 2010 Jovanotti torna per promuovere negli USA il suo primo album americano “OYeah” nato proprio in quell’estate fatta di ambienti underground e musica stesa sul filo della sperimentazione.
 
 

Si chiama Jovanotti e Soleluna NY Lab il nuovo tour a stelle e strisce partito giovedì 22 aprile a Washington e che tocca oltre New York, Philadelphia, Boston, Montreal e Toronto. Ma facciamo un passo indietro, un passo nella notte di ieri.
 
Penthouse del Cooper Square Hotel, East Village di Manhattan, ore 8.00 pm. Gli invitati un po’ alla volta si radunano sbalorditi nella splendida terrazza dell’ultimo piano dell’hotel che sfrontatamente guarda in faccia tutta New York.
 
La luce del giorno lentamente se ne va, i flash delle macchinette digitali irrompono ogni tanto per catturare le mille luci della città by night. Qualche cocktail, due chiacchiere, lo sguardo che si perde in un orizzonte spezzato dai grattacieli … sono tutti in attesa di vederlo arrivare. Amici e fans privilegiati. Lorenzo arriva, giacca nera, calzini rossi e cappello panamense. Sorridente e disponibile si ferma a salutare e poi, tra i suoi fedelissimi Saturnino e Riccardo Onori, comincia a cantare.
 
Serenata rap fa un effetto particolare quando intona “affacciati alla finestra amore mio” mentre alle sue spalle, dalle grandi finestre, si apre tutta Manhattan. Lorenzo gioca anche con la tradizione italiana in questo nuovo album, misurandosi e reinterpretando Parlami d’amore Mariù, e con la “mitologia” musicale americana, lanciandosi divertito (e divertendo) Staying Alive e Wanna be startin’ something.
 
L’atmosfera è insolita, perfetta per le ballate romantiche, da ascoltare a così stretto contatto con l’artista che in tanti anni ha emozionato e coinvolto il pubblico italiano prima, e speriamo americano oggi.
 
Ecco allora Come musica, dall’album Safari, e la nuova Baciami Ancora, candidata al David di Donatello per miglior canzone in un film (Baciami ancora di Gabriele Muccino).
 
Ma il ritmo è nel sangue e Jovanotti non ci fa mancare il suo stile. Un viaggio nel tempo ci riporta Sono un ragazzo fortunato, Non m’annoio, Piove.
 
Sarebbe dovuto essere un concerto in miniatura, poche canzoni per ritrovare un frammento innamorato di New York, ma alla fine come resistere all’improvvisazione e alle richieste della piccola folla che in un forte abbraccio si stringe attorno a quel semicerchio di note e allegria?
Ma un’anteprima è un’anteprima, un apetizer … lo stimolo a gustare i sapori forti del concerto che verrà.
 
Dai piani alti di una Manhattan chic ed esclusiva, dall’atmosfera morbida e seducente di una suite lussuosissima, forse poco adatta a coloui che è stato definito Italian Rapper, Lorenzo Jovanotti Cherubini, scenderà a toccare e sentire il respiro della gente della strada. La sua gente.
 
Quei giovani e meno giovani che lo hanno sempre seguito, accolto, sostenuto e soprattutto riconosciuto. È lì che ci aspettiamo di vederlo scomporsi, scatenarsi, in un dialogo con il pubblico senza etichetta o cerimonie.
 
Perché se è pur vero che Lorenzo Cherubini è un uomo di mondo, che si sa adattare alle situazioni, che sa parlare agli studenti di Harvard e alla folle degli stadi; che non teme di affrontare la Patagonia in bicicletta, o di presentarsi ai Primi Ministri per chiedere di migliorare il mondo, accanto ad amici e colleghi del calibro di Bono, è anche vero che il suo spirito è di casa dentro la musica che esplode.
 
Allora aspettiamo di vederla ancora una volta quest’esplosione. Il panorama lo chiuderemo in uno sguardo che ha saputo osservare e saprà immaginare. Ci conquisteremo al Webster Hall, o altrove, il nostro spazio per muoverci e assecondare il ritmo e urlare testi a squarciagola, come si fa quando il volume ci sovrasta e sappiamo di non essere ascoltati.
 
Perché siamo nell’ombelico del mondo e siamo pronti per ballare.
 

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