Articles by: Carlo Di stanislao

  • Nuovi muri vent'anni dopo

    Verso le 22.30 del 9 novembre 1989, gruppi sempre più numerosi di cittadini di Berlino Est si muovono verso i sette varchi di confine sul Muro che li separa dall’Ovest. Un’ora dopo, sulla Bornholmerstrasse, la folla è già tanta che non c’è modo di avvicinarsi e allora funziona solo il passaparola. “Hanno aperto, hanno aperto”. Arrivano birre e bottiglie di Rotkäppchen, l’orrido champagne made in Ddr. Ci si abbraccia fra sconosciuti, si ride e si piange.

    Ora sì, è certo: dopo 28 anni, 2 mesi e 26 giorni, il Muro di Berlino è stato aperto. Cambia per sempre la vita dei berlinesi e dell’Europa. Davanti alla sbarra alzata a Borholmerstrasse, un Volkspolizist partecipa nel suo piccolo al Grande Disordine che lo sta travolgendo: accetta un fiore e accende una sigaretta. Oggi non rimane molto del Muro.

    Solo alcuni punti furono mantenuti come monumento, nella duplice accezione latina di quel che deve ‘manere et monere’, rimanere ed ammonire. I blocchi di cemento furono distrutti ed utilizzati per la costruzione di strade. Alcuni, invece, furono messi all’asta. Brandelli di Muro sono oggi diffusi e custoditi in tutto il mondo, memoria storica e triste monito alle generazioni presenti e future, perché non venga mai negato il valore della democrazia e della libertà.

    Ma da ieri  c’è un nuovo muro a Berlino, fra il Bundestag e la Potsdamer Platz, alla porta di Brandenburgo, composto da 1000 tessere da domino,  alte 2,5 metri, larghe 1 metro e profonde 40 cm, per un peso totale di 20 kg ciascuna, quasi tutte colorate e piene di disegni, con temi che ricordano l’apertura del muro e realizzate dagli alunni di 240 scuole tedesche.

    L’idea ha avuto il patrocinio di un centinaio di personalità internazionali, tra cui Nelson Mandela, Michail Gorbaciov, Muhammad Yunus o Lech Walesa ed è culminata, in mondovisione, con la spettacolare caduta per effetto domino di tutte le tessere, in ricordo dell’evento che avviò ufficialmente la riunificazione delle due Germanie e, di fatto, l’implosione dell’Unione Sovietica e del suo regime. Per questa celebrazione Berlino ha invitato i capi di Stato e di governo del 27 paesi membri dell’Unione Europea, con la Cancelliera Algela Merckel - cresciuta lei stessa nella ex Germania comunista - che ha attraversato l’ex passaggio di frontiera della Bornholmer Strasse, il primo aperto nella fatidica notte, insieme agli illustri ospiti.

    Ma davvero la storia della caduta del muro, della chiusura del “secolo breve” e della fine della guerra fredda è tutta chiarita? Anche una brava ricercatrice italiana quale Paola Rosà nel suo saggio “Lipsia 1989” (ed. Il Margine), si chiede se sia montato davvero a Berlino e non più in là, a partire da Lipsia, quel magico tsunami della  “rivoluzione soft del 1989” ed il settimanale “Der Spiegel” ha ricordato ieri ai suoi lettori che l’epicentro dell’89 non si trovava in Germania, ma fra la rivolta di Solidarnosc e degli ungheresi e  fu un regalo dei ribelli dell’Europa dell’Est ai tedeschi.

    Ed ancora oggi storici, politici ed intellettuali si interrogano, dentro e fuori dalla Germania, sulla questione se la Ddr fu una dittatura tanto pessima quanto quella  del Terzo Reich,  due dittature spuntate sul suolo tedesco nel Ventesimo secolo e senza dubbio misurabili attraverso il numero degli spioni sguinzagliati dai due regimi: la Gestapo riuscì ad esser altamente efficace servendosi in Germania di molto meno agenti della Stasi. Nel minuscolo reame di Berlino-Est,  infatti, la quantità di agenti ed “informanti” (cioè collaboratori) al soldo della Stasi, era notevolmente maggiore che all’epoca nazista.

