Claudio Marta sul fenomeno del razzismo. Audio intervista all"'antropologo dei rom"

La redazione (June 22, 2008)
AUDIO/ In questo contributo radiofonico il prof. Claudio Marta, antropologo e membro italiano del "Comitato di Esperti su Rom e Viaggianti" del Consiglio d'Europa, interviene nel dibattito sul razzismo in Italia. (presto su i-italy anche la versione in inglese dell'intervista)


Da qualche mese i-Italy ha aperto un dibattito su come le questioni dell’emigrazione, della xenofobia e del razzismo vengono affrontate in Italia e negli Stati Uniti. Abbiamo cominciato con un numero speciale (Criss-Crossing Migrations) e più recentemente abbiamo lanciato un discussione prendendo spunto dall’articolo della scrittrice Maria Laurino, che si chiede “potranno gli italo-americani votare per Barack Obama?” e del sociologo Jerry Krase che risponde – con tristezza – di no.


Ci torniamo ora partendo dai violenti scoppi di intolleranza nei confronti di immigrati Rom a Napoli, su cui abbiamo chiesto un approfondimento al prof. Claudio Marta, docente di Antropologia e Relazioni Interetniche presso l'Università di Napoli “L'Orientale” e membro italiano del Comitato di Esperti su Rom e Viaggianti del Consiglio d'Europa.


Nell’intervento che proponiamo qui in audio, il prof. Marta chiarisce e critica alcuni luoghi comuni legati all’immigrazione e al fenonemo del razzismo, con particolare riferiemento alla minoranza Rom in Italia.


Inquadrando il fenomeno in una prospettiva storica, Marta parla  di un “razzismo strutturale” presente in tutti i pasesi dell’occidente. Secondo il professore si tratta appunto di razzismo, e non di  “xenofobia” – ovvero di “paura dello  straniero”, che non spiega il fenomeno e soprattutto non spiega perchè, in certi momenti storici, alcuni stranieri hanno provocato paura ed altri no. Storicamente e culturalmente, invece, in nessun’altra parte del mondo si è sviluppato un fenomeno di razzismo così pregnante come in Europa.


Se guardiamo ai Rom in Italia è imbarazzante sentire come ancora oggi esista solo qualche isolata voce di protesta sul fatto che sono stati discriminati e tenuti da parte. Pochi conoscono la storia dei Rom e pochi sanno che stiamo parlando di una minoranza con un percorso di forte discriminazione in Europa. Gli episodi di violenza contro i Rom in Italia sono solo la punta di un iceberg, fatto anche di ignoranza. Non si sa, ad esempio, che si tratta di un popolo partito dall’India nel IX secolo dopo Cristo, che giunse in Europa nel 1300, e già due secoli dopo molti stati europei emanavano bandi contri “gli zingari”. Alcuni stati li hanno tenuti addirittura in schiavitù, per non parlare della parentesi drammatica dell’olocausto, in cui i Rom sono stati nei campi di concentramento come gli ebrei. Né si dice che in Italia abbiamo oggi 170.000 Rom e che tra questi la maggioranza sono cittadini italiani.


Secondo l’antropologo, l’Italia ha costruito “campi di accoglienza” (o meglio di detenzione) temporanea per gli immigrati clandstini, ma non ha saputo produrre iniziative di ampio respiro nei confronti dell’intero fenomeno dell’immigrazione; il risultato è che oggi diversi organismi internazionali e la letteratura specializzata parlano di questo paese come di un “Camp Land”.


Marta si chiede a questo punto cosa ne pensino di tutto ciò gli italo-americani, discendenti di quegli emegranti italiani che hanno vissuto sulla propria pelle fenomeni di razzismo ed emarginazione sociale.  Come interepretano i fenomeni di avversione nei confronti dei Rom e di altre minoranze etniche in Italia? Ci si potrebbe anche chiedere come sia possibile che di quella memoria non sia rimasto nulla, in patria, a funzionare da freno.  “Il discorso qui si fa molto complicato” sostiene Marta, “perchè memoria è una parola complessa ... esistono usi, ma anche abusi della memoria”. E nei confronti della alla nostra emigrazione vi sono stati grandi “distorsioni di memoria”.


E su questo punto i-Italy intende tornare con particolare attenzione in futuro.

 

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