Articles by: Luca Delbello

  • Arte e Cultura

    Gli italiani newyorkesi di Maurizio Molinari alla Casa Italiana

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    “Gli italiani sono singoli geni che formano, tutti insieme, un popolo politicamente disordinato... Una collettività talmente sorprendente da rendere problematico un giudizio complessivo”. Parafrasare il compianto Alberto Lattuada sembra una buona idea per avere uno spunto e comprendere l’idea dietro al nuovo libro di Maurizio Molinari.

    Il giornalista nel suo “Gli Italiani di New York” passa in rassegna diversi nomi dell’eccellenza italiana newyorkese, dall’accademico direttore del John D. Calandra Institute Anthony J. Tamburri a LoCicero, veterano della guerra di Corea nell’Air Force, da Nicola Gallotti, general manager del Geneva Watch Group a Sirio Maccioni, proprietario del ristorante di lusso Le Cirque.

    E mercoledì scorso nell’auditorio della Casa Italiana Zerilli-Marimò era possibile incontrarne  fisicamente molti, mentre assistevano alla presentazione. Alcuni  visibilmente orgogliosi di essere stati prescelti.

    Sul palco, accanto a Maurizio Molinari, sei dei protagonisti del suo scritto, Matilda Cuomo, Italo “Al” Barozzi, Federico Mennella, Antonio Monda, Gaetano Pesce e Cesare Casella.

    Il direttore, Stefano Albertini, come di consueto, fa gli onori di casa e presenta il primo ospite, Massimo Gaggi, corrispondente a New York per il Corriere della Sera, che agisce da moderatore durante questa serata dalle forti tinte bianco-rosso-verdi.

    Il giornalista introduce brevemente il libro al pubblico per cedere il microfono a Matilda Cuomo, personaggio di spicco della comunità italo-americana di New York, presidente di Mentoring USA, moglie dell’ex governatore di New York e madre dell’attuale.

    L’ex first lady racconta con passione la sua famiglia italo-americana, a partire dai sacrifici fatti dai genitori italiani alle prese con le prime difficoltà in un’America meno accogliente, alla passione per la politica di suo marito, all’impegno profuso da suo figlio, a quello per i cittadini più bisognosi che la vede attiva in prima persona con Mentoring USA.

    Artista di grande fama è senza dubbio Gaetano Pesce, architetto “emigrato” in America 35 anni or sono. Il pubblico ha l’occasione di apprezzare anche le sue doti di abile narratore quando ascolta i racconti del maestro sull’abilità e la creatività del popolo italico. Tra i vari aneddoti, Pesce fornisce i dettagli di un suo fantasioso progetto per il ponte di Messina, “non dobbiamo imitare gli americani e fare un secondo Golden Gate”, e scherza su come a volte si tenda ad entrare in banali competizioni su chi costruisce il ponte “più lungo”.

    La sua idea riguarda invece un ponte “abitato” a forma di “S”, lettera iniziale della Sicilia, retto da pilastri che potrebbero fungere da edifici abitati o da hotels, ognuno caratterizzato da peculiarità di ogni regione italiana.

    Ma c’è posto anche per la religione durante questo incontro tutto italiano, il “prete di frontiera” naturalizzato newyorchese Italo “Al” Barozzi spiega come spesso gli italiani si danneggino involontariamente creando e perpetuando gli stessi stereotipi nel tempo. D’accordo con il religioso anche lo chef Cesare Casella della Salumeria Rosi, portavoce dell’eccellenza culinaria italiana che lamenta un calo graduale di ristoranti italiani che utilizzano ingredienti della propria terra mentre si assiste impotenti ad un notevole aumento di ristoranti francesi o americani che fanno sfoggio dei migliori prodotti italici.

    Ospite ormai abitudinario di Casa Italiana è il professor Antonio Monda, che insegna cinema alla New York University. Appare come una voce leggermente fuori dal coro, quando spiega con malcelata tristezza la lenta morte del cinema Made in Italy, almeno quello prodotto nel Bel Paese. Spiega con amarezza il lento declino dell’industria e parla della progressiva emigrazione di registi italiani talentuosi negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Paolo Sorrentino è un nome su tutti.

    Ovviamene anche la finanza trova spazio nel libro di Molinari e sul palcoscenico, Federico Mennella, managing director a Lincoln International, parla di come negli ultimi venti anni sia avvenuto il graduale abbandono dalla scena economica americana dei grandi nomi di aziende italiane, Olivetti, BNL e tanti altri. Confessa di essere profondamente amareggiato per la situazione giovanile attuale, molti dei talenti del Bel Paese vengono sempre più spesso assunti da aziende estere.

    La parola finale spetta all’autore del libro. Maurizio Molinari ringrazia tutti i suoi “protagonisti” e chiude la serata affermando che dopo aver raccolto queste esperienze italiane di successo a New York è giunto alla conclusione che la vera caratteristica dell’essere italiani è “saper fare sempre del proprio meglio”.

