Articles by: Alessandra grandi & Marina melchionda

  • Volando sopra la 20esima



    i-Italy è riuscita nell’apparentemente improbabile impresa di trascinare Fabio Volo un po’ più su della 20sima strada di Manhattan. Lui, che nel Greenwich Village ha trovato la sua dimensione ideale, interpreta un po’ la parte del matto del villaggio, quello preso poco sul serio - e che si prende poco sul serio - qualsiasi cosa dica; il giullare di corte che mette in scena la realtà (a volte tragica) coprendola di risate. In realtà è amatissimo e come tutti i giullari, è segretamente malinconico e riflessivo.

     
    Arriva al nostro appuntamento in redazione in ritardo e ancora assonnato, perché la notte trasmette da New York il suo programma radiofonico su Radio Deejay – Il Volo del Mattino. "Non rispondo di me", ci dice, e si guarda intorno con la faccia del ragazzino che si è svegliato in un posto che non conosce, dopo una notte di bagordi.

     
    Ad attenderlo (ancora non lo sa!), una tavola rotonda prevalentemente di donne che per circa un’ora  e mezza lo assale con una serie di domande sull’Italia, l’America, la scrittura, il suo ultimo romanzo “Il tempo che vorrei”, l’amore, il sesso, e molto, moltissimo altro.  
     
     

     
    “IL TEMPO CHE VORREI”
    Questo è il mio quinto libro, posso dire che c’è sicuramente un percorso personale all’interno dei romanzi. Utilizzo la scrittura come autoanalisi. Indago attraverso i personaggi, che un po’ invento e un po’ copio, e nelle loro storie c’è un’evoluzione. Questo nuovo romanzo mi ha motivato molto parlando del rapporto padre-figlio, dove ho messo tanto di personale. Nonostante in Italia non sia considerato uno scrittore, ho cercato di dedicare particolare cura alle parole in questo romanzo, soprattutto nella prima parte, che peraltro ho scritto abbastanza di getto. A volte gli scrittori diciamo “veri” (considerati tali) sono così presi da se stessi, dallo stile che devono imprimere alla scrittura, da perdere il racconto della storia. Scrivere per loro è masturbazione, e a me non interessa vedere uno che si masturba (a meno che non sia la mia fidanzata, o la fidanzata di un mio amico .… ma questa è un’altra storia). E questo lo dico da lettore.

     
    Come scrittore, dicevo, nel mio paese non vengo preso molto sul serio, perché il mio percorso artistico si allarga su diversi territori e in Italia c’è poco spazio, il mercato è piccolo e la mentalità provinciale.  
     
    UN POSTO NEL MONDO
    Non è un posto fisico, ma una condizione mentale che raggiungo e perdo ogni tanto. Io non ho una sola donna, lavoro, città. Purtroppo o per fortuna ho uno stile di vita che non si identifica mai in una cosa. Il mio posto nel mondo è il mio state of mind. Non mi piace mettere una parola in inglese, ma non so trovare un termine italiano adatto.

     
     
    LA DISTANZA
    Ci sono delle condizioni, sociali e familiari ad esempio, per cui crescendo ci si costruisce un’armatura, un muro per sopravvivere. Quando lo costruisci nel tuo periodo di guerra ti protegge. Ma alcuni uomini, quando esauriscono i loro bisogni primari (casa, lavoro, famiglia), si dimenticano di aver ottenuto tutto attraverso quella barriera e dimenticandosene non fanno il passo successivo, il secondo viaggio, l’annientamento dell’armatura. Se non lo fai non senti più l’altro. Se non ti togli l’armatura sei sempre in guerra e alla fine è la guerra stessa a farti sentire vivo.
    Qualcun altro sceglie di fare il viaggio di ritorno verso casa, come Ulisse, ma non è un viaggio facile, perché gli altri (e a volte anche tu stesso) ti identificano con quella roba che ti sei messo addosso. Quell’armatura soffoca, ti sveglia in piena notte senza farti capire perché, e ti separa dal mondo.  
     
    IL VIAGGIO 
    Ormai ho scelto quei 4/5 posti e lì mi muovo. New York è uno di questi. Prima viaggiavo molto di più. Poi ci sono sempre i viaggi che faccio in luoghi  più lontani e nuovi.  Ho sempre viaggiato da solo e considero il viaggio una perdita dell’identità. Perché  quando viaggi perdi tutto un mondo che ti riconosce.

