Addio, signora d'altri tempi. Nostra Italia ideale

Maria Rita Latto (December 31, 2012)
Si è spenta Roma Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la Medicina nel 1986. Nominata senatrice a vita nel 2001, aveva 103 anni. Con lei se ne va una figura esile e forte allo stesso tempo, quanto mai attuale e proiettata al futuro, cosmopolita e innamorata del suo Paese


Rita Levi Montalcini ha attraversato da donna e da scienziato un secolo tragico e controverso come il Novecento, superando i drammi della guerra e delle persecuzioni razziali, imponendosi da donna nel campo della ricerca scientifica. Una sfida che appare difficile persino ai giorni nostri, che viviamo nel terzo millennio, ma quasi impossibile negli anni della prima metà del secolo scorso, per una rappresentante del cosiddetto “sesso debole”, in un territorio iper-competitivo, come quello della ricerca, dominato prevalentemente da uomini. Una donna e uno scienziato che nel corso della sua straordinaria esistenza non ha mai perso di vista l'impegno civile, la solidarietà umana, valori che lei ha trasmesso ai giovani in maniera concreta, dando l'esempio, lavorando duramente, testimoniando una passione per lo studio fino al suo ultimo giorno di vita.

Nata a Torino il 22 aprile 1909 in unafamiglia ebrea sefardita che le impartì un'educazione laica e a forte impronta intellettuale, fin da bambina ebbe un grande senso di indipendenza e, come ricordava spesso, aveva sofferto all’idea di dover vivere “in seconda” come la madre. La giovane Rita aveva da subito odiato le scuole femminili che insegnavano a essere “mogli e madri”, mentre lei sentiva di non voler essere né l’una, né l’altra. Nonostante le resistenze paterne, si iscrisse alla facoltà di Medicina e fu allieva del professor Giuseppe Levi insieme a Salvador Luria e Renato Dulbecco, che come lei sarebbero diventati Nobel. Laureatasi con lode nel 1936 e subito ammessa alla specializzazione in neurologia e psichiatria, ne fu espulsa nel 1938 in seguito alle leggi razziali. Dopo un breve periodo passato in un istituto di ricerche neurologiche a Bruxelles, Rita Levi Montalcini tornò in Italia, ma non potendo lavorare all’università perchè ebrea, installò un laboratorio nella propria stanza da letto e incominciò a studiare gli embrioni di pollo insieme al professor Levi, anch’egli tornato a Torino dopo essere sfuggito all’invasione nazista del Belgio.


Questo laboratorio di fortuna seguì la giovane ricercatrice nelle sue peripezie belliche, spostandosi da Torino in campagna, vicino ad Asti, fino ad arrivare a Firenze dove, dopo la liberazione della città nel 1944, lavorò come medico in un campo rifugiati. Finita finalmente la guerra, la Montalcini tornò all'università di Torino, ma nel 1947 ricevette l’offerta di passare un anno alla Washington University di Saint Louis per ripetere i suoi esperimenti sugli embrioni di pollo. Quello che avrebbe dovuto essere un soggiorno di pochi mesi si trasformò in un'esperienza di trent'anni, culminata nel 1953 con la scoperta dell'NGF (Nerve Growth Factor), o “Fattore di Crescita Nervosa”, una molecola che regola e favorisce la crescita delle cellule del sistema nervoso. Una scoperta che, diceva Rita Levi Montalcini, “andava contro l'ipotesi dominante nel mondo scientifico che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente programmato dai geni”. Un'intuizione che sarebbe stata premiata dal premio Nobel per la medicina, condiviso con il suo studente Stanley Cohen. “Stavo leggendo un giallo di Agatha Christie quando è arrivata la telefonata da Stoccolma”, raccontava con semplicità la Montalcini. E poi aggiungeva: “Il Nobel non cambierà la mia vita. Continuerò a lavorare come ho sempre fatto”. Anche i festeggiamenti dopo la bella notizia furono in linea con la sua sobrietà: “un brodo e un riso cinese - raccontava - poi sono andata a dormire”.



Nonostante il lungo periodo di lavoro negli Usa, Rita Levi Montalcini non ha mai dimenticato l’Italia, dove dal 1961 al 1969 ha diretto il Centro di Neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, allora presso l'Istituto Superiore di Sanità. Dal 1969 al 1979 ha diretto il Laboratorio di Biologia cellulare del Cnr, dove ha continuato a collaborare fino al 1995. E’ stata inoltre presidente dell’Istituto Europeo per le Ricerche sul Cervello (Ebri), che ha fortemente voluto e dove ancora oggi i suoi allievi proseguono la ricerca sul fattore Ngf. Una vita dedicata allo studio ma anche ai giovani: "Lavoro per un futuro che non è il mio, ma è dei giovani...Solo l'istruzione può garantire il futuro ai tanti giovani nel mondo, che non devono aver paura delle difficoltà. Personalmente ogni crisi mi ha portato più in alto, spronandomi a fare sempre di più". Tra le sue innumerevoli iniziative nel sociale c'è la Fondazione Levi Montalcini, istituita nel 1992 assieme alla sorella gemella Paola, in memoria del padre, rivolta alla formazione e all'educazione dei giovani, nonchè al conferimento di
borse di studio a giovani studentesse africane a livello universitario, con l'obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di leadership nella vita scientifica e sociale del loro paese. E, sempre a favore dei giovani scienziati, nel marzo 2012 rivolse un appello al Governo Monti insieme al senatore Ignazio Marino (Pd), "affinche' non cancelli il futuro di tanti giovani ricercatori, che coltivano la speranza di poter fare ricerca in Italia”.

 

A coronamento di una vita esemplare, arrivò nel 2001 la nomina a senatrice a vita da parte del presidente Ciampi. Una nomina che Rita Levi Montalcini, nonostante l’età, considerò non come una passiva onorificenza, ma come un attivo impegno sociale e civile. Anche in questo campo si distinse per attivismo e autonomia di pensiero attirandosi le ire e gli insulti di tanti politici che oggi, dopo la sua morte si sperticano in elogi funebri post mortem di dubbio gusto. Ai tempi la senatrice a vita reagì agli attacchi volgari con signorilità e intelligenza, talvolta con ironia, ma non si fece intimorire proprio come era accaduto ai tempi del ventennio, quando aveva vissuto sulla propria pelle gli effetti del regime totalitario e dell'intolleranza, testimoniando il suo coraggio e la sua indipendenza di pensiero.

 

Con la morte di Rita Levi Montalcini se ne va una grande Italiana, che lascia, soprattutto ai giovani, il compito arduo di ricordare e conservare la sua preziosa eredità, di mantenerla viva.



 



 


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