    Con una nota di sincero dispiacere, rispondendo ad una domanda, dice che la ricezione del libro in Italia è stata fredda. Secondo Molinari la ferita degli italiani che emergono professionalmente all’estero è ancora più profonda di ciò che appare a causa dell’assenza di una profonda riflessione.  “Se ami il tuo Paese e il tuo popolo, devi spingere a rifletterci” conclude.

  • Life & People

    The President Talks About His Italy

    “The true problem of Italy is the aptitude of the politics to be divided”.

    President Giorgio Napolitano started his special public interview at the New York University School of Law. The annual debate of the Emile Noël Lecture at the University is usually held by a great personality of the cultural and political world and 2011 was no exception to the rule. The lecture was held by a man who has lived the Italian political history since the beginning of the Republic.

    Professor Joseph H.H. Weiler had the honor of hosting the event and discuss with the President about politics, culture and his personal life in front of a crowded and thrilled auditorium.

    “This is the legendary Giorgio Napolitano”, “you represent the best of Italy”, professor Weiler affirmed before starting the discussion. “It’s not an easy moment for Italy and for the work of the President of the Republic” he admitted warily.

    Napolitano clearly affirmed that the Italian and European political scene is giving him some concerns but it is necessary to deeply understand that the European Union has existed for only 60 years and that the path for completion is still long and complex.  

    “The biggest problem for Italian politics is the hyper-partisanship that creates a daily guerrilla by making the dialogue impossible and establishing a mutual delegitimization of the political opponents. Italy lives a situation where nobody listens to one another and the risks of serious divisions and strong weakening of the Country are widening."

    There was time to deal with the delicate issue regarding the role of the President of the Republic in the Italian parliamentary system. The professor reminded him of some important decisions he has had to make during his time in office, such as the Englaro case, and others that he had to accept, with resignation, such as the appointment of some ministries. “I may give some advice and express my opinion, but if the Prime Minister insists, I can’t help but saying that he has full responsibility for his choices, regarding his ministries”.

    The debate got even more serious when the President criticized the German choice of neutrality, stating that he doesn’t comprehend Angela Merkel’s decisions about non-intervention in Libya.
     

    “Such choices should not be affected by national elections, political leaders should not pursue surveys, they should serve as a guiding light for citizens”.

    “We have seen that the main countries of the European Union are divided on the military intervention and that is a really negative issue”, Napolitano affirmed, and continued by commenting the landing of the ships in Lampedusa.

    “Lampedusa is not only the Italian border, but it is the European border, so the problem is European.”

    Napolitano even revealed an unusual side, his private one. The President spoke about his passion for art, in particular for the music of Mozart and Beethoven and the theater of Ibsen and Cechov going back in time by telling the New York University audience about the dramatic events he lived through during the Second World War.

    The event ended with the awarding of a moved Napolitano who received the Presidential Medal of New York University. The last answer of the President brought laughs and gave a little hope: “Are you optimistic?”, “Pessimism is a luxury I can’t afford”.

  • Fatti e Storie

    L'ottimismo di Napolitano ad NYU

    "Il vero problema dell'Italia è l'attitudine della politica a dividersi". Con queste parole Giorgio Napolitano inizia la sua speciale intervista pubblica alla facoltà di legge della New York University.

    L’annuale incontro all'Emile Noël Lecture all'Università è solitamente tenuto da una grande personalità del mondo politico e culturale. Il 2011 non è stato un’eccezione e la poltrona è stata riservata ad una personalita' che ha vissuto da protagonista la storia politica italiana dal dopoguerra fino ad oggi.

    Interlocutore privilegiato è il professor Joseph H.H. Weiler, con il quale il Presidente discute di politica, cultura e vita personale davanti ad una gremita platea di emozionati spettatori.

    “Questo è il leggendario Giorgio Napolitano”, così il Presidente viene accolto di fronte al pubblico della New York University. “Lei rappresenta il meglio dell’Italia”, si complimenta il professor Weiler prima di iniziare la discussione. “Non è un momento facile per l'Italia e per il lavoro di un Presidente della Repubblica” ammette cautamente.

    Napolitano afferma chiaramente di essere preoccupato della situazione politica italiana ed europea ma che è necessario comprendere che l’Europa esiste nella sua forma attuale da soli sessant’anni. Il percorso di completamento si mostra ancora lungo e complesso.

    “Il più grande problema della politica italiana è l'iper-partigianeria che produce una guerriglia quotidiana rendendo impossibile il dialogo e il confronto, determinando una delegittimazione reciproca dei competitori politici. L’Italia vive una situazione in cui nessuno ascolta l'altro e si amplia il rischio di gravi divisioni e di forte indebolimento del Paese".

    Viene affrontato anche il delicato argomento riguardante il ruolo del Presidente della Repubblica in un sistema parlamentare come quello italiano. Il professore gli ricorda di alcune importanti decisioni prese durante il suo mandato, come quella sul caso Englaro (legato al problema dell'eutanasia), e di altre che ha dovuto, suo malgrado, accettare, come la nomina di alcuni ministri. “Posso dare qualche consiglio ed esprimere il mio parere, ma se il Primo Ministro insiste non posso far altro che ripetergli che la responsabilità delle scelte dei suoi ministri è sua".

