Articles by: Grazia Schillaci

  • Incontro con Silvio Orlando. "La comicità ti aiuta a scendere dal piedistallo"

     Concentrato,  molto disponibile, vestito semplicemente con una camicia mezze maniche,  Silvio Orlando risponde ad alcune nostre domande nell'atrio del  Lincon Center. Protagonista del film Il papà di Giovanna (Giovanna's Father) di Pupi Avati, l’attore napoletano ha portato questa volta all’attenzione del pubblico americano per  Open Roads una storia difficile, ma di valore universale.

    Il suo primo film,  con il noto regista bolognese,  racconta la vicenda di una bambina insicura, non bella, e di suo padre, un artista fallito che dedica la sua vita a rassicurarla.  L'interpretazione di Orlando e' come sempre delicata, piena di risvolti psicologici. L'artista, con sottili momenti quasi comici, tocca con profondita'  una vicenda di una tradicita' evidente.

    Orlando,  che ha vinto di recente la Coppa Volpi alla 65ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia,  è una delle presenze più interessanti ed impegnate nel cinema italiano degli ultimi anni. Il suo esordio è avvenuto nel teatro partenopeo. Approda al cinema quindi con un indiscutibile bagaglio di recitazione di grande impegno.  Ha collaborato con i migliori autori e registi, tra cui Gabriele Salvatores e Nanni Moretti.

     

    Nel film il papà di Giovanna interpreti la parte di Michele, professore in un liceo, il quale vive un fortissimo dramma familiare. Come è stata questa tua prima collaborazione con Pupi Avati?

    Pupi Avati ha un modo di lavorare molto familistico nel senso che devi entrare a far parte della sua famiglia, un po’ patriarcale. Ed è anche un personaggio comico, ha questo senso dell’umorismo,  è molto autoironico. Anche se il risultato del film è molto tragico è stato molto divertente farlo.

    Cosa ha significato prendere la Coppa Volpi?
    Naturalmente un punto di arrivo importante. Alla mia età hai maggiore consapevolezza. Quello che ti arriva riesci a valutarlo bene per quello che è. Dai un valore diverso alle cose perché sai quanto ti sia costato e quanto hai tenuto duro. Rivivi un po’ quello che ti è successo e sei contento di essere li e a vivere quel momento cosi importante. E’ sicuramente una gran bella soddisfazione anche perché quando ho iniziato a girare il film non mi aspettavo un esito del genere...

    Nel film La Scuola di Lucchetti in Auguri Professore e ancora in quest’ultimo film il Papà di Giovanna interpreti la parte del professore alle prese con adolescenti inquieti. Dunque hai ricoperto questo ruolo più di una volta. Ha per te un significato particolare?
    Il cinema riesce a raccontare bene l’età della formazione di un individuo, l’adolescenza. O sei giovane o racconti storie che hanno a che fare con i giovani per poterle indagare, spiare seguire il movimento di formazione delle persone. Credo sia piuttosto naturale che il cinema si occupi di quei territori lì. Io sono stato fortunato perché ho trovato questi ruoli che mi hanno consentito anche crescendo di poterci essere. Ora che sono adulto incomincio a fare la parte del genitore. Il rapporto con gli adolescenti è un’esperienza che tra l’altro non conosco perché non sono padre, non ho figli, per cui per me è un po’ come brancolare nel buio, ma fa parte dei rischi del mestiere.

    Qual’è il tuo rapporto con il cinema americano?
    Il cinema americano è, soprattutto per la nonstra generazione “il cinema” . Tutti i grandi film americani hanno sostituito sia per la nostra generazione che per quella precedente i romanzi. Insomma i film americani ci hanno non solo aiutato a passare del tempo, ma veramente a crescere e a formarci un’idea del mondo. Motivo per cui qui a New York per la prima volta ho un po’ la sensazione di essere a casa. Il tuo immaginario della realtà americana è fondato su quei film statunitensi degli anni Ottanta. Faccio riferimento al periodo degli anni Ottanta perché credo sia stata la stagione più fertile, i registi americani provengono da quel periodo. Stranamente ci siamo resi conti solo in seguito di come tutti questi registi si ispirassero alla grande lezione del cinema italiano. Una situazione strana un po’ come una palla che và verso l’oceano e torna indietro."

