Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Paolo VI ed il Concilio Vaticano II

Gennaro Matino (April 20, 2014)
Il 27 aprile in una sola volta, due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II verranno proclamati santi. Ad unire i due pontefici il Concilio Vaticano II e un grande assente nella festa della canonizzazione, Paolo VI

Una sola domenica, il 27 aprile festa della divina Misericordia, per proclamare santi, insieme, in una sola volta, due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, così vicini, così lontani. Mai personaggi del mondo ecclesiastico hanno avuto un percorso di esperienza e di vita così diverso tra loro. Anche se in tanti si stanno affrettando in questi giorni a trovarne faticosamente significati tangenti, esperienze collegate, caratteristiche somiglianti, in realtà non ci sono, se non per il fatto di essere stati entrambi papa.

Una scelta però che non può essere stata casuale, anche se nessuno lo crede, e che nasconde in verità una strategia comunicativa, un desiderio condivisibile di proporre con la celebrazione delle virtù eroiche di questi due grandi uomini, oggi agli onori dell’altare, il desiderio prorompente di una Chiesa in declino che vuole riprendersi la scena mondiale e presentare un’immagine positiva di se stessa, una Chiesa capace ancora di dire una parola interessante al mondo contemporaneo, dopo che è stata sporcata da troppe sue interne miserie. Due Papi santi in una volta, una scelta mai avvenuta, che non può che lanciare una sfida di significato. Papa Francesco scommette sulla crisi della Chiesa e sulla necessità del suo rinnovamento, una Chiesa che vive un momento difficile e doloroso, una crisi che può determinarne il suo oscuramento e che, per essere così invasiva, va oltre la coraggiosa azione pastorale del Papa argentino, che quasi avverte la difficoltà a passare un verbo nuovo all’interno di mura ben serrate da poteri impermeabili ad ogni reale cambiamento.

Certo Papa Francesco sta riscuotendo ampi consensi e simpatia provenienti da vari ambienti e non solo cattolici, ma sono successi personali che non incidono sul tessuto profondo della realtà ecclesiastica: per cambiare il volto della Chiesa c’è bisogno di ben altro di una Piazza san Pietro gremita ogni domenica.

Lo sa bene il Papa, sa che la crisi della Chiesa sembra inarrestabile e sa che il suo giovane pontificato a fatica riesce a controllare e chi sa per quanto ancora. Una crisi che nelle sue stesse parole, pronunciate con enfasi e commozione ogni qual volta gliene è data occasione, egli stesso non nasconde, anzi semmai vuole ricordarla al mondo, descriverla, farla conoscere per poi poterla governare, semmai convertirla grazie ad adesioni importanti, significative e numerose di uomini, donne, laici e clero che sempre più coscienti stiano al suo fianco prendendo sul serio il dovere non più rimandabile di rinnovare il tessuto profondo della Chiesa.

Una scelta pensata, allora, quella di Francesco di riproporre al mondo due grandi testimoni, i due Papi santi, che il mondo credente e laico diversamente hanno amato, ammirato, seguito, esaltato, criticato, combattuto, entrambi comunque al centro del dialogo mondiale, in tempi complicati e che oggi possono essere da stimolo, da incoraggiamento per quanti si sentono in dovere di cambiare la Chiesa, per riproporre al mondo, ma soprattutto alla Chiesa stessa, un messaggio problematico ed esaltante: a voi che pensate che la Chiesa sia finita, che non possa cambiare, che i suoi problemi resteranno insuperabili, io vi racconto una Chiesa ancora viva, che ha ancora tanto da dire come hanno saputo dire Giovanni XXIII e Giovanni Poalo II, nostri contemporanei, che con la loro vita hanno sconvolto il loro mondo, consegnando una parola autorevole e determinante. Due Papi che hanno descritto il secolo scorso, solo cinquant’anni li separano, anche se sembra essere un tempo lunghissimo.

Papa Giovanni che seppe leggere la storia dell’umanità come esperienza d’amore tra Dio e i suoi figli di fronte alla quale perfino la luna, la notte dell’apertura del Concilio Vaticano II, in una piazza San Pietro esultante, si sentì chiamata ad affacciarsi per osservare lo splendido spettacolo: Dio, l’uomo, il creato, in un solo abbraccio.

Papa Giovanni Paolo, l’uomo venuto da lontano, coraggioso viaggiatore nel mondo delle sofferenze umane, capace di raccontare ai più lontani una Chiesa presente, vicina, compassionevole, ma anche forte di denuncia contro ogni potere autoritario, contro la barbarie dell’ingiustizia sociale e della delinquenza organizzata.

Tra loro il Concilio Vaticano II e un grande assente nella festa della canonizzazione, Paolo VI, che per entrambi i papi santi sarebbe stato davvero l’unico che avrebbe potuto avvicinarli, renderli contemporanei.

Ma forse questa è l’intenzione sottaciuta di Papa Francesco: canonizzare Giovanni XXIII e Giovanni Poalo II, per parlare finalmente di Paolo VI e di quella straordinaria esperienza che è stato il Concilio, unica strada da praticare per poter sperare, oltre la piazza, in una Chiesa bella e santa.

* Gennaro Matino  è docente di Teologia pastorale e insegna Storia del Cristianesimo presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Editorialista di 'Avvenire' e 'Il Mattino'. Parroco della SS Trinità. Il suo più recene libro: “Economia della crisi. Il bene dell'uomo contro la dittatura dello spread" (Baldini & Castoldi - 2013).

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