    La conversazione assume toni ancora più seri quando il Presidente della Repubblica critica la scelta neutrale della Germania, affermando di non comprendere le decisioni attuali di Angela Merkel riguardo al mancato intervento militare in Libia.

    "Scelte come queste non dovrebbero essere influenzate da elezioni nazionali, i leader politici non dovrebbero inseguire i sondaggi, ma guidare i cittadini”.

    “Certamente il fatto che i principali paesi membri dell'UE si siano divisi sull'intervento militare in Libia è un fatto molto negativo" afferma Napolitano, e prosegue commentando gli sbarchi a Lampedusa.  

    “Lampedusa non è solo la frontiera italiana, ma è quella di tutta Europa e il problema è e rimane europeo”.

    Napolitano rivela anche un insolito aspetto, quello privato. Il Presidente parla della sua passione per l’arte, in particolare per la musica di Mozart e Beethoven e le opere teatrali di Ibsen e Cechov e compie un salto indietro nel tempo narrando all'attento pubblico della New York University i drammatici eventi vissuti in prima persona durante la seconda guerra mondiale.

    L’evento si conclude con la premiazione di Napolitano che, emozionato riceve, in presenza della Baronessa Zerilli Marimò,  la Medaglia Presidenziale della New York University. L’ultima battuta sulla domanda finale di Weiler fa sorridere e sperare: “Lei è ottimista?”, “Il pessimismo è un lusso che non posso permettermi”.

  • Events: Reports

    The Italian Surf Academy: from Cinema to Music

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    The Italian cinema of the 1960s and '70s was typified by sensational artistic directorial innovations. But there's an aspect that we tend to underestimate, the music.

    Original soundtracks were able to create unique atmospheres and were the essential indispensable component of many movies made in Italy, for instance Sergio Leone's spaghetti westerns and the disturbing settings of Mario Bava's films.

    Marco Cappelli, professor of classical guitar at the conservatory of Palermo, Francesco Cusa, drummer and composer, and Luca Lo Bianco, world famous jazz musician, are the members of an eclectic trio known as Italian Surf Academy. With their music they bring us back to the golden age of Italian cinematography by revisiting well known and illustrius themes, trying to rediscover these pieces with an original touch that makes everything unpredictable: improvisation.

    "The trio began last year as a game",  @font-face {
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    like the Beach Boys. We though of bringing our project to the United States
    focusing  on the soundtracks of our own
    cinematic tradition, horrors, westerns and B movies”On
    March 18 the trio will perform at the Zebulon and those present will be brought
    back in time, accompanied by improvised performances by these exceptional
    artists on stage. Armando Trovajoli, Ennio Morricone and Piero Umiliani are
    just some of the composers revisited in the show's repertoire.

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    March 18 the trio will perform at the Zebulon and those present will be brought
    back in time, accompanied by improvised performances by these exceptional
    artists on stage. Armando Trovajoli, Ennio Morricone and Piero Umiliani are
    just some of the composers revisited in the show's repertoire. @font-face {
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    On March 18 the trio will perform at the Zebulon and those present will be brought back in time, accompanied by improvised performances by these exceptional artists on stage. Armando Trovajoli, Ennio Morricone and Piero Umiliani are just some of the composers revisited in the show's repertoire.

    We are certain that lovers of good music, nostalgics and people who are just curious won't be let down by the captivating sound of the Italian Surf Academy.

    The concert will take place at the Zebulon Cafe Concert on March 18 at 8 pm.

    Zebulon Cafe Concert
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    718.218.6934

    258 Wythe Avenue

    Brooklyn, NY 11211

     

  • Arte e Cultura

    The Italian Surf Academy: dal cinema alla musica

    Il cinema italiano degli anni sessanta e settanta è stato caratterizzato da sensazionali innovazioni artistiche a livello registico. C’è un altro aspetto che, però, si tende troppo spesso a sottovalutare: quello musicale.
     
    Colonne sonore originali hanno saputo creare atmosfere uniche e sono state la componente essenziale e irrinunciabile di tante pellicole made in Italy, basti pensare agli intramontabili western firmati Sergio Leone e agli inquietanti scenari dei film di Mario Bava.   

    Marco Cappelli, professore di chitarra classica al conservatorio di Palermo, Francesco Cusa, batterista e compositore e Luca Lo Bianco, noto jazzista nel panorama internazionale, formano un eclettico trio di eccezione che dà vita ad un progetto chiamato Italian Surf Academy.

    Con la loro musica ci riportano indietro agli anni d’oro della cinematografia made in Italy tramite la rivisitazione di sonorità familiari e illustri, riscoprendo le musiche con originalità che rende il tutto imprevedibile: l’improvvisazione.
     

