Alla scoperta dei siculoamericani con il sindaco di Cinisi, Giangiacomo Palazzolo

Tommaso Cartia (October 24, 2016)
Spinto dalla necessità di conoscere meglio gli immigrati siciliani, il sindaco di Cinisi (Palermo), Giangiacomo Palazzolo, è venuto per incontrare le tre comunità di cinisari più importanti e popolose negli Stati Uniti: quelle di Chicago, Detroit e New York.

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Un vecchio detto siciliano afferma: “La lontananza 'un abbannuna amuri, chiuttostu menti 'na vampa 'nto cori” (La lontananza non fa dimenticare l'amore, anzi accende un fuoco dentro il cuore). Profondamente radicato nell’animo di ogni immigrante è quel fuoco, quell’amore per la propria patria che la lontananza certo non fa dimenticare ma che anzi esalta, sublima, innalza a mito, a simbolo, a leggenda. La forte nostalgia per la propria terra e nel contempo la sua celebrazione abitano il cuore delle tante comunità siciliane che da generazioni ormai vivono in America. I Siculoamiricani sono il più grande ed il più importante gruppo statunitense di origine italiana negli USA e la loro storia risale ai tempi in cui l’Italia non era ancora unita e le differenze folkloristiche regionali erano molto forti e ben marcate.

Abbiamo incontrato il sindaco di Cinisi (Palermo), Giangiacomo Palazzolo in occasione della sua trasferta newyorchese per farci raccontare la straordinaria esperienza del suo viaggio alla scoperta della comunità siculoamericana. Parlando con Palazzolo si ha la sensazione di avere di fronte un intellettuale siciliano d’altri tempi, elegante, visceralmente innamorato della sua terra e nel contempo lucidamente critico. Con lui abbiamo avuto anche la possibilità di scattare una fotografia a colori di quella che è la Sicilia di oggi, spaziando da tematiche sociopolitiche a quelle più culturali e di costume, dal turismo all’integrazione in Sicilia con lo straniero, passando per il fenomeno della mafia e la storica figura di Peppino Impastato, il giornalista e attivista italiano ucciso dalla mafia nel 1978, nativo proprio di Cinisi.

Qual’ è il motivo di questa sua trasferta americana?

Ho sentito la necessità di abbracciare fisicamente gli immigranti che sentono così forte il bisogno di un contatto con il loro paese di origine. C’è anche la volontà di chiedere scusa ai nostri concittadini perché la nostra terra non è riuscita a dare quello che loro meritavano. È importante anche creare dei rapporti che possano valorizzare la cultura italiana attraverso l’interscambio, consentire a molti ragazzi statunitensi di venire in Italia e viceversa. C’è un programma che stiamo attuando qui a New York in tal senso. C’è anche la voglia di stabilire dei rapporti di natura economica, abbiamo incontrato il presidente delle camere di commercio di Chicago e New York perché riteniamo di avere delle eccellenze, dei prodotti di nicchia che potrebbero essere sicuramente esportati e rappresentano la cultura culinaria dell’Italia.

A quali prodotti fa riferimento nello specifico?

Su tutti la vacca cinisara. Nell’Italia meridionale ci sono due tipi di vacche, la modicana, ragusana e la cinisara. Questa vacca ha delle caratteristiche organolettiche particolari, è molto magra e produce un latte che dà vita a dei formaggi dai sapori eccezionali e la sua è una carne molto particolare. In alcuni ristoranti italiani viene servito un particolarissimo carpaccio di vacca cinisara, ed anche il cacio cavallo di vacca cinisara è molto buono e richiesto.

Ci racconti un po’ del suo viaggio tra Chicago, Detroit e New York.

A Chicago ho visto la prima generazione di cinisari ed un po’ mi ha rattristato perché loro non vengono a Cinisi da decenni. Mi è rimasto il magone in gola, ho parlato con tanta gente che non riesce a venire forse per problemi di carattere economico. Fermo restando il loro grande affetto che poi ha colmato la mia tristezza. A Detroit ho invece visto una comunità molto ricca che ha però deciso di vivere senza voler integrarsi più di tanto con il tessuto americano. Lì ho lasciato il cuore perché ho visto la Cinisi dei vecchi valori, delle tradizioni, dal cuore grande. A New York una comunità che oltre che ricca è anche integrata e cosmopolita.

Ero venuto per ricordare ai cinisari del loro paese ma alla fine mi hanno ricordato loro cosa è Cinisi, quali sono i valori veri, le tradizioni, le storie. Il cuore grande dei cinisari è più facile riscontrarlo qui piuttosto che nel paese stesso.

C’una sorta di conservazione, l’allontanarsi comporta una sorta di fotografia del periodo in cui si parte e questa fotografia la si conserva così in maniera parsimoniosa, meticolosa nel proprio cuore.

