Articles by: Gina Di meo

  • Alexander Stille. Il peso delle vittorie di Obama


     L’intervista che segue è stata realizzata commentando la netta vittoria di Barack Obama su Hillary Clinton alle primarie in Maryland, Virginia e District of Columbia.

     

    Professor Stille, che peso si deve dare alle vittorie di Obama?

    «Sono estrememente importanti perché se all’inizio si poteva pensare che le sue prime vittorie fossero “anomale” perché l’Iowa è uno stato piccolo, molto più bianco del resto degli Stati Uniti ma anche molto a sinistra e poi era un caucus e non una primaria, tende a stimolare gli attivisti del partito, quindi si trattava di una popolazione non rappresentativa del resto del paese. Ma vincere tanti caucus e tante primarie e non solo con il voto degli attivisti politici, dei laureati, dei giovani ma anche di categorie dove la Clinton prevaleva, vuol dire che lui non è un fenomeno effimero ma un candidato forte.

     

    C’è già stato un candidato di colore, Jesse Jackson, che differenza c’è tra i due?

    Totale. Sono di estrazione totalmente diversa, di generazione diversa e approccio politico diverso. Jackson, come tutti i leader neri della generazione precedente Obama, proviene dai ranghi della lotta per i diritti civili, ovviamente solo per la popolazione di colore, non per tutti gli Stati Uniti, era un candidato che non sconfinava oltre la comunità di colore. Obama non è un discendente degli schiavi, è una figura post-moderna di un mondo globalizzato. È figlio di uno che viene dal Kenya, che sposa una donna bianca americana, cresce alle Hawaii, in Indonesia, ha una sorella semi-asiatica quindi lui rappresenta un mondo post-razziale. Come uomo politico capisce che pur volendo rappresentare una parte povera della popolazione, deve saper parlare anche al resto della popolazione e lui dà l’impressione di essere molto a suo agio sia con i bianchi che con i neri, è un fenomeno molto interessante.

     
    È scontato che il prossimo candidato sarà democratico?

    No, nulla è sicuro. In teoria i democratici dovrebbero vincere queste elezioni per diversi motivi. Soprattutto perché hanno un vantaggio strutturale dovuto all’impopolarità di Bush che ha messo fine all’egemonia repubblicana. Attualmente i democratici sono avanti di un 10% ma queste non sono elezioni qualsiasi. Il candidato democratico quasi per certo sarà o una donna o un uomo nero, questo non si era mai visto. Ma ci sarà una certa percentuale, il fattore X, di elettori incerti che ha difficoltà a votare per una donna o per un uomo di colore. Non sappiamo quanto grande sarà questo fattore X. La controparte è John McCain, l’unico candidato presentabile tra i repubblicani, forse è vecchio, ma è un eroe di guerra che ha subito torture in Viet Nam. Certo davanti ad un candidato fresco come Obama sarebbe in svantaggio ma ricordiamoci che anche oggi, dopo tutti i disastri commesse, c’è ancora un 32% dell’elettorato che passerebbe tra le fiamme dell’inferno per Bush, per cui si comincia con questo 32% che in qualsiasi circostanza voterà per McCain. Il gioco alla fine lo faranno gli indipendenti. Sono persone moderate a cui interessa poco la politica. McCain è un eroe di guerra, la gente ha paura del terrorismo, Obama ha poca esperienza, non conosce il mondo. McCain ha subito torture e una cosa è sicura: ci saprà proteggere.

     
    Come votano gli afro-americani?

    All’inizio si era avanzato che la comunità nera non considerava Obama sufficientemente nero e per questo preferivano Hillary, ma i neri sono pragmatici ed intelligenti, hanno aspettato. Prima conoscevano molto meglio Hillary e se tutti i sondaggi in quel momento dicevano che lei era il candidato, loro volevano dimostrare lealtà nei confronti del vincente. Ma man mano che Obama è andato avanti, si sono resi conto che forse poteva esserci un presidente nero, una cosa mai vista fino ad ora.