    “Il trio è nato per gioco un anno fa”, ci racconta Marco Cappelli. “La surf music è una componente fondamentale per chiunque suoni la chitarra elettrica e il progetto è nato eseguendo cover di canzoni classiche americane, ad esempio i Beach Boys”, afferma l’artista.

    “Abbiamo pensato di portare il progetto negli Stati Uniti riprendendo le colonne sonore della nostra tradizione cinematografica, genere horror, western e di serie B”.

    Il 18 Marzo il trio si esibirà in uno show allo Zebulon Cafe Concert e i presenti faranno un salto indietro con la memoria accompagnati dalle performances improvvisate dei sensazionali artisti sul palco. Armando Trovajoli, Ennio Morricone e Piero Umiliani sono alcuni dei nomi di compositori rivisitati nel repertorio dello show.

    Siamo sicuri che stimatori di buona musica, nostalgici e semplici curiosi non saranno delusi dall'accattivante sound dell’Italian Surf Academy.

    Il concerto si terrà presso lo Zebulon Cafe Concert il 18 Marzo alle 20.00

    Zebulon Cafe Concert
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    718.218.6934

    258 Wythe Avenue

    Brooklyn, NY 11211

     

  • Art & Culture

    Keeping Creativity Alive: “Improvvisatore Involontario”

    Some ripped pieces of paper, a high-pitched voice and a rhythmic sound coming from two little sticks is not a new movie by visionary director David Lynch but experimental music spawned from the creative minds of the avant-garde musicians of the project “Improvvisatore Involontario”, a group of over twenty different artists from all over Europe joined together to explore new musical horizons. 

    On March 10 at Casa Italiana Zerilli-Marimò, home of the Department of Italian Studies of New York University, director Stefano Albertini hosted a special event. The talented musicians gathered for an extravagant and improvised concert and a panel discussion with Marco Cappelli, professor of classic guitar at Palermo's Conservatory, who curated the New York show, Nicola Cipani, Senior Language Lecturer of Italian at New York University and Mauro Pagani, Italian musician and composer.

    Pagani affirmed he had a very emotional relation to all the musicians involved in the project: “I had the pleasure of communicating with people on stage in a very deep way…you see something happening that only a great composer in a very good moment could organize because he has the creativity of a lot of people working together”, he claimed.

    “This work is a continuous balance between remembering the rules and trying to break them”, it is an exercise “to keep your creative work alive”.

    Marco Cappelli explained how glad he was for having met the artists involved in the project: “The reason I decided to move from Italy to New York was the need to find an environment to develop creative ideas and I didn’t find room for it where I was living”, and then “I got in touch with Improvvisatore Involontario and decided to become a member of the group”.  

    Drummer Francesco Cusa, President and co-founder of the association, talked about the idea behind the project and jokingly claimed that the group is like an esoteric cult.   

    “Our goal is conveying a message through music, and we want to clearly affirm that Italy is not only pizza, spaghetti and mandolins”.

    Creativity and improvisation were the key words for the rest of the night, with some performances offered by the extravagant and eclectic musicians involving guitars, saxophones, trumpets and every kind of object useful to a greater purpose: to explore music.

    The audience was thrilled and, at the same time, entertained by the imaginative and whimsical show, rich in creativity and experimental sounds.

    “The funny thing you can say about this, is that you have to know what you’re denying, you have to know the rules, otherwise it’s just too random” admitted Pagani, during the Q&A that followed. “When you play with another musician and you improvise, what you build is a common sensitivity”.

    Members of “Improvvisatore Involontario” performed several shows all over New York City, on March 6 at the Downtown Music Gallery, on March 7 at The Local 269 and on March 8 at the White Box. The tour continued on March 9 at the Teatro of The Italian Academy at Columbia University and they closed their series of performances on March 12 at the Brecht Forum and on March 13 at the Issue Project Room in Brooklyn.

    “Improvvisatore Involontario” has given proof that Italy has still something to say. Creativity is not dead, as many want us to think. It is the room for it that is missing, perhaps. We are still capable to invent and to create and Francesco Cusa and his group of talented artists are here to remind us.

  • Art & Culture

    History, Romance and Opera: Visconti's 'Senso'

    There is something about cinema we must have forgotten somewhere along the road, or maybe it’s just something we have put away in a safe, far from our minds: the emotions, a word rarely used in contemporary cinema, yet if we think about it, central to the experience of the art.
     

    Luchino Visconti must have been somewhat acquainted with this particular and precious word. You watch the screen and you feel it. It’s untouchable but it’s there. It might be an old aristocrat dancing with a young lady or an intellectual professor facing a rapidly decaying society, but there is more than meets the eyes.

    On February 24 at Casa Italiana Zerilli-Marimò, home of the Department of Italian Studies at New York University, we felt it again. Director Stefano Albertini decided to host an event to celebrate the release of the restored version of Senso by the Criterion Collection and a special screening of the movie and a documentary about Visconti, Verdi and opera were shown to a crowded auditorium, filled with a deeply involved audience.