Da qualche anno sono state varate delle tratte aeree più economiche andata e ritorno New York – Palermo, aeroporto Falcone/Borsellino che si estende sul territorio di Cinisi. Qual’ è l’importanza e la natura di questo fenomeno in termini di turismo e di integrazione culturale?

Molti parlano di Cinisi dicendo che è un paese eccezionale perché ha sia il mare che la montagna, io dico che è eccezionale per questo sì ma ha qualcosa che nessun altro ha in Sicilia se non Catania, l’aeroporto che si estende sul territorio di Cinisi. È fonte di ricchezza enorme per il mio territorio, inesauribile, continui sono gli investimenti che vengono fatti nell’ambito aeroportuale e continui sono gli incrementi dei passeggeri. Ormai siamo sui 6 milioni di passeggeri l’anno, è chiaro che rappresenta tutto per la mia economia. Ci sono varie angolature per sfruttare un aeroporto. Non solo turismo, è anche uno scalo commerciale. Un flusso di passeggeri così importante è un elemento da valorizzare. Le attività nel mio paese che stanno crescendo a livello numerico e qualitativo sono legate alla ricettività dei turisti. Cinisi è diventata sotto questo profilo la porta del Meridione d’Italia. Uno scalo importante.

Che cambiamenti ha ravvisato in tal senso?

Si vede subito la differenza, non eravamo abituati a vivere come famigliare la presenza di persone che parlano lingue straniere, ora anche noi iniziamo ad aprirci di più allo straniero e all’uso delle lingue straniere.

Parliamo del fenomeno della mafia, qual' è secondo lei il vero volto della mafia di oggi e quanto ancora pesa nell’immaginario collettivo come clichè legato alla Sicilia?

A me piace molto l’immagine che dà il sindaco di Palermo (Leoluca Orlando, NdR), sull’ organizzazione criminale di oggi. Negli anni passati avevamo una mafia che era verticale, un capo con i suoi colonnelli e i suoi soldati, un’impostazione gerarchica. Oggi l’organizzazione criminale presente in Sicilia che viene denominata mafia ha delle caratteristiche diverse da quella precedente. Si parla di mafia per comodità espositiva, in realtà è qualcosa di diverso. Oggi abbiamo un’ organizzazione criminale orizzontale, non più capi ma singoli soggetti che agiscono in maniera quasi autonoma tra di loro. Abbiamo vari livelli in queste fasce orizzontali non collegate tra di loro: la criminalità organizzata di vecchio stampo basata sui reati tipici e poi abbiamo un livello molto più alto, quello dei colletti bianchi con interessi nel settore dei rifiuti che a mio avviso è la parte più pericolosa di questo nuovo contesto criminale siciliano perché è lì che si aggirano tanti soldi, è là che vengono intaccati dei servizi essenziali per la collettività e l’ingerenza di determinati personaggi di livello criminale consistente è un grosso pericolo per la Sicilia.

Questo influenza o sta influenzando l’economia Siciliana? Quali sono i motivi della crisi economica che ha investito anche la Sicilia?

La mafia in questo non c’entra niente. Il potere criminale interviene là dove c’è ricchezza. Ma questa ricchezza non viene prodotta per motivi culturali e per l’incapacità della nostra macchina amministrativa di sfruttare le risorse europee. A livello burocratico c’è un’incapacità paradossale. Non c’è una formazione alle spalle, il problema della classe dirigente è che appartiene ad una generazione superata nei fatti e nel diritto, nel modo di comunicare, nell’approccio allo studio. Non si presta più all’epoca che si sta vivendo e non è in grado di sfruttare le risorse che ci sono, che sono enormi. Io devo riscontrare però dei miglioramenti negli ultimi due anni. Io sono un sindaco che non fa politica, non sono schierato, sono lista civica, sono fuori dai partiti, ma con l’avvento di Renzi ho riscontrato una maggiore professionalità degli apparati burocratici e una maggiore capacità di utilizzo delle risorse che poi sono ricadute nel mio piccolo comune, dove ad esempio nell’arco di due anni e mezzo ho visto arrivare finanziamenti per dieci, dodici milioni di euro.

Una nota sulla figura storica di Peppino Impastato che era nativo proprio di Cinisi.

La verità è che si tratta di un personaggio coraggiosissimo. Oggi è facile attaccare la mafia, oggi io posso dire “la mafia è una montagna di merda” (frase storica di Peppino Impastato, NdR), ed andare a dormire a casa con serenità. Dirlo negli anni 70 indicava un coraggio eccezionale che ci consentiva un momento di rottura culturale tra quella che era la vecchia visione che il paese poteva avere di determinati personaggi e la nuova visione che si stava venendo a creare. Lui è il momento di rottura, attraverso il suo coraggio. Da lui nasce il riscatto e la rivoluzione culturale del mio paese.

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