     
    Io amo molto la solitudine, anche quando sono a casa.

     
    Andare soli per il mondo è come vivere una sorta di solitudine amplificata che ti permette di aggiornare te stesso, di resettarti. Ti misuri necessariamente con cose che di solito dai per scontato.

     
    Per partire ci vuole coraggio. Molti dichiarano di non partire perché non hanno soldi, ma per viaggiare non servono i soldi, quelli servono per andare in vacanza. Ovunque andassi ho sempre incontrati ragazzi che con pochi soldi erano partiti e avevano trovato qualche lavoretto per mantenersi, anche solo per sei mesi.

     
    Viaggiando aumenta il grado di consapevolezza. Ciò che impari viaggiando lo impari più velocemente.  
     
    ITALIANITA'
    Io mi sento molto più italiano qua che in Italia. E mi ritrovo anche a fare cose che a casa non faccio più. Faccio la pasta fatta in casa, la pizza. Quando sono qui mi piace essere italiano, quando sono là (o sento le notizie dall’Italia), un po’ meno. 
     
     
    IL RAPPORTO CON GLI AMERICANI
    Diciamo che io vengo principalmente a New York, che è cosa altra dall’America, perciò posso parlare del mio rapporto con i newyorchesi. Ne conoscerò una decina, e nonostante abbia un bellissimo rapporto con loro, principalmente frequento europei, con cui ho ovviamente un rapporto più familiare. Le prime volte che venivo facevo di tutto per sfuggire gli italiani, sia per imparare l’inglese, ma anche perché se ero qui era proprio per venire via dall’Italia e vivere New York. Adesso frequento anche alcuni amici italiani, chi si è trasferito qui e chi come me fa avanti e indietro.

    Gli italiani qui non hanno la depressione che hanno i nostri coetanei in Italia, e quelli della generazione successiva alla mia. Qui fanno progetti, studiano, lavorano, sanno che se si impegnano in qualcosa possono ottenere ciò per cui lavorano. Ed è questa probabilmente la differenza più evidente fra i due paesi. Un’altra forte differenza è che in Italia c’è un’invadenza totale dei media nella vita delle persone, in Italia io ad esempio mi ritrovo a sapere cose di fatti che non seguo. Mentre qui uno può scegliere di informarsi.

     
    Non credo di essere eccentrico perché vivo un po’ qui, un po’ a Milano o Parigi. Semplicemente è la mia scelta di vita.  
     
    Gli ITALIANI NEI MEDIA
    Mi fa un po’ specie guardare le serie televisive in cui vengono rappresentati gli italiani. Intanto mangiano sempre… un mio amico italiano che vive A New York ha una figlia che va a scuola qui. La sua compagna di classe le ha chiesto “In italia avete la TV?”. Quando vedo le serie televisive in cui vengono rappresentati gli italiani è sempre cosi, mandolino, pizza, la signora col foulard… ma non hanno mai visto piazza Duomo o la settimana della moda?? Qua qualcuno ha ancora l’idea del Belpaese, un popolo che scherza, bella… in realtà quando ci salutiamo diciamo a stento “Come stai?” “Ma insomma…”. Qui però ancora si acchiappa a dire che sei italiano specialmente nei locali. Se parli con una ragazza per strada ti prende per un maniaco, se entri in un bar e la trovi con un bicchiere di vino in mano, ti salta addosso e ti lecca il collo.
     
     
    NEW YORK 
    NY è la città che si presta meglio alla solitudine in mezzo alla gente.
    A NY puoi fare tutto, puoi fare la spesa alle 2.00 di notte, puoi andare ai concerti, al cinema, ma non sei costretto. E poi sei solo. A me piace la solitudine costantemente stimolata, per cui la mia solitudine è una scelta. Capisco che però possa essere difficile vivere qui sempre, io ci sto pochi mesi l’anno.

     
    Io vivo anche una condizione diversa, perché in Italia è chiaro che ho una condizione sociale particolare. Lì sono riconosciuto, sono un personaggio. Qui sono una persona. E tra le due cose non c’è paragone. Dal punto di vista emotivo e della qualità della vita non c’è paragone. Chi pensa che essere una persona famosa renda felici, lo dice perché quella cosa non ce l’ha, perché in realtà è nell’anonimato la vera felicità. Nell’essere una persona, non un personaggio.
     
