In fuga da un Paese miserabile

Sara Gironi Carnevale (June 16, 2015)
Facebook è diventato anche un campo di battaglia. Da qualche tempo la parola IMMIGRAZIONE è molto dffus ed usata in modo a dir poco offensivo. Riceviamo e pubbichiamo lo sfogo di chi non ne può più di post che traboccano di razzismo. "Preferisco essere in fuga. Non dalla guerra, non dalla fame, non dalla povertà. Scappo da un Paese miserabile." scrive.


Da qualche tempo la parola immigrazione è sulla bocca di tutti o, più precisamente, sul diario.

Non quello segreto, sarebbe un mondo meraviglioso se la maggior parte di noi non sentisse lo spasmodico desiderio di riversare in privato tutti i pensieri più beceri ed ignoranti che gli trapassano il cranio.


Parlo del diario di Facebook. Il campo di battaglia delle legioni di imbecilli che  Umberto Eco si è preso la briga di citare, scatenando l’ira del web (ma va?). Del resto si sa, quando si tratta di imbecilli nessuno si sente mai chiamato in causa.


Eppure, i post di mezzo web traboccano frasi come “rispediamoli tutti a casa” che, oltre a darvi pieno diritto di appartenenza alle legioni del web, cominciano a darmi sui nervi.


Un saggio consiglio potrebbe essere quello di rimuovere gli imbecilli dalle mie amicizie di Facebook: sarei anche disposta a farlo se solo servisse a cancellarli dalla faccia della terra.

Ma, a quanto pare, non serve. Posso solo confidare nella selezione naturale.


Ma, mentre le teorie evolutive fanno il loro corso, cercherò di dare libero sfogo alla mia indignazione, in maniera chiara e concisa. A prova di imbecille.


Gli immigrati.

Salvini.

Gianni Morandi che commenta i post di Salvini.

Io che li leggo e mi rendo conto che esistono davvero, che quello davvero è tutto coglione.

I like alla pagina di Salvini.

I commenti alla pagina di Salvini dove totali sconosciuti lo chiamano “Matteo”.


Il fatto che in un Paese cosiddetto “civilizzato” esista un essere come Salvini.

Scoprire che non è solo ma, anzi, dà voce a torme di repressi che ,forse, fino all’avvento dei social network e della loro sconfinata democrazia, si sarebbero vergognati troppo della loro condizione di razzisti e avrebbero preferito tacere per la vergogna.


Torme di razzisti che scoprono di non essere soli.

Torme di giovani razzisti.

Giovani che inneggiano a stragi e morti affogati.

Giovani che poi condividono la foto di Lillo, povero gattino abbandonato.

Io che adoro i gattini, quindi risparmiatemi le prediche animaliste.


Giovani che, dimentichi della vergogna che la loro condizione gli dovrebbe imporre, si sperticano in post al limite del decente dove parlano di tasse che ancora non pagano e che, secondo loro, li autorizzerebbero a rispedire a casa a calci folle di disperati.


Giovani che non sanno manco che faccia abbia la disperazione e si concedono il lusso dall’alto dei loro laptop, di parlare di italiani affamati che dormono in macchina.


La cosa che più mi fa vomitare è che, se non ci fossero gli immigrati, non vi fregherebbe un cazzo degli italiani affamati.


La cosa che più mi fa vomitare è che i diecimila problemi che affliggono questo Paese, diventano solo un pretesto.


La crisi, la disoccupazione, la nuova emigrazione, i contratti a progetto (quando li fanno), gli stipendi al limite della schiavitù (quando li danno), gli astenuti alle elezioni, l’esistenza di Salvini, diventano le vostre stupide scuse per giustificare una sola, vergognosa, indecente, verità: siete razzisti.


Voi giovani dell’Erasmus, voi giovani dello scambio culturale, voi giovani che dovreste essere il futuro di un Paese che se ne preoccupa solo quando teme che qualcun altro glielo possa portare via.


Voi. Non io. Voi.

Se è davvero così, se è vero che il futuro dell’Italia sono gli autori dei post che affollano la mia bacheca allora io non sono italiana.


Preferisco essere una migrante. Una profuga. Preferisco essere in fuga. Non dalla guerra, non dalla fame, non dalla povertà.


Scappo da un Paese miserabile.


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