Articles by: Dom Serafini

  • VOTO ALL'ESTERO/ Cinque domande a Massimo Seracini


    di Dom Serafini. Massimo Seracini si definisce “figlio di uno dei padri della Dc italiana” che é dal 1968 in California cominciando come venditore di macchine da scrivere Olivetti. Poi: “fiorentino purosangue…marito, padre e nonno felice di ben sei nipoti”.  Anche al 65enne Seracini –– che é in campo per la seconda volta in nord e centro America per l’Udc di Pierferdinando Casini, questa volta per il Senato –– abbiamo fatto cinque domande.
    Domanda: Massimo, sei una persona ben voluta e ben conosciuta a San Diego, in California, ma come farai a farti apprezzare a Montreal, Toronto e New York?
    Risposta: Dopo l'esperienza politica del 2006 svolta essenzialmente nel sud California, ho continuato il mio lavoro volontario per le comunitá italiane pubblicando ben 216 interventi sui media degli Stati Uniti e Canada, ripresi anche in Sud America e in Italia, interessandomi a molti problemi comuni a tutte le comunitá del territorio, sopratutto a livello culturale. Il mio lavoro incessante, donato gratuitamente per la "mission" di rappresentare la voce degli italiani in America, che voglio portare a Roma, mi ha coinvolto "again" in questa corsa elettorale che intendo promuovere in questi ultimi giorni di campagna elettorale in un tour che mi porterá a contatto con le piú importanti comunitá italiane in Usa, Canada e Messico. Sono reduce dalla registrazione a Roma di due Tribune Elettorali che dovrebbero lanciare la mia candidatura e farmi conoscere alla gente, come un politico molto "sui generis", uno di loro con quarant'anni esatti di emigrazione che conosce sulla pelle i "needs and wants" degli italiani all'estero.
    D.: Perché un italiano che non ti conosce dovrebbe votarti?
    R.: Perché il mio slogan "uno di voi" é la veritá e dimostra l'ambizione di servire la mia gente e non di appartenere alla casta.
    D.: Alle ultime elezioni politiche con il volto all'estero, l'UDC ha preso l'11,24% al Senato ed il 10,9% alla Camera. Che speranze avete questa volta?
    R.: Questa volta con l'orgoglio di Casini che ha rifiutato di vendersi a Berlusconi e il lavoro incessante che ho svolto sul territorio in oltre due anni e la partecipazione di tre nuovi compagni di cordata, che si sono distinti nelle loro comunitá, vogliamo raddoppiare i voti presi nel 2006 e conquistare il seggio al Senato e alla Camera.
    D.: Perché, almeno all'estero, il centro-destra non é completamente unito?
    R.: Chiedilo a Mr. Berlusconi. L'Udc non é in vendita, Alleanza Nazionale invece........!
    D.: L'esperienza passata con gli eletti all'Estero é stata di totale delusione. Visto che sei al corrente di questo fatto, cosa ti proponi di fare di diverso?
    R.: Tutto! a cominciare, come ho proposto nell'intervista a Rai International, di organizzare immediatamente dopo il 13 aprile fra i 18 eletti un caucus permamente fra di noi per proporre unito le proposte di legge per gli italiani all'estero, e ...farle approvare!


     

  • VOTO ALL'ESTERO/ Cinque domande a Vincenzo Arcobelli


    Da Paternó, in Sicilia, a Dallas, Texas, a candidato per la Camera con il PdL, Vincenzo Arcobelli, é comandante pilota istruttore dell’aviazione civile. Quando Arcobelli si trasferí negli Usa, nel 1993, lasció l’aereonautica militare italiana con il grado di tenente.

    Arcobelli ha risposto apertamente alle nostre cinque domande. 
    Domanda:Vincenzo, sei una persona ben voluta e ben conosciuta nel Texas, ma come farai a farti apprezzare a New York, Toronto e Montreal?

     Risposta: Con il lavoro quotidiano, impegnandomi con serietá, professionalitá,  lealtá e correttezza. Ascoltando e dialogando in maniera diretta con i connazionali "tutti", dal Panama a Vancouver, a prescindere dal colore politico, dalla provenienza o dalla loro residenza.
    D.: Perché un italiano che non ti conosce dovrebbe votarti?

     R.: Per il  costante impegno messo a disposizione e per aver portato  a termine con successo iniziative in seno al Comites e nel mondo dell'associazionismo, per aver sposato la causa dell'ex Ministro per gli Italiani nel Mondo Mirko Tremaglia collaborando direttamente attraverso le battaglie del CTIM-Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo e per i diritti degli italiani all'estero, inclusa quella del "voto".   
    D.: Pensi veramente che il programma sia importante o la persona che andrá a rappresentarci?