    OBAMA 
    Per quanto mi riguarda Obama resta sempre il presidente degli Stati Uniti d’America, anche se è nero, più di tanto non può  fare. Non è che sono arrivati i fiori nei cannoni. Anzi, sono anche aumentate letruppein Afghanistan.

     
    Per quanto io abbia tifato per lui, e durante il programma italo-americano andavamo in giro con le bandiere, resta  sempre il presidente degli Stati Uniti d’America.

     
    Quello che mi piaceva, più che Obama in sé, era quello che rappresentava: la riscossa, la possibilità di credere che si può fare. Questo porta entusiasmo nelle persone, e sono le persone poi che con l’entusiasmo producono i veri cambiamenti. Poi gli hanno dato anche il premio Nobel per la pace, forse si sono fatti prendere un po’ la mano. 
     
     
    BERLUSCONI 
    La storia politica italiana è unica, perché il potere di Berlusconi è legato alla storia della televisione.

     
    Io non credo che Berlusconi vinca perché va in televisione, perché va da Fede o perché le sue televisioni parlano bene di lui. Io credo che ci sia stato tutto un lavoro dietro molto più profondo, calcolato e fatto veramente bene (anche se nel male). Sul fatto che Berlusconi sia un uomo capace io non ho alcun dubbio, poi l’utilizzo, e cosa produca questa capacità, a me personalmente non piace.

     
    A me l’idea di mondo che ha Berlusconi, che ha la Lega non mi rappresenta. Quando uno vota, vota anche un’idea di mondo.
    Io vengo da una città in cui la Lega ha il 25%, sento i miei  amici parlare ancora di “noi”, “loro a casa loro”.

     
    Poi vengo qui ed esco a cena e trovo l’amica cinese, iraniana, turca.
    Berlusconi ha preparato il terreno prima di scendere in campo. Lo ha seminato e coltivato nel corso di vent’anni. Quando si fa un solco nel tessuto sociale con una serie di programmi che parlano non di politica, ma di valori, hai una visione del mondo al ribasso.

     
    Lui ha cambiato prima l’elettorato e la cultura del paese e poi è sceso in campo. Rappresenta la cultura che ha cambiato.  
     
    LA PROVINCIA ITALIANA E LA LEGA 
    Vado spesso a Brescia e ho amici d’infanzia che votano Lega, per me non è un mistero il perché lo fanno. Forse se fossi  rimasto a fare quella vita lì la voterei anche io. La Lega rappresenta un mondo in cui la gente si identifica. Fatta di politici che non sembrano politici, ma gente di paese in cui la gente si riconosce.

     
    Il problema della provincia è che lì conta ciò che tu hai, più di ciò che sei. Se sei diverso, se vieni da un altrove, sei automaticamente un nemico.

     
    Per fortuna i figli dei miei amici vanno a scuola con bambini di altre culture, per loro non sarà un problema come lo può essere stato per la generazione prima di me.  

     
    L’idea della Lega non può vincere, perché è come buttare indietro l’acqua del mare con un secchio. Può solo rallentare il processo, ma la strada del mondo va in quella direzione lì.
     
    Avremmo avuto bisogno di uomini coraggiosi al potere, non di bulletti di paese miseri. Gli uomini coraggiosi sono un’altra cosa, sono affascinanti già quando li vedi. Sono uomini nel vero senso della parola, virili.

     
    Avremmo avuto bisogno di una guida, non di persone da votare perché uguali a noi, ma di persone più sagge che potessero canalizzare questo momento storico, invece di contrastarlo.  

     
    La nota ottimista è che sfortunatamente, o fortunatamente, si muore. Muore tutto. È morto l’Impero Romano, morirà anche questo stile di vita. 
     