     

    Quanto contano razza e genere per la Clinton o Obama a questo punto?

    Secondo gli exit poll di stasera (12 febbraio per chi legge, ndr), Obama ha vinto per la prima volta tra un elettorato femminile anche se si devono studiare le cifre perché c’è una forte presenza nera, ma secondo me le donne americane non avranno nessuna difficoltà ad appoggiare Obama, come alla fine i neri volterebbero Hillary. La parte, invece, che potrebbe impegnarsi fortemente per Obama sono i giovani e che si sentirebbero fortemente delusi se Obama non vincesse e potrebbero non andare alle urne, lo stesso per i neri. Se alla fine ci sarà una nomina ingiusta, ad esempio se Obama continua a vincere e per qualche gioco elettorale si porterà avanti Hillary, ci sarà rottura nel partito democratico.

     

    Ma se alla convention di Denver i due candidati arrivano pari?

    A quel punto deciderà l’establishment del partito, i superdelegates. Se Obama ha più delegati e la Clinton più superdelegati si rischia di andare contro il voto popolare, e la gente può anche decidere di non votare, questo a vantaggio dei Repubblicani.

     
    E se Hillary non fosse stata la moglie di Bill Clinton?

    Non sarebbe stata una candidata. Lei ha grandi vantaggi e grandi svantaggi. A mio avviso è un po’ un peccato arrivare alla Casa Bianca attraverso il matrimonio, preferirei una donna come Nancy Pelosi, o un qualsiasi politico donna che è entrato in politica in proprio e vince o perde in proprio.

     

    Ci potrebbe essere un altro candidato? 

    È difficile.
     
     
    Il peggior difetto di Obama e Clinton?

    Il difetto di Obama è di essere piuttosto vago nei suoi discorsi, dovrebbe discutere di più dei suoi programmi invece punta molto su slogan un po’ retorici, vuoti. Il difetto principale di Hillary è l’essere troppo calcolatrice, molto simile a suo marito, lei prima di prendere posizione su qualsiasi cosa si consulta con i sondaggisti. Non ho le prove ma sono sicuro che anche quando si è trattato di decidere l’intervento in Iraq lei si è consultata e le è stato detto che se voleva diventare il primo presidente con la gonna non poteva votare contro la guerra. Le avrebbero detto che era una debole. Obama nella stessa circostanza ha detto questo intervento non ha senso, è stato coraggioso.

     

    E per i Repubblicani, come va interpretata la rimonta di Mike Huckabee?

    Non andrà da nessuna parte, però potrebbe diventare vice-presidente o il paladino della parte conservatrice e strappare a McCain una serie di concessioni, ad esempio contro l’aborto, i matrimoni gay.

     

    Quanto pesano alla fine gli “endorsement”, ad esempio quelli degli attori?

    Dipende, gli attori contano perché sono in grado di rastrellare soldi a Hollywood, per il resto non contano più di tanto.

     

    A giochi fatti, qual è l’elemento chiave che porterà alla scelta del presidente?

    Varie cose potrebbero favorire. Se la recessione continua e l’economia è fonte di malessere, i democratici sarebbero favoriti, se la situazione in Iraq rimane stabile o migliora favorisce i repubblicani. Poi ci sono sempre le incognite, un attacco terroristico, un intervento militare.

     

     

     

     

  • Life & People

    Borse di studio per futuri Chef


    Angelisa Almanzar da New York, NY, Nichole R. Bowen da North East, MD, Joseph Faiola da Enola, PA, Jonathan Miller da Mill Creek, WA, Patrick Miranda da Denver, CO, Paul Williams da Durham, NC si preparano a ricevere una full immersion di autenticità culinaria e anche un’esperienza di vita tutta italiana che comprende, tra le altre cose, l’insegnamento della lingua e alla fine uno stage nei più prestigiosi ristoranti della nostra penisola.