     R.: Tutti e due sono importanti, anche se, i programmi sono molto simili tra le varie forze politiche e tra i vari candidati, la "differenza"  la fará certamente la persona,  che a mio parere deve essere preparata, coerente, qualificata, disponibile e pronto per fare battaglie per conto degli Italiani all'estero. 
    D.: Alcuni dei tuoi colleghi di partito non hanno apprezzato la tua candidatura. Perché?

     R.: Penso che le lamentele degli ultimi giorni in merito alle candidature non siano da attribuire alla mia persona specifica, bensí a due fattori: 1) aver selezionato soltanto 1/6 proveniente da AN nel Nord America e 2) alla non inclusione di un candidato residente nella zona di New York per la lista del PdL.
    D.: L'esperienza passata con gli eletti all'Estero é stata di totale delusione. Visto che sei al corrente di questo fatto, cosa ti proponi di fare di diverso?
     R.: Una comunicazione diretta attraverso  comunicati settimanali, dialogare di piú con i rappresentanti dei Comites e per risolvere le problematiche ben note agli italiani all'estero fare in modo di istituire la Bicamerale, affinché Deputati e Senatori eletti all'estero con il dialogo costruttivo risolvono in tempi brevi le varie questioni, agendo al di sopra delle parti e dei partiti e per il bene delle collettivitá. 

     


     

  • VOTO ALL'ESTERO/ Cinque domande a Graziella Bivona


    Socio fondatore del quotidiano italiano negli Usa, AmericaOggi, e vice direttore di Radio Icn, la  54enne  Graziella Bivona  originaria di Messina, é per la seconda volta candidata alla Camera in quota Italia dei Valori per il PD.

    Alla Bivona, che é residente nel New Jersey dal 1974, ma di sola cittadinanza italiana, abbiamo rivolto le tradizionali cinque domande.
    Domanda: Graziella, sei una persona ben voluta e ben conosciuta a New York e nel New Jersey, molto piú di alcuni altri candidati del PD, ma come farai a farti apprezzare  a Montreal e Toronto?
    Risposta: Ho in agenda una serie di incontri in Canada:  Windsor, Edmonton, Vancouver e poi uno molto importante a Toronto e a Montreal. La circoscrizione del nord e centro America  è  immensa, circa due volte e mezzo quella europea, quindi viaggiare, oltre che problematico, diventa anche costoso. In ogni caso non credo di essere sconosciuta in Canada. Da anni svolgo attività  a favore degli italiani all’estero essendo impegnata con associazioni come l’Unione Siciliana Emigrati e Famiglie,  la Famiglie Italiane Lavoratori Emigrati e Famiglie, la Federazione Italiana Emigrazione e Immigrazione, ed altre: tutte a stretto contatto con la comunità italiana sparsa per il mondo. Queste associazioni che operano  nell’interesse e per la tutela degli italiani all’estero  mi invitano ai loro convegni e alle conferenze  che io seguo religiosamente: Da Parigi, a Buenos Aires, da Roma a Bruxelles,  dove incontro tanta gente e leaders delle varie  comunità; anche del Canada.
    D.: Pensi veramente che il programma sia importante o la persona che andrá a rappresentarci?
    R.: Penso sinceramente che, in una circoscrizione come la nostra, cosí multiforme con le sue diverse esigenze e problematiche territoriali  e anche nei meandri della politica italiana, oggi giorno sia piú che mai importante che i candidati politici si propongano ai propri elettori nelle varie circoscrizioni con una piattaforma di programmi ben chiari e realizzabili. I candidati devono prendersi la responsabilitá di attuare tali programmi evitando di farsi sviare da offuscamenti politici che talvolta vanno contro l’attuazione di tali programmi e quindi contro il benessere dei cittadini. Io sono un candidato che ha le idée ben chiare sui programmi di cui hanno bisogno le nostre comunitá del nord e centro America. Io penso sia giunta l’ora di praticare solamente la politica dei valori, della trasparenza e del fare.
    D.: Perché secondo te il deputato uscente, Gino Bucchino, ha prima fatto intendere che non si sarebbe ripresentato ma poi non solo si é ricandidato, ma ha anche ostacolato un bravo candidato quale Giovanni Rapaná?
    R.: É una domanda che dovresti fare a Gino Bucchino o a Giovanni Rapanà.