    RAZZISMO
    Trovo che ci sia anche qui. Trovo che sia una sorta di malattia che colpisce il globo in genere. Anche a Capo Verde, dove vado spesso, c’è razzismo dei neri verso i bianchi. Da noi credo ci sia il problema di fondo della “quantità” in breve tempo. C’è un interesse da parte di alcune persone di garantirsi un potere su quelle differenze. Perché da noi Berlusconi prima delle elezioni ha detto “ho passeggiato per Milano e mi sembrava di essere in Africa e non vogliamo che l’Italia sia un Paese multi-razziale. È più che fuori dal tempo. Mi chiedo come possano le persone accettarlo. Ma se ti sei fatto 3 mesi di tg con i titoli che dicono “Un nero ha violentato..”, “Un marocchino ha stuprato..” devi prendere una persona e spiegargli che se uno ruba un motorino non devi guardare da che città viene, viene dalla categoria ladri. 
     
    Il razzismo non c’è solo verso bianchi, neri gialli… io stesso sono razzista verso gli stupidi ad esempio, non riesco a sopportarli. Due settimane fa ho conosciuto una ragazza russa a una festa che mi ha detto “io sono russa, ma non come quelle che vengono da voi in Italia… perché so che vengono le russe che vogliono sposarsi con i ricchi…” mi ha fatto ridere…
     
     
    IL LAVORO
    Inizialmente non ho scelto questo lavoro. Non avevo il fuoco sacro degli artisti. Semplicemente non stavo bene ed ho cercato un posto dove stare meglio.

     
    La mia comunicazione si basa su un’onestà di fondo. Non mi sono mai venduto per qualcosa che non sono. Non ho mai preteso di dire io sono/faccio questo. Per fortuna o sfortuna, non essendo andato a scuola, non sono cresciuto nella prospettiva per cui facendo qualcosa ottenevo un voto, non vivo nell’accettazione da parte dell’altro (il maestro, il capo, l’allenatore …). Una volta che so di aver dato il massimo, per me quella cosa vale. Non sono interessato a conquistarmi l’appartenenza attraverso l’approvazione altrui. Mi interessa raccontare onestamente quello che vivo.

     
    Non scrivo cose populiste per piacere. Mi piace far piacere le cose che mi piacciono, questo sì. Siccome sono anche molto egocentrico e presuntuoso, mi piace convincere la gente con le mie opinioni. Ma è sempre stato così, anche nel mio rapporto famigliare, dove ho cercato di farmi accettare per quello che sono.

     
    In questo paese vieni giudicato per quello che fai nel momento in cui lo fai. Se fai un film, ti giudicano per il film che hai fatto, non stanno a pensare se la sera fai anche un programma televisivo.

     
    Will Smith è emerso dalla serie Il principe di Bel Air ed ora è  uno degli attori più quotati di Hollywood.

     
    In Italia il mercato è talmente piccolo, che se mi chiamano per fare un film dopo che ho venduto milioni di copie con un libro, posso capire che un attore che investe una vita in quello e non ci riesce, poi mi odi. Poi io faccio anche la radio, scrivo i miei programmi Tv.  
     

     
    MTV 
    In America non ho mai seguito MTV. Tanto per cominciare vedo poco la Tv in generale. Non ho l’abitudine di vederla, c’è chi appena entra in casa l’accende, anche solo per compagnia. Io l’accendo solo se voglio vedere qualcosa di specifico. Mi capita più spesso di accenderla qui in America per praticare l’inglese e restare dentro quel suono lì.

     
    MTV è settoriale dal punto di vista del target. Anche in Italia la televisione sta prendendo la direzione che qui oramai domina dei reality. Non so se sia una cosa che viene dall’alto, dal potere che vuole rincoglionire una generazione intera, o sia semplicemente una sorta di vuoto di valori che si ripete ciclicamente. Gli anni 60 e 70 erano gli anni dell’impegno, della partecipazione, sono seguiti gli anni 80 e 90 del totale disimpegno, poi sono arrivati Manu Chao e tutti gli altri del movimento No Global. È un’onda che va e viene. Qui sono più avanti e ormai sono alla frutta. Se esci il sabato sera sono tutti ubriachi da buttar via, ma lo sono anche a Torino e Milano. È una generazione abbandonata a se stessa.

     
    Da una parte è squallidissimo, dall’altra è un bene per chi non si lascia distrarre, perché c’è una massa di gente che verrà automaticamente eliminata dalla competizione. 
     
