Napoli per una casa delle religioni

Gennaro Matino (January 28, 2015)
Una casa di preghiera ecumenica sarebbe una grande sfida, una grande provocazione di speranza. L'incontro tra soggetti differenti induce al rispetto della diversità, all'integrazione reciproca per ripristinare un rapporto semmai corrotto. Uno stesso luogo di fede per fedi differenti, una convocazione non massificata, una unità non uniforme, una sala della preghiera unica per diverse liturgie, potrebbe essere una riposta audace per una provocazione al dialogo. E perchè non nel capoluogo campano?


LE RELIGIONI occupano uno spazio sempre più rilevante nel quadro geopolitico dell'area mediterranea: molti fattori di crisi derivano da una contrapposizione che sembra partire da una differente sensibilità di sacro, da un modo diverso di credere. Il problema non si risolve annullando le differenze, assimilando le altre in una cultura ritenuta superio-re o peggio organizzando crociate di annientamento di massa del diverso o di conversioni forzate. Anche perché i contrasti non nascono dal credo religioso ma dall'economia diabolica: i santi di tutte le fedi sono sempre per la pace e aperti al dialogo. Le politiche economiche occidentali o orientali che vogliono investire allargando spazi nuovi e originali di profitto, nel tempo della globalizzazione, possono inventare nemici, e li inventano, sono costretti a farlo, esasperando le differenze per aprire contese, approfittare del credo religioso per organizzare guerre che una volta vinte permettono di spartirsi il bottino. La storia ci ha insegnato che le ragioni economiche sono alla base dei conflitti, le crociate del passato come nel presente nascono solo dal profitto economico.

 

Tuttavia oggi è diverso, il meccanismo consolidato nel tempo di gettare sassi per provocare disordine e approfittare del caos è sfuggito al controllo dei mistificatori: anch'essi sono rimasti vittime di un mercato che non si è aperto, di una contrapposizione drammatica che miscela ignoranza, fondamentalismo, violenza, fame, ingiustizia, uso e possesso di armi terribili, manipolazione dei mezzi di comunicazione a servizio dello scontro. Distruggere il dialogo tra culture e tra fedi equivale a costruire un muro di separazione tra comunità che, cessando di comunicare, si separano e si spingono reciprocamente verso una tragica quanto aggressiva autosufficienza isolazionista. Ripristinare il dialogo è decisivo per il futuro dell'umanità, ancor di più quando alla violenza si risponde con il terrore, ai kalashnikov con le epurazioni o il marchio di infamia. Scriveva Giovanni Paolo II:"Il dialogo tra religioni e culture non ignora le reali differenze ma invita tutti a irrobustire quell'amicizia che non separa e non confonde. Dobbiamo tutti essere più audaci in questo cammino".


Per costruire il dialogo, dunque, bisogna essere più audaci, più visionari tanto da immaginare per esempio una comune casa di preghiera per diversi, un Tempio che lanci ponti tra differenze per vincere la paura che divide. Alle teste mozzate ostentate in segno di odio, bisognerebbe contrapporre un'icona potente di fratellanza tale da superare l'oscena e diffusa convinzione di impurità del diverso per fede. Un'idea visionaria che Napoli avrebbe già da tempo potuto realizzare vestendo gli abiti di città di pace, luogo sperimentale di nuova accoglienza. Ma si sa non sempre la profezia vince e le pastoie politico burocratiche rallentano se non impediscono l'avverarsi dei sogni. La "Casa di Abramo", il progetto studiato da Sandro Raffone della nostra università, doveva essere realizzato a Napoli, sarebbe stato il primo tempio in cui, senza annullare le differenze, i diversi per fede avrebbero potuto pregare uno accanto all'altro.

 

Una grande sfida, una grande provocazione di speranza. L'incontro tra soggetti differenti induce al rispetto della diversità, all'integrazione reciproca per ripristinare un rapporto semmai corrotto. Uno stesso luogo di fede per fedi differenti, una convocazione non massificata, una unità non uniforme, una sala della preghiera unica per diverse liturgie, potrebbe essere una riposta audace per una provocazione al dialogo.


Tempio di Abramo, Padre del monoteismo, primo dei credenti dell'unica fede nel Dio unico che ha generato diverse chiese. Punto di partenza per un nuovo dialogo che includa il pregare insieme per ebrei, musulmani, cristiani. Non riduzioni semplicistiche, sincretismi superficiali, ma audace speranza di vicinanza per scambiarsi la gioia della fede, per comunicarsi la differenza, per imparare dalla prossimità l'uguale desiderio di fratellanza universale. Da anni ci si interroga sul futuro del dialogo, forse varrebbe la pena rischiare un'utopia partendo da una casa di preghiera ecumenica: perché non a Napoli?

Vivere insieme include condividere, senza compagnia di vita nessuna integrazione e nessun dialogo tra culture e religioni sarà possibile. La storia ci ha insegnato che le ragioni economiche sono alla base dei conflitti, le crociate del passato come nel presente nascono solo dal profitto.

*Gennaro Matino  è docente di Teologia pastorale e insegna Storia del Cristianesimo presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Editorialista di 'Avvenire' e 'Il Mattino'.  Opinionista di 'La Repubblica". Parroco della SS Trinità. Il suo più recenti libri: “Economia della crisi. Il bene dell'uomo contro la dittatura dello spread" (Baldini & Castoldi - 2013) e "Tetti di Sole" (2014).


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