Perchè Napoli non 'spuzzi'

Gennaro Matino* (March 23, 2015)
Si racconta Francesco, raccoglie pensieri, traccia il confine tra quel 'AMaronna t'accumpagna e la scelta profetica di non consegnare Napoli alla corruzione che puzza, al lavoro rubato dalla decomposizione del diritto, al tempo ridotto a consumo di illegalità e di spazio sottratto alla ricostruzione del tessuto profondo della convivenza civile. «La vita a Napoli non è mai stata facile» ma «qui esiste una cultura di vita che aiuta sempre a rialzarsi», la speranza non può abdicare, non deve, bisogna ribellarsi alla morte di futuro, bisogna combattere contro coloro che volontariamente scelgono il male e rubano la speranza a se stessi, alla gente onesta e laboriosa, alla buona fama della città, alla sua economia. «A volte capita di sentirsi delusi, sfiduciati, abbandonati da tutti»


UNA sfida che può diventare per la sua autorevolezza una proposta politica, sociale, uno sguardo visionario per una terra che qualcuno ha tentato di ridurre a periferia del mondo, «terra di nessuno, dalla quale sradicare ogni tipo di valore». I fogli scritti tra le sue mani, preparati altrove, seguono il protocollo, lo sguardo oltre lo scritto incrocia la commozione di uomini e donne, la speranza sofferta di molti, la curiosità morbosa di troppi e lo costringe a dire oltre il previsto. Si racconta Francesco, raccoglie pensieri, traccia il confine tra quel 'AMaronna t'accumpagna e la scelta profetica di non consegnare Napoli alla corruzione che puzza, al lavoro rubato dalla decomposizione del diritto, al tempo ridotto a consumo di illegalità e di spazio sottratto alla ricostruzione del tessuto profondo della convivenza civile. «La vita a Napoli non è mai stata facile» ma «qui esiste una cultura di vita che aiuta sempre a rialzarsi», la speranza non può abdicare, non deve, bisogna ribellarsi alla morte di futuro, bisogna combattere contro coloro che volontariamente scelgono il male e rubano la speranza a se stessi, alla gente onesta e laboriosa, alla buona fama della città, alla sua economia.

 

«A volte capita di sentirsi delusi, sfiduciati, abbandonati da tutti» ma neanche le sbarre di un carcere possono privarci dalla speranza di riscattarci, neppure la drammatica condizione giovanile, nella città europea con il maggior numero di giovani, può farci cedere a ogni forma di complicità con lo sfruttamento, alla rassegnazione malata che toglie parole alla giustizia. «Cari napoletani, non lasciatevi rubare la speranza! Non cedete alle lusinghe di facili guadagni o di redditi disonesti. Reagite con fermezza alle organizzazioni che sfruttano e corrompono i giovani, i poveri e i deboli. La corruzione e la delinquenza non sfigurino il volto di questa bella città!». Le parole del Papa sono forti, non lasciano spazio a interpretazioni: «Il male non abbia l'ultima parola», afferma, ma è chiaro che ci sta dicendo tra le righe che nel frattempo a Napoli già si sperimenta la penultima parola.

 

Domani il ricordo di un passaggio, parole forti, forse come quelle di Giovanni Paolo II, che proprio da Scampia provò a farci riorganizzare la speranza, anche se poi Scampia è rimasta estrema periferia di Napoli, anzi è Napoli che nel frattempo si è trasformata sempre di più in periferia del mondo. Da domani capiremo se «dopo aver ascoltato ciò che il Santo Padre ci dirà», come ha promesso l'arcivescovo di Napoli, davvero la Chiesa di Napoli si soffermerà «su quei contenuti per dar vita a un'azione pastorale ancor più incarnata nella nostra diocesi». Da domani vigileremo se dopo la venuta di Francesco, come ha annunciato il sindaco de Magistris, «in forza della giustizia sociale, la politica amministrativa della città saprà puntare sull'innovazione, sulla creatività, su nuovi mestieri e anche sulle tradizioni nel rispetto dell'identità di un grande popolo». Alla Chiesa, alla società civile la consegna di un imperativo: è tempo di riscatto per Napoli, questo è l'augurio del Papa per una città che ha in sé «tante potenzialità spirituali, culturali e umane, e soprattutto tanta capacità di amare».


Da domani il suo augurio potrà trasformarsi in futuro o resterà una rondine isolata che non farà sbocciare una nuova primavera. Da domani «le autorità, le istituzioni, le varie realtà sociali e i cittadini, tutti insieme e concordi, possono costruire un futuro migliore ». Speriamo. Ma domani è un altro giorno, riprenderemo la vita oltre il rumore di una festa: basteranno le parole del Papa? «Sperare è già resistere al male ».


Alla Chiesa, alla società civile la consegna di un imperativo: è tempo di riscatto per Napoli.


*Gennaro Matino  è docente di Teologia pastorale e insegna Storia del Cristianesimo presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Editorialista di 'Avvenire' e 'Il Mattino'.  Opinionista di 'La Repubblica". Parroco della SS Trinità. Il suo più recenti libri: “Economia della crisi. Il bene dell'uomo contro la dittatura dello spread" (Baldini & Castoldi - 2013) e "Tetti di Sole" (2014).


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