    RADIO 
    La scaletta musicale del programma radiofonico la scelgo la sera prima. I contenuti in realtà non ci sono, nel senso che racconto quello che vivo, che leggo, le persone che incontro. Il programma è una sorta di one man show, è su quello che sono. Non so mai quello che diranno le persone che mi chiamano. Accendo una telecamera su un mondo che non viene raccontato. In mezzo a tanto parlare di cose fake, noi facciamo vedere le cose semplici e vere.  
     
    AMBIENTE
    Io sto a casa e raccomando in radio di non buttare i bicchieri di carta, di usarli più volte.. poi dico “se partite staccate la lucina del lettore dvd” e poi vengo qui e trovo una città intera illuminata a giorno… per cui qui c’è uno spreco di tutto, come nel sesso…
     
    SESSO
    Qua si fa l’amore tanto. Mi sembra che c’è un bel movimento, tanta roba…  Trombate voi? Io ho la mia teoria.  A Roma, ad esempio, davanti al Colosseo capisci come è breve la tua vita per cui godi: mangi, bevi vino e scopi. Questa cosa godereccia romana è dovuta al fatto che c’è una roba vecchissima davanti a te che ti fa capire che sei proprio fatuo. Qua c’è la stessa sensazione, ma è dovuta alla grandezza. Qua è tutto cosi grande che tu ti senti piccolo e ti dici “ma cosa  è che sto a rompere i coglioni? Dai usciamo divertiamoci, trombiamo…”. Poi qua se esci con una e non ti chiama, tu ne trovi già altre 70, c’è tanta roba … è come i panini: trovi sacchetti fuori dal ristorante, quanto cibo viene buttato via…
     
    RAPPORTI OMOSESSUALI
    Un giorno mi ha chiamato in radio uno che mi accusava di non essere contro il matrimonio omosessuale. E lui dice “No ma è innaturale, è peccato…” e io “ma tu te li fai fare i pompini dalla tua ragazza?”
    “si”
    “e c’è qualcosa di naturale in quello, che fa lei rimane in cinta?
    “no, ma che c’entra è piacere…”
    “ecco appunto, e quale è la differenza?” 
     
    DATES
    Questa cosa che non la chiami per 3 giorni, al terzo giorno la richiami, ma devi stare attento a non farlo nel weekend, ché altrimenti sei un fallito perché vuol dire che non hai nulla da fare…no questa cosa non la so fare. Faccio subito patti chiari “se vuoi sta cosa qui abbiamo già capito che non siamo fatti per andare avanti”
     
    AMORE
    L’essere umano può innamorarsi di più di una persona. Siamo tantisismi, ognuno può esprimere un suo modo di essere. Esistono persone che amano più di una persona? Si. Esistono persone che amano una sola persona? Si. Non si può imporre un’idea e dare un giudizio.

     
    Innamorarsi di due persone diverse è più faticoso che amarle. L’innamoramento è un’alterazione di una cosa, un trip… io amo più di una donna sicuramente, per sempre tra l’altro.

     
    Non ho mai pensato che una donna fosse “mia”. Ci sono ancora delle donne che danno un valore a se stesse in base a quello che qualcun altro pensa di loro. Io non posso stare con una donna per la quale la mia scelta è il suo pensiero di essere speciale. Io voglio una donna che abbia fatto quel viaggio lì da sola, che lei stessa si dia il valore che ha, e non voglio essere il professore che le da 10 o 8. Perché altrimenti io divento lo spacciatore e lei la tossica
     
    MATRIMONIO
    Non mi sposerò sicuramente prima dei 60. Ma lo farei solo per una questione burocratica, per lasciarle qualcosa se dovessi morire… potrei sposarmi solo per una questione di giustizia materiale. Ho degli amici che parlano di “prendersi delle tue responsabilità”… quello non c’entra niente con l’amore, si tratta di accettazione sociale. Io li capisco e mi fanno anche pena…
     
    CINISMO
    Sono cinico e mi piace un sacco esserlo. Ho degli amici che lo sono molto più di me e li ho come obiettivi. 



    ---
    Domande da Letizia Airos, Marina Melchionda, Alessandra Grandi, Benedetta Grasso, Julian Sachs, e Francesco Carnesecchi.
    Un ringraziamento particolare va ad Anthony Tamburri per l'ospitalità nel suo studio di Dean al Calandra Institute.