La corruzione si stratifica e giustifica se stessa. Occorre una reale rivoluzione culturale

Gennaro Matino (March 31, 2015)
... E allora tutto è lecito a tutti i livelli, lecite le piccole e grandi manovre di aggiustamento a proprio vantaggio dell'affare, passate come piccolezze, pratiche indecenti di comune indecenza. Il contrabbando di sigarette? Un treno di gomme usate vendute come nuove? Un telefonino di occasione? Uno stock di vestiti a basso prezzo appena arrivato? Un regalo all'usciere per la pratica? La bustarella al commendatore per la raccomandazione? La spesa al brigadiere per ampliare il "puosto" al mercato? E l'esame? Il posto letto all'ospedale? Il posto in tribuna? Il posto macchina garantito da un parcheggiatore rigorosamente abusivo? Fesserie da riderci sopra, cose che non fanno male a nessuno sapendo bene che non è così, che il male passa proprio attraverso la verità taciuta, passa attraverso il complice silenzio di chi ha lasciato fare le "piccole cose" per potersi spartire comodamente le "cose più importanti"...


BASTI a determinare un cambiamento di stile senza puntare su una solida rivoluzione culturale. Intanto la legge anticorruzione ha iniziato il suo iter in parlamento: tempi del parto incerti e peso e salute del nascituro per qualcuno a rischio sopravvivenza.


Non passa giorno senza che uno scandalo politico-affaristico indigni l'opinione pubblica, riempia le prime pagine dei giornali, susciti qualche reazione censoria, qualche predica degli indignati di professione e poi torni a inabissarsi nel disinteresse generale. Già, perché la corruzione puzza, ma l'olfatto è tra i primi sensi che si adatta con estrema facilità e i cattivi odori in certi casi possono scomparire addirittura per anosmia o iposmia, come normalmente accade a Napoli dove la percezione della corruzione è ormai completamente cancellata.


Non perché sia stata debellata dal legislatore, corretta dall'amministratore, repressa dall'etica pubblica o sanzionata da quella religiosa, ma perché ormai fa parte del costume della città, è un fatto endemico, una malattia virale che ognuno si porta addosso, come l'Epatite A, che altrove terrorizzerebbe e che invece qui da noi è cosa da niente, non c'è chi non l'abbia provata, ed è meglio prenderla subito per immunizzarsi. I diversi livelli della società, i diversi gradi dell'intelligentsia convivono con il fenomeno corruttivo pacificamente e, con consapevole complicità, trasformano la corruzione quasi in risorsa, in patrimonio positivo della città, arte scaltra di chi per necessità, per sbarcare il lunario, per superare le pastoie burocratiche deve pur trovare un metodo di sopravvivenza.


Da noi si potrebbe con facilità affermare, smentendo Papa Francesco, che la corruzione non è materia di decomposizione del tessuto sociale ma la sua intima definizione, la sua descrizione più raffinata, la stratificazione di un territorio che da secoli si autodetermina sul fenomeno corruttivo tanto da poter declinare paradossalmente, qui più che altrove, non l'anatema ma l'elogio della corruzione, arte suprema di sopravvivenza, di ribellione allo Stato mai compiutamente accettato.


La corruzione da noi si incrementa ogni giorno più massicciamente, si struttura quotidianamente in mille nuove creazioni, con improvvisazioni geniali di nuova illegalità tanto da far dire a qualcuno che i costi per estirparla sarebbero maggiori dei benefici che comporterebbe la sua eliminazione.


Sarebbe quasi uno snaturare, alterare l'indole di una popolazione che così campa, questo è il suo unico lavoro e che certo non può, per mancanza di Stato, di regole, essere costretta ad abbracciare l'antistato camorristico. E allora tutto è lecito a tutti i livelli, lecite le piccole e grandi manovre di aggiustamento a proprio vantaggio dell'affare, passate come piccolezze, pratiche indecenti di comune indecenza. Il contrabbando di sigarette? Un treno di gomme usate vendute come nuove? Un telefonino di occasione? Uno stock di vestiti a basso prezzo appena arrivato? Un regalo all'usciere per la pratica? La bustarella al commendatore per la raccomandazione? La spesa al brigadiere per ampliare il "puosto" al mercato? E l'esame? Il posto letto all'ospedale? Il posto in tribuna? Il posto macchina garantito da un parcheggiatore rigorosamente abusivo? Fesserie da riderci sopra, cose che non fanno male a nessuno sapendo bene che non è così, che il male passa proprio attraverso la verità taciuta, passa attraverso il complice silenzio di chi ha lasciato fare le "piccole cose" per potersi spartire comodamente le "cose più importanti".


Già, perché la corruzione acquisisce un ruolo diverso e di maggior peso quando il comportamento illecito è taciuto dal potere per conservare il potere, sapendo che proprio quel silenzio garantirà il massimo guadagno. La libertà finisce quando ostacola o limita la libertà dell'altro, questa la regola, per questo a Napoli la libertà è sempre stata un'illusione, per questo è facile combattere la corruzione a parole, con promesse illusorie, tanto fare fessi ed essere fatti fessi fa parte del costume.


*Gennaro Matino  è docente di Teologia pastorale e insegna Storia del Cristianesimo presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Editorialista di 'Avvenire' e 'Il Mattino'.  Opinionista di 'La Repubblica". Parroco della SS Trinità. Il suo più recenti libri: “Economia della crisi. Il bene dell'uomo contro la dittatura dello spread" (Baldini & Castoldi - 2013) e "Tetti di Sole" (2014).

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