Napolitano a Washington. Il punto di vista italiano

Maria Rita Latto (May 27, 2010)
L'incontro del 25 Maggio alla Casa Bianca ha mostrato ancora una volta come tra Barack Obama ed il nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ci sia una forte, reciproca simpatia. Sebbene la stampa italiana non gli abbia dedicato lo spazio che merita, tra paginate di articoli sulla manovra di Tremonti e sulla legge contro le intercettazioni, hanno trovato posto anche interessanti valutazioni di eminenti analisti di politica internazionale...

La “visita di lavoro” di Giorgio Napolitano alla Casa Bianca lo scorso 25 maggio ha mostrato ancora una volta come tra Barack Obama ed il nostro Presidente della Repubblica ci sia una forte, reciproca simpatia. È stato, però, un incontro a cui i media nostrani non hanno dedicato lo spazio che meritava, forse perché avvenuto in un momento di grande crisi economica e con argomenti che ormai da giorni tengono banco nel nostro Paese. Tuttavia, tra paginate di articoli sulla manovra di Tremonti e sulla legge contro le intercettazioni, hanno trovato posto anche interessanti valutazioni da parte di eminenti analisti di politica internazionale che hanno fatto il punto sullo stato dei rapporti tra Stati Uniti ed Italia nell’era Obama.

In un’intervista al Corriere della Sera l’ex sottosegretario alla Difesa e consigliere di George Bush, Richard Perle, ha definito la visita del Presidente Napolitano “cruciale” per il suo paese. In effetti, nei giorni precedenti l’incontro, il Quirinale aveva più volte sottolineato come il viaggio a Washington del nostro Capo dello Stato fosse nato da un invito di Obama. Un incontro che era stato organizzato in tempi brevi dall'amministrazione Usa, una procedura alquanto insolita, dal momento che la consuetudine diplomatica e le agende di impegni vogliono che la data di un incontro del genere venga indicata e decisa con significativo anticipo. Nel comunicato ufficiale dell'incontro, la Casa Bianca sottolinea il ”forte contributo dell'Italia” alle operazioni di pace nel mondo rilevando che il Presidente Obama sarebbe stato “ben lieto di portare avanti le consultazioni con il Presidente Napolitano dopo il loro incontro avvenuto nel luglio scorso a Roma”.

Richard Perle spiega al Corriere della Sera quale potrebbe essere la ragione di tanta fretta. L’ex sottosegretario, anzitutto, ricorda che Obama, poco dopo l’insediamento alla Casa Bianca, si era messo in comunicazione con Napolitano prima ancora che con Berlusconi. ”Forse intendeva tenere il premier italiano a una qualche distanza, forse un gesto deliberato. Io non so se questo sia vero - dice Perle - ma ritengo probabile che Napolitano, il primo leader comunista italiano a visitare l’America negli anni ‘80, sia stimato da Obama”.

Perle, chiarendo che la collaborazione tra gli Stati Uniti e l'Italia esiste a prescindere dai loro rispettivi leader, ritiene che forse l’amicizia di Berlusconi con Bush probabilmente non potrà trasferirsi nel rapporto che il presidente del Consiglio avrà con Obama.

“Napolitano - dice Perle - ha molte esperienze di lotte di partito e la stabilità del vostro Paese è cruciale per noi”. Inoltre, a novembre in America si terranno le elezioni congressuali e la visita di Napolitano può essere vista anche in questa chiave. “Noi americani - sottolinea Perle - diciamo che alle elezioni sono importanti le tre I: Israele, Italia e Irlanda, cioè gli elettorati di origine ebraica, irlandese e italiana. A Obama, che oggi ha i suoi problemi con Israele, non nuoce di sicuro mostrarsi con Napolitano - conclude Perle - specialmente nell’imminenza della vostra festa del 2 giugno. I democratici sono in difficoltà ed hanno bisogno di appoggio”. 
 