    General Consul of Italy in New York Francesco Maria Talò made some welcoming remarks at the beginning of the event, reminding the audience of the celebration for the 150th anniversary of the Italian Unification.

    A brief panel discussion was moderated by Stefano Albertini; his special guests were Antonio Monda, professor of film at New York University, the Nation's film critic Stuart Klawans and Issa Club, a producer from Criterion Collection.

    Albertini expressed his joy for the astounding work of Criterion Collection and for finally being in possession of this movie, which was almost impossible to find in the States up until now.

    Issa Club passionately described the work behind the creation of the Blu-Ray and DVD and the help received by Rotunno and Scorsese to remain as faithful as possible to the original version by the Italian master.

    A very informal discussion took place at Casa Italiana. Stating his opinion about Senso,Antonio Monda jokes that “a movie with Farley Granger can’t be considered a masterpiece”.

    However, an ironic Klawans answered  this remark by saying that “Granger was indeed a good choice for the role because Visconti needed a coward and Brando was too good an actor to play that role…”

    “It is impossible to compare The Leopard written by Tomasi di Lampedusa with Senso written by  Camillo Boito, a minor novelist”, confessed Antonio Monda.

    There is a clear connection between the two movies; they were set at the same time and they both dealt with aristocrats struggling in a society in evolution. Maybe the difference lies in the intention.

    The Leopard is about an entire world coming to an end with all its old habits and customs, Senso is about disdain for the upper class. The Leopard is more “mature”, as Monda affirmed, and there is probably more to read in the “subtext”, whereas Senso is an experience for the eyes with its wonderful cinematography and especially for the ears, with its powerful and magnificent operatic soundtrack; but, unlike the aristocrat played by Burt Lancaster in The Leopard, the main characters of Senso are completely amoral and unappealing.

    The lights went down and everybody was left to decide for themselves, helped by secret meetings at midnight and melodramatic love scenes.

    Ernst Fischer wrote: “In a decaying society, art, if it is truthful, must also reflect decay. And unless it wants to break faith with its social function, art must show the world as changeable. And help to change it”. I don’t know if Visconti succeeded in changing the whole world, but he was surely able to emotionally move the audience in a cinema, at least for the length of a movie.

  • Arte e Cultura

    Improvvisatore involontario: il jazz italiano conteporaneo sbarca a New York

    Nato da un’idea del musicista Francesco Cusa, insieme con Paolo Sorge e Carlo Natoli, Improvvisatore Involontario può vantare la collaborazione di 20 artisti europei.

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    i-Italy ha intervistato i protagonisti di questa vera e propria “spedizione musicale” a New York, nata grazie all’intuizione di Marco Cappelli, professore di chitarra classica del Conservatorio di Palermo ed uno dei più eclettici e attivi musicisti del panorama newyorkese.

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    Rispondono dall’Italia prima della loro partenza Francesco Cusa, presidente e co-fondatore dell’associazione, nonché batterista e Paolo Sorge, artista chitarrista e presidente della società di edizioni e co-fondatore.

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    Marco Cappelli a New York ci ha dato altri dettagli sulla realtà neworkese e sull’eccezionale presenza del polistrumentista Mauro Pagani.

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    Come è nata l'idea di Improvvisatore Involontario e cosa vi ha spinto a creare questo progetto?

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    - Paolo Sorge:

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    Una notte a Catania, qualche anno fa, subito dopo un concerto di Skrunch Francesco comunicó a me e Carlo  Natoli di avere pensato a "Improvvisatore Involontario", una sorta di ossimoro, come perfetta denominazione per il collettivo che già da un po' di tempo avevamo intenzione di costituire. 

    Del resto si trattava di dare ufficialità a una rete di contatti già esistente da tempo ma fatta da individui, e nessuno di noi probabilmente credeva più nell'individualismo nella vita artistica. 

    Io e Francesco poi al di là dell'aspetto giovanile (eheh) abbiamo già circa 25 anni di musica sul groppone: non potevamo certo rimanere ad aspettare che i protagonisti del music-business venissero a chiamarci quando abbiamo sempre assunto ciascuno nel proprio percorso artistico  posizioni trasversali, eclettiche, difficili da catalogare. Era tempo dunque di rimboccarsi le maniche e rilanciare. 

     

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    Il tempo trascorso da allora sembra averci dato ragione, e oggi più che mai l''autogestione collettiva appare la migliore cassa di risonanza per diffondere le nostre idee.

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    Cosa accomuna tutti gli artisti coinvolti e quali sono stati i criteri nella selezione degli artisti?

    - Francesco Cusa:

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    La differenza tra Improvvisatore Involontario e gli altri collettivi sta tutta nel fatto che le nostre porte sono "aperte".Chiunque può entrare e farne parte. Certo a partire da determinati requisiti, ma in buona sostanza è richiesta una grande voglia di fare e di condividere questa meravigliosa esperienza. Più che una label, che un collettivo di musicisti, siamo un movimento di opinione. Dunque l'obiettivo principe è quello di veicolare un certo tipo di messaggio. Per questi rispetti la selezione non avviene tanto sulle capacità musicali quanto sulle affinità umane ed intellettive. Certamente poi in II sono presenti grandissimi musicisti, ma essi sono in qualche modo posti al servizio della "causa", esattamente come i pur bravi artisti non professionisti che fanno parte del collettivo."