    Se potessi interpretare un film nella grande mela che personaggio saresti?
    Ho un prototipo che è quello dell’uomo da marciapiede che rappresenta un antieroe rappresentato piuttosto bene dal cinema americano. Questo personaggio ha aperto la strada a tutti coloro come me non nati per il cinema. Robert Redford ne è un esempio. Le facce da cinema erano sempre state quelle dei belli: alti, biondi. Insomma il personaggio da marciapiede ha aperto la strada a tutti quelli “normali” come me.

    Hai collaborato con registi importanti del calibro di Gabriele Salvatores, Pupi Avati, Nanni Moretti. Cosa ti piacerebbe fare in futuro?

    Mi auguro di lavorare nuovamente con loro. C’è poi una generazione di nuovi registi che hanno scoperto nuovi attori con i quali mi farebbe piacere collaborare. Garrone, Sorrentino, D’Alese, Costanzo, Bellocchio sono dei nuovi nomi che trovo interessanti.

    Quanto è importante la comicità nel tuo lavoro?
    Io parto dal comico perché è qualcosa che conosco. Non perché lo sappia “col cervello” ma perché inconsapevolmente lo sa una parte di me. Il segreto è conoscere questa parte e cercando di dominarla metterla sotto traccia. Nei personaggi tragici la comicità ti aiuta ad avere uno sguardo obliquo sulle cose e non diretto quindi ha davvero una grande forza. La comicità è un modo per evitare la retorica che è sempre dietro l’angolo. Retorica ed enfasi sono una grande trappola per un attore. Il trombonismo è una grande malattia del passato. Ogni attore corre il rischio di diventare un monumento di se stesso. La comicità ti aiuta insomma a scendere dal piedistallo.

    Chi ti ha ispirato nella tua comicità?
    Devo moltissimo a Peppino De Filippo e ai comici popolari napoletani. La loro comicità è infatti irresistibile ma molto concreta. Il loro rapporto con la realtà è molto importante. E’ questo il tipo di comicità che mi piace perchè rappresenta una valvola di sfogo ed è uno specchio della vita reale.

    Qual’è un tuo sogno per il futuro?

    Fra le tante cose che mi piacerebbe fare c’è quella di un’esperienza all’estero. Essere protagonista di un film che arrivi in tutto il mondo e sia un grande successo internazionale. Si fa sempre fatica a lasciare una traccia nel pubblico internazionale.

  • 2 Fratti per l'Abruzzo. Una sera a teatro per solidarietà

    Il boato che ha scosso L’Aquila e ha destato commozione e stupore in tutto il mondo risuona ancora prepotentemente, varca l’oceano. Per Mario Fratti, abruzzese, tutto questo è prima di ogni cosa un dramma personale che non può esimersi da mettere in scena.
     
    Il notissimo commediografo vive e lavora a New York dal 1963, ma è aquilano di nascita. Insieme alla figlia Francesca, ha pensato di mettere in scena una rappresentazione il cui ricavato andrà a beneficio dei suoi conterranei.

    La sorsa settimama, nel  piccolo Cherry Lane di New York, in un’atmosfera rilassata, abbiamo assistito ad uno spettacolo speciale per lui. Facendo gli onori di casa ha salutato con genuina cortesia tutti i presenti dicendo: “E’ tutto merito di mia figlia Valentina.  Appena saputo del terremoto mi ha detto: 'amiamo L’Aquila e dobbiamo scrivere'”.

    Lo spettacolo lo hanno cosi concepito e realizzato loro due. Composto da due atti unici,  viene ricordata l’Aquila a due mesi dal terremoto, ma anche nove ragazzi, amici di Fratti, noti come "i nove martiri". Giovanissimi volevano raggiungere i partigiani  per combattere i tedeschi, ma vennero scoperti dai nazisti e giustiziati. Mario era il decimo del gruppo, quello che non volle partire.

    In “Martyrs” l’autore così immagina due di questi martiri, Giorgio Scimia e Bruno D'Inzillo, che prima di partire per le montagna lo accusano di essere "un gran parlatore senza coraggio". E gli attori Tim McCracken e Nicholas Rodriguez interpretano con grande intensità il ruolo difficile di quei due adolescenti nel settembre del 1943.