    I sei studenti sono stati premiati dal direttore dell’Ice Aniello Musella con una cerimonia all’Italian Culinary Academy dove i fortunati ospiti hanno avuto modo di assaggiare alcune prelibatezze preparate “live” tra un discorso e l’altro.



    A consegnare le borse di studio quindi il direttore dell’Ice, che nell’Italian Culinary Academy ha trovato un valido partner per portare avanti la sua politica di difesa dell’italiano autentico. «Sono lieto di premiare questi sei studenti – ha detto durante il suo discorso Musella – che hanno dimostrato una particolare dedizione alla cucina italiana. Voglio anche esprimere la mia gratitudine a Dorothy Hamilton, fondatrice e Ceo della scuola, il direttore, Christopher Papagni ed il dean Cesare Casella verso i quali mi sento in debito per la fiducia da loro dimostrata nel credere in un programma dedicato esclusivamente all’Italian Culinary Studies».



    Musella si è soffermato anche sui problemi a cui vanno incontro soprattutto le aziende medio-piccole che operano nel settore food perché risentono della presenza sul mercato americano di prodotti locali spacciati per autentici italiani. «Ecco perché – continua Musella – da anni stiamo lavorando per portare avanti una campagna di educazione con lo scopo di sottolineare la differenza tra il vero italiano e tutto ciò che invece viene prodotto negli Stati Uniti. È anche un modo per difendere i consumatori da truffe. Inoltre, visto che per molti americani, i ristoranti sono il posto dove provano per la prima volta il cibo italiano, è nostro interesse preoccuparci che ciò che gli viene offerto sia autentico, per questo crediamo che educare gli chef ed il personale che opera in questo settore in modo adeguato è fondamentale. L’Italian Culinary Academy va proprio in questa direzione».

    «Non ci poteva essere un inizio migliore di questo per il nostro secondo anno di attività. Credo che il soggiorno in Italia, ad Alma, vicino Parma, alla Scuola Internazionale di Cucina, per questi studenti sarà davvero emozionante e oltre alla cucina impareranno anche la lingua. Andranno in una delle regioni più ricche a livello gastronomico».



    Infine la parola allo chef-dean Cesare Casella. «Voglio ringraziare l’Ice per la fiducia che hanno posto in noi. Vogliamo offrire agli studenti un’istruzione adeguata alla cucina italiana ed andando in Italia impareranno le peculiarità della nostra cucina. Speriamo anche che questo progetto di collaborazione sia solo l’inizio e siamo orgogliosi che l’Ice abbia creduto in noi come sistema di educazione alla cucina Abbiamo anche avvicinato uno degli studenti che a breve andrà in Italia, Joseph (detto Joey) Faiola, tra l’altro di origini italiane, 19 anni e gli abbiamo chiesto cosa significa per lui questa esperienza. «Ho iniziato ad avere la passione per la cucina sin da quando avevo sette anni – ha detto – con mia madre e da questa scuola mi aspetto di avere la giusta conoscenza dei prodotti italiani. Il mio sogno è quello di aprire un ristorante e io sarò lo chef».



    Prima di salutarci Musella ha scambiato con noi ancora qualche battuta e ci ha detto che: «L’obiettivo dell’Ice, lo ribadisco, è quello di far conoscere l’autentico italiano e lo facciamo attraverso fiere, degustazioni, ed in questo caso questi giovani saranno gli ambasciatori dei nostri prodotti. Non è detto che la cucina italiana debba essere fatta solo da italiani, è fondamentale anche che nel farla si usino i prodotti italiani. Ora come ora è importante espanderci verso la ristorazione internazionale, che usa anche prodotti italiani, in questo modo per noi ci saranno due vantaggi, uno che il gusto italiano andrà in ristoranti che non sono italiani, due acquistando prodotti italiani ne beneficeranno le aziende in Italia che esportano questi prodotti».

