Articles by: Rosario Procino

  • Opinioni

    Diego Maradona. Era il più grande di sempre

    Era l’estate del 1984. Avevo solo 12 anni. Non esisteva Internet e non esistevano telefonini o social media. Per avere notizie, del giorno prima, bisognava aspettare i giornali la mattina.

    In quel periodo si compravano tutti ogni mattina. La Gazzetta. il corriere dello sport e il Mattino.

    Viene. Non viene. Ha firmato. Non ancora. Forse viene. Salta tutto. Domani la firma ... insomma ricordo ancora quelle due settimane che portarono all’acquisto di Maradona come fosse ieri. Un continuo rimbalzo di notizie e smentite. Fino a quel famoso 5 luglio 1984 quando Diego mise per la prima volta piede al San Paolo. In ottantamila solo per dargli il benvenuto. Il biglietto di ingresso costava 1000 lire per 5 minuti di passerella. E che passerella.

    In città non si parlava d’altro e non si parlò d’altro per i successivi 7 anni.

    Già dal suo arrivo si capì che qualcosa stava per cambiare, che il vento stava cambiando. In una città ancora martoriata dal terremoto del 1980, l’arrivo di Maradona ha rappresentato la speranza. La speranza che anche a Napoli qualcosa di buono stava per accadere. La speranza prima e la realtà dopo. 

    Si era il più grande di sempre, ma pochi davvero capiscono cosa sia davvero stato per Napoli e i Napoletani.

    Arrivato che era già il piu forte di tutti, poteva scegliere di andare ovunque, e invece scelse la più improbabile delle squadre. 

    Scelse il Napoli. Scelse Napoli in nome di quella vocazione che ha da sempre rappresentato la sua pur contraddittoria esistenza. Sempre al lato dei più deboli, sempre vicino ai più poveri. 

    Poteva andare ovunque, ma lui scelse di venire a Napoli. Il solo sapere che 80 mila persone andavano a vedere una squadra che non aveva mai vinto niente bastò a far scattare la molla. Scelse Napoli perche questa cosa doveva cambiare. Il Napoli doveva vincere e lui doveva esserne l’artefice.

    In sette anni si mise una squadra e una città sulle spalle e la portò alla vittoria contro tutto e tutti.

    Mai una squadra del sud aveva vinto in Italia. Diede fiducia e speranza ad un popolo martoriato da anni abituato a subire le ingiurie e prepotenze di quel ricco nord che tutto gli aveva tolto da ormai 120 anni.

    Diego per Napoli ha rappresentato la speranza, la rivincita del sud povero verso il nord ricco, la consapevolezza che anche al sud si può vincere e fare qualcosa di buono.

    Altro che quattro calci ad un pallone. Maradona è stato molto di più. Molto di più. 

    Ecco perché non riuscirete mai a far parlare male di Maradona ad un napoletano. E non ci provate nemmeno ne con la storia di Pelé ne provando a denigrarlo parlando dei suoi vizi. Vizi sia chiaro, vizi e non doping. Vizi che hanno fatto male solo a lui e alla sua breve esistenza.

    Ma questi per noi sono dettagli. Per noi Diego rappresenta molto, ma molto di più. Ancora oggi a distanza di anni e a migliaia di Km da Napoli, noi napoletani all’estero dobbiamo sorbirci  i soliti stereotipi e luoghi comuni su Napoli e Maradona. Napoli Camorra e Maradona Cocaina. E a noi poco importa, anzi parlare di Diego ci aiuta a far capire la sua importanza e l’orgoglio del popolo napoletano. Un popolo, una cultura che Diego ha fatto sua dal primo momento. 

    In tanti, chiusi nella loro miopia e offuscati dai luoghi comuni, non riescono a capire perché sia tanto importante per Napoli e i Napoletani.

    Non riescono a capire cosa sia stato, cosa è e cosa sarà per tutti noi. Ieri, oggi e domani.

    Tante stelle dello spettacolo hanno avuto una vita segnata dalla droga, il famoso genio e sregolatezza, eppure sono tutti celebrati come idoli e geni nei loro settori. Tanti calciatori si sono macchiati di Doping (doping e non vizio) e pure vengono visti come idoli.

    Non Maradona, Maradona è per tutti il drogato. Come se avesse tolto qualcosa a loro e non a se stesso e i suoi affetti.

    A volte penso che l’aver scelto Napoli lo abbia portato ad essere tanto odiato e criticato. Lo schierarsi così apertamente per una città e un popolo da sempre preso di mira dagli stereotipi e l’odio antimeridionale lo ha reso bersaglio degli haters, di tutti quanto vivono nell’odio antimeridonale. Ma lui era così, la sua intera esistenza a difesa dei deboli e contro il sistema.

    Contro quel sistema che tanto celebra Pelé solo perché soldatino signor si dei poteri forti e mai ha digerito l’onestà e la limpidezza di Maradona che ha sempre attaccato i poteri forti della FIFA. Quei poteri che poi sono puntualmente stati beccati a fate i porci comodi loro.

    Diego è stato il più grande di sempre, ma forse questa è la cosa meno importante. Diego è stato e sempre sarà un paladino per i deboli e poveri contro i poteri forti, siano essi quelli del Nord contro il sud o quelli della Fifa e dei grandi sponsor.