    La convinzione di molti è che per compensare i quasi sessant'anni di mancanza di democrazia in cui hanno vissuto i tedeschi orientali ci voglia molto più tempo. Nel loro calcolo i pessimisti sommano il periodo nazista, cominciato nei primi anni Trenta, a quello comunista venuto subito a rincalzo e conclusosi nell'89. Dodici tedeschi su cento ritengono che si dovrebbe ricostruire un Muro. Lo rimpiangono. A pensarla così sono più numerosi gli orientali. Questi ultimi, gli Ossis, sentono ancora un po' di nostalgia per la vita assistita di cui usufruivano nel socialismo reale e stentano a sostenere la dura competizione del mercato. E' in parte dovuto a questo rimpianto il successo dei partiti di estrema sinistra, che sottraggono voti al partito socialdemocratico.

    Ed un nuovo, temibile muro, si sta costruendo nel tessuto sociale della Germania attuale, con rigurgiti e derive neonaziste sempre più evidenti, spregiudicate e, in fondo, tollerate.  A tal proposito i dati sono inquietanti. Un sondaggio dell'Istituto Forsa, per l'emittente Allnews N-tv, ha rivelato che in Sassonia (uno dei territori dell'ex Germania dell'Est), i neonazisti della Npd hanno superato la Spd, e, se si votasse oggi per il Parlamento regionale di Dresda, otterrebbero il 9% dei consensi contro l'8% dei Socialdemocratici.

    I motivi di tale pericolosa deriva sono molti ma fra questi spicca l'ondata di paura che invade la Germania dopo gli ultimi attacchi terroristici sventati, con la polizia criminale che ha redatto una lista coi nomi di 890 integralisti islamici potenzialmente pericolosi e di 32mila musulmani attivi (sui 3 milioni presenti in Germania) in organizzazioni islamiche, 28 delle quali di matrice fondamentalista. I rigurgiti neonazisti sono anche attribuibili alla facilità con cui i gruppi dell'estrema destra riescono ad usare la Rete per fare proselitismo: i nuovi siti vengono registrati automaticamente senza che ne vengano controllati i contenuti. 

    L'Unione Cristiano Democratica (CDU) ha aperto un suo sito -  (cioè rete contro la violenza) - invitando i "navigatori" a segnalare i messaggi dell'estrema destra e quelli che istigano alla violenza xenofoba e anti-semita. Il diffuso quotidiano "Bild" dedica oggi parte della sua prima pagina e molto spazio all'interno alle istruzioni per localizzare i siti dell'estrema destra e denunciarli. Tuttavia il ministro della difesa, Rudolf Scharping, ha dovuto ammettere, in agosto,  l'esistenza di "atteggiamenti di estrema destra" in seno alle forze armate tedesche e ha assicurato il massimo rigore nell'inchiesta in corso sul sito "heil-hitler", registrato da un soldato dell’esercito regolare con il provider del Land del Maclemburgo-Pomerania Anteriore.  Insomma, a venti anni dalla caduta del muro, non si placano contrasti e contraddizioni in Germania. Paradigma, forse, di contrasti ancora non chiariti e del tutto evidenti nel nostro continente.

    [email protected] 

  • Nuovi muri ven'tanni dopo



    Verso le 22.30 del 9 novembre 1989, gruppi sempre più numerosi di cittadini di Berlino Est si muovono verso i sette varchi di confine sul Muro che li separa dall’Ovest. Un’ora dopo, sulla Bornholmerstrasse, la folla è già tanta che non c’è modo di avvicinarsi e allora funziona solo il passaparola. “Hanno aperto, hanno aperto”. Arrivano birre e bottiglie di Rotkäppchen, l’orrido champagne made in Ddr. Ci si abbraccia fra sconosciuti, si ride e si piange.


    Ora sì, è certo: dopo 28 anni, 2 mesi e 26 giorni, il Muro di Berlino è stato aperto. Cambia per sempre la vita dei berlinesi e dell’Europa. Davanti alla sbarra alzata a Borholmerstrasse, un Volkspolizist partecipa nel suo piccolo al Grande Disordine che lo sta travolgendo: accetta un fiore e accende una sigaretta. Oggi non rimane molto del Muro.


    Solo alcuni punti furono mantenuti come monumento, nella duplice accezione latina di quel che deve ‘manere et monere’, rimanere ed ammonire. I blocchi di cemento furono distrutti ed utilizzati per la costruzione di strade. Alcuni, invece, furono messi all’asta. Brandelli di Muro sono oggi diffusi e custoditi in tutto il mondo, memoria storica e triste monito alle generazioni presenti e future, perché non venga mai negato il valore della democrazia e della libertà.


    Ma da ieri  c’è un nuovo muro a Berlino, fra il Bundestag e la Potsdamer Platz, alla porta di Brandenburgo, composto da 1000 tessere da domino,  alte 2,5 metri, larghe 1 metro e profonde 40 cm, per un peso totale di 20 kg ciascuna, quasi tutte colorate e piene di disegni, con temi che ricordano l’apertura del muro e realizzate dagli alunni di 240 scuole tedesche.


