From Italy. Pope & Students Without "Sapienza"

Maria Rita Latto (January 17, 2008)
Università La Sapienza di Roma blindata come non mai per l’inaugurazione dell’anno accademico. Sembra di essere al G8 di Genova. Ma come si è arrivati a tutto questo? Tutto inizia il 14 novembre del 2007, quando...


Università La Sapienza di Roma blindata come non mai per l’inaugurazione dell’anno accademico. Sembra di essere al G8 di Genova. Ma come si è arrivati a tutto questo? Tutto inizia il 14 novembre del 2007, quando il professor Marcello Cini, docente emerito dell’ateneo, invia una lettera aperta al Rettore Renato Guarini, pubblicata dal Manifesto, in cui esprime il disappunto per la decisione, presa appunto dal Rettore, di invitare Papa Benedetto XVI a tenere la Lectio Magistralis di apertura dell’anno accademico dell’Università La Sapienza. Pochi giorni dopo, il 22 Novembre, alcuni docenti della Sapienza, che condividono le opinioni di Marcello Cini, sentono il dovere di appoggiare questa sua iniziativa, inviando una seconda lettera al Rettore nella quale si chiede di rinunciare a questo invito. I docenti in questione ci tengono a specificare che in queste due lettere, inviate due mesi fa, “non c’era alcun intento censorio nei confronti del Papa, bensì il desiderio di una parte della comunità accademica di esprimere la propria opinione in merito alla decisione del rettore”. Queste lettere, infatti, erano rivolte al rettore che “aveva fatto la scelta di inaugurare l’anno accademico, momento simbolico per l’inizio di un percorso formativo, proponendo come docente Benedetto XVI, ossia il maggior rappresentante culturale di una confessione religiosa”. Una volta rese pubbliche le due lettere, pochi giorni fa, si sono scatenate proteste da parte degli studenti e polemiche sulla stampa nazionale ed internazionale, tanto che, alla fine il Pontefice ha deciso di rinunciare alla visita all’ateneo e da quel momento in poi il clima si è arroventato sempre più, fino alla mattina dell’inaugurazione dell’anno accademico, lo scorso 17 gennaio.


Ci sono anche io, davanti ai cancelli dell’università, confusa in una folla di studenti, curiosi, giornalisti e televisioni da ogni parte d’Italia e del mondo, tutti sotto un diluvio di pioggia che non accenna a smettere. Tutti gli ingressi dell’ateneo sono presidiati da polizia in assetto antisommossa e dalla guardia di finanza. Si entra solo da un ingresso dove però si sono piazzati i “No-Pope” che cercano di forzare il blocco e raggiungere l’aula magna. Le forze dell’ordine controllano i documenti e fanno entrare solo gli insegnanti e gli studenti che dimostrano di essere universitari. “Vergogna! Vergogna!” si sente urlare da lontano. Sono una cinquantina di studenti dei Collettivi di Sinistra e della Rete, gli stessi che hanno “okkupato” il rettorato pochi giorni fa. Sempre loro hanno tappezzato i muri dell’ateneo con volantini contro il Papa “oscurantista”, ribattezzato per l’occasione “Natzinger”. E sempre loro hanno organizzato una “Frocessione”, guidata da un finto Ratzinger che blaterava “La scienza è nostra”, per le vie interne alla città universitaria. Il tutto accompagnato da cori anticlericali francamente irripetibili. Tra i manifestanti in prima fila davanti al cancello laterale di Via de Lollis ce n’è uno con gli occhiali da vista appannati dall’acqua: ma sì, è proprio Francesco Caruso, deputato di Rifondazione nonché leader dei no-global, il quale, non avendo più l’età da studente universitario, non manca di dare, comunque il suo appoggio alla lotta senza quartiere contro il Papa. Giungono informazioni che intanto, in aula magna, è da poco iniziata la cerimonia. La reazione alla notizia è immediata: i ragazzi dei Collettivi tentano di sfondare il cordone protettivo urlando “e posate il manganello ed aprite quel cancello”. Non sono molti, tutto sommato, e l’impresa appare da subito disperata. Caruso esprime la sua rabbia: “È una rappresaglia, presenterò un’interrogazione urgente a Mussi”. Chiedo ad uno dei ragazzi dei Collettivi, Marco, 23 anni, studente a Scienze Politiche, se l’assenza del Papa dovuta alle polemiche, sia davvero una vittoria. “Non è proprio una vittoria. Diciamo che è una vittoria a metà, perché comunque Mussi e Veltroni sono all’inaugurazione. La nostra protesta di oggi –continua- è tutta per loro”. Laura, 21 anni, anch’essa di Scienze Politiche, aggiunge: “Mussi non ha fatto niente per l’università. E Veltroni è il sindaco e leader del Pd che usa Roma come una vetrina e non si occupa dei problemi della città”. Allora, obietto, siete d’accordo col Papa che ha parlato di degrado di Roma. “In quel caso –risponde Laura- il Papa ha fatto bene a parlarne”. Claudio, 26 anni, fuori corso a Fisica, anch’egli dei Collettivi, si inserisce alla conversazione, nel bel mezzo della pioggia e delle proteste. “Adesso tutti ci fanno passare per censori e oltranzisti. Ma noi abbiamo il diritto di protestare e comunque noi siamo per la lotta dei saperi, siamo per il conflitto perché i saperi nascono dai conflitti”.