     

    (Pubblicato su Oggi7 del 3 febbraio 2008)

  • Borse di studio per futuri Chef


    Angelisa Almanzar da New York, NY, Nichole R. Bowen da North East, MD, Joseph Faiola da Enola, PA, Jonathan Miller da Mill Creek, WA, Patrick Miranda da Denver, CO, Paul Williams da Durham, NC si preparano a ricevere una full immersion di autenticità culinaria e anche un’esperienza di vita tutta italiana che comprende, tra le altre cose, l’insegnamento della lingua e alla fine uno stage nei più prestigiosi ristoranti della nostra penisola.



    I sei studenti sono stati premiati dal direttore dell’Ice Aniello Musella con una cerimonia all’Italian Culinary Academy dove i fortunati ospiti hanno avuto modo di assaggiare alcune prelibatezze preparate “live” tra un discorso e l’altro.



    A consegnare le borse di studio quindi il direttore dell’Ice, che nell’Italian Culinary Academy ha trovato un valido partner per portare avanti la sua politica di difesa dell’italiano autentico. «Sono lieto di premiare questi sei studenti – ha detto durante il suo discorso Musella – che hanno dimostrato una particolare dedizione alla cucina italiana. Voglio anche esprimere la mia gratitudine a Dorothy Hamilton, fondatrice e Ceo della scuola, il direttore, Christopher Papagni ed il dean Cesare Casella verso i quali mi sento in debito per la fiducia da loro dimostrata nel credere in un programma dedicato esclusivamente all’Italian Culinary Studies».



    Musella si è soffermato anche sui problemi a cui vanno incontro soprattutto le aziende medio-piccole che operano nel settore food perché risentono della presenza sul mercato americano di prodotti locali spacciati per autentici italiani. «Ecco perché – continua Musella – da anni stiamo lavorando per portare avanti una campagna di educazione con lo scopo di sottolineare la differenza tra il vero italiano e tutto ciò che invece viene prodotto negli Stati Uniti. È anche un modo per difendere i consumatori da truffe. Inoltre, visto che per molti americani, i ristoranti sono il posto dove provano per la prima volta il cibo italiano, è nostro interesse preoccuparci che ciò che gli viene offerto sia autentico, per questo crediamo che educare gli chef ed il personale che opera in questo settore in modo adeguato è fondamentale. L’Italian Culinary Academy va proprio in questa direzione».

    «Non ci poteva essere un inizio migliore di questo per il nostro secondo anno di attività. Credo che il soggiorno in Italia, ad Alma, vicino Parma, alla Scuola Internazionale di Cucina, per questi studenti sarà davvero emozionante e oltre alla cucina impareranno anche la lingua. Andranno in una delle regioni più ricche a livello gastronomico».



    Infine la parola allo chef-dean Cesare Casella. «Voglio ringraziare l’Ice per la fiducia che hanno posto in noi. Vogliamo offrire agli studenti un’istruzione adeguata alla cucina italiana ed andando in Italia impareranno le peculiarità della nostra cucina. Speriamo anche che questo progetto di collaborazione sia solo l’inizio e siamo orgogliosi che l’Ice abbia creduto in noi come sistema di educazione alla cucina Abbiamo anche avvicinato uno degli studenti che a breve andrà in Italia, Joseph (detto Joey) Faiola, tra l’altro di origini italiane, 19 anni e gli abbiamo chiesto cosa significa per lui questa esperienza. «Ho iniziato ad avere la passione per la cucina sin da quando avevo sette anni – ha detto – con mia madre e da questa scuola mi aspetto di avere la giusta conoscenza dei prodotti italiani. Il mio sogno è quello di aprire un ristorante e io sarò lo chef».