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    Cosa vi aspettate da questa esperienza americana?

    - Francesco Cusa:

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    Nè più né meno che quel che ci aspettiamo da un qualsiasi altro concerto. Certamente l'impatto con la Grande Mela sarà di quelli tosti, ma penso che sonorizzeremo e faremo nostri gli odori, i sapori e la sterminata cultura di questo 'continente espressivo', di questo microcosmo di culture e fervori che è NY. Molte delle nostre fonti di ispirazione nascono proprio qui: quindi diciamo che sarà un'esperienza particolarmente frizzante.

    Che rapporto avete con i musicisti newyorchesi?

    - Paolo Sorge:

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    Come sei entrato in contatto con Improvvisatore Involontario?

    - Marco Cappelli:

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    Come è nata l'idea della rassegna a NY?

     
    - Marco Cappelli:

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    New York è un "caput mundi" della creatività: da qui sono partite e partono ancora oggi alcune delle più innovative esperienze

    artistiche della storia contemporanea. Chiunque si occupe di arte, e più nello specifico di musica, si imbatte prima o poi in quello che succede qui a New York: va da se che relazionarsi alla scena newyorkese sia un "must", ed e` giusto che chi ha il coraggio di attraversare l'oceano fin qui per mettersi in gioco finisca inevitabilmente sotto i riflettori.
    Per Imrpovvisatore Involontario questi riflettori saranno importanti per smuovere le acque morte della pozzanghera culturale italiana, dove a dispetto delle enormi energie creative presenti sul territorio, si muove davvero troppo poco, e l'esperienza creativa diventa spesso frustrante se non impossibile.  Improvvisatore Involon è qui non solo per dialogare in musica con i suoi referenti americani ed internazionali, ma anche per dimostrare in casa propria che è possibile spezzare le catene che imprigionano la creatività in Italia, facendo alle varie parrocchie con la puzza sotto al naso una bella pernacchia,  affettuosa ed amichevole. Diciamo... alla Totò.

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    Come hai concepito il programma?

    - Marco Cappelli:

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    Quali sono state le maggiori difficoltà per organizzare un evento del genere?

     
    - Marco Cappelli:

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    Tra i musicisti c'è un outsider, Mauro Pagani, come si coniugherà la sua presenza all'interno del programma?

     
    - Marco Cappelli:

    Mauro è un jolly, è la carta magica capace di scompaginare il gioco per ritrasformarlo in qualcosa di unico. Impossibile sapere come si coniugherà fino a quando non si sarà coniugato. Venite in massa: vi assicuro che ne vedremo delle belle...

  • Art & Culture

    Improvvisatore Involontario: Contemporary Italian Jazz in New York

    Improvvisatore Involontario boasts some 20 European musicians and was born from an idea of Francesco Cusa, Paolo Sorge and Carlo Natoli.

    i-Italy interviewed the protagonists of this “musical expedition” to New York made possible by an intuition of Marco Cappelli, professor of classic guitar at Palermo’s conservatory and one of the most eclectic and active musician of the Big Apple.

    The project promises to be a one-of-a-kind event for anyone interested in avant-garde music, experimental sounds and discovering a truly excellent Italian musical enterprise.

    Francesco Cusa, President and co-founder of the association and drummer, and Paolo Sorge, guitar player and co-founder, answered our questions from Italy before their departure.

    Marco Cappelli, in New York, gave us more details about the situation in New York and the exceptional presence of artist Mauro Pagani.


    How did you come across the idea of Improvvisatore Involontario and what pushed you toward creating this project
    ?

    - Paolo Sorge:
     

    It happened some years ago. It was during an evening in Catania, after a Skrunch’s concert. Francesco told me and Carlo Natoli he thought of “Improvvisatore Involontario”, somehow an oxymoron, as the perfect name for the collective group he had had for a while in mind to create.

    After all, it was just about making official an already existing network of artists who, probably, did not believe anymore in individualism in artistic life.

    Francesco and I, no matter how young we look [he laughs], have already roughly 25 years of musical carrier behind us: we surely could not just wait for the protagonists of the music industry to contact us. We had developed our own musical style: transversal, eclectic, difficult to catalogue. The time had come to roll up our sleeves, get to work and make us better known.

    This group is, thus, not only an independent label, but also a place where ideas born from different backgrounds can crystallize, a place capable of putting coherently together different artists, players or even just amateurs and give them a shared creative process. This is about the poetic of doing, the creative process before the theory, the cultural bio-diversity against the flattening imposed by the market.

    Since then, time seems to have proven us right, and now more than ever out collective self-management seems the best way to spread our ideas.

    What is the common denominator of these artists and what were the selction parameters?

