Pino Daniele, napoletano, italiano e cittadino del mondo

Maria RIta Latto (May 08, 2012)
Intervista al musicista che con il suo ultimo album “La Grande Madre” coniuga blues e mediterraneo: “l'Italia è al centro del Mediterraneo, la sua cultura ha risentito nel tempo dell'influsso della musica araba, africana, europea, ma anche del blues e della musica americana.” Pino Daniele sarà a New York (Apollo Theatre, 7 giugno), a Boston (Berklee Performance Center, 9 giugno) e a Washington, DC (Jazz Festival, 10 giugno).

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Lo scorso mese di marzo è uscito “La Grande Madre”, il nuovo album di Pino Daniele, cantautore italiano da oltre trentacinque anni ai vertici della musica di casa nostra. Già dall'immagine di copertina appare Pino Daniele oggi: un “ragazzo” di cinquantasette anni che nonostante una lunga e onorata carriera è ancora pronto a viaggiare per le strade del mondo con la sua chitarra e la sua musica come unico bagaglio. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente durante un tour che lo sta portando in giro per la penisola e che a giugno si sposterà oltreoceano, aNew York (Apollo Theatre, 7 giugno), a Boston (Berklee Performance Center, 9 giugno) e a Washington, DC (Jazz Festival, 10 giugno).
 

A due anni dal suo ultimo disco è arrivato questo album dal titolo molto suggestivo, “La Grande Madre”. Ci spiega da cosa è nata questa idea: “Essendo un disco legato al suono blues ma anche mediterraneo, “La Grande Madre” è riferito alla Terra, ma anche alle nostre radici. La Grande Madre è la ricerca dell’energia generatrice, è la Terra che noi dovremmo rispettare, aiutare e conservare, con piccoli sforzi. E' anche il sangue misto della musica: l'Italia è al centro del Mediterraneo, la sua cultura ha risentito nel tempo dell'influsso della musica araba, africana, europea, ma anche del blues e della musica americana. Tutto questo fa parte della nostra cultura musicale moderna. Tutto questo per me è “La Grande Madre””.

 Il cd si presenta benissimo: ha in allegato un booklet che è un vero e proprio “manifesto” di  ben ottanta pagine a colori con i testi delle canzoni, gli spartiti, foto vecchie e nuove, pensieri, l’intera biografia del cantautore partenopeo, il tutto scritto sempre in italiano e in inglese, quasi a voler sottolineare il carattere internazione della sua musica. “Non è solo un prodotto discografico -dice lasciando trasparire un certo orgoglio- ma anche la presentazione di un artista, di cosa ha fatto, di quello che è stato il suo percorso. Ho voluto valorizzare al massimo il libretto perchè possa essere un oggetto, come lo erano un tempo gli Lp in vinile. E per aggiungere valore ho voluto ci fossero anche gli spartiti delle canzoni”

Apre l'album “Melodramma”, brano non convenzionale in cui c'è un mix tra il bel canto italiano e la musica rock contemporanea, forse composto ripensando al 1998, anno dell'incontro col grande Luciano Pavarotti avvenuto a Modena, al Pavarotti & Friends, quando “Napule è”, grande successo di Pino Daniele, fu reinterpretata in chiave lirica dal grande Maestro. E infatti il cantautore conferma: “E' un ricordo del mio incontro con Luciano, da cui è nato il mio amore per la musica classica. Era da tempo che volevo comporre una canzone che avesse i requisiti classici e allo stesso tempo fosse caratterizzata da un suono internazionale”.

E “internazionale” è il termine che calza a pennello per definire la musica di Pino Daniele, da sempre disponibile a collaborare con artisti di ogni parte del mondo e, come nel caso di Pavarotti, apparentemente lontani dal suo mondo musicale e non solo. In quest'ultimo album, in particolare, oltre a undici brani inediti, c'è una cover di “Wonderful Tonight” di Eric Clapton, pensata dopo un incontro con il grande maestro del blues: “Clapton mi aveva invitato a suonare al Crossroads Festival di due anni fa, a Chicago. È stata un'esperienza meravigliosa, umana e professionale. Quando, nell'estate 2011 a Cava dei Tirreni, ci siamo incontrati per un mio concerto, gli ho chiesto il permesso di fare la sua “Wonderful Tonight”, e siccome con l'inglese non me la cavo molto bene, l'ho tradotta in italiano. Incontrare un grande artista come lui è stata per me un'esperienza straordinaria, mi ha dato la possibilità di mettermi a confronto con esperienze diverse e crescere”.

 

“La Grande Madre” è un album con dei brani che non parlano solo d'amore ma che, come abbiamo visto già dal titolo, vogliono comunicare messaggi importanti. Basti pensare a “Searching for the water of life”, brano composto da Kathleen Hagen a sostegno dell'associazione Save the children per la campagna “Every One”.   “E' un piccolo modo per fare qualcosa attraverso la musica, in questo caso per dire basta alla mortalità infantile”, ci dice Pino Daniele.
 