    Prima di salutarci Musella ha scambiato con noi ancora qualche battuta e ci ha detto che: «L’obiettivo dell’Ice, lo ribadisco, è quello di far conoscere l’autentico italiano e lo facciamo attraverso fiere, degustazioni, ed in questo caso questi giovani saranno gli ambasciatori dei nostri prodotti. Non è detto che la cucina italiana debba essere fatta solo da italiani, è fondamentale anche che nel farla si usino i prodotti italiani. Ora come ora è importante espanderci verso la ristorazione internazionale, che usa anche prodotti italiani, in questo modo per noi ci saranno due vantaggi, uno che il gusto italiano andrà in ristoranti che non sono italiani, due acquistando prodotti italiani ne beneficeranno le aziende in Italia che esportano questi prodotti».

     

    (Pubblicato su Oggi7 del 3 febbraio 2008)

  • Art & Culture

    Italians at the Metropolitan Opera


    Male artists seem to dominate, while female artists are only one soprano and a mezzo-soprano. But among the tenors, baritones and basses are some of the best, like Salvatore Licitra, labeled Pavarotti’s heir who this year was sang in three productions; Pagliacci/Cavalleria Rusticana, Il Trittico and Un ballo in maschera. We are also honored that an Italian has opened the new 2007-2008 Italian opera season. On September 24th the spotlights were on Marcello Giordani who sang as Edgardo in Gaetano Donizetti’s Lucia di Lammermoor. Actually, our tenor was not new to this kind of popolarity because he opened last year’s opera season as well, in Puccini’s “Madame Butterfly." Peter Gelb, the Metropolitan Opera’s general manager calls him “the tenor of the Met” and we are very proud that our countrymen are very famous outside of Italy especially in a moment when opera in Italy is suffering. The opening night performance was also transmitted live in Times Square and at Lincoln Center’s Josie Robertson Plaza. Italian operas also have the most consideration at the Met; 13 out of 30 recitals for ongoing season “speak” Italian. On top we find Giuseppe Verdi with Aida, Un ballo in maschera, Ernani, Macbeth, Othello, and La Traviata, followed by Giacomo Puccini’s La Bohème, Madame Butterfly, Manon Lescaut, and then Gaetano Donizetti’s La fille du régiment, Lucia di Lammermoor, and last but not least, Gioachino Rossini’s infamous Barber of Seville, and Vincenzo Bellini’s Norma. Furthermore, the production of La Traviata, Carmen, La Bohème, has the signature of one of the most famous Italian directors in the world, Franco Zeffirelli. We close our praise to the Italians at the Met with a list of their names. Soprano: Micaela Carosi, mezzo-soprano: Luciana D’Intino, tenors: Franco Farina, Giuseppe Filianoti, Marcello Giordani, Salvatore Licitra, baritones: Alessandro Corbelli, Marco Di Felice, Lucio Gallo, Ruggero Raimondi, Luca Salsi, Franco Vassallo, bass-baritones: Maurizio Muraro, basses: Carlo Colombara, Ferruccio Furlanetto, Michele Pertusi, conductors: Roberto Abbado, Dante Anzolini, Marco Armiliato, Maurizio Benini, Fabio Luisi, Nicola Luisotti, Carlo Rizzi, assistant conductors: Speranza Scappucci, producers: Piero Faggoni, Giancarlo Menotti, Pier Luigi Samaritani, Franco Zeffirelli, designers: Anna Anni, Piero Faggioni, Raimonda Gaetani, Gianni Quaranta, Dada Saligeri, Pier Luigi Samaritani, Franco Zeffirelli, Lindemann Young Artist Development Program: Renata Scotto, Diana Soviero, Benita Valente. Orchestra: Elena Barere (violin), chorus: Maria Donaldi (alto), Salvatore Rosselli (tenor), Alessandro Magno (extra choristers), choreographer: Laura Scozzi.