    Assistiamo ad una vera confessione da parte del commediografo,  delicata ma al tempo stesso senza pietà, di una sincerità emozionante.

    Giorgio e Bruno sono due giovani speranzosi, sfuggiti alla furia della guerra ma ancora pronti a combattere. Due diciassettenni intrepidi e “ ribelli della montagna e la legge che li accompagna sarà la fede dell’avvenir”. Resistenza partigiana e sopravvivenza per loro sono le parole d’ordine.

    Segue “Unearthed” completamente diretto e scritto da Valentina Fratti. La guerra è finita, tutto è perso e distrutto, le strade dell’Aquila sono irriconoscibili tuttavia “dai campi del dolore risorgerà l’amore”.

    Nove giovani si sono risvegliati dal terremoto del 6 aprile e scoprono che  la città è libera dai nazisti ma sepolta dalle macerie.

    Fernando, uscito dalla tomba, racconta agli altri quel che ha visto per le strade. Quella che era una volta "Piazza 28 Ottobre" ora si chiama “Piazza dei nove martiri”.

    Ed ecco cantare “Bella Ciao”. Con l’inno partigiano parole di speranza per un giovani  che hanno vissuto e sono morti di ideali.  Nel pubblico commozione e partecipazione. Un messaggio positivo anche per il futuro dell’Aquila di oggi.

    Valentina Fratti ha ripercorso con intenso affetto le esperienze del padre. Si legge nei testi recitati. Bella l’interpretazione dell’italiano Massimiliano Balduzzi.

    L’Aquila, insiste Fratti, è una città con una tradizione partigiana che ha pagato anche con nove martiri la sua resistenza. “I nomi di quei martiri erano scritti su una lapide in una piazzetta andata distrutta con la furia del terremoto. La mia casa è ora solo un cumolo di dolorose macerie.”

    Fratti al termine della rappresentazione si è intrattenuto con i propri ospiti per un rinfresco, e un dibattito dove ha espresso tutta la sua preoccupazione per le sorti della sua città.     
     
    Il ricavato dello spettacolo sarà destinato a “Emergenza terremoto”, “Provincia dell’Aquila” e “Accademia Internazionale per le Arti e le Scienze dell’ Immagine”.

    Un progetto, questo, che è solo l’ultimo di lunghi anni di vita dedicati ad un’unica grande passione, il teatro.  Un teatro che parla anche di sociale.
     

  • Con Monica Guerritore per la Scuola d'Italia


    Il 28 Maggio l’attrice Monica Guerritore si esibirà a New York in un doppio spettacolo teatrale che inauguerà il ciclo di "Incontri" organizzati dalla Scuola d'Italia Guglielmo Marconi. L'iniziativa ha il fine di raccogliere finanziamenti da destinare alle attività culturali ed educative promosse dall'istituto bilingue di Manhattan.  Per l'occasione l’attrice italiana interpreterà due lavori di sua produzione, “Giovanna d’Arco” e “Dall’Inferno all’Infinito”.

     
    Monica Guerritore è nota al pubblico italiano per la sua lunga e variegata carriera teatrale e televisiva che inizia nel 1974, quando a soli 16 anni debutta con “Il Giardino di ciliegi” di Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano. La sua è un'esperienza artistica che cresce da ormai 35 anni e l'ha vista affiancata a nomi  illustri di registi e attori italiani.
     
    Dopo il suo lancio in tenerissima eta’ Missiroli la vuole in “Zio Vanja” e “Le tre sorelle" di Anton Chekov. Subito dopo entra a far parte della compagnia teatrale Valli-De Lullo dove interpreta Shakespeare e Moliere. Il suo fascino e carisma la fa apprezzare sia dai critici che dal grande pubblico, ma è con l'ex compagno e regista Gabriele Lavia che il suo percorso vive un importante punto di svolta. Le affida  ruoli molto impegnativi, ma per Monica vestire i panni di Giocasta, Lady Macbeth, Ophelia diventa una sfida, riuscendo nell'obiettivo di riproporre i grandi personaggi femminili del passato in chiave moderna.
     
    Dal 2000 al 2004 collabora con Giancarlo Sepe che la vuole protagonista di diverse produzioni televisive, tra cui “Madame Bovary”, “Carmen” e “La Signora delle Camelie”.
     