    L’idea ha avuto il patrocinio di un centinaio di personalità internazionali, tra cui Nelson Mandela, Michail Gorbaciov, Muhammad Yunus o Lech Walesa ed è culminata, in mondovisione, con la spettacolare caduta per effetto domino di tutte le tessere, in ricordo dell’evento che avviò ufficialmente la riunificazione delle due Germanie e, di fatto, l’implosione dell’Unione Sovietica e del suo regime. Per questa celebrazione Berlino ha invitato i capi di Stato e di governo del 27 paesi membri dell’Unione Europea, con la Cancelliera Algela Merckel - cresciuta lei stessa nella ex Germania comunista - che ha attraversato l’ex passaggio di frontiera della Bornholmer Strasse, il primo aperto nella fatidica notte, insieme agli illustri ospiti.


    Ma davvero la storia della caduta del muro, della chiusura del “secolo breve” e della fine della guerra fredda è tutta chiarita? Anche una brava ricercatrice italiana quale Paola Rosà nel suo saggio “Lipsia 1989” (ed. Il Margine), si chiede se sia montato davvero a Berlino e non più in là, a partire da Lipsia, quel magico tsunami della  “rivoluzione soft del 1989” ed il settimanale “Der Spiegel” ha ricordato ieri ai suoi lettori che l’epicentro dell’89 non si trovava in Germania, ma fra la rivolta di Solidarnosc e degli ungheresi e  fu un regalo dei ribelli dell’Europa dell’Est ai tedeschi.


    Ed ancora oggi storici, politici ed intellettuali si interrogano, dentro e fuori dalla Germania, sulla questione se la Ddr fu una dittatura tanto pessima quanto quella  del Terzo Reich,  due dittature spuntate sul suolo tedesco nel Ventesimo secolo e senza dubbio misurabili attraverso il numero degli spioni sguinzagliati dai due regimi: la Gestapo riuscì ad esser altamente efficace servendosi in Germania di molto meno agenti della Stasi. Nel minuscolo reame di Berlino-Est,  infatti, la quantità di agenti ed “informanti” (cioè collaboratori) al soldo della Stasi, era notevolmente maggiore che all’epoca nazista.


    La convinzione di molti è che per compensare i quasi sessant'anni di mancanza di democrazia in cui hanno vissuto i tedeschi orientali ci voglia molto più tempo. Nel loro calcolo i pessimisti sommano il periodo nazista, cominciato nei primi anni Trenta, a quello comunista venuto subito a rincalzo e conclusosi nell'89. Dodici tedeschi su cento ritengono che si dovrebbe ricostruire un Muro. Lo rimpiangono. A pensarla così sono più numerosi gli orientali. Questi ultimi, gli Ossis, sentono ancora un po' di nostalgia per la vita assistita di cui usufruivano nel socialismo reale e stentano a sostenere la dura competizione del mercato. E' in parte dovuto a questo rimpianto il successo dei partiti di estrema sinistra, che sottraggono voti al partito socialdemocratico.


    Ed un nuovo, temibile muro, si sta costruendo nel tessuto sociale della Germania attuale, con rigurgiti e derive neonaziste sempre più evidenti, spregiudicate e, in fondo, tollerate.  A tal proposito i dati sono inquietanti. Un sondaggio dell'Istituto Forsa, per l'emittente Allnews N-tv, ha rivelato che in Sassonia (uno dei territori dell'ex Germania dell'Est), i neonazisti della Npd hanno superato la Spd, e, se si votasse oggi per il Parlamento regionale di Dresda, otterrebbero il 9% dei consensi contro l'8% dei Socialdemocratici.


    I motivi di tale pericolosa deriva sono molti ma fra questi spicca l'ondata di paura che invade la Germania dopo gli ultimi attacchi terroristici sventati, con la polizia criminale che ha redatto una lista coi nomi di 890 integralisti islamici potenzialmente pericolosi e di 32mila musulmani attivi (sui 3 milioni presenti in Germania) in organizzazioni islamiche, 28 delle quali di matrice fondamentalista. I rigurgiti neonazisti sono anche attribuibili alla facilità con cui i gruppi dell'estrema destra riescono ad usare la Rete per fare proselitismo: i nuovi siti vengono registrati automaticamente senza che ne vengano controllati i contenuti. 


