In difesa di Vincenzo Visco

Dom Serafini (May 05, 2008)
Quando una “viscata” deve essere apprezzata


Quest’ultima “viscata” fa pensare tanto quanto le precedenti “viscate”. Questa volta, peró, a differenza delle altre, appoggio Vincenzo Visco. Mi riferisco al fatto che le dichiarazione dei redditi del 2005 di tutti (i pochi) contribuenti italiani sono state pubblicate sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, il braccio operativo del Ministero delle Finanze di cui Visco é il vice ministro e quindi il responsabile.

Durante i governi di Romano Prodi, Visco ne ha combinate di tutti colori, senza mai venir punito. Ora che ha fatto un provvedimento veramente utile all’Italia, si é beccato denunce da 104 Procure e rischia addirittura il carcere! Come ha affermato Stefano Vaccara nel suo “Visti da New York” del quotidiano Usa AmericaOggi della scorsa domenica, “con Visco paghi il fisco”. Ed infatti con Visco le evasioni fiscali sono diminuite e le entrate fiscali aumentate.



Rimane peró il fatto che  il 54% dei contribuenti italiani dichiari nel loro 730 e 740 un reddito inferiore ai 15.000 euro l’anno, cioé piú o meno il costo di quattro ponti e della vacanza estiva.

Ma a destare preoccupazione non é stato il livello delle tasse pagate, bensí di quelle non pagate.

Secondo i dati dei 740 finiti su Internet, solamente 300.000 italiani hanno dichiarato 100.000 euro l’anno ed il 51% delle imprese sono in perdita. Se ció fosse vero, significherebbe che in ciascuno dei 673 grandi e medi porti italiani dovrebbero esserci ancorate poche barche da diporto che, invece, sono molto numerose. 

A lanciare l’allarme, come prevedibile, é stato prima il garante della privacy, la cui Autoritá é stata creata apposta per proteggere i ricchi e potenti. Poi ci si é messo il comico Beppe Grillo, che si é arrabbiato presumibilmente perché si é ritrovato negli elenchi tra i contribuenti milionari, dichiarando nel 2005 un reddito di 4 milioni di euro. Ovviamente la trasparenza da lui richiesta ad altre persone pubbliche, non vale quando riguarda lui stesso.



L’ironia é che rendere pubblica la dichiarazione dei redditi non é una novitá (é in funzione dal 1999) ed é perfettamente legale in Italia. Infatti sul sito dell’Agenzia Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) c’é scritto che “Gli elenchi sono stati  resi pubblici ai sensi dell’articolo 69 del Dpr 600 del 1973 e dell’articolo  66 bis del Dpr 633 del 1972”.



Il problema é sorto quando i quotidiani ItaliaOggi e Metro hanno cominciato ad attingere dal sito e pubblicare le entrate dichiarate dai piú noti contribuenti. A questo punto la curiositá di sapere quanto pagano o non pagano i vip é stata cosí forte da addirittura intasare il flusso dei dati per eccesso di richieste.



Tramite l’Autoritá della Privacy (che agisce da portavoce) i ricchi e potenti hanno subito protestato e temuto che, pubblicando le loro entrate, sarebbero stati preda di rapinatori e sequestratori. Questo é servito anche a dimostrare che a nessuno importa conoscere i redditi del comune sig. Rossi o della vicina di casa. Al Massimo ci si potrá chiedere come questi facciano a fare cinque ponti l’anno, invece dei soliti quattro, due vacanze al mare (invece di una) e la settimana bianca a Natale, con 15.000 euro l’anno. Ma poi nessuno crede alla favola dei 15.000 euro l’anno.



Allora si torna ai ricchi e potenti: che hanno auto di grande cilindrata, barche da diporto e ville in posti esclusivi. Ogni tanto agenti della Guardia di Finanza si appostano vicino ai porti dove sono ancorate i yacht per verificare chi sale o scende. Ma con pochi risultati perché queste barche sono spesso registrate con nomi fittizi in paesi senza accesso al mare.



Si dice che in Italia circolino piú Rolls Royce che in Gran Bretagna (senza parlare delle Ferrari, Lamborghini e Maserati), ma a detta dei dati ufficiali sono pochi i propretari italiani di questi beni. Ed ecco allora che questa “viscata” serve all’Italia, altrimenti, come ha scritto il New York Times, perché pagare le tasse se nessuno le paga?

 

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