    Per quanto mi riguarda  io ho seguito con molto interesse tutto l’iter delle candidature e sono stata in stretto contatto con tutti gli  amici di lista. Tutte persone  rispettabilissime. Sono molto dispiaciuta, naturalmente, che Giovanni Rapaná non sia fra i candidati. A mio avviso è una persona validissima, trasparente e democratica, molto importante per il PD a cui sono sicura non fará mancare il suo appoggio e la sua esperienza politica. Mi pare che lo stia giá facendo no?
    D.: Come giornalista, che ne pensi del fatto che, durante le scorse elezioni il senatore uscente Renato Turano abbia fatto sí che il giornale italiano di Chicago non concedesse spazio editoriale  ad un altro candidato?
    R.:  Non mi risulta niente di tutto ció. Che io sappia non ci sono quotidiani o settimanali italiani a Chicago. Comunque, sinceramente, non penso che il senatore Renato Turano possa fare delle cose di questo genere.
    D.: L’esperienza passata con gli eletti all’Estero é stata di totale delusione. Visto che sei al corrente di questo fatto, cosa ti proponi di fare di diverso?
    R.: Non tutti la pensano cosí. Secondo me l’esperienza dei parlamentari italiani all’estero é stata comunque fondamentale. Sono state fatte delle cose importanti che purtroppo  non sono emerse perché  il governo, fin dal primo giorno, traballava. Non dimentichiamo che gli eletti all’estero hanno determinato la maggioranza di governo. Purtroppo la stampa, impegnata a riportare le trame di palazzo, ha dimenticato di comunicare i programmi realizzati e in via di finalizzazione per gli italiani residenti all’estero che i nostri parlamentari  hanno iniziato con i loro respettivi gruppi di lavoro. Esempio di cosa fatta é la risoluzione da parte del Ministero dell’Economia che dal 2008 estenderá la destrazione Ici agli italiani residenti all’estero proprietari di immobili non affittati in Italia. Esempio di legge vicino ad essere approvata ma interrotta dalla caduta del governo, é la proposta di legge per il riconoscimento e riacquisto della cittadinanza italiana per coloro che l’abbiano persa. Come prima esperienza non mi sembra niente male!  Certo si sarebbe potuto fare di piú ma sono sicura che se eletta, questi  iniziative in corso d’opera avranno la mia prima prioritá.

  • Op-Eds

    Television as an open field for pundits


    Recently, Italian philosopher and University of Florence professor, Sergio Givone, wrote a front cover story for Roman daily Il Messaggero, stating that television is not society’s mirror, but rather an instrument to shape it.  With the speed of light, I immediately (technically, immediately is faster that the speed of light) e-mailed a letter to the editor, which was promptly ignored.

    Even though I’m a contributor to another section of the same paper, in Italy, one cannot challenge a front-cover story, especially one written by a noted university professor, even if, as in this case, the pundit is out of his element (i.e., television). Only if the dissenting note had been written by an even more noteworthy university professor would the letter have been accepted for publication. After all, in the Italian media world, hierarchy must be respected if not revered, and what I did was irreverent!

     

    In that e-mail, obviously destined to end up where it belonged (i.e., a spam folder), my position was that television not only trails society, but follows it so closely as to be a slave of society’s own rules and customs. Indeed, to be successful or even accepted, television has to take into consideration when people leave their homes to go to work, when they come back, when they go to the movies or to restaurants, when they come back from vacations and even when they go to the toilets. Television follows –– it doesn’t lead –– and what the aforementioned Italian philosopher has failed to analyze is that television reflects society –– otherwise it would lose its followers.



    Imagine if television programmed its key shows when potential viewers were out of their homes, stuck in their cars or on commuter trains? Picture a TV network showing a rugby match in the afternoon when housewives are home. And all this is just for the sake of shaping people’s habits!

    Society’s malaise doesn’t have to be linked to television. Television should not the scapegoat. I’d venture to say that the social, political and economic problems we’re now facing are mainly due to the inadequate, unresponsive educational system and, especially to the money-hungry and power-grabbing university system, which, ultimately, failed to spew out valid managers, politicians, regulators and public servants.



    In the U.S., there are accidental firearm deaths and shoot-outs not because of television, but because people can keep rifles and pistols at arm’s length.



    Michael Suman, a professor at the Department of Communication Studies at the University of California at Los Angeles, has analyzed the effects of violence on television. Suman, who has taught in Japan, Korea and China, said: “I would never want to say that the mass media does not have a powerful influence and effect on people. It does. But it is much too simplistic just to blame all of this on TV. The media in Japan is more violent than it is in the U.S. [but] if you look at Japanese society, the rates of violent crime are much lower than they are in the U.S.”



