Gli artisti italo-americani fanno anche una musica italo-americana ?

Benny Profane (September 20, 2009)
E' un quesito ponderoso, al quale potrebbero rispondere con ben altra cognizione di causa Anthony Tamburri o Bob Viscusi, non certo il vostro umile cronista. Pertanto, ci limiteremo ad osservare alcuni di questi artisti ed a riflettere assieme sulle rispettive influenze musicali ...

Cari lettori, oggi parliamo di Frank Zappa, Laura Nyro (Laura Nigro), Tony Bennett (Anthony Dominick Benedetto), Frank Sinatra, Lennie Tristano, Joe Lovano, Nick La Rocca, Madonna (Madonna Louise Ciccone), Maria Muldaur (Maria Grazia Rosa Domenica D'Amato), Terry Bozzio, Eddie Brigati, Angelo Badalamenti, Felix Cavaliere, Jon Bon Jovi (John Francis Bongiovi, Jr.), Charlie Calello, Bruce Springsteen (nome della madre: Adele Ann Zerilli), Vinnie Colaiuta, Felix Pappalardi, Johnny Rivers (John Henry Ramistella), Dion Di Mucci, Dean Martin (Dino Paul Crocetti), Jeff Porcaro, John Frusciante, Ronnie James Dio e tanti altri.

Cos’hanno in comune i personaggi sopra citati? Ben poco direi, tranne che tutti sono interamente o in parte di origine italiana. Alcuni di essi hanno cambiato il cognome e talvolta anche il nome, altri hanno “anglicizzato” il nome e preservato il cognome.
 

A questo punto il quesito sorge spontaneo: questi artisti italo-americani fanno anche una musica italo-americana? O sono stati influenzati in qualche misura dalla musica italiana? Quesito ponderoso ovviamente, al quale potrebbero rispondere con ben altra cognizione di causa Anthony Tamburri o Bob Viscusi, non certo il vostro umile cronista. Pertanto, ci limiteremo ad osservare alcuni di questi artisti ed a riflettere assieme sulle rispettive influenze musicali.
 

Prendiamone uno a caso, forse il mio preferito tra questi: Laura Nyro. Per me Laura è stata la più grande cantautrice americana, superiore anche alle mie adorate Joni Mitchell e Rickie Lee Jones. Orbene, Laura nasce a New York, nel Bronx. Il babbo è un musicista italiano. Laura suona il piano sin da piccola e scrive poesie. Inizia ad ascoltare prestissimo i dischi che trova in casa: Debussy, Ravel, Billie Holiday, poi scopre i grandi 45 giri di Phil Spector, il soul della Motown e della Stax ed il rock’n roll. E Caruso? nisba. E Domenico Modugno? niet ! Insomma di influenze musicali italiane, per quel che è dato sapere, nulla da segnalare. Laura inizia a comporre canzoni (interpretate con successo da gruppi rock sin dalla fine degli anni ’60) e finalmente esordisce da solista, distinguendosi per un canto sempre sul punto di spezzarsi ed una serie di composizioni magiche in bilico tra soul, pop, jazz e rock’n roll. Un pò nello stile di Carole King, ma con quanta emozione e classe in più!! Bene, ascoltate un qualunque pezzo di Laura e ditemi voi se riuscite a percepire una sia pur minima traccia di italianità. Avrò le orecchie foderate di prosciutto, ma è raro trovare un artista piu’ influenzato dagli stilemi musicali americani della mia amata Laura (R.I.P.). In verità, l’unico suo legame musicale con l’italianità ebbe luogo tramite l’arrangiatore di alcuni dei suoi migliori album, il grande Charlie Calello.
 

Passiamo a Frank Zappa (entrambi i genitori italiani): Zappa è stato un ascoltatore vorace dei più diversi generi musicali. Privo di una formale educazione artistica, Zappa mescolava arditamente sin dai suoi primi esperimenti il rock’n roll e Stravinski, il doo wop ed Edgar Varese, il free jazz ed il pop adolescenziale dei primi anni ’60, il rhythm’n blues e la psichedelia. Insomma, una vera spugna capace di assorbire le piu’ disparate influenze per produrre poi, nei suoi momenti migliori, delle sintesi magistrali di pura musica americana. Qualche sia pur timida influenza italiana, chiedo sommessamente ? Niet !!! Anzi, adesso che mi ci fate pensare, in verità qualcosa di italiano c’è nella sua musica, ma sarebbe meglio che non ci fosse. In che senso?? presto spiegato. Nell’album Uncle Meat, peraltro uno dei suoi migliori, compare il pezzo Tengo Na Minchia Tanta, ebbene sì avete letto bene. Si tratta di un banale pezzo hard rock cantato in “italiano” (la voce non è di Frank, che non credo parlasse italiano) in cui il protagonista si vanta dei propri attributi sessuali in una caricatura del macho latino, più tardi realizzata con ben altra classe dai mitici Squallor (ascoltare per credere). Fatta eccezione per questo divertente bozzetto di “orgoglio italiano” e per l’album successivamente dedicato al compositore del XVIII secolo Francesco Zappa (nessuna parentela) mi pare non ci sia altro di “italiano” nella sua musica. Potrei anche sbagliarmi visto che il tipo ha pubblicato oltre 60 album ed io non li ho ascoltati tutti (non protestate! i cd di Zappa sono a prezzo intero, non posso mica svenarmi per scrivere i miei articoli no ??.....), ma sarei felice di esser smentito dai numerosi zappiani presenti nella rete. Certo, si potrebbe parlare a lungo del suo genio e della sua proverbiale irriverenza, come quando fece arrabbiare l’Anti Defamation League per la canzone Jewish Princess e poi le organizzazioni cattoliche per il pezzo Catholic Girls, ma rischiamo di andare fuori tema e pertanto soffermiamoci su altri artisti.
 