    Non so se con queste parole sono riuscito a far capire cosa sia stato per noi napoletani, ma basta pensare che a distanza di 40 anni non si trova un solo compagno di squadra o avversario che abbia qualcosa da dire su di lui, e non parlo del calciatore, ma dell’uomo Maradona. Un grande uomo.

    Un vero leader. Il nostro leader. Diego Armando Maradona.

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    Rosario Procino. Presidente Napoli Club e co-proprietario di Ribalta Pizza a New York

  • Gourmet

    E New York risponde. Uniti si vince!

    «L'arte del pizzaiuolo napoletano è patrimonio culturale dell'Umanità Unesco». 
    Un motivo di orgoglio per me operatore nel settore, ma soprattutto per me Napoletano, ambasciatore di Napoli nel mondo.
    Si perché tutti noi Napoletani all’estero siamo ambasciatori di Napoli, di Napoletanitá. 
     
    E, di Napoli e di Napoletanitá, si parla nelle motivazioni dell’Unesco.
    Si, perché sia chiaro, il riconoscimento non va alla pizza in quanto tale o a questo o quel pizzaiolo. Il riconoscimento e’ alla cultura di una città millenaria che trova la sua massima espressione proprio li, su un bancone di una pizzeria.
     
     Per l'Unesco - si legge nella decisione finale - «il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l'impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza.
     
    Ciò si verifica in un'atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale».
    La pizzeria come l’agorá della Napoli moderna dove intorno al bancone si ritrovano cultura, musica, genio e tradizioni del popolo Napoletano.
    Un riconoscimento alla città e al popolo attraverso la cosa che ci ha resi famosi nel mondo, la pizza.
     
    La cultura, le tradizioni e il genio dei Napoletani, e di noi italiani più in generale, sono cose che tutto il mondo ci invidia.
    Da ormai 18 anni in America, confrontandomi quotidianamente con persone di tutte le prevenienze, ho imparato ad apprezzare queste nostre innate qualità così come mi sono apparsi più evidenti i nostri limiti.
     
    Se c’e’ una cosa che apprezzo nel popolo americano e’ il sapere fare squadra, il saper fare sistema. Uniti fino alla meta.
     
    Ebbene,  quello che più mi ha impressionato nella lunga cavalcata per raggiungere questo storico traguardo è’ stato l’aver visto tutti, ma proprio tutti lavorare fianco a fianco con lo stesso obiettivo.
     
    Pizzaioli, Produttori della filiera, Associazioni, Agricoltori, Giornalisti, persino i politici, tutti uniti fino alla vittoria.
     
    Quesro risultato è la chiara dimostrazione che quando noi napoletani, noi italiani ci uniamo, diventiamo imbattibili. Nulla ci e’ precluso.
    Uniti si vince.
     
    Ebbene, il mio augurio per i pizzaioli, per Napoli, per i Napoletani, ma anche e soprattutto per l’Italia intera e’ questa vittoria sia da esempio per il futuro.
    Uniti si vince. 
     
    Napoli, Italia guarda a questo risultato è rialzati perché, uniti si vince.
  • Dining in & out: Articles & Reviews

    Starbucks or No Starbucks?


    The opening of Starbucks in Italy is what I would call collateral damage of modern globalization. Clearly, the American company’s desire to expand is more than legitimate. Of greater interest is seeing how Italy will react. The country has long been considered the home of coffee or, as they say in the U.S., espresso.



    Too many changes
    As history would have it, it was an Italian café that first inspired the founder of Starbucks to open a store in Seattle. Yet, as often happens during ocean crossings, many things – too many – have changed. Starbucks offers several varieties of coffee missing in Italy (single, double, latte, tall, venti, grande, Frappuccino, and so on); the tradition of standing at a bar has vanished; and ceramic cups have been replaced by paper.


    What will happen when the store opens in Italy? Starbucks is taking a humble position, promising to respect the country’s traditions. That may be true, but I have my doubts that Starbucks will change its modus operandi. Will it serve up a heavier, creamier espresso in a ceramic cup at the bar, as the Italians take their coffee? Or will it serve “watered down” coffee in a takeaway cup?


    Knowing corporate America’s line of thinking, I’m sure that Starbucks will try to impose its philosophy on Italy, too, without adapting its wares to meet the demands of the host country, essentially putting the ball in the Italians’ court. What will win out? A drive to change or respect for tradition?

     

    Success at first, in Milan...
    Personally, I think that Starbucks could be moderately successful in the beginning, thanks to the novelty of the endeavor, the fad of the moment, and later become a safe space for American tourists visiting Italy.


    In the end, Italians may drink a Caramel Frappucino every once in a while and chalk it up to a decent caffeinated drink, but I don’t think they’ll ever go to Starbucks for their daily dose of coffee... but Rome and naples will reject it! Starbucks might drum up some interest in Milan, arguably Italy’s most European city, but not exactly the capital of our coffee culture. But I doubt it will have any success in a city like Naples or Rome, where coffee is almost a religious ritual, aside from attracting a very young customer base that is always on the lookout for new trends to follow until the next one arrives from across the ocean.



    Why say ‘no’?
    Starbucks or No Starbucks? I say No Starbucks, since Italy derives strength from maintaining and protecting its own traditions.

    I say No Starbucks because I don’t get the point of a double espresso. I say No Starbucks because it calls its smallest serving “Tall.” I say No Starbucks because I don’t like it. Plain and simple.