    In France, Nicolas Sarkozy was elected president but not because of television coverage (after all, TV stations over there favored his opponent, the charming Segolene Royal). The same thing happened in Italy. Despite the fact that former Italian prime minister Silvio Berlusconi owns three TV networks and, when he was in power, reportedly, influenced the three main public TV networks, he lost the 2006 election to former bureaucrat Romano Prodi.



    On my side, I’ve got also a comment from MIT professor David Thorburn, who in an interview stated that, for example, the characters of the TV series Seinfeld, were mirroring [not creating, shaping or influencing, mind you] a society that was selfish, nasty, greedy and self-absorbed. “The narcissism of the era is simply reflected in the show,” he’s quoted as saying.



    Certainly, television is influential. After all in the U.S. there are more TV sets than toilets! However, only when people at large are ready to accept, for example, changing gender roles, with television shows dealing with that subject, will be accepted and thus popular.



    In his book “Everything Bad Is Good For You,” American author Steven Johnson even argues that, “Popular culture has…grown more complex and intellectually challenging over the past 30 years…the popular media is steadily…making our minds sharper, as we soak in entertainment usually dismissed as so much low-brow fluff.”



    Now, on one level, this could be interpreted as proof that TV shapes society, making it smarter. But it also dismisses the tone of the Italian professor’s negative premise that society is challenged because television –– which shapes it –– is also challenged. On the other hand, Johnson could also be stating that society has changed and television has followed it.

     




     

  • Life & People

    L’Italo Americano’s 100 Years of Service

    Recently, L'ItaloAmericano celebrated its 100 years with a Hollywood-style party at the Sheraton Hotel in Hollywood, right next to NBC-Universal studios.

    The weekly, published in Los Angeles in both English and Italian, serves all of California, parts of Nevada and Oregon and reaches to Vancouver, Canada. L’ItaloAmericano is the oldest Italian newspaper in existence today in the U.S.

    Among the 320 participants at the celebration were new Italian Council General to Los Angeles, Nicola Faganello, and Noema Corradi, president of Abruzzesi and Molisani of California Association, and Italian guests from Toronto and New York, in addition to those from closer cities such as San Diego, San Francisco and San Jose.

    A great surprise was the presence of an incredibly fit and festive Gennaro De Rubertis, from the Molise Region, who was also celebrating his 100 years.

    L’ItaloAmericano was founded in 1908 by the Florentine Gabriello Spini, as a competitor for L’Eco della Colonia, a newspaper that Spini co-founded in 1894 in Los Angeles.

    However, it was Spini’s nephew: the then 18-year old Cleto Baroni, who popularized L’Italo-Americano in 1933. Following Baroni’s leadership, the newspaper was owned by a total of four different publishers, the last of whom is Robert Barbera, a real estate mogul of Sicilian origins. The paper enjoyed its greatest circulation in 1980, with the acquisition of San Francisco’s L’Eco d’Italia.

    The current Editor, Mario Trecco, of Venetian origins, was also its publisher from 1971 to 1990. In 1974, Trecco introduced the English section. At that time Trecco was a priest in the Scalabrini Order who was called from Italy specifically to edit the paper, which was then owned by the religious order. In 1990, Trecco left both the priesthood and the paper only to return as editor in 1998.

    At the celebrations, the Dry Martini orchestra and singer Nick D’Egidio were on hand to entertain the crowd.

  • Op-Eds

    Italy Goes Back to Elections. Again


    As The Gipper (late U.S. President Ronald Reagan’s) used to say: “Here we go again!” And indeed, these upcoming elections will usher in Italy’s 57th post-WWII government and the Country’s 16th legislature. The fact that the resigning center-left government could have been in place for a full two years without having a clear majority in the Senate can be considered a miracle in and of itself. However, it’s a miracle that cost Italians dearly in terms of higher taxes, increased crime, labor strikes, inflation and various emergencies, such as the one caused by uncollected garbage in Naples’ environs.

     

    The Minister of the Environment, Alfonso Pecoraro Scanio of the Green Party, would crusade against global warming but he didn’t seem to know that garbage was piling up in his own backyard. But it wasn’t just a case of government incompetence –– despite of the fact that it had the largest staff and a record number of deputy ministers –– the 15th legislature, meaning the Parliament itself (which is made of a Chamber of Deputies and a Senate) did not shine. As the TV images shown around the world attested, some members of the Senate –– who started spitting at each others, popping champagne corks and covering themselves with cold cuts, right in the high chamber, to celebrate the fall of Prime Minister Romano Prodi’s Government –– clearly did not belong in that solemn place. Then there was the case of the Justice Minister, Clemente Mastella, who was investigated for corruption and his wife indicted. This is in addition to Deputy Finance Minister, Vincenzo Visco –– himself convicted for construction abuse –– who fired General Roberto Speciale reportedly because he sent his finance police to investigate corruption cases by politicians from the left, which belonged to the Government coalition.