Nick La Rocca (nato a New Orleans nel 1889 da genitori entrambi siciliani). Chi era costui? Beh pensate un pò che secondo Renzo Arbore è stato il primo jazzista della storia. Incredibile no? Un italo-americano che ha inventato il jazz e lo swing. L’avreste mai detto ? Io no, ma se lo dice Arbore......In verità  la questione è tuttora aspramente dibattuta dagli storici del jazz, ma trovo comunque sbalorditivo che un italiano sia considerato da alcuni l’originatore di uno dei piu’ straordinari generi musicali americani. Ma tornando al nostro topic, chiedo nuovamente, sommessamente: qualcosina di italiano nella sua musica? No way.
 

Passiamo a Tony Bennett (visto l’altra sera in tv ancora in splendida forma mentre assisteva agli US Open di tennis in compagnia di moglie/compagna piu’ giovane di lui di circa 35/40 anni). Anthony Dominick Benedetto è nato ad Astoria (Queens) da genitori calabresi. Benedetto ha raccontato che da piccolo ascoltava Judy Garland, Bing Crosby e Louis Armstrong. Qual è il pezzo più noto del grande crooner ? I left my heart in San Francisco. Avete capito? Lui il cuore l’ha lasciato a San Francisco, mica a Caltanissetta, Ragusa, Potenza, Reggio Calabria o Cava dei Tirreni ! No, a Frisco, sede dei primi movimenti psichedelici e di band leggendarie quali Grateful Dead, Jefferson Airplane e Santana. Bene, il tipo a quanto ne sappia non si è mai sognato di interpretare pezzi di cantanti italiani, però i suoi quadri (nel frattempo si è dedicato anche alla pittura) li firma con il cognome Benedetto (curioso no?).

Rimaniamo in ambito jazzistico e parliamo di Lennie Tristano, signore non vedente del pianoforte, tra i musicisti più influenti della sua generazione. Nato a New York, genitori originari di Aversa, reso cieco dalla spagnola, poi dopo varie bocciature a scuola emerge la sua vocazione per la musica. Fu artista originalissimo, che godette di grande stima da parte dei suoi colleghi piu’ noti a cominciare da Lee Konitz, Charlie Mingus e Bill Evans. Influenze italiane? Nowhere to be seen. Pensate che uno dei suoi pezzi si chiama Turkish Mambo. Altro che Mambo Italiano!!
 

E vogliamo parlare di Angelo Badalamenti, l’autore della bellissima colonna sonora di Twin Peaks? Nel corso della sua carriera ha collaborato con David Lynch, Paul Mc Cartney, Nina Simone, Marianne Faithfull e tanti altri artisti. Nessuno però italiano. Le sue linee melodiche talvolta oppressive, talvolta sognanti, sono quanto di più lontano dalla solarità che caratterizza secondo lo stereotipo il Belpaese.
 

Insomma potremmo continuare per pagine e pagine ma poi Letizia mi chiude la rubrica e quindi interrompo qui la dissertazione e ripropongo il quesito: come mai non esiste una musica italo-americana (che abbia una sua specificita’ rispetto al modello italiano)? Come mai la musica italiana non sembra aver minimamente influenzato gli artisti che ho menzionato sopra? La circostanza è tanto più misteriosa se si considera per contro l’impatto che la cultura e le tradizioni italiane ed italo-americane hanno prodotto sulle opere di grandissimi registi italo-americani come Coppola e Scorsese. Stesso discorso per la letteratura italo-americana, oggi riconosciuta ed apprezzata. E la musica??? Ribadisco, qui ci vogliono Tamburri e Viscusi per dire una parola conclusiva. Io mi limito a consigliare ai pochi che siano giunti in chiusura di articolo qualche album di alcuni degli artisti sopra citati.
 

Frank Zappa: allora io preferisco il Zappa jazzista mentre non amo quello delle canzoni pop-rock e degli assoli di chitarra interminabili. Dunque acquisirei Hot Rats (con il capolavoro Peaches en Regalia), Kink Kong (a nome Jean Luc Ponty, ma di fatto scritto, prodotto ed arrangiato da Frank), Burnt Weeny Sandwich, Grand Wazoo e Uncle Meat.

Laura Nyro: Eli and the 13th Confession, Gonna Take a Miracle.

Lennie Tristano: the New Tristano

Buon ascolto.

(La versione inglese dell'articolo sarà presto disponbile. Stay tuned!)

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