Quando si preferisce l’ignoranza alla verità

Gennaro Matino (March 06, 2018)
A volte si fanno chilometri per raggiungere un santuario, si attendono ore per essere ricevuti da un santone o un veggente. E tuttavia non si riesce a incontrare Gesù nella persona sofferente e bisognosa. Senza far torto a chi nella chiesa quotidianamente lotta per la bellezza della parola, i fatti di Casapesenna non sono un caso, sono il frutto di una chiesa decadente che pur di continuare ad esistere, preferisce l’ignoranza alla verità.

Casapesenna ome altrove, tutto da copione, e la chiesa, se non del “ delitto”, non può non sapere: diavoli, esorcismi, messe di liberazione, un circo, uno squallido e disumano circo sotto gli occhi di tutti. “La credevate cessata la superstizione? Come potevate crederlo? Tutte le superstizioni sparse pel mondo, sono raccolte in Napoli e ingrandite, moltiplicate”.

Così scriveva Matilde Serao. Poco è cambiato. I fatti abominevoli di Casapesenna non sono che una tragica forma di quella abissale distanza che esiste tra vangelo e religione, tra verità di Cristo e uso e consumo di diavoli inventati ad arte per costruire potere, ricchezza, depravazione a danno di ignoranti sedotti dal fascino del “ miracolo”, e certe volte, malvagia sevizia di innocenti malcapitati sotto il dominio di squallidi interpreti di fantomatiche visioni. Solo la punta di un iceberg, pratiche molto più diffuse di quanto si possa pensare: più facile riempire chiese con la paura del diavolo che con la gioia del Vangelo.

È triste costatare quanto si sia allontanata la nostra predicazione da questo punto cardine insostituibile: Cristo! Solo Cristo, crocifisso e risorto! Già da tempo la Chiesa conciliare aveva preso coscienza che per secoli, salvo le dovute eccezioni, si sono riempite le chiese di persone vuote. Paura del fuoco eterno, più che adesione sentita e convinta; fuga dal mondo, più che impegno alla sequela di Cristo; abitudine ai sacramenti, tradizione, più che ascolto e conoscenza della Parola di Dio hanno caratterizzato per troppo tempo la cristianità della nostra gente.

Sta di fatto che se nel corso del tempo il mondo ha seguito vie diverse da quella indicata da Cristo, se Casapesenna o altrove restano luoghi di pellegrinaggio di una fede facile, vuol dire che è in crisi un’autentica evangelizzazione. Noi dovremmo essere esperti della gioia del vangelo, della speranza cristiana. Cristo, solo Cristo è il nostro verbo!

Per anni invece è stato più importante costruire le nostre comunità credenti sul sensazionalismo di un avvenimento prodigioso, abbiamo preferito riempire le chiese e i santuari di paure, solo per contare il numero dei convenuti, non abbiamo saputo rispondere al bisogno estremo dell’uomo di comprendere la propria vita. E la conseguenza non poteva che essere l’allontanamento progressivo di tanti che pensano di proprio, di tanti che ridono di uno pseudo-cristianesimo che mentre propone giochi di prestigio soprannaturali, nasconde la verità unica e straordinaria: la compagnia di Dio nella nostra sofferenza. Restano gli ignoranti, i fanatici, i famelici ingordi dei prodigi a tutti i costi, dei pellegrinaggi forzati alla ricerca dei segni, degli effetti allucinogeni celesti che consolano di effimero e svuotano l’intelligenza.

L’uomo evoluto, e ormai libero dai condizionamenti di una religione vissuta come fatto folcloristico, ridicolizza come superstizione tutto ciò che sorprende i creduloni di ogni tempo. “Com’è difficile Dio!”, scriverebbe certa letteratura contemporanea, e tuttavia la croce, la resurrezione è l’unica strada per quanto stretta, che possa ancora annunciare un modo diverso di credere. L’aver voluto a tutti costi predicare e annunciare un Dio facile ha finito per provocare un blackout tra l’uomo pensante e il Dio di nostro Signore Gesù Cristo. Eppure, Egli ci aveva messo in guardia.

Il coraggio dell’annuncio di una fede aperta al dialogo filiale con il Dio degli eserciti e il superamento di tutte le possibili superstizioni, contro la riduzione di Dio ai nostri bisogni, il voler trovare un riscatto magico ai nostri fallimenti nella pratica religiosa, è ciò che, prima di tutti i contestatori e gli oppositori della religione dei fanatici, ha gridato Gesù Cristo, con la sua vita e la sua Parola.

Avallare la ricerca ossessiva del prodigio, offrire fatti “ eclatanti”, cercare il diavolo a tutti i costi come responsabile delle mille frustrazioni umane, dare adito al sensazionalismo, resta lo sport di tanta chiesa “ atea” per accontentare chi cerca “prove su Dio” e ha bisogno estremo di toccare con mano per poter credere.

Con tutto il rispetto che si deve a certe forme di pietà popolare, una proposta credente che faccia leva sulla curiosità morbosa del vedere e toccare a tutti i costi, trasforma inevitabilmente il fatto religioso in uno spettacolo e colui che lo rappresenta in un buffone, e in certicasi, in un criminale.

A volte si fanno chilometri per raggiungere un santuario, si attendono ore per essere ricevuti da un santone o un veggente. E tuttavia non si riesce a incontrare Gesù nella persona sofferente e bisognosa. Senza far torto a chi nella chiesa quotidianamente lotta per la bellezza della parola, i fatti di Casapesenna non sono un caso, sono il frutto di una chiesa decadente che pur di continuare ad esistere, preferisce l’ignoranza alla verità.

 

*Gennaro Matino, teologo, scrittore, docente di teologia pastorale e parroco a Napoli

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