     

    The fact that, in the recent Italian Parliament there were some 20 members, or 2.2% of the whole legislative body, who were convicted of various crimes, indicated the state of affairs of modern Italy. And this is without considering the numerous members of Parliament who received some form of acquittal or had major brushes with the law.

     

    Now, to begin understanding how the Italian political system functions, it is necessary to compare the following contrasting figures: Even though there have been 56 governments since 1948, the total number of prime ministers was only 25. This is because many of them were reappointed during the same legislature or subsequent legislature. If a legislature can complete its term (i.e., the government can keep its majority both in the Chamber of Deputies and in the Senate), it lasts five years. Considering that there have been 15 legislatures under the current Constitution, on the average, each legislature lasted a respectable four years and each one had on the average 3.7 governments and only 2.2 prime ministers.

     

    So, the main problem with the Italian political system is not Parliament itself, but the executive branch, which keeps changing or reshuffling about once every year. Because of this constant state of instability, which, up to now has been the only stable element in the Italian political process, Italians are beginning to rely less on electoral promises and more on the “quality” level of Parliamentary candidates. For this purpose, spearheaded by –– of all people –– stand-up comedian, Beppe Grillo, and care-taker Minister of Infrastructures Antonio Di Pietro, several organizations have sprung up with the sole task of weeding out –– by exposing, denouncing and even campaigning against –– all candidates that have criminal pasts. The rationale behind this “cleansing” is that even though one cannot trust the political agenda, at least it can satisfy the moral, ethic and Italian need for “bella figura.”

  • Op-Eds

    Verso le presidenziali Usa: con Obama vince McCain


    Anche la politica americana puó essere interessante. Non tanto entusiasmante, drammatica, spettacolare e sorprendente quando quella italiana, ma di sicuro interessante. Rimane il fatto che, negli Usa, prima del voto partigiano (primarie) e di quello popolare, i potenziali candidati alla presidenza devono sottoporsi ad una selezione puramente economica: chi riceve piú appoggio finanziario puó accreditarsi per la gara. Mentre in Italia i partiti decidono chi candidare, in America le candidature vengono decise dai contribuenti. Questa volta, peró, non é solo questione di “chi ha piú soldi”. In queste elezioni presidenziali, i soldi rappresentano l’80% del potere elettorale ma, a sorpresa, si é intromesso un elemento strategico. Ed é questo l’elemento interessante. Ma andiamo per ordine. Sin da prima delle elezioni presidenziali del 2004, l’establishment del partito Democratico aveva de-facto designato la senatrice dello stato di New York, Hillary Clinton, come candidata alle presidenziali del 2008. Questa decisione aveva creato non poca tensione dentro lo stesso partito, visto che, in quella situazione, la Clinton non poteva appoggiare la candidatura alla presidenza del democratico John Kerry. Per molti analisti, l’elezione presidenziale del 2004 doveva essere una “passeggiata verso la Casa Bianca” per qualsiasi candidato Democratico. Ma, nonostante tutti i problemi –– politici, economici, sociali –– del presidente George W. Bush, Kerry non c’é l’ha fatta, lasciando quindi aperta la finestra del 2008. Se Kerry avesse vinto, il turno per la Clinton sarebbe sicuramente arrivato nel 2012. Inoltre, se Kerry non fosse stato un buon presidente, nel 2012 Clinton ne avrebbe pagato le conseguenze. Per questi motivi sia l’ex-presidente Usa Bill Clinton che la consorte Hillary, hanno fatto solo il minimo indispensabile per aiutare la campagna di Kerry. Naturalmente, oggi che tocca a Hillary, Kerry ha appoggiato per la presidenza il senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama. Durante i preparativi per le primarie –– considerando la scarsa popolaritá dei repubblicani –– l’insidia principale per Clinton poteva arrivare solamente dallo stesso partito democratico. Ed ecco perché alcuni media influenti come il “New York Times” hanno aiutato a creare un personaggio come Obama: un candidato forte abbastanza da scoraggiare qualsiasi altra candidatura piú forte, ma non troppo insidioso per Clinton (il NYT ha, naturalmente, appoggiato Clinton). Con la sorprendente rimonta del senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain, i repubblicani hanno un’ottima possibilitá di tenersi la Casa Bianca. Cosa che, fino a poco tempo fa –– quando i loro favoriti, Rudy Giuliani e Mike Huckabee, non erano eleggibili a livello nazionale –– era data persa di sicuro. Avendo avuto occasione d’incontrare McCain, lo considero un repubblicano moderato che ha dovuto vestire i panni del lupo cattivo per farsi accettare dalle ali piú estremiste del partito. Una volta conquistata la “nomination”, tornerá ad essere il candidato in grado di generare un ampio consenso popolare. Con la rimonta di McCain si é subito mobilitata la cavalleria repubblicana, creando un appoggio incondizionato ad Obama. Infatti si vocifera che anche Rupert Murdoch, il proprietario della rete Tv conservatrice Fox, appoggi Obama (dopo un primo sostegno a Clinton), perché ora bisogna a tutti i costi indebolire Clinton. Con la candidatura di Obama, la Casa Bianca sarebbe piú che assicurata per McCain, sul quale si riverserebbero tutti i voti repubblicani, buona parte degli indecisi, degli indipendenti, dei moderati e dell’ala destra dei democratici. Al contrario, una sfida Clinton-McCain, porterebbe via a quest’ultimo molti voti dei moderati repubblicani, mentre alla Clinton andrebbero buona parte degli indecisi e degli indipendenti, oltre che a quelli dei democratici. #

