I GAY ed i loro matrimoni rovina del mondo

Gennaro Matino (November 28, 2016)
C'è un mantra che continua ad essere pensato, riproposto, pronunciato. Il denominatore sarebbe comune: gli omosessuali, per la loro “scelta contro natura", portano l’umanità all’estinzione. Succede con Chiesa Ortodossa russa ma anche su Radio Maria. Forse Papa Francesco che, intanto scrive di misericordia e promette una Chiesa pronta a conservare il perdono come strada maestra per dire se stessa potrebbe avere il coraggio di ricordare al patriarca Kirill che la via maestra dell’annuncio del Vangelo è l’amore per ogni uomo, per la diversità di ogni vivente e soprattutto che il suo anatema non è in sintonia con il messaggio del Maestro di Galilea.

“I GAY, i loro matrimoni sono la rovina del mondo”, il mantra continua ad essere pensato, riproposto, pronunciato. Il peccato originale di un mondo afflitto da mille miserie, i guai della vita, quelli procurati dalla crisi globale, dalle malattie, dalle mille ingiustizie, dalla precarietà, avrebbero una sola causa, un solo colpevole, un denominatore comune: gli omosessuali che per la loro “scelta contro natura”, stanno portando l’umanità all’estinzione. 

Le chiese cristiane, cattoliche, ortodosse, evangeliche e non solo, in ogni parte del pianeta, arrancano cercando nuovi linguaggi capaci di ragionare di Dio, di proporlo come salvezza all’uomo contemporaneo. E non contente di essere sempre più fuori dalla quotidianità della vita della gente, ognuna in forza della propria presunzione di comprendere, professare e annunciare l’unica verità credibile, incapaci di parlare all’uomo di oggi, cercano di volta in volta la responsabilità dei loro fallimenti fuori le proprie mura: il mondo, la secolarizzazione, il paganesimo, il relativismo e soprattutto e prima di tutto le unioni civili e gli omosessuali. 

Radio Maria qualche giorno fa, senza nessun rispetto per le povere vittime, e senza nessun pudore per la grave affermazione, sosteneva che il terremoto e le disgrazie nel mondo fossero state causate dalla collera di Dio adirato per le unioni civili. 

In questi giorni, in perfetta sintonia ecumenica, il patriarca Kirill, primate della Chiesa ortodossa russa, rincara la dose e a proposito del matrimonio-gay afferma: «Quello che sta accadendo nei paesi occidentali è che, per la prima volta nella storia umana, la legislazione va contro la natura morale degli esseri umani». E per chi avesse qualche dubbio sul suo pensiero, aggiunge: «Non è la stessa cosa, certo, ma in qualche modo possiamo paragonarlo all’apartheid in Sudafrica o alle leggi naziste: erano frutto di un’ideologia e non parte della natura morale». 

I gay, il loro desiderio di vivere una vita affettiva, come campo di concentramento, come razzismo ideologico, come imposizione tirannica sui principi sacri della libertà umana. Il mantra: “I gay sono la colpa”, si struttura, si organizza, lo si ripete quasi come “esicasmo” di guarigione, come a voler convincere chi lo pronuncia, lo prega, lo afferma che trovato il diavolo è possibile l’esorcismo, che individuato un responsabile, sulle cui spalle caricare la croce dei nostri tradimenti, basta cancellarlo dal proprio vocabolario per ritornare alla “normalità” della natura e comunque sia, comunque vada, da solo basta a forgiare l’untore, la strega, l’eretico, un colpevole buono per tutti, per le religioni asfittiche, per la morale ingessata, per il potere in crisi, per la stupidità dei creduloni: “Crediamo che questa nuova tendenza costituisca una grave minaccia per l’esistenza della razza umana”. 

Parole durissime e gravissime che certo non dicono che gli omosessuali debbano essere messi al rogo, anzi si puntualizza che sono affari loro e se la piangessero loro e la loro coscienza, ma intanto l’anatema è stato lanciato e il mantra concepisce il suo disegno: la colpa del mondo in rovina è dei gay. 

La cosa più grave è che nel frattempo la parola passa, si concretizza sempre più come fatto, e alcune società, alcune culture, troppi uomini di chiesa le trasformano in politica, in atteggiamento sociale, in pratica quotidiana così che il rischio, già sperimentato in altre epoche, è che dalle parole si passi alla persecuzione, a quei campi di concentramento del passato, che forse Kirill volutamente dimentica, che hanno massacrato milioni di ebrei ma anche migliaia di omosessuali. 

Mi aspetterei che Papa Francesco che, intanto scrive di misericordia e promette una Chiesa pronta a conservare il perdono come strada maestra per dire se stessa, potesse oltre la realpolitik ecclesiastica, avere il coraggio di ricordare al suo confratello russo che la via maestra dell’annuncio del Vangelo è l’amore per ogni uomo, per la diversità di ogni vivente e soprattutto che il suo anatema non è in sintonia con il messaggio del Maestro di Galilea. 

Mettere pesi insopportabili sulle spalle della gente, che i preti e i vescovi di ogni tempo e di ogni confessione non portano neppure con un dito, non solo è cosa grave ma è il tradimento di una speranza che vorrebbe che nessun uomo vada perduto, che nessuno possa dirsi straniero nelle braccia della misericordia di Dio: “Guai anche a voi perché caricate la gente di pesi difficili da portare, e voi non toccate quei pesi neppure con un dito! 

Guai a voi, perché avete portato via la chiave della scienza! Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito”.

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