    L'Unione Cristiano Democratica (CDU) ha aperto un suo sito -
    www.netzgegenwalt.de (cioè rete contro la violenza) - invitando i "navigatori" a segnalare i messaggi dell'estrema destra e quelli che istigano alla violenza xenofoba e anti-semita. Il diffuso quotidiano "Bild" dedica oggi parte della sua prima pagina e molto spazio all'interno alle istruzioni per localizzare i siti dell'estrema destra e denunciarli. Tuttavia il ministro della difesa, Rudolf Scharping, ha dovuto ammettere, in agosto,  l'esistenza di "atteggiamenti di estrema destra" in seno alle forze armate tedesche e ha assicurato il massimo rigore nell'inchiesta in corso sul sito "heil-hitler", registrato da un soldato dell’esercito regolare con il provider del Land del Maclemburgo-Pomerania Anteriore.  Insomma, a venti anni dalla caduta del muro, non si placano contrasti e contraddizioni in Germania. Paradigma, forse, di contrasti ancora non chiariti e del tutto evidenti nel nostro continente.

    [email protected] 

  • I gossip della politica e noi terremotati senza uscita



    Non v’è dubbio che la politica italiana di questi ultimi tempi sia stata principalmente condizionata da veleni e ricatti. Prova ne sono, solo per citare i fatti più recenti, l’infinita questione estiva delle escort di “papi” Silvio, le rivelazioni-dimissioni di Boffo, con strascichi importanti nei rapporti con il Vaticano e, da ultimo, il caso Marrazzo, definito (sic) dalla sinistra “esemplare”, solo perché il Presidente della Regione Lazio si è dimesso, dopo aver detto il falso per numerosi giorni.

    Sicché oggi, presi nel vortice di questa paludosa e vergognosa situazione, in cui il privato è pubblico ed entrambi sono indecenti, ci troviamo più ad argomentare se un compagno preso a “transeggiare” in strada è meno colpevole di un premier colto a “escortare” in villa o viceversa, che a parlare di cose serie, di problemi urgenti e reali, anche fra le macerie di un terremoto mediaticamente ormai consumato e al collasso.

    In questo modo passano in secondo piano i veri problemi e le vere responsabilità di coloro che dovrebbero onestamente governarci. Non si parla, ad esempio, delle relazioni fra Stato e mafia, né dell’uscita di Rutelli pontiere verso l’UDC che, al contempo, lascia libera manovra alle “dalemiane” mire di “espansione” inclusiva a sinistra; né, tanto meno, della situazione barcollante in casa Pdl con tutti, tranne Bossi, contro il ministro troppo rigoroso (e ambizioso) Giulio Tremonti.

    Si preferisce discutere sul fatto che la sinistra è omo e la destra etero e lasciare uno spazio appena residuale alla dichiarata (dal procuratore Piero Grasso) “collusione” fra mafia e Stato, proseguita anche nel 1993, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, con missione affidata a Vittorio Mangano, ai tempi reggente della famiglia mafiosa di Porta Nuova, dopo anni trascorsi alla corte di Silvio Berlusconi in qualità di stalliere tuttofare nella villa di Arcore. E nessuno si chiede, in questa Italia del gossip pornofilo e dello sguardo nel buco della serratura, perché Rutelli, come già lungamente previsto e preannunciato, si smarca dal nuovo Pd di Pierluigi Bersani, ma lo fa senza attaccarlo, anzi dichiarando: “mi aspetto sorprese positive”.


    Nessuno, persi come siamo fra reggicalze e mutandine di donne e trans (belle le prime e discutibili i secondi), si ricorda o vuol ricordare che il baldo (e bellissimo) Rutelli era l’allievo prediletto di Marco Pannella, con alle spalle una stagione da uomo-sandwich, di polemiche aspre con il Vaticano, di battaglie per i diritti civili (nell’81 finì in galera a Latina durante una manifestazione antimilitarista per l’obiezione di coscienza) e che, qualche mese dopo, in sciopero della fame, consumò un cappuccino mentre gli altri commensali di Pertini al Quirinale gozzovigliavano al pranzo in onore di re Juan Carlos.