  • Verso le presidenziali Usa: con Obama vince McCain


    Anche la politica americana puó essere interessante. Non tanto entusiasmante, drammatica, spettacolare e sorprendente quando quella italiana, ma di sicuro interessante. Rimane il fatto che, negli Usa, prima del voto partigiano (primarie) e di quello popolare, i potenziali candidati alla presidenza devono sottoporsi ad una selezione puramente economica: chi riceve piú appoggio finanziario puó accreditarsi per la gara. Mentre in Italia i partiti decidono chi candidare, in America le candidature vengono decise dai contribuenti. Questa volta, peró, non é solo questione di “chi ha piú soldi”. In queste elezioni presidenziali, i soldi rappresentano l’80% del potere elettorale ma, a sorpresa, si é intromesso un elemento strategico. Ed é questo l’elemento interessante. Ma andiamo per ordine. Sin da prima delle elezioni presidenziali del 2004, l’establishment del partito Democratico aveva de-facto designato la senatrice dello stato di New York, Hillary Clinton, come candidata alle presidenziali del 2008. Questa decisione aveva creato non poca tensione dentro lo stesso partito, visto che, in quella situazione, la Clinton non poteva appoggiare la candidatura alla presidenza del democratico John Kerry. Per molti analisti, l’elezione presidenziale del 2004 doveva essere una “passeggiata verso la Casa Bianca” per qualsiasi candidato Democratico. Ma, nonostante tutti i problemi –– politici, economici, sociali –– del presidente George W. Bush, Kerry non c’é l’ha fatta, lasciando quindi aperta la finestra del 2008. Se Kerry avesse vinto, il turno per la Clinton sarebbe sicuramente arrivato nel 2012. Inoltre, se Kerry non fosse stato un buon presidente, nel 2012 Clinton ne avrebbe pagato le conseguenze. Per questi motivi sia l’ex-presidente Usa Bill Clinton che la consorte Hillary, hanno fatto solo il minimo indispensabile per aiutare la campagna di Kerry. Naturalmente, oggi che tocca a Hillary, Kerry ha appoggiato per la presidenza il senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama. Durante i preparativi per le primarie –– considerando la scarsa popolaritá dei repubblicani –– l’insidia principale per Clinton poteva arrivare solamente dallo stesso partito democratico. Ed ecco perché alcuni media influenti come il “New York Times” hanno aiutato a creare un personaggio come Obama: un candidato forte abbastanza da scoraggiare qualsiasi altra candidatura piú forte, ma non troppo insidioso per Clinton (il NYT ha, naturalmente, appoggiato Clinton). Con la sorprendente rimonta del senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain, i repubblicani hanno un’ottima possibilitá di tenersi la Casa Bianca. Cosa che, fino a poco tempo fa –– quando i loro favoriti, Rudy Giuliani e Mike Huckabee, non erano eleggibili a livello nazionale –– era data persa di sicuro. Avendo avuto occasione d’incontrare McCain, lo considero un repubblicano moderato che ha dovuto vestire i panni del lupo cattivo per farsi accettare dalle ali piú estremiste del partito. Una volta conquistata la “nomination”, tornerá ad essere il candidato in grado di generare un ampio consenso popolare. Con la rimonta di McCain si é subito mobilitata la cavalleria repubblicana, creando un appoggio incondizionato ad Obama. Infatti si vocifera che anche Rupert Murdoch, il proprietario della rete Tv conservatrice Fox, appoggi Obama (dopo un primo sostegno a Clinton), perché ora bisogna a tutti i costi indebolire Clinton. Con la candidatura di Obama, la Casa Bianca sarebbe piú che assicurata per McCain, sul quale si riverserebbero tutti i voti repubblicani, buona parte degli indecisi, degli indipendenti, dei moderati e dell’ala destra dei democratici. Al contrario, una sfida Clinton-McCain, porterebbe via a quest’ultimo molti voti dei moderati repubblicani, mentre alla Clinton andrebbero buona parte degli indecisi e degli indipendenti, oltre che a quelli dei democratici. #

