VOTO ALL'ESTERO. Manhattan. Meno male che Silvio c'è

Eleonora Mazzucchi (April 07, 2008)
I candidati all’estero del Popolo della libertà. Il partito li ha riuniti lunedì sera a Le Cirque, famoso ristorante chiccoso di midtown, per introdurli ad un pubblico decisamente benestante. Gli uomini indossavano abiti fatti su misura, le donne vestiti lunghi a spalle nude...


Luci basse, bicchieri di cristallo che tintinnano insieme, una sala a vetri in cui gente raffinata si muove a passo di pavone. Avevo l’impressione di essere capitata in qualche concerto di beneficenza per una malattia ad acronimo—MS, HPV, CAPD (più lettere ci sono, più è favorita dalla New York bene!)—questo potrebbe chiamarsi “L’Associazione dell’Atrofia Muscolare Spinale vi invita ad una serata intima con Tony Bennett”. Invece no, l’acronimo di stasera era tutt’altro: Pdl.


I candidati all’estero del Popolo della libertà. Il partito li ha riuniti lunedì sera a Le Cirque, famoso ristorante chiccoso di midtown, per introdurli ad un pubblico decisamente benestante. Gli uomini indossavano abiti fatti su misura, le donne vestiti lunghi a spalle nude, una signora una spilla d’oro grande abbastanza da essere usata come arma letale. Poteva sembrare un ambiente impenetrabile, un tempio sotterraneo consacrato alla politica  di centro-destra di un gruppo esclusivo di italo-new yorkesi, ma presto si è rivelata  quella vecchia tendenza di fare il discorso, di convincere, forse anche di convertire. E le facce dei candidati, irrigidite sui depliants della  campagna elettorale, sono apparse dal vivo—due aspiranti alla camera, Cesare Sassi e Vincenzo Arcobelli, uno al senato, Augusto Sorriso.


Gli uomini erano diversi—il siciliano Sorriso, con ampi gesti della mano, essudava esperienza politica, Sassi, un abbronzato imprenditore milanese trapiantato in Florida, grande “bonhomie”, e l’aviatore in congedo Arcobelli, austerità militare—ma le loro politiche erano identiche. Sembrava che nell’arco dei loro discorsi si fossero divisi l’incarico di coprire tutti gli argomenti in linea con la politica estera del Pdl: diffusione della lingua italiana, problemi di riacquisto della cittadinanza italiana, critiche del sistema elettorale “partitini” e biasimo dell’attuale senatore all’estero all’opposizione, Turano (Sorriso dichiara veemente che il senatore del Pd “in Italia non è nessuno” e che una volta al senato, ha tradito “la propria comunità”, cioè quella degli italoamericani). Sorriso, i cui poster quella sera erano notevolmente più numerosi di quelli degli altri, si era espresso indignato nei riguardi della RAI International, lanciandosi in una lunga diatriba contro i suoi “programmi politicizzati, solo in un certo verso” e il fatto che la rete televisiva “aveva trascurato” i candidati di centro-destra, quando invece la rete stessa lo stava in quel momento filmando. Il candidato Arcobelli si è espresso in modo simile sul quotidiano “America Oggi”, paragonandolo al famoso (o infame, secondo il punto di vista) giornale comunista l’Unità.


Ad ognuno il suo stile. Sassi, durante e dopo gli atti ufficiali, si sentiva fra colleghi di stampo Bocconiano e parlava al pubblico con familiarità`, sparando le sue frasi a velocità record in staccato accento milanese. Era gioviale quando ha chiuso le sue parole con uno slogan inventivo di cui sembrava ampiamente soddisfatto: “Tirate Sassi in parlamento e fatelo con un Sorriso!”. Il Comandante Arcobelli a suo turno insisteva di non essere un politico, ma “un operativo”, “un soldato della comunità”. Ha aggiunto con appropriata serietà che gli “piace essere efficace, andare subito al target” e, anche lui usufruendo dello zeitgeist politico americano, ha dichiarato di credere “nella speranza”.


 Lo spirito della riunione ha raggiunto comunque il suo vertice quando, su uno schermo dietro ai candidati, si è proiettato un video saluto di Berlusconi. Il Cavaliere—come si fa chiamare dalla stampa italiana—sottolineando un cambiamento necessario per riparare ai danni del governo Prodi, metaforicamente ha chiamato alle armi “le donne e uomini d’Italia che amano la libertà”. E dunque quelli che—a differenza del resto del popolo—amano la libertà, si sono messi subito al lavoro. Studenti, fornai, maestri, ed operai d’Italia, ovvero la classe lavorativa, appaiono come cantanti in una sorta di video musical, talmente meschino da sembrare adirittura una parodia, un gesto inusualmente auto-critico ed umoristico da parte di Berlusconi. Ma vedendo gli ascoltatori attorno a me stranamente commossi e rispettosi, o per lo meno non piegati da risate incontrollabili, ho capito la verità. È seguito lo shock: era sul serio. I protagonisti sorridenti del video, che cantavano frasi come “Viva l’Italia, l’Italia che ha scelto di credere ancora in questo sogno”,  “Canto così, con quella forza che ha solamente chi è puro di mente” ed il coro “Presidente siamo con te, menomale che Silivio c’è!”, mi hanno fatto venire i brividi, come stessi assistendo ad una di quelle manifestazioni staliniste dove i contadini sfilano e cantano sincronizzati. Ho sentito, non necessariamente dai candidati presenti, che tendevano ad occuparsi della comunità italoamericana, ma da questo video, il pieno risveglio del culto berlusconiano.



I tre politici si sono mescolati fra gli invitati, giovani impiegati dell’azienda che ha sponsorizzato l’evento, MSC (Mediterranean Shipping Company) e le mogli anonime sparse in una sala prevalentemente maschile. In un angolo, Sassi—che mi ricorda una particolare classe politica americana, quella dei good ole’ boys del Sud—esclama ad un gruppo che si è formato attorno a lui “Ho vinto la regata nell’Adriatico!” Dirà anche senza inibizioni che è entrato in politica perché si è “rotto le balle” della situazione italiana, e che lui comunque, non ha niente da perdere. “Ho cambiato la moglie, quella nuova ha vent’anni meno di me. La vedi lì, è quella bella. Se la campagna non mi va bene, vado in barca.” Cose più scontate ribadite dai candidati erano il bisogno di sostenere il “Made in Italy”, di migliorare l’immagine dell’Italia colpita dallo scandalo dei rifiuti, e di motivare i giovani—come e quando, non si sa bene.

 

Quello che si sa è che questi candidati andranno a pesca di voti, uno a uno, se necessario. Mentre stavamo parlando, Arcobelli ha interrotto la conversazione per agganciare un signore, compaesano e potenziale elettore, che voleva il suo biglietto da visita. Gli ha parlato per ben venti minuti, calcando l’accento siciliano ed alleggerendo la retorica militare. “Cavallo di battaglia” l’ha detto solo una volta.

 

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