Auguri Italia!

Antonella Iovino (March 18, 2011)
  • Mario Fratti
Nell'auditorium della Scuola d’Italia di NY i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità

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Giovedì 17 marzo si è festeggiata l’Italia a Roma, in tutte città italiane e nel mondo. E’ stata una giornata di gioia ed orgoglio, di senso di appartenenza e di comuni auspici per il futuro. Sentimenti questi condivisi da tutte le comunità italiane all'estero. Perché se è vero che i fusi hanno ritardato nel tempo le celebrazioni, il sentire comune ha annullato tutte le distanze.

Ad aprire le celebrazioni a NY sono stati gli studenti della Scuola d’Italia con il canto di entrambi gli inni, quello americano e quello italiano, a simboleggiare la doppia identità della comunità italo-americana. L’Italia e l’America sono due paesi che si incontrano e si legano attraverso la vita e l’attività dei membri della comunità. Gli auguri del console Talò, nel suo intervento inaugurale, vengono infatti rivolti a tutti coloro che provengono dall’Italia e a chiunque vi si senta vicino, riconoscendo l’Italia come patria culturale. “Festeggiamo per il passato che ci ha arricchito e per il futuro che promettiamo di costruire insieme” dice Talò e continua “Sentiamoci fratelli, perché le diverse identità possono tra di loro convivere: quella italiana, quella europea, quella regionale e all’estero anche quella del paese di arrivo. Siamo stati uniti e lo saremo in futuro, questa è la nostra forza e tale sentimento è ancora più vivo all’estero. Perciò siamo qui , alla Scuola d’Italia, per essere in famiglia ed uniti alla comunità che sentiamo nostra, con la certezza che il futuro è di noi italiani che viviamo nel mondo e costruiamo un avvenire migliore per le nuove generazioni”.

Anche Riccardo Viale, direttore dell’Istituto di cultura, sottolinea come l’importanza di una simile celebrazione sia nella capacità di incidere sulla coscienza delle nuove generazioni. “Il 17 marzo è l’anniversario della proclamazione del Regno Unito d’Italia, data da molti dimenticata perché  si vivono ancora forti frizioni per la diversità delle realtà socio-economiche delle diverse zone d’Italia”, dice Viale “ma questo divario può essere colmato rendendo responsabili le classi dirigenti regionali del paese” conclude.  

I ragazzi della Scuola d’Italia mettono in scena la “Piccola vedetta lombarda”, racconto tratta dal libro “Cuore” di De Amicis: è la storia di un giovane ragazzo che durante il Risorgimento muore fucilato dalle truppe nemiche mentre fa da vedetta per amore del suo popolo, il popolo lombardo. Ricordano i motti  e i canti del Risorgimento come VIVA VERDI, (Verdi era l'acronimo di Vittorio Emanuele Re d'Italia) ,  la Spigolatrice di Sapri o il Va’ Pensiero. Ricordano personaggi come Sagarat, leggono l’articolo 1 e 2 della Costituzione e richiamano la frase di John Fitzgerald Kennedy “ Siamo tutti figli della vostra civiltà” per il contributo del Rinascimento al fiorire della civiltà moderna.

Silvana Mangione, vicesegretario del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, fa un’importante descrizione della nostra bandiera: è nata per volontà di due giovani rivoluzionari nel 1794, Luigi Zamboni di Bologna e Giovanbattista De Rolandis di Asti, che scelsero il bianco ed il rosso perché erano entrambi i colori di Asti e Bologna ed il verde per non ripetere il simbolo francese. Verde, bianco e rosso divennero i colori della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità. Vennero accolti dalla Repubblica Cispadana e poi, una volta che questa si unì alla Repubblica Transalpina, divennero i colori della Repubblica Cisalpina. Cercando di sopravvivere gli stessi Borboni la adottarono come bandiera del Regno delle due Sicilie. Divenuta vessillo del nuovo Regno, Carducci la descrisse come il vero simbolo del nostro paese: il bianco dei monti, il verde delle valli e il rosso dei vulcani. La Mangione fa omaggio alla preside della Scuola d’Italia della bandiera originale, a strisce orizzontali e con il simbolo della repubblica Cisalpina, come dono della Federazione dei Lavoratori all’Estero a tutti gli americani che amano gli italiani e riconoscono il loro contributo all’estero.

La direttrice del Garibaldi Meucci Museum di Staten Island racconta il soggiorno di Meucci e Garibaldi nella casa oggi adibita a museo e ne ricorda il contributo alla storia d’America: essi rappresentano l’uno la creatività e l’altro l’intraprendenza italiana, due doti che sono il bene che l’Italia ha esportato all’estero.

La celebrazione si chiude con la breve performance dello sceneggiatore Mario Fratti che si immedesima nei panni di Garibaldi ed immagina il dialogo tra l’eroe ed una giornalista di fine ottocento, che lo raggiunge in barca nella sua abitazione. Fratti presenta un Garibaldi in tarda età che ripensa al passato, all’amore di Anita, a Mazzini, a Cavour, al Re Vittorio Emanuele, alla fede e al coraggio nelle battaglie. Dipinge dell’eroe del Risorgimento un’immagine forte, di uomo “dal coraggio leonino” che non smette mai di credere nei valori che lo hanno ispirato, non perde l’afflato emotivo che lo ha accompagnato in ogni sua spedizione nel corso della vita.

 “Ho scritto questo breve spettacolo perché credo nell’Italia unita”, dice lo sceneggiatore ai microfoni di i-Italy “ ho interpretato la figura di Garibaldi, artefice dell’Unità, con gioia e sarò sempre contro chiunque voglia dividere il nostro paese”.

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