  • Op-Eds

    For More Laissez-faire Wall Street Wants Regulations


    Last January, “la Repubblica,” one of Italy’s major dailies, ran an excerpt from Guido Rossi’s new book “Il Mercato d’azzardo” (“Gambling With the Financial Market”), in which he described ways to “confront [today’s] global market liberalism.” In his latest book, Rossi, a former top-level Italian banker and university law professor with a master’s from Harvard, criticized Italian regulatory agencies for their ineffectiveness. It is assumed that the excerpt published by “la Repubblica” didn’t do justice to the book in which Rossi repudiated the laissez-faire attitude of the last decade and credited Italian antitrust laws, rather then the free market philosophy, for the merits of free trades. This subject is indeed the essence of the future of Italy (and other countries), and it is highly significant that it is expounded by a top gun, such as Rossi, considering that, in the past, he had been part of the problem, both as president of telephone giant Telecom Italia and as head of CONSOB, Italy’s regulatory authority for the stock market.



    This subject is of particular relevance to me, since for years I’ve risked the ire of U.S. TV networks and studios by tediously writing against vertical and horizontal integration. The problem with “the market knows best” philosophy, which is the U.S. version of the French laissez-faire, is that the financial sector –– both in Italy and in the U.S. –– has subjugated the political process. Indeed, vertical and horizontal integrations were not dictated by market strategies or company plans, but solely by financial engineering devised by Wall Street. How many times, for example, has it been said that, with vertical integration, in effect, companies are reduced to selling their products and/or services to themselves? Not that this logic would deter Wall Street from making a killing and, in the process, creating havoc with companies. Now that there are no more worthwhile companies to integrate, Wall Street (the sector that, after all, Rossi exemplifies) began promoting the break-up of conglomerates. In these cases, the social advantages, which this time are real, are not of concern to the financial sector. What still counts is the great potential that break-ups could represent to make money. Even though this latest financial “doctrine” is more than welcomed, it is important to point out how, once again, it is not the political leadership making this decision, but rather the financial sector.



    As a curiosity, I’d like to remind to our readers of my past denunciations of slogans such as: “think globally, act locally,” and “globalization generates wealth,” as well as the fateful, “market knows best.” At every turn of the screw by the financial powers, I’ve followed with editorials to explain how Wall Street loves monopolies, duopolies, market leaders and dominant positions that, ultimately, have nothing to do with American and Italian principles: Capitalism founded on free markets, fair competition, equal opportunities and equal rights. In the past, in order to be able to execute its plans, Wall Street had to first push for the weakening of regulatory agencies and, later, by the legislative elimination of all kind of rules and regulations. This was achieved by simply “acquiring” politicians by contributing with plenty of money to their campaigns (among which was former U.S. president Bill Clinton who excelled at abrogating regulations). No scandals here.

    The “acquisition” of politicians by special interest groups is something that is done openly in the U.S. and is well documented. In Italy, however, the elimination of rules and regulations, especially in the financial sector, has been executed in a very subtle way, first by creating controlling authorities, such as the one for Privacy (in order to prevent published accounts), second by punishing the press for investigative reporting and, finally, by weakening regulatory agencies such as CONSOB, which, at one time, Rossi presided over.



    Going back to what is generally referred to as Wall Street, it is interesting to note how this ominous embodiment of financial power, by corrupting the political power, has been able to have regulations discarded on local and national levels, and, at the same time, strengthen regulations at the international level, through the World Trade Organization (WTO). Indeed, strict international regulations that went against the interest of small local companies were created through the WTO. In effect, the WTO power forced all countries to favor the creation of large conglomerates for the sole purpose of taking advantage of WTO competition rules. For Wall Street, the creation of WTO-spearheaded conglomerates at the global level represented an enormous source of new opportunities for added revenues. Now that this cycle is closed due to a lack of companies to integrate in a financially viable way, Wall Street started to promote diversification, going back to: “smaller is better,” and “the high cost of low-cost,” which contrasts with their old “economy of scale” concept. This latest Wall Street salvo is being executed with a series of books, lectures and newspaper articles, not only in the U.S. but in Italy as well, all denouncing the past laissez-fare, as in Rossi’s latest book.



