Napoli. Salicelle. Dove l'incesto urbano diventa umano

Gennaro Matino (March 31, 2014)
Alle Salicelle l’incesto non è un caso isolato e, per essere terra seviziata, anch’essa può dirsi nata da una visione urbanistica incestuosa, progettata contro ogni natura di vivibilità. Così si presentano tanti agglomerati costruiti dopo il terremoto del 1980 in Campania, specie a Napoli e in provincia, mucchi di case senza strutture sociali, che alla fine si somigliano l’un l’altro e dentro i quali scompare ogni individualità. Deportazione di popolo costretto ad occupare spazi angusti, gente spodestata dalla memoria e spostata in fretta da altrove per altrove miseria. Dove ogni giorno si inventa l’esistenza e arrivare a sera è già vittoria.


“Mi chiamo Tommaso, sono nato alle Salicelle, periferia infame. Di chi sono figlio? Mio padre è mio nonno. Già, proprio così, avete capito bene, io ho saltato un giro”. Nascere è venire alla luce. È sfondare il buio, lasciare alle spalle la cella chiusa che imprigiona l’esistere. Nascere è vita che si apre al nuovo.


Il suo sbocciare è come un rintocco di campana pronta a suonare per il tempo successivo le ore della storia.

Dove sei nato? È un rintocco. Quando sei nato? Ne è un altro.

Nascere è origine collocata e se nasci a Napoli, lo è di più, dove, a differenza di altri posti, la città s’intromette con prepotenza nel dna di chi, per provvidenza o per sciagura, viene alla luce nelle sue mura.


La sua invadenza nell’io è così arrogante che si allarga a dismisura benché ci si sforzi a contenerla, perché è proprio di questa terra occupare spazi abusivamente.


Si è così legati alle origini, alle radici, che l’aria di Napoli ti si attacca addosso dalla culla alla tomba. Nel bene e nel male è la tua terra e devi conviverci, sopportala, amarla, odiarla, forse.

A dire il vero, dire che sei nato a Napoli non basta per capire da dove vieni, ‘a ro’ scinne, da chi discendi, direbbe il vecchio popolano, perché non si può parlare di Napoli come se fosse una realtà perfettamente compiuta. E questo vale soprattutto per chi da altrove, non conoscendola, pensa di risolvere il miscuglio delle diverse esperienze, luoghi e storie, di un antico popolo in una sola parola: napoletani.


La città è un imbroglio di voci, di cuori, di vie, una grande metropoli con tante città. Tante Napoli quanti sono i rioni e i quartieri, tante quante sono le storie dei borghi e degli antichi villaggi, delle piazze d’arte e delle malate periferie.


Dal centro ai grandi agglomerati alle porte di Napoli, tutti dicono di essere napoletani ed è certamente vero che la napoletanità è un sentire dentro più che un abitare presso, perché dirsi napoletano è sentimento esteso più del concetto stesso di popolo e di città, è vincolo di appartenenza universale che va oltre le sue mura, oltre lo specifico territorio di Partenope.


“Sono nato alle Salicelle, sono un napoletano di frontiera, e ogni giorno è una scommessa. Chi debbo ringraziare, mia madre, che quando mi ha partorito aveva 16 anni? Mio nonno, che non mi ha mai fatto mancare niente e comunque è mio padre? Sono nato da un errore e il mio sangue è sangue sbagliato”.


Il giorno in cui sei nato e il posto che ti ha visto venire alla luce fanno carne con la tua carne, ti accompagnano dal sorgere al tramonto della vita, te li porti appiccicati addosso come una malattia perché quel luogo e quel giorno parlano di te, ti individuano nella tua unicità, perché tu sia proprio tu e non un altro.


Non puoi omettere il giorno e l’ora della nascita, né il luogo del tuo inizio, difficile farlo e se anche ci riuscissi sarebbe segno di dolore, di follia.


Tommaso, lo chiamerò così, non ha avuto paura di raccontarmi della sua nascita, anzi me l’ha spiattellata in faccia, gridando il suo dolore, fuggendo il pudore, la vergogna, facendosi forza, per consegnare alle parole tormentate una frontiera di riscatto.


“L’incesto” dicono gli esperti, “è un evento familiare, il sintomo, il punto di arrivo, di un complesso groviglio di relazioni patologiche interne alla famiglia, un insieme di complesse e profonde relazioni malate”. Nascere da un incesto è responsabilità che va oltre l’aberrazione di colui che compie un tale abominio.


Alle Salicelle l’incesto non è un caso isolato e, per essere terra seviziata, anch’essa può dirsi nata da una visione urbanistica incestuosa, progettata contro ogni natura di vivibilità. Così si presentano tanti agglomerati costruiti dopo il terremoto del 1980 in Campania, specie a Napoli e in provincia, mucchi di case senza strutture sociali, che alla fine si somigliano l’un l’altro e dentro i quali scompare ogni individualità.


Sono i “luoghi marginali”, di cui tante volte si occupano le cronache. E non sono quasi mai belle cronache, ma racconti di tragedie e fatti sanguinosi.


Le Salicelle, dicevamo. Deportazione di popolo costretto ad occupare spazi angusti, gente spodestata dalla memoria e spostata in fretta da altrove per altrove miseria, povertà estrema, speranza di nuovo approdo, di nuova consistenza non trovata, futuro di giovani e ragazzi svenduto per calcolo politico, degrado da primato mondiale. Strade scure, tappeti di siringhe insanguinate, angoli di morte comprata in una dose, smercio di carne per osceno piacere. Tutto si può vendere alle Salicelle, anche la vita. Ogni giorno si inventa l’esistenza, arrivare a sera è già vittoria.


La più famosa Scampia, suo malgrado, ha rubato la scena mediatica del degrado, tanto da diventare prototipo di quell’idea urbanistica fallimentare che ha perso ogni accezione positiva per rimanere solo l’indicatore spaziale di un disagio fatto di distanza dal centro, carenza di servizi e infrastrutture, ritardo nell’integrazione, tensione sociale, senso di emarginazione.

Ma nelle tante dimenticate Salicelle, dove è nato Tommaso e tanti come lui, si vive peggio, si vive in attesa di risposte che non arrivano, mentre il giorno ormai si confonde con la notte.


* Gennaro Matino  è docente di Teologia pastorale. Insegna Storia del cristianesimo. Editorialista di Avvenire e Il Mattino. Parroco della SS Trinità. Il suo più recene libro: “Economia della crisi. Il bene dell'uomo contro la dittatura dello spread”

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