Questo album, forse più degli altri, riflette la voglia dell'artista partenopeo di comunicare, di improvvisare e soprattutto di viaggiare. E il suo non è soltanto un viaggio attraverso le note, ma anche attraverso i ricordi, gli incontri e il linguaggio: “Questo è un disco in tante lingue, e c'è anche questa lingua particolare, la Parlesìa che era un linguaggio usato a Napoli dagli orchestrali e dai musicisti di strada, dai posteggiatori. Il mio amico Enzo Aviatabile è un grande conoscitore di questa lingua misteriosa, per questo gli ho chiesto una scheda che poi ho pubblicato nel disco. Nel brano “O Fra” -spiega Pino Daniele- c'è la riscoperta della Parlesìa”.
 

Proprio il brano “O fra” sembra collegarsi per il ritmo e per la voglia di improvvisare ad un altro brano, “Coffee Time”: “Sì, questo è un brano un po' “newyorkese”, dal momento che la band che mi accompagna è prevalentemente formata da musicisti che provengono da quella città. In “Coffee Time” c'è il collegamento tra gli Stati Uniti e Napoli, è un pezzo jazz con sfumature napoletane. Nel mio mondo c'è la tendenza ad adattare certi tipi di musica alla mia personalità”. 
 

Con “La Grande Madre” Pino Daniele fa un grande passo, entrando nel novero degli artisti che hanno detto addio alle major discografiche producendosi da soli: “Un passo impegnativo, anche economicamente parlando. Però essere artisti per me significa ricominciare sempre daccapo, mettersi sempre in discussione, e per me era importante avere la libertà di fare quello che volevo, di non dover dipendere dal giudizio di persone che si occupano di vendere ma non sanno cosa vuol dire creare. Ammetto di avere esagerato -dice Pino Daniele ridendo- ma ne è valsa la pena. Ho voluto la collaborazione di ottimi musicisti (tra gli altri c'è il supporto di grandi artisti internazionali , tra i quali Steve Gadd alla batteria, Chris Stainton al piano e Mel Collins al sax, ndr) e sono riuscito a fare un cd che è anche un libretto”.  
 

A questo punto non si può non chiedergli cosa significa essere un artista nell'Italia del 2012: “Il problema della musica nell'Italia di oggi è che c'è un impoverimento culturale. Per questo bisogna non mollare, non abbassare la guardia ma intensificare gli sforzi per fare qualcosa di qualità. E' duro, è difficile, ma è la strada migliore, quella che ci fa onore. Un prodotto italiano di qualità è una bella cosa. Sembra banale, ma la musica è la mia vita e poi mi piace anche il confronto con altri artisti, per capire altri punti di vista, per conoscere nuove prospettive. E rinnovarmi sempre, crescere sempre”. 
 

Il tour, iniziato a marzo, per scelta di Pino Daniele non ha alcun espediente scenico. Sul palco ci saranno solo lui, la sua band e la sua musica. Gli chiediamo se nel tour americano ci saranno dei cambiamenti rispetto a quello italiano: “Ci saranno più brani che rispecchiano il mio modo di essere di oggi, ma anche brani storici che mi hanno caratterizzato. Abbiamo già suonato all'Apollo Theatre ed è andata bene. Spero di ripetere l'esperienza di allora, anche se desidero farmi conoscere da chi non mi ha mai sentito suonare, ma in particolar modo dalla terza generazione di italoamericani che magari pensa che la musica italiana sia quella che ascoltavano i loro nonni. In tutto il mondo, e quindi anche negli Stati Uniti, dell'Italia si conosce solo il bel canto, mentre in realtà qui da noi si fa anche dell'ottima musica moderna, dal blues, al rock o al jazz. Ormai siamo tutti dello stesso posto c'è la globalizzazione della musica, anche se io ho sempre creduto che la musica non abbia confini. Al giorno d'oggi siamo tutti vicinissimi, soprattutto grazie a internet”.
 

Resta il tempo per un'ultima domanda su cosa ci sia oggi in lui del Pino Daniele delle origini e soprattutto di Napoli: “Ci sono le canzoni che ancora continuo a suonare e il ricordo di un inizio che ha segnato il mio percorso basato sulla melodia partendo dalla canzone napoletana e che poi mi ha portato in giro per il mondo. E' una bellissima cosa quando suono un brano di allora, sento sempre un pizzico di emozione, eppure ogni volta c'è una chiave diversa, il brano non è mai lo stesso. Napoli è sempre dentro di me. Oggi la mia città sta seguendo un suo percorso pur conservando le proprie tradizioni, cerca di essere una città moderna come tutte le città storiche europee, ma ha una difficoltà a adeguarsi al nuovo mondo che sta venendo fuori. Essendo una città al centro del Mediterraneo cerca di stare al passo coi tempi pur conservando la sua cultura che è anche il suo patrimonio”. 
 

Parola di Pino Daniele, napoletano, italiano e cittadino del mondo.  

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