    Da alcuni anni la Guerritore si cimenta nel ruolo di produttrice e direttrice: con  le sue opere “Giovanna d’Arco”, “Apuleio” e “Dall’inferno all’infinito" ha calcato i palchi di tutta Italia, confermando la sua immagine di attrice poliedrica ed eclettica.
     
    Monica è anche un'attrice molto coraggiosa che ha sempre saputo mettersi in gioco in situazioni spesso delicate dal punto di vista politico, etico e sociale. 
     
    Nelle cronache recenti il suo nome è stato al centro di una polemica mediatica tutta italiana. Il casus belli è nato dalla sua partecipazione televisiva alla trasmissione “Annozero” di Michele Santoro. In un suo intervento l’attrice rilegge e interpreta le dichiarazioni di Veronica Lario che concludono il suo matrimonio con il premier Silvio Berlusconi. 
     
    Questo ruolo  le è costato una prepotente aggressione mediatica che ha commentato così:  ““Sono rimasta esterrefatta per l’aggressione violenta e personale che alcuni giornali hanno condotto contro di me in seguito alla mia partecipazione all’ultima puntata di Annozero. Non ho fatto altro in quella puntata che dar voce ad una pubblica presa di posizione di Veronica Lario. Non ho fatto altro che il mio mestiere.Non immaginavo lontanamente che tutto quello che si è scatenato contro di me potesse mai accadere nel mio paese.Non ho fatto altro in quella puntata che dar voce ad una pubblica presa di posizione di Veronica Lario. Non ho fatto altro che il mio mestiere. Come ho sempre fatto nella mia vita cercherò di difendermi da sola".
     
    Dunque tanto coraggio, tanto carattere, ma anche una straordinaria generosità, che emerge anche nella sua collaborazione con la Scuola d'Italia, per la quale si esibirà a titolo completamente gratuito.
     
    Appoggiamo questa iniziativa a favore di questo istituto,  fondato a New York nel 1977 dal ministero degli Affair Esteri con il fine di “esportare” la cultura italiana e  di permettere ai giovani italiani che vivono oltreoceano, e non solo, di ricevere un'educazione che richiami i valori e la tradizione umanistica italiana in un contesto statunitense.
     
    Si tratta di una istituzione unica: bilingue e biculturale al tempo stesso. Studenti di ogni nazionalità possono iscriversi e studiare in italiano e in inglese, ottenendo un diploma valido sia in America che in Europa. La Scuola li accompagna in un processo di crescita che non è solo didattico, ma anche professionale.
     
     
     

    MONICA GUERRITORE

    in

    "GIOVANNA D'ARCO" e "DALL'INFERNO ALL'INFINITO"

    Industria Superstudio
    775 Washington Street (all'angolo con la 12esima Strada), 10014 NY

    28 Maggio, ore 18:30
    LA PRENOTAZIONE è OBBLIGATORIA

    RSVP al numero: 212 369 4433 o  scrivendo a [email protected]

    Donazione minima suggerita: 90$

    Durante la serata sarà servito un rinfresco

     

  • Quando un amore cibernetico diventa un film...


     

    Internet sembra ormai esser diventato il nuovo meeting point della nostra epoca, dove tra le altre nascono tante storie curiose, particolari, amicizie improbabili od impossibili se non sulla rete che irrompono prepotentemente nella nostra quotidianita'. Che si approdi sulla rete per curiosità, noia o semplice attrazione verso il mistero, queste relazioni bizzarre nascono in ogni caso e continuano ad incuriosire per i loro esiti imprevedibili.
     
    La storia che presentiamo questa volta e' quella di Daniel e Shannon. Sono entrambi ventenni, separati da un oceano e appartenenti a due realtà completamente differenti. Lui vive in California ed ha un carattere piuttosto timido ed introverso, lei invece studia e fa la cantautrice negli Stati Uniti. Shannon trova sul sito You Tube” un video che ha reso celebre il timido Daniel e vuole conoscerlo. La loro comunicazione inizia a suon di click sulla tastiera e procede fra conversazioni in cuffia, videochiamate, scambio di fotogafie. Una relazione che si coltiva ogni giorno e lentamente fa crescere nei protagonisti, non importa quanto lontani essi siano, la voglia di incontrarsi.
     