    Poi, piccola svoltina, diventò Verde. Con quella casacca fu nominato responsabile dell’Ambiente del governo Ciampi: il ministro più giovane ma anche il più effimero, visto che si dimise appena 24 ore più tardi, per protesta contro il voto della Camera a favore di Craxi in piena bufera Tangentopoli. Ecco, anche i suoi altalenanti rapporti con il Garofano sono degni di nota: vicino a Bettino all’inizio, giustizialista poi durante la caduta del “Cinghialone”.
    In chiaro e scuro pure le relazioni con il Bottegone: prendeva schiaffi dal Pci di Berlinguer (lui metaforici, Pannella veri), Occhetto invece lo sospinse in Campidoglio. E lì, da quello studio con vista sui Fori, riuscì  a fare il salto di qualità e a diventare un leader nazionale, quello che ha perso contro Berlusconi prima e con Alemanno poi. Come sindaco gli vengono attribuite diverse realizzazioni: dall’Auditorium di Renzo Piano, allo spostamento dei campi nomadi e alcune prese di posizione controcorrente, come dedicare alcune strade ai morti di destra. Ma nessuno analizza il vero “live motiv” della sua politica: il progressivo avvicinamento al Vaticano, culminato con le nozze religiose con Barbara Palombelli, celebrate dal cardinale Achille Silvestrini, 13 anni dopo quelle laicamente registrate in Comune. Certo, anche Tony Blair ha fatto così e da laico è passato ad essere cattolico convinto con tanto di matrimonio in ritardo; ma vuoi mettere i valori in campo?

    Si discute di cose inutili, volgari, salottiere, ma si trascurano i problemi di una Nazione sempre più povera, disoccupata e con deficit astronomici da colmare. Allo stesso modo facciamo noi aquilani, persi dietro quisquilie da gossip, invece che porci domande sulle responsabilità, interne ed esterne, dei crolli, dei morti, del ritardo nelle ricostruzioni, dell’incertezza infinita su tutto, a partire dai fondi autentici e non virtuali stanziati dal governo.

    Dopo l’ultimo Consiglio dei Ministri, pochi giorni fa, Silvio Berlusconi ha dichiarato secco: “ Noi facciamo la politica delle realizzazioni concrete, la politica delle chiacchiere la lasciamo agli altri”. Bene, allora cerchiamo di porci concretamente domande e di avere concrete risposte anche per quel che ci riguarda. Mi riferisco ai tempi e ai modi di agibilità parziale e recupero delle case B e C, ai soldi veri e alle procedure da attivare ancora per le banche, alla chiarezza sulle donazioni, per non parlare poi dei temi caldi riguardanti la sistemazione degli studenti e l’attuazione della Zona Franca. Ed intendo riferirmi come interlocutori e responsabili, anche agli amministratori locali, sempre pronti a definirsi solerti, attenti ed amareggiati, ma che non vedo né svelti, né tanto meno propositivi (con qualche rara eccezione).

    Pertanto ha forse ragione qualche mio amico che nell’amarezza di questi giorni e con lo sconforto di chi si vede senza via d’uscita - fra strade intasate, vigili messi a guardia dei semafori ed incroci lasciati all’arrembaggio, una periferia irsuta che cresce senza una piano ed una logica urbanistica, ecc. - afferma che è più salutare ed utile occuparsi di gossip, poiché gli scandali politici e morali si intrecciano con quelli economici e con le pesanti ingiustizie sociali e materiali che investono il nostro Paese. In quanto l’evidente crisi della moralità pubblica è anche il segnale di una crisi democratica, liberale e persino borghese, che trascina la nostra Nazione (tutta, florida o terremotata) ad assomigliare sempre più ad un paese di stampo sudamericano, con tante emergenze reali ed importanti che pesano ed incidono direttamente anche sul versante sociale, che sono sottaciute perché a nessuno preme risolverle, assumendosi la responsabilità delle scelte, mentre tutti rimproverano agli altri un colpevole immobilismo ed una condotta immorale.

    --

    Carlo Di Stanislao è nato a Roseto degli Abruzzi. Dirigente medico presso l'ospedale civile San Salvatore dell'Aquila, dermatologo, è uno dei massimi esperti italiani di agopuntura, disciplina sulla quale ha scritto libri e comunicazioni scientifiche. Della stessa disciplina è docente incaricato presso la Facoltà di medicina dell'Università di Chieti. E' presidente dell'AMSA (Associazione Medica per lo Studio dell'Agopuntura). Sinologo e conoscitore delle culture orientali, coltiva un forte interesse per la letteratura, la musica, le arti figurative e sopra tutto per il cinema. Su questi campi ha sviluppato un'intensa attività pubblicistica, con articoli e saggi su diverse testate giornalistiche. Della settima arte, in particolare, egli è appassionato ed assiduo cultore. Di recente è stato eletto alla presidenza dell'Istituto Cinematografico dell'Aquila, ente morale fondato nel 1981 da Gabriele Lucci.



Pages