Articles by: Doriana varì

  • Fatti e Storie

    Le azzurre olimpiche: campionesse di sport e di bellezza

    Da ormai sette giorni la capitale britannica è invasa da sportivi e tifosi arrivati da tutte le parti del mondo per partecipare ed assistere ai giochi della XXX Olimpiade. La fiaccola olimpionica, partita da Atene, è arrivata a Londra il 27 Luglio per dare il via, con la cerimonia di apertura, alle gare piu’ celebri del mondo.

    Se nel corso delle prime tre giornate gli atleti azzurri ci avevano entusiasmato con le otto

      medaglie conquistate, giunti alla fine della quinta giornata di gare, ci ritroviamo, a quota nove medaglie, a occupare solo la settima posizione della classifica generale degli stati partecipanti: i tre ori sommati ai quattro argenti e due bronzi italiani non possono competere con le trenta medaglie della Cina, che occupa la prima posizione della classifica.

    In un contesto quale è quello sportivo, in cui la prestanza fisica, l’astuzia e la protezza intuitiva primeggiano, ci piace sottolineare come quattro delle medaglie vinte dagli atleti italiani siano rosa: il podio della scherma femminile è interamente tricolore: Elisa Di Francisca, Arianna Errigo e Valentina Vezzali si sono aggiudicate le tre medaglie di questa disciplina, mentre la ventiseienne Rosalba Forciniti ha conquistato il terzo posto nel judo.

    E se il Setterosa non riesce a farci sognare, ci pensano le ragazze della pallavolo a collezionare vittorie schiaccianti contro la Repubblica Dominicana e contro il temutissimo Giappone; e pure la coppia che ci rappresenta nel beach volley non sta a guardare, ma prosegue nella scalata agli ottavi di finale.

    Fortissima è peró la delusione in acqua: se la coppia Cagnotto - Dallapè deve accontentarsi del quarto posto nel tuffo sincronizzato dai tre metri, Federica Pellegrini, la sirena italiana per eccellenza, affoga nel suo quinto posto e lascia tutti con l’amaro in bocca.

    Ma al di là delle vittorie e delle sconfitte, tra medaglie da mordere sul podio e volti cupi di delusione, le donne olimpioniche riescono, questa volta loro malgrado, a rimanere sotto i riflettori: se le italiane della scherma vengono fotografate sorridenti e soddisfatte, ma soprattutto chiuse nelle divise bianchissime, un trattamento meno galante viene riservato alle ragazze del volley e del beach volley in particolare, di cui viene fotografato troppo spesso il lato B, ragion per cui, intimidate, si trovano a dover ammonire “è vero che pratichiamo uno sport che definisce molto alcuni punti del corpo, ma non dimenticatevi che siamo atlete e non modelle o show girls”.

    A impazzire quindi per gli sport femminili sono, per evidenti motivi e meno evidentti divise, soprattutto i ragazzi italiani che sui blog invitano i propri follower a seguire il tennis e il volley femminile, e che, impazienti, attendono l’inizio delle gare di altletica.

    A piacere, comunque, non sono solo le atlete italiane: la Gazzetta dello Sport ha addirittura dedicato una sezione alle “bellezze olimpioniche”, una fotogallery che ci mostra le più belle delle olimpiadi londinesi tra le quail non manca la bellezza tutta italiana della nuotatrice Arianna Barbieri.

    Ma le Olimpiadi non sono solo sport e fisici mozzafiato, le Olimpiadi sono anche storia: Diva Universal, sul canale 128 di Sky, da marzo dedica lo spazio dal titolo “Donne nel mito” a quelle donne che hanno legato, per diversi aspetti, il loro nome ai giochi olimpici: Leni Riefenstahl, Fanny Blankers-Koen, ma anche donne italiane come Sara Simeoni, Novella Calligaris, Ondina Valli.

    Dal 1900 alle donne è permesso partecipare agonisticamente ai giochi olimpici… con orgoglio e competenza!

  • Arte e Cultura

    Otto, Paladino della Giustizia

    “Anthropos zoon politicon”, “L’uomo è un animale sociale”, diceva Aristotele. Indubbiamente la formula elaborata dal filosofo racchiude un’importante verità politica, ma innegabile è anche il suo valore umano e sociale. Da qualche decina di anni, con l’avvento della telematicità e, più in generale, delle nuove tecnologie, il significato di “comunità” sembra essere cambiato, sembra essere ignorato o sembra essersi dissolto nell’individualismo. Da qui l’urgente necessità di ristabilire l’importanza originale della comunità.

