Piero Bassetti presenta i suoi “Italici” alla Casa Italiana Zerilli-Marimò

Marina Melchionda (November 15, 2008)
L'evento rispecchia lo spirito dell’incontro tra Bassetti ed i-Italy: la comune missione di diffondere e consolidare una nuova identità “italica” in America e nel mondo. Un’identità trans-nazionale, cosmopolita e “g-locale”.

La Casa Italiana Zerilli Marimò della NYU ha aperto le sue porte a Piero Bassetti, imprenditore, politico ed intellettuale di spicco, presidente dell’associazione Globus et Locus, in occasione della presentazione del suo ultimo libro Italici, scritto con Niccolò d’Aquino e Paolino Accolla, tradotto in inglese su imput di i-Italy/Italian American Digital Project e pubblicato negli Usa dalla casa editrice Bordighera Press. Nella prefazione al libro, scritta da Letizia Airos Soria, emerge lo spirito dell’incontro tra Globus & Locus ed i-Italy: la comune missione di diffondere e consolidare una nuova identità “italica” in America e nel mondo — un’identità trans-nazionale, cosmopolita e “g-locale”.

 

L’evento, organizzato da i-Italy e sponsorizzato dal Consolato Generale d’Italia a New York, dalla Casa Italiana (NYU), dal Calandra Italian American Institute (CUNY), e da Bordighera Press, ha visto accademici, giornalisti ed esperti nel campo degli studi itaoamericani confrontarsi con l’autore in un serrato dibattito durato quasi tre ore. Stefano Albertini, direttore della Casa e professore alla NYU, ha introdotto la tavola rotonda a cui partecipavano il Console Generale Francesco Maria Talò, Anthony J. Tamburri (preside del Calandra Institute), Teresa Fiore (California State University Long Beach), Fred Gardaphe (Queens College, CUNY), Fabio Finotti (University of Pennsylvania), Niccolò d’Aquino (giornalista per il Corriere della Sera), Ottorino Cappelli, professore all’Università di Napoli “L’Orientale” e Project Coordinator di i-Italy, e Letizia Airos Soria, executive director di i-Italy e giornalista per America Oggi.
 
Come si trasforma la vecchia identità italiana nel nuovo mondo globalizzato e globalizzante? Quale ruolo assumono i nuovi strumenti tecnologici e mediatici nel disegnare la nuova italianità post-nazionale, quella che Bassetti definisce “italicità”? Quesiti che certamente non pretendono risposte semplici e immediate, ma che servono a sollevare dubbi e indurre alla riflessione.
 
Il dibattito, articolato e stimolante, è stato arricchito anche dal pubblico presente in sala, dimostratosi straordinariamente partecipe. Erano presenti innanzitutto tre protagonisti della comunità che hanno contribuito in modo determinante alla promozione della cultura italiana e itaoamericana: la Baronessa Mariuccia Zerilli-Marimò, il Cav. Joseph Coccia, fondatore del Coccia Institute della Montclair State University (NJ), e il Cav. Vincenzo Marra, fondatore di ILICA. E poi giornalisti, accademici e tanti giovani, tra cui diversi i graduate students in dipartimenti di italianistica, e “semplici” appassionati dell’Italia.
 
Si trattava di un vero e proprio campione degli “Italici” del libro di Bassetti. I protagonisti di una diaspora che ha sradicato i loro genitori e nonni dai territori di origine, ma anche quegli italofili che il sangue italiano non ce l’hanno e non l’hanno mai avuto. E inoltre quelli cui discendenza italiana è cosi remota, cosi lontana nel tempo, che ne hanno perso le radici, la lingua, le tradizioni. Non sono italiani, non lo saranno mai, forse. Ma sono i testimoni dell’Italicità nel mondo. Sono già cittadini globali in un mondo che ancora a volte fatica ad abbattere le barriere nazionali e statali. Si servono dei nuovi strumenti che l’odierna tecnologia offre loro, primo tra tutti Internet e il Web, esprimendo la propria italicità dal bassoe costruendo nuovi spazi di incontro virtuali ma molto concreti, una “città italica” che è al tempo stesso locale e globale.
 
Nel Manifesto che Bassetti ha accluso in appendice al suo lavoro, e che è stato letto da Lucia Grillo, regista ed attrice, per introdurre il dibattito queste persone vengono definite “glocalisti”. Così Bassetti definisce la loro identità: “Noi siamo glocalisti perché sappiamo che la tecnologia, cambiando le nostre idee di tempo e di spazio, ha cambiato il mondo e l’ha reso uno (...) e perché sappiamo che relazioni senza confini cambiano il significato di luogo, lo avvicinano a quello di nodo e aprono un nuovo rapporto tra globale e locale: attraverso le reti il globale entra in tutti i loci e ogni locus fa parte direttamente della dimensione globale”. 
 
 
(Pubbicato su America Oggi del 13/11/2008)
 

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