  • Art & Culture

    Giordani, the genius of versatility


    ...on the stage in four roles this season: Pinkerton in "Madama Butterfly" of Giacomo Puccini, Enzo in "La Gioconda" of Amilcare Ponchielli, Rodolfo in "La Bohème" of Giacomo Puccini, and Gabriele in "Simon Boccanegra" of Giuseppe Verdi.

    The international press has acclaimed him as one of the most important of today's tenors. His exceptional versatility has allowed him to encompass a wide repertory, which spans the gamut from the bel canto of Bellini and Rossini, to the lyricism of the French opera repertory, and to the operas of Verdi and Puccini which demand the vocality of a "lirico-spinto". In short, someone like him would have plenty to be boastful about, but just the opposite is true, and I should know since I met him in person, the day after a performance of "Simon Boccanegra" when, with simplicity and a total lack of boastfulness, he talked about himself. Before considering his present successes, I immediately ask him how his singing career began.

    "I began by singing in our church - he says - but it was really my father who encouraged me. He was a great opera lover, and I was curious about this passion of his. I used to sing along with his recordings, and he realized that it was unusual for a child my age to possess that kind of voice, and I remember like it was yesterday the first LP that I received as a gift, a compilation of famous arias sung by the Sicilian tenor Giuseppe Di Stefano".

    Taking a look at your biography, I saw that as a youth you did not attend a voice school, but if your

    father was aware of your potential, why didn't he enroll you in a music conservatory, for example?

    "I come from a small town, and there in Sicily a steady job was more important. So my father said to me: 'First you get your diploma, and then we'll see if you really have the talent.' So, when I was 17 years old, I went for my first audition with a soprano in Catania. Naturally, I was singing by ear, and she said to me: 'You have potential, but it would be better to wait a few years."

    And in the meanwhile?

    "In the meanwhile, after I earned my accounting diploma, I began working in a bank, but I lasted only one year. I decided to quit, and I knew that my father would stand behind me, but everybody else in the family was against, beginning with my mother. Things took a different turn when I won the international singing competition in Spoleto in 1986. After that, I moved to Milan and began my career."

    Let's go back a step. As a child, you were aware that you had a different voice from that of other boys

    your age? And how did this difference affect you?

    "Already when I was twelve I was thinking of becoming a singer, I wanted to go to the opera and I dreamed of being on stage. To many of my friends, I was the one who had to sing if there was singing to be done."

    When you are not traveling for work, you live with your wife and your two children in your hometown of

    Augusta. What do your fellow citizens say about you?

    "Believe it or not, many still see me as the hometown boy with the ambition of becoming a singer, and they often ask me: 'What kind of work do you do for a living?'."

    Let's talk about your debut, where did it take place?

    "Actually, I spent the first ten years of my career in the United States, in Portland, Oregon, where I made my

    debut during the 1988-89 season as Nadir in 'Les Pêcheurs de perles' of Georges Bizet. During the same

    period, I also made my debut at La Scala of Milan as Rodolfo in "La Bohème".

    How did you end up in Oregon?

    "My former manager traveled to Italy often, and one day in Fano, where I was singing in 'Madama Butterfly', he heard me, recorded my voice and sent the tape to the manager of the Portland Opera who hired me. I want to add that Pavarotti also listened to that tape and said: 'This boy has a great potential'. I remained in Portland until 1995."

    In 1994 your career had a bit of a setback. You had a vocal crisis and La Scala fired you from

    "Rigoletto". Can you tell us about that period?

    "I paid the consequences of poor teaching. I did not have a good technique, and I didn't know up to what point I could push my voice. I began to suffer from stage fright, I was prone to frequent crises, anxiety, fainting, and to add to this, my father passed away. He was my reference point, the one who encouraged me to sing. In brief, the world around me collapsed, and I almost decided to change occupation, to go back to work in a bank."

    And what made you change your mind?