    Incredible as it seems, after the latest U.S. scandal over poisonous toys (caused by the weakening of the appropriate controlling authorities), the same conglomerates that were affected by the collapse of sales of their products, asked for the reinstatement of more stringent regulations ostensibly for “better consumer protection.” In actuality, these conglomerates have discovered that, with stronger regulations, their risks are minimized and cost of quality control is transferred to the government.

     

    (Published in Italian on America Oggi)

     

     

  • Op-Eds

    Against Rudy Giuliani the Strategy Is to Divide Italian-Americans


    From what I could hear from NIAF’s annual Gala event, which was televised, Rudy has a great relationship with Italy, but is Italy paying attention? And, more importantly, are Italian-Americans fully behind Rudy for president?

    When he was mayor of New York, Giuliani got in trouble with his Republican Party because he endorsed Mario Cuomo, a Democrat, for New York Governor. Political ideology or opportunism was not contemplated. Evidently, for Rudy, the Italian element of the candidate was a guarantee that he was as good as gold.



    Not every Italian-American, unfortunately, appreciates this golden rule. Recently, the Long Island, NY daily paper “Newsday,” ran a story: “Will Italians in U.S. give Rudy the boot?” It argued that “Giuliani has turned his back on his Italian roots,” which, judging from his speech at the NIAF event in Washington D.C., is far from the truth.

    The “Newsday” story pointed out that Giuliani went to Calabria to inaugurate the first direct flight from Kennedy Airport to the region, but Giuliani’s camp did not publicize the trip, as if the candidate were ashamed of his Italian origins.



    Frankly, the Giuliani trip to Calabria didn’t even merit a blip in the media radar in Italy or the Italian press in the U.S.—which is too busy reporting about the crime wave emergency, the political ineptitude or the corruption that is now engulfing Italy.

    Looking at the demographic situation, in the U.S. there are an estimated 25 million Americans of Italian descent, mostly scattered around such important states as California, Florida, Illinois, Michigan and Ohio. “Newsday” pointed out that in states such as New York, New Jersey, Connecticut and Rhode Island, some 15% of the population is of Italian descent.



    On the political front, we have “Billary,” who has planned her presidential campaign very carefully. The Senator from New York is said to be a good Republican masked as a Democrat, and therefore she can appeal to both constituencies. One could argue that Rudy could be considered a good Democrat masked as a Republican, but the difference is that Hillary Clinton has no major rivals in the Democratic camp.

    Indeed, according to some accounts, Clinton’s key antagonist, Illinois senator Barack Obama, is a creation of “The New York Times” in order to discourage challenges from more insidious candidates. Sen. Obama is not even considered by Hillary as a potential running mate, since his constituency would vote for Clinton anyway.



    The fact that “The New York Times” could be aiding Clinton’s presidential strategy doesn’t mean, however, that the Jewish community is fully behind “Billary.”

    Our “elder brothers” (as Pope John Paul II called Jews) would rally behind Rudy: On the religious level (Catholics are Judeo-Christians); on the geopolitical level (for the support of Israel), and on the economical level (Giuliani has a good record in running a Metropolis that is defined as unmanageable).



    If the states such as Florida and New York, in particular, get behind Rudy, Hollywood would take notice and, perhaps, would switch its endorsement from ‘Billary” to Giuliani.

    Plus, if one looks at vulnerabilities, Hillary has many more than Giuliani who has basically two: The fact that he is of Italian descent and that he’s Catholic.

    Giuliani was wise in getting all his skeletons (his multiple divorces, the discord with his children, the antics of his current wife, his speaking fees and some friends are not properly sound) out of the closet, well in advance of the primaries. Now he has only to make sure that his antagonists don’t succeed in splintering the Italian-American block. The religious element—with a Mormon and a former Muslim among the candidates—will finally be of secondary importance.



    In any case, what the Italian-American community should never do, is follow the “Newsday” advice that, “Italo-Americans should not support Giuliani simply on the basis of ethnic pride.” Beside that fact that Italo-Americans are not an “ethnic” group, but a nationality, all Americans of Italian origins should indeed vote for Rudy exclusively because he’s Italian, which is by itself a good enough reason and a guarantee of everything America stands for.

     

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