Incontro con Silvio Orlando. "La comicità ti aiuta a scendere dal piedistallo"

Grazia Schillaci (June 24, 2009)
Intervista all'attore protagonista del film "Il papà di Giovanna" di Pupi Avati presentato di recente al "Festival Open Roads"

 Concentrato,  molto disponibile, vestito semplicemente con una camicia mezze maniche,  Silvio Orlando risponde ad alcune nostre domande nell'atrio del  Lincon Center. Protagonista del film Il papà di Giovanna (Giovanna's Father) di Pupi Avati, l’attore napoletano ha portato questa volta all’attenzione del pubblico americano per  Open Roads una storia difficile, ma di valore universale.

Il suo primo film,  con il noto regista bolognese,  racconta la vicenda di una bambina insicura, non bella, e di suo padre, un artista fallito che dedica la sua vita a rassicurarla.  L'interpretazione di Orlando e' come sempre delicata, piena di risvolti psicologici. L'artista, con sottili momenti quasi comici, tocca con profondita'  una vicenda di una tradicita' evidente.

Orlando,  che ha vinto di recente la Coppa Volpi alla 65ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia,  è una delle presenze più interessanti ed impegnate nel cinema italiano degli ultimi anni. Il suo esordio è avvenuto nel teatro partenopeo. Approda al cinema quindi con un indiscutibile bagaglio di recitazione di grande impegno.  Ha collaborato con i migliori autori e registi, tra cui Gabriele Salvatores e Nanni Moretti.

 

Nel film il papà di Giovanna interpreti la parte di Michele, professore in un liceo, il quale vive un fortissimo dramma familiare. Come è stata questa tua prima collaborazione con Pupi Avati?

Pupi Avati ha un modo di lavorare molto familistico nel senso che devi entrare a far parte della sua famiglia, un po’ patriarcale. Ed è anche un personaggio comico, ha questo senso dell’umorismo,  è molto autoironico. Anche se il risultato del film è molto tragico è stato molto divertente farlo.

Cosa ha significato prendere la Coppa Volpi?
Naturalmente un punto di arrivo importante. Alla mia età hai maggiore consapevolezza. Quello che ti arriva riesci a valutarlo bene per quello che è. Dai un valore diverso alle cose perché sai quanto ti sia costato e quanto hai tenuto duro. Rivivi un po’ quello che ti è successo e sei contento di essere li e a vivere quel momento cosi importante. E’ sicuramente una gran bella soddisfazione anche perché quando ho iniziato a girare il film non mi aspettavo un esito del genere...

Nel film La Scuola di Lucchetti in Auguri Professore e ancora in quest’ultimo film il Papà di Giovanna interpreti la parte del professore alle prese con adolescenti inquieti. Dunque hai ricoperto questo ruolo più di una volta. Ha per te un significato particolare?
Il cinema riesce a raccontare bene l’età della formazione di un individuo, l’adolescenza. O sei giovane o racconti storie che hanno a che fare con i giovani per poterle indagare, spiare seguire il movimento di formazione delle persone. Credo sia piuttosto naturale che il cinema si occupi di quei territori lì. Io sono stato fortunato perché ho trovato questi ruoli che mi hanno consentito anche crescendo di poterci essere. Ora che sono adulto incomincio a fare la parte del genitore. Il rapporto con gli adolescenti è un’esperienza che tra l’altro non conosco perché non sono padre, non ho figli, per cui per me è un po’ come brancolare nel buio, ma fa parte dei rischi del mestiere.

Qual’è il tuo rapporto con il cinema americano?
Il cinema americano è, soprattutto per la nonstra generazione “il cinema” . Tutti i grandi film americani hanno sostituito sia per la nostra generazione che per quella precedente i romanzi. Insomma i film americani ci hanno non solo aiutato a passare del tempo, ma veramente a crescere e a formarci un’idea del mondo. Motivo per cui qui a New York per la prima volta ho un po’ la sensazione di essere a casa. Il tuo immaginario della realtà americana è fondato su quei film statunitensi degli anni Ottanta. Faccio riferimento al periodo degli anni Ottanta perché credo sia stata la stagione più fertile, i registi americani provengono da quel periodo. Stranamente ci siamo resi conti solo in seguito di come tutti questi registi si ispirassero alla grande lezione del cinema italiano. Una situazione strana un po’ come una palla che và verso l’oceano e torna indietro."

Se potessi interpretare un film nella grande mela che personaggio saresti?
Ho un prototipo che è quello dell’uomo da marciapiede che rappresenta un antieroe rappresentato piuttosto bene dal cinema americano. Questo personaggio ha aperto la strada a tutti coloro come me non nati per il cinema. Robert Redford ne è un esempio. Le facce da cinema erano sempre state quelle dei belli: alti, biondi. Insomma il personaggio da marciapiede ha aperto la strada a tutti quelli “normali” come me.

Hai collaborato con registi importanti del calibro di Gabriele Salvatores, Pupi Avati, Nanni Moretti. Cosa ti piacerebbe fare in futuro?

Mi auguro di lavorare nuovamente con loro. C’è poi una generazione di nuovi registi che hanno scoperto nuovi attori con i quali mi farebbe piacere collaborare. Garrone, Sorrentino, D’Alese, Costanzo, Bellocchio sono dei nuovi nomi che trovo interessanti.

Quanto è importante la comicità nel tuo lavoro?
Io parto dal comico perché è qualcosa che conosco. Non perché lo sappia “col cervello” ma perché inconsapevolmente lo sa una parte di me. Il segreto è conoscere questa parte e cercando di dominarla metterla sotto traccia. Nei personaggi tragici la comicità ti aiuta ad avere uno sguardo obliquo sulle cose e non diretto quindi ha davvero una grande forza. La comicità è un modo per evitare la retorica che è sempre dietro l’angolo. Retorica ed enfasi sono una grande trappola per un attore. Il trombonismo è una grande malattia del passato. Ogni attore corre il rischio di diventare un monumento di se stesso. La comicità ti aiuta insomma a scendere dal piedistallo.

Chi ti ha ispirato nella tua comicità?
Devo moltissimo a Peppino De Filippo e ai comici popolari napoletani. La loro comicità è infatti irresistibile ma molto concreta. Il loro rapporto con la realtà è molto importante. E’ questo il tipo di comicità che mi piace perchè rappresenta una valvola di sfogo ed è uno specchio della vita reale.

Qual’è un tuo sogno per il futuro?

Fra le tante cose che mi piacerebbe fare c’è quella di un’esperienza all’estero. Essere protagonista di un film che arrivi in tutto il mondo e sia un grande successo internazionale. Si fa sempre fatica a lasciare una traccia nel pubblico internazionale.

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