    - Francesco Cusa:

    Anybody can become part of the project. Sure, there are some specific requisites, but the bottom line is that those who want to participate in the initiative must show a great enthusiasm to create and share this wonderful experience. I’d say we are more of an opinion movement than a label. The main objective is to convey a certain kind of message. This is why the selection is not based on the musical abilities but rather on human and intellectual affinities. Of course, we have outstanding musicians in our midst, but they are somehow “serving a cause”, just like the amateur artists that are part of the initiative.

    What do you expect from this American experience?

    - Francesco Cusa:

    Nothing more or less than what we expect from any other concert. I know that the impact with the Big Apple will be tough, but I think we will manage and interpret in our music the smells, tastes and boundless culture of this “expressive continent”, of this microcosm of cultures and currents that is New York. Many of our sources of inspiration come from here: I think we can say it will be a particularly sparkling experience.

    What type of relation do you have with musicians from New York?

    - Paolo Sorge:

    As a musician, having received an initial training from Jazz and teaching this language in Conservatory, it is a relationship that could easily fall in the cultural subjection. On the contrary, even though I have been playing for about a year with Don Byron and even though I have direct contacts with some New York jazz musicians, I want to proudly affirm the autochthonous cipher of the Italian musician. In fact, sometimes talking about an approximate jazz gives interesting results, it might produce more original outcomes. 

    How did you come in contact with Improvvisatore Involontario?

    - Marco Cappelli:

    I met Improvvisatore Involontario in 2006: I was already in New York, but I happened to perform some duets in concerts with Francesco Cusa, a great musician who I had already been following as a drummer/composer and as “thinker”. He talked to me about Improvvisatore Involontario, and it immediately seemed to be a very important issue for the Italian music scene, from which I scooted. I took the decision of going into partnership, even if I have been more of a supportive member than an active one. 

    How was the idea of the New York show born?

     
    - Marco Cappelli:

    New York is a “caput mundi” of creativity: some of the most innovative artistic experiences of contemporary history started here and they still do. Whoever deals with art, and more specifically with music, sooner or later runs into New York events.  So, relating to the New York scene becomes a sort of obligation and it is fair that whoever has the courage to cross the ocean and put himself to test ends up in the spotlight, inevitably.

    For Improvvisatore involontario the spotlight will be important to start the ball rolling for the unchanging Italian cultural environment in Italy, where, in spite of the enormous creative energies available on the territory, few things happen. The creative experience is often frustrating, sometimes impossible.

    Improvvisatore Involontario is here not only to create musical dialogue with its American and international representatives, but to show, in its own house, that it is possible to break the chains that imprison creativity in Italy, blowing a raspberry at the snobbish circus, in a friendly way. Like Totò used to say.

    How did you conceive the program?

    - Marco Cappelli:

    At the beginning, the idea was to give visibility to the record projects available in the catalogue of the Improvvisatore Involontario label (I invite everyone to take a look at online), with particular attention to the “grande ensemble” Naked Musicians, because they are the “improvvisatori involontari” directed by Francesco Cusa. Moreover I tried to use my years of musical life in New York to improve relations between “Improvvisatore Involontario” and some key local musicians; in fact, the guitar quartet of Paolo Sorge Tetraktys will meet his New York counterpart, Dither, at White Box on March 8th and Elliott Sharp will perform his modular composition Flexagon with Naked Musicians at Brecht Forum, on March 12th (the divine, the immense E#, who will celebrate his 60th birthday in these days at Issue project Romm with some fantastic concerts!). Moreover, besides the concert on March 9th     

    at the Italian Academy of Columbia University, where we will have on the stage out great singer Cristina Zavalloni, (intercepted in tour in the US) and a myth of our rock as Mauro Pagani (even he is actually in New York), we will have special guests in different concerts of Naked: come and see!

    What were the biggest difficulties in organizing an event like this?

     
    - Marco Cappelli:

    There weren’t any, really, except the work necessary to put together the playbill.

    Here in New York everything is easy, this is the answer of the people dealing with the spaces of the culture (be it a club or a theatre of a prestigious university), it’s always coherent, fast and functional: in a word, Anglo-Saxon.

    I am sorry, instead, that I have not received any institutional financial aid from Italy, because my country will be magnificently represented in this festival. But, it doesn’t matter, we are generous people: we will not stop at the local poverty and we are sure that better times will come.

    There is an outsider among the musicians, Mauro Pagani. How will his presence combine with other artists inside the program?