    "I decided to take six months off to reflect. Here in New York I met Bill Schuman, the one whom I call my

    teacher, who taught me how to retrain my voice, and helped me trust myself again. In spite of my difficulty in communicating in English, he knew immediately what I meant and what I felt. I consider those six months the most profitable period of my career. Now I understand what role suits my voice, and if, after I've tried it for a couple of months, I begin to feel tired, that means that it's not for me".

    When was your debut at the Met?

    "In 1993 with 'L’Elisir d’amore' of Donizetti, and by now I feel at home here. I have four productions this season and three the next, Lucia di Lammermoor, Manon Lescaut and Ernani. I must also say that the American public, unlike the Italian, has forgiven me the errors .of my youth."

    In 2006 you made an unexpected debut when, very little notice, you replaced José Calleja in the role of

    the Duke in "Rigoletto", while at the same time you were singing "La Gioconda" and "Madama Butterfly", a considerable commitment since these operas involve three different kinds of singing.

    "It was a challenge for me, since I hadn't sung 'Rigoletto' for four years. This opera has been the "croce e delizia" of my career, beginning with my debut at the Festival of Spoleto. At that time, I wasn't prepared. Then, at other times, I had vocal problems. In short, I've never been able to sing it well, but I finally I succeeded."

    Your repertory includes a lot of Donizetti, Puccini and Verdi. Which of these three is your favorite

    composer?

    "Puccini, because, he's closer to my temperament, even if I owe much to Donizetti who has taught me how to sing. Together with Bellini and Verdi, he has given me the bel canto background which has enabled me to move to a more complex repertory.

    And with "Lucia di Lammermoor", is it like going back to your "first love"?

    "This too is a challenge. The last time I sang Donizetti was about seven years ago in Zurich. Lately I've been focusing on a more demanding repertory. To go back to Donizetti, and to sing bel canto, is also healthy for the voice, I learned that from Pavarotti."

    Recently you appeared before the judges of the Supreme Court in Washington. How did you feel

    about it?

    "To tell you the truth, I didn't expect this invitation. Everybody said to me: '"It’s a big deal, it’s a great honor to sing for them'. Among other things, I found out that the parents of one of the judges, Antonin Scalia, are from Sicily."

    It looks like Sicily is constantly producing talents. Salvatore Licitra is also of Sicilian origin. What's the

    secret?

    "It is the land of the Gods, the Magna Grecia. Because of its geographical position, Sicily has been subjected to all sorts of invasions, there has been a mixing of cultures, and I think this has contributed to the fact that art is innate in the Sicilian people. Like the Neapolitan, we have the ability to dramatize everything."

    And in addition to the Supreme Court, the Manhattan School of Music also invited you for a

    Masterclass...

    "Yes, that was last November and, at the risk of repeating myself, it was another challenge for me. I've never taught, not to mention in English. But I wanted to give it a try anyway, and when I couldn't find the appropriate words, I demonstrated by singing along with them. It was exciting to share my experience with young singers. I told them about the problems I had when I was young, and advised them to be patient, otherwise you run the risk of disappearing from the stage very quickly."

    You, instead, have been on the stage for a long time. What is the most beautiful thing that has been

    written about you?

    "Last year I celebrated the first twenty years of my career, and the most beautiful thing that I read about myself was that I am a good person, honest, loyal, and that the way I sing reflects my sincerity, and my unsullied soul. But, in spite of all the praise, there is one thing which I regret, that is the lack of attention on the part of the major Italian media, and of the Italian institutions in New York."

    To compensate, you have the attention of Peter Gelb, the Met's general manager, who has defined you

    as "the Italian tenor".

    "I'm very flattered by it. At the Met I feel at home, and Peter Gelb has introduced a breath of fresh air, he is a

    very forward-looking person."

    You have sung in the most important theaters of the world. Is there any place left where you would like

    to perform?

    "I'd like to sing for the Pope, that would be a wonderful thing."

     

    (Translated from Italian by Fiorella Sampirisi)

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