Circondato da giornalisti e telecamere, poco più in là, parla Francesco Raparelli, 29 anni, uno dei leader della protesta contro il Papa: “È una grandissima vittoria: un risultato straordinario ed epocale, un successo politico che parla a tutto il Paese. Non veniva qui un teologo -aggiunge Raparelli-. Veniva un Papa intollerante che attacca la ricerca e l’innovazione. Un Papa non esprime opinioni: dà indirizzi. Non potevamo accettarlo. Comunque è lui che ha deciso di non venire. Non noi ad averglielo impedito”. A chi gli chiede se non siano stati intolleranti lui risponde: “Non siamo affatto intolleranti, il punto è un altro: era assolutamente inadeguato che un Papa, soprattutto questo Papa, intervenisse all’inaugurazione di un anno accademico”. Gli chiedo perché un altro Papa sì e questo Papa no. “Con un altro Papa, ci saremmo limitati a contestarlo. Lui ha deciso di non venire, perché, evidentemente, non vuole neppure sentire opinioni diverse dalla sua. Ci accusano di rappresentare una minoranza? Bah: abbiamo rappresentato noi stessi. Siamo riusciti –conclude- a porre la questione della libertà nei luoghi dove si formano il sapere e la cultura. E mai nel dopoguerra, in nome del sapere, si era arrivati a tanto”. Altri studenti vicini ce l’hanno con Veltroni e Mussi, colpevoli, secondo loro, il primo di essere responsabile delle misure “liberticide” del pacchetto sicurezza, il secondo di aver aumentato la selezione e le tasse universitarie. Ma non tutti la pensano così. Alcuni universitari, in attesa di entrare documento alla mano, esprimono tutto il loro dissenso. Clarissa, 20 anni, secondo anno di Giurisprudenza, non capisce perché ci sia tutta questa indignazione nei confronti della visita del Papa: “La scienza è laica e dunque deve rispettare tutte le opinioni. E poi –aggiunge- se fosse venuto Ratzinger ne avrei approfittato per farmi benedire. L’altra volta mi sono fatta benedire dal mio parroco ed ho passato Diritto Civile II. Il Papa era fondamentale per Diritto Privato!”. Giovanni, 23 anni, anch’egli studente di Giurisprudenza, fuorisede dalla Calabria concorda con la collega: “Non capisco perché la scienza si sente minacciata. È normale che a qualcuno dia fastidio ed è normale che la Chiesa dica quello che dice. E comunque l’occupazione per me è una forma di violenza eccessiva, soprattutto in questo caso”.

Intanto il tam tam delle notizie su quel che sta accadendo in aula magna giunge fin qui. Una cinquantina di studenti cattolici, seduti nei posti in alto, nel loggione, si alzano un bavaglio bianco sulla bocca ed issano cartelli che uniti formano una frase: “Libertà nell’università: e pur si muove”. Un richiamo a Galileo, l’uomo che sfidò la Chiesa in nome della Scienza, ma anche un pensiero per il Papa che, come dichiarerà più tardi Matteo Fanelli, 21 anni, di Scienze Politiche, leader dei giovani cattolici, “ha potuto parlare a Cuba e in Turchia ma non nell’università di Roma. Si è lasciato che cento fanatici oltraggiassero la libertà di parola”.  



Man mano che passa il tempo i tentativi di sfondare il cordone degli agenti e di penetrare nell’ateneo falliscono. La pioggia fa desistere i più facinorosi che, dopo aver spinto per ore, rinunciano all’assedio e si accontentano di un corteo intorno alla Città Universitaria.

Nelle prime ore del pomeriggio riprende la normalità. Riesco finalmente ad entrare all’interno dell’ateneo, e camminando lungo i viali bagnati dalla pioggia ancora insistente, arrivo davanti al Dipartimento di Fisica. Vicino c’è la Cappella Universitaria. Il caso ha voluto che questi due edifici sorgessero a pochi metri l’uno dall’altro. Coincidenza piena di significati adesso, dopo questa inaugurazione davvero unica nella storia de La Sapienza. Davanti a Fisica fa ancora bella mostra il lenzuolo bianco con la scritta irriverente dei Collettivi in festa dopo la rinuncia di Benedetto XVI: “Nunzio vobis gaudium magnum: NON habemus papam”. La cappella rappresenta un’occasione “perduta” da parte del Pontefice il quale, forse, se avesse accettato, almeno, di avere un contraddittorio con gli studenti, avrebbe potuto “difendere” le proprie idee, tornando brevemente indietro ai tempi che lo videro professore universitario di teologia, sempre pronto ad un contraddittorio che, chissà mai perché, adesso che è Papa, non può più esserci.

Pubblicato su Oggi7 di domenica 20 gennaio 2008

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