Il mercato dei bisogni ed il mercato del superfuo

Gennaro Matino (November 15, 2015)
Una politica economica che volesse essere etica dovrebbe poter ragionare non tanto e non solo su cosa serve al mercato, ma cosa serve davvero alla gente cui il mercato deve ritornare a prestare servizio. Il futile non è più raccomandabile.


TANTA folla curiosa, vetrine ruffianamente addobbate.

Difficile fare breccia tra la gente il sabato sera sui trafficati marciapiedi delle isole pedonali. Via Toledo come il Rettifilo, via Luca Giordano come via Scarlatti, un fiume di gente, a stento trovi aria nel muro compatto dei peripatetici del fine settimana. Odore di frittura si mischia a fragranze fresche di profumeria versati a litri su corpi più o meno giovani. Speranza di acquisti, speranza di vendita, la logica del consumo lo impone, lo cerca, lo spera. Solo speranza per il momento, benché c'è chi dica che la crisi è ormai alle spalle. Forse arriverà a Natale la conferma della "fine della notte" che segnerà la svolta della ripresa.

 

Acquirenti e commercianti per ora stanno a guardare. La prossima finanziaria lascerà libero il contante di contare di più, non certo per quelle famiglie che la crisi ha definitivamente messo fuori dal mercato, per quelli che sembrano non contare più per nessuno. Eppure una certa politica e una dotta economia vanno ripetendo con sicumera che la svolta arriverà prestissimo facilitando i consumi. La salvezza e la salute del nostro paese e del Mezzogiorno d'Italia è dunque nelle mani dei consumatori. Chi sa però per quale motivo la gente è così refrattaria a comprare. Ce l'avranno forse con il presidente del Consiglio? Metteranno sotto il materasso o la mattonella i loro risparmi convinti da chi sa quale raffinato ideologo che per cambiare la sorte di un paese, di una regione, bisogna usare il ricatto del non-acquisto? Far uscire il denaro nascosto solo al momento opportuno, quasi una tattica a far vincere questo o quell'altro schieramento? Se così fosse sarebbe una sorprendente strategia.

 

Ma, ahimè, le cose non stanno così. Da quando l'economia si è fermata più di un commerciante ha dichiarato fallimento, molte famiglie da molto tempo prima già l'avevano fatto. L'aumento dei nuovi poveri è sotto gli occhi di tutti, e anche quelli che se la passano meglio certo non vogliono rischiare il loro futuro e si controllano nella spesa. Sarà forse il caso che la politica ritorni tra la gente e l'economia diventi scienza al servizio di tutti e non solo della finanza per recuperare una credibilità che evidentemente, se non se ne sono accorti, hanno quasi definitivamente perso. Prendersela con l'euro, con l'inflazione, con il debito pubblico, con l'apertura di nuovi mercati, con la globalizzazione non credo che servirà a recuperare credito. Sicuramente sarà utile una approfondita analisi dei motivi della crisi, e d'altronde contributi in tal senso non mancano, anche da parte del governo Renzi. Ma ancora più utile dovrebbe essere un recupero etico della politica e dell'economia che facciano i conti con la realtà.

 

È cambiato irrimediabilmente il mondo e restare nostalgici a rimuginare su un passato di consumismo di successo che non tornerà più è una sciagurata condizione. Il mondo trasformato dal mercato globale ha cambiato la storia, convinciamocene. Per adeguarsi alla nuova condizione bisogna fare un passo indietro e uno in avanti. Pensare che per facilitare gli acquisti bisogna stimolare il consumo è ormai una strategia non più percorribile. L'overdose di pubblicità ha sortito l'effetto opposto: più che persuasione ha motivato avversione.


L'impossibilità di poter avere quello che sembra facilmente catturabile, proposto dagli slogan pubblicitari come cosa fatta, provoca nausea. La evidente mancanza di risorse economiche rende la gente impotente e depressa. Il dover prevedere costi adeguati e indispensabili per salute, protezione sociale, sicurezza personale fa conservare il pane bianco, a chi lo tiene, per tempi neri. Il paradigma, provocare bisogni per aumentare consumi, è fallito. Ma non è ancora fallita una economia dei bisogni perché forse non è mai cominciata.


Una politica economica che volesse essere etica dovrebbe poter ragionare non tanto e non solo su cosa serve al mercato, ma cosa serve davvero alla gente cui il mercato deve ritornare a prestare servizio. Il futile non è più raccomandabile. Il mercato del superfluo è destinato a scomparire. Non scomparirà il mercato dei bisogni reali che si accompagnerà al miglioramento dello standard sociale, al funzionamento della macchina pubblica, ai servizi necessari. Far correre l'economia è cambiare le attese di chi compra e di chi vende, è investire capitali su tale cambiamento. Una nuova condizione di vita oggi impone una nuova visione, quasi una rivoluzione del fatto economico.


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