    E, proprio sul tema della necessità di ripristinare il senso della comunità, verte “IN THE PLACE WE LIVE”, la mostra, organizzata nella M55 Art Gallery, da Carolina Penafiel e Assa Bigger con il supporto del Queens Council on the Arts. Lo show espone le opere di diversi artisti che vivono a Long Island City, quartiere del Queens, e che vogliono esprimere, ognuno a suo modo, il significato della comunità.
    Assa Bigger ci ha spiegato che le opere d’arte esposte non sono state selezionate secondo precisi criteri estetici o tematici, i curatori dell’evento hanno pensato di accogliere ed esporre indistintamente tutte quelle opere che gli artisti di Long Island City desideravano presentare. Attualmente gli artisti partecipanti alla mostra sono sessantacinque, ma “ancora ne arriveranno perché abbiamo iniziato molte collaborazioni; quindi avremo più artisti e più persone che collaboreranno e parteciperanno allo show” … “se altri artisti avranno qualche forma d’arte durante il tempo dell’esibizione, possono presentarcela. Quindi chiunque vorrà esporre un proprio pezzo o esibirsi in qualche performance, danzare, cantare, o solo urlare qualche pazza poesia, sarà il benvenuto”.
    Tra le tele, le creazioni tridimensionali, i filmati, le fotografie, particolarmente chiaro nel messaggio che vuole trasmettere, è il lavoro nato dalla collaborazione delle uniche due artiste italiane, Natasha Lardera, scrittrice e giornalista e Annalisa Iadicicco, fotografa e artista multimediale. Attraverso un simpatico racconto fotografico, Natasha e Annalisa hanno permesso a Otto, il cane amico della fotografa, di diventare un eroe di quartiere.

    Otto, sfortunato e sottovalutato nella quotidianità, è tuttavia coraggioso e valoroso quando, fiutato il pericolo, veste i panni di OttoWatch, paladino della legalità e della tranquilla convivenza sociale.
    Otto e i suoi amici hanno organizzato una sorta di ronda canina di quartiere nota anche alla polizia per la sua efficienza. Il cane protagonista, coraggioso e intelligente, nota con disdegno il problema dei rifiuti per strada e quello della raccolta differenziata, ma soprattutto dà prova del suo coraggio impedendo, col suo “Otto Attack”, ad un ladro, di intrufolarsi all’interno di un appartamento. Il cane-eroe non può che destare simpatia nei suoi lettori perché, soddisfatto e pieno di sé, dopo aver fatto scappare il ladro che successivamente sarà catturato dalla polizia, vaga per la città in cerca di coccole e d’amore, una ricerca vana e inconcludente, che lascia il povero Otto a bocca asciutta. Alla fine dell’episodio, Otto, leggendo un giornale gettato in strada, intuisce un nuovo pericolo nella zona di Chelsea: “La città ha bisogno di me” afferma con sicurezza mentre si prepara a una nuova azione…
    Tanto le immagini quanto il testo rendono il fotoromanzo dinamico e rapido: le fotografie, realizzate per lo più utilizzando una wide lens (grandangolo), un tipo di obiettivo che restituisce una visione aperta delle immagini, riportano quasi sempre il punto di vista di Otto, permettendo al fruitore di regredire al livello di questo animale per tanti aspetti umanizzato. Le vignette didascaliche, molto spesso, non sono atte alla descrizione degli avvenimenti, ma quasi sempre danno voce al cane o agli altri personaggi del racconto. Tutti utilizzano un linguaggio estremamente colloquiale, fatto di slang, frasi lasciate in sospeso, e qualche espressione tutta italiana che ha contribuito, con particolare rilevanza, al successo del lavoro!
    L'autrice del testo, Natasha Lardera ha spiegato che l’idea di un cane attento al rispetto della legalità nella sua piccola comunità, nasce dal fatto che in inglese, la parola “watchdog” indica un cittadino comune che, indipendentemente dalle istituzioni, decide, da solo o in accordo con altri vicini di casa, di farsi supervisore del proprio quartiere al fine di tutelarlo: “perché allora non fare di Otto un 'watch-dog'!” (dog = cane)
    Sebbene i soggetti siano chiaramente nati dalla fantasia delle artiste, la realisticità del racconto è resa soprattutto dal fatto che i problemi di cui Otto si occupa sono reali, per cui, tanto la storia quanto le fotografie prendevano forma poco a poco, a seconda degli eventi e delle situazioni di Otto nel suo quartiere.
    “Le reazioni del pubblico,” continua Natasha “sono state positive rispetto alla storia e soprattutto rispetto al personaggio; il lavoro sembra essere piaciuto, tanto che qualcuno, credendolo lecito, ha portato via alcune copie”. Ed in effetti Otto ha conquistato un po’ tutti!