     
    - Marco Cappelli:

    Mauro is a wild card able to upset the game and turn it into something unique. It is impossible to know how he will combine with other artists until he will join the show. Come in crowds: I can assure you that you will see some pretty good things…

  • Fatti e Storie

    Giuliano Amato. Quella Nazione ancora incompiuta

    La platea dell'Istituto di Cultura Italiano a New York è abituata alle conferenze. Ogni anno diverse personalità influenti arrivano dall’Italia con la finalità di esporre progetti ed idee; il 17 febbraio è stata un’eccezione, più che una conferenza o un dibattito, il pubblico ha assistito ad una vera e propria lezione di storia contemporanea. Una lezione particolare, perché non si tratta solo di un professore di una prestigiosa università ma è anche uno dei politici italiani più conosciuti in patria e all’estero, parliamo di Giuliano Amato. E’ stata una lezione ancora più particolare negli intenti, poiché oltre ad essere ricca di dettagli e aneddoti storici, ha offerto un’ampia finestra sul presente regalando spunti di riflessione sulla situazione degli ormai prossimi festeggiamenti dell’Unità d’Italia.

    L’intervento dell’ex Primo Ministro non ha toccato i temi che inondano le principali testate italiane, la delicata situazione politica e sociale che l’Italia affronta negli ultimi mesi non è stata commentata, così come non si è dato spazio alle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi; protagonisti della lezione sono stati invece Gaetano Salvemini, Carlo Cattaneo  e altri studiosi e pensatori politici cari ad Amato.

    L’ambasciatore italiano a Washington Giulio Terzi di Sant’Agata e l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Richard Gardner con i loro interventi hanno ringraziato Giuliano Amato per la sua visita statunitense.

    Dopo la presentazione di Riccardo Viale, direttore dell’Istituto, Giuliano Amato ha conquistato la scena iniziando la sua lezione con un punto di partenza che è anche il titolo della sua “tesi”: l’Italia è una nazione antica e incompleta. E per sviscerare i dettagli della sua tesi ha preso in prestito il concetto di nazione del francese Ernest Renan.

    Secondo il filosofo, per avere una nazione bisogna avere due elementi alla base, un passato comune e un futuro comune. Il passato non è obiettivo ed i momenti da ricordare sono scelti assieme. Amato ha citato anche gli insegnamenti di Anne Marie Thiesse, che insisteva sulla scelta comune dei momenti da inserire nell’ambito della “tradizione” di un Paese.
     
    Secondo l’ex Primo Ministro, la storia italiana inizia ben prima della sua Unità. Nel 1821 Manzoni scriveva che l’Italia era una sola, unita da un unico esercito, un’unica lingua e una sola religione. Sebbene non sia d’accordo sul singolo esercito, il politico concorda nella visione del famoso romanziere con la lingua, arricchita da tanti dialetti e con un’unica religione.

    “Il progetto con il quale l’Italia fu creata era condiviso da molti giocatori ma l’azione era differente”, ha affermato Amato. Garibaldi e Mazzini condividevano la stessa idea con tipi di azione differente, lo stesso valeva per Cavour, che fu “un grande statista con mire espansionistiche, soprattutto per il suo Piemonte”.

    Vi era dunque una differenza tra il Paese che esisteva e quello sognato, immaginato dai protagonisti dell’Ottocento italiano. Già all’epoca le visioni del futuro erano differenti, ed era solo l’inizio. L’idea di un’Italia federalista era centrale per molti pensatori dell’epoca, tra cui Cattaneo.

    “Ma probabilmente, quella era l’unica Italia possibile”, questa l’affermazione di Amato che ha posto l’accento sull’impossibilità di creare un altro sistema Italia; Inghilterra e Francia non avrebbero mai permesso all’Italia di avere governanti al di fuori della loro sfera di azione e controllo.

    “Eppure quest’Italia, seppur ricca di contraddizioni, riscosse successo in molti campi, se pensiamo alla migliore educazione che fu offerta dall’Unità d’Italia e alla creazione del sistema ferroviario, sogno di Cavour”, ha affermato l’ex Primo Ministro.

    Gaetano Salvemini era un convinto federalista, ma anche lui pensava che quell’Italia fosse l’unica possibile e l’unica realizzabile. Scrisse molto sulla condizione dei poveri che mutò in Italia, basti pensare ai cimiteri, che erano appannaggio dei soli ricchi prima dell’Unità e che divennero “utilizzabili” anche dalla classe povera dopo il 1861.

    “Molti cambiamenti, dunque, avvennero; ma il Paese era un obiettivo per il futuro”. L’immagine di un futuro che era ancora incerta e, soprattutto, non condivisa.

    Andando avanti di qualche decennio l’Italia si è scoperta divisa anche nelle sue estreme ideologie, “fascisti contro comunisti”. “Eppure la nostra creatività di italiani dovrebbe farci sentire uniti”, questo l’auspicio dell’ex Primo Ministro.

    A pochi giorni dai festeggiamenti per l’Unità di Italia gli italiani si dividono ancora. Alcuni 'padani' ricordano le loro radici celtiche e altri meridionali guardano con nostalgia al passato borbonico. La scelta di un passato comune e la visione di un futuro condiviso ancora sembrano non appartenerci. “L’Italia è un Paese unito, ma qualcosa rimane…Possiamo avere l’Italia senza gli Italiani?”.

    Questa è la domanda che si fa Amato e lascia il pubblico in sala penserioso sul destino della nostra nazione; bella ma tuttosommato ancora incompiuta.

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