    Virtualità è la parola d’ordine su internet ma quando incontra la realtà trasforma inevitabilmente gli scenari e li colora di imprevisto, quell’ingrediente speziato che manca da ogni pc.
     
    Daniel decide quindi di andare negli States per raggiungere la sua nuova amica. Acquista un biglietto, si reca in aeroporto e dopo le lunghe procedure di imbarco prende il suo volo e atterra a Detroit. Lì  fa i conti con le autorità americane e il loro vigile sistema di controlli alla dogana. Agenti della Sicurezza Nazionale lo accusano di terrorismo per un filmato e una mail trovati nel suo pc. Daniel è in un mare di guai e non c’è modo di spegnere tutto con un click sulla tastiera, nè di incontrare Shannon.
     
    I due non si vedranno mai ma la loro storia, cosi comune e unica allo stesso tempo, sara' raccontata dal regista RJ Cutler ha in un documentario. Un ritratto dei nostri tempi, dove il virtuale scavalca le barriere fisiche e psicologiche che ci impone il mondo reale e ci permette di vivere amori ed amicizie con l'illusione di conoscersi, sapendo di non potersi mai incontrare.

  • Salvate la moda italiana! Gli stilisti si rivolgono al governo


     

    La crisi economica mondiale minaccia tutti i settori dei consumi e in tempi di annunciata recessione anche la moda italiana. Il fiore all’occhiello nelle esportazioni e marchio indelebile dell’impareggiabile stile nostrano corre ai ripari in cerca di garanzie.
    Gli stilisti italiani sono celebri al mondo non solo per l’originalità e la finezza delle loro creazioni ma anche per la cura e la ricercatezza dei materiali, fino ad un accostamento che rende pregiato ogni prodotto. Insomma lo stile italiano è sinonimo di grande affidabilità in un rapporto qualità-prezzo che ha sempre soddisfatto il consumatore.
     
    In questi giorni l’intero Sistema Moda si rivolge ai vertici politici nazionali e chiede un incontro per discutere le conseguenze della crisi economica e trovare delle soluzioni comuni.
     L’Italia è insieme alla Francia la protagonista mondiale nel settore: sebbene quest'ultima rimanga il centro storico del fashion design, il Bel Paese si è aperto a questo mondo sin dagli anni cinquanta, affermandosi prepotentemente e distinguendosi dal primo per i costi ragionevoli. Col tempo Parigi è rimasta la capitale dell’alta moda, l’Italia invece ha puntato tutto su creatività e tecnologia.
     
    Un settore che rappresenta anche un'importante offerta di lavoro: Mario Boselli, Presidente della Camera Nazionale del Commercio Italiano, ha dichiarato che le 100.000 aziende operanti in Italia contano circa 890.000 impiegati. Alcuni elementi cruciali, a suo dire, hanno reso celebre il Made in Italy nel mondo. C’è innanzitutto un fattore culturale: si tratterebbe del cosiddetto “effetto Rinascimento”, una tradizione storica tutta nostrana che ha lasciato negli italiani un forte senso estetico e una predilezione per il bello. Sembra quasi che il nostro patrimonio artistico di rilevanza mondiale continui ad inspirare gli stilisti, rendendo lo stile delle nostre creazioni classico ed allo stesso tempo originale.
    Altro fattore rilevante è la solidità della filiera produttiva italiana. Sebbene la globalizzazione abbia spostato le fasi e i luoghi della produzione “altrove”, la nostra industria continua ad avere il primato nella produzione e lavorazione dei tessuti e nel finissaggio. Il Meccanotessile è la punta di diamante in un sistema che punta sulla qualità.
     
    Come limitare le conseguenze della crisi? In questi giorni i rappresentanti sindacali ed editoriali dell'indusria della moda italiana hanno presentato un documento in cui avanzano al governo una serie di proposte. Sostenere e proteggere questo settore , secondo loro, significa innanzitutto favorire i consumi interni e difendere la capacità produttiva nazionale. Altra soluzione “paracadute” avanzata è quella di valorizzare maggiormente la qualita' e lo stile della produzione italiana  e, ancora, di tutelare la trasparenza del commercio internazionale per evitare contraffazioni. Ora la parola spetta del governo, da cui ci si aspetta il varo di una serie di misure a sostegno del settore.