Un altro autorevole commentatore di politica internazionale come Sergio Romano è stato interpellato da varie testate per una valutazione sul viaggio del Presidente Napolitano a Washington. Sul Corriere della Sera Romano fa un excursus sui rapporti tra Italia e Stati Uniti dal dopoguerra fino ad arrivare ai giorni nostri. Per Sergio Romano la politica estera italiana si è sempre basata “su una coppia di costanti: l’unità dell’Europa e l’amicizia con gli Stati Uniti”. Con l’avvento di Berlusconi, l’accoppiata euro-atlantica fu accantonata per privilegiare il rapporto con gli Stati Uniti. Tale scelta, secondo Romano, ha prodotto “risultati modesti” sulla politica estera italiana, mentre l’avvento di Obama ed il viaggio di Napolitano segnano il ritorno alla vecchia accoppiata e Berlusconi dovrà adattarsi a questa nuova svolta nei rapporti con gli Stati Uniti.
 

In un’intervista al Messaggero, l’ex ambasciatore Richard Gardner, il primo diplomatico USA ad aprire ai comunisti, giudica questa visita “ricca di sostanza” e definisce Napolitano e Barack “due leader intelligenti e saggi, ma anche pragmatici”. “Obama vuole capire quanto sia grave la crisi europea e lo chiede a qualcuno che come lui crede nell’esperimento europeo. Questo – continua Gardner- è un grande e importante successo politico per l’Italia. Amo tanto il vostro Paese, ma devo ammettere che l’Italia ha perso di importanza negli ultimi anni. Pochi qui a Washington ricordano il grandissimo contributo che il vostro Paese dà alle missioni di pace, e il suo ruolo nella creazione dell’Europa Unita. Il gesto di Obama verso Napolitano lo ricorderà a tutti”.
 

Naturalmente c’è anche chi, come Ida Dominijanni sul Manifesto, ha visto l’incontro come uno smacco per il “sultano”, ovvero Berlusconi, almeno così era stato definito dalla ex moglie Veronica Lario. Dominijanni parte da lontano, dal G8 che segnò l’inizio della reciproca simpatia tra Napolitano ed Obama, fino ad arrivare ad oggi, con “la nuova intesa contro la legge sulle intercettazioni. E per di più –continua la giornalista del Manifesto -, non è stato Napolitano a sollecitare l'incontro di Washington: glielo ha chiesto Obama, solitamente parco nel ricevere personalità europee. Ce n'è abbastanza per ferire a morte il narcisismo del Cavaliere. E, ci si può giurare, per alimentare la sua ennesima sindrome del complotto, americano stavolta”.
 

Sul Riformista Luigi Spinola vede il viaggio di Giorgio Napolitano come un modo per “rassicurare Barack Obama sulla tenuta politica ed economica del vecchio continente”. Spinola vede in Richard Gardner colui che ha spiegato agli americani “che il primo (post) comunista al Quirinale ‘è un vero statista, un vero democratico, e un sincero amico degli Stati Uniti’. Due anni dopo –aggiunge il Riformista- anche Henry Kissinger, in un incontro organizzato a Villa Madama da Aspenia, abbozza un'autocritica per la diffidenza di un tempo”.
Da quell'incontro di luglio i messaggi, anche indiretti, tra Washington e Roma si sono moltiplicati, fino al pubblico elogio della riforma sanitaria pronunciato da Napolitano, molto apprezzato da Obama, ed a sintonie sulla “green economy”, sulle questioni sociali e sulla questione mediorientale. Tuttavia, secondo Spinola, l’Europa in preda alla crisi economica ed il rischio di contagio spingono il Presidente Obama “fin qui poco interessato a noi, a prendere sul serio la nostra debolezza. Politica oltre che economica. Evidente negli ondeggiamenti dei decisori europei, che secondo Giorgio Napolitano hanno causato ‘pesanti perdite di prestigio’”.

 

La visita del Presidente Napolitano negli Stati Uniti prevedeva anche un incontro con Nancy Pelosi che si è svolto in un clima di grande cordialità. La Presidente della Camera ha definito Giorgio Napolitano “un grande leader, uomo di cultura e difensore della democrazia”, il cui valore è riconosciuto non solo in Italia “ma anche nel resto del mondo”. Nancy Pelosi ha anche raccontato che quando fra i membri della Camera e del Senato si è sparsa la voce che il Presidente italiano avrebbe tenuto un discorso, c’è stata una tale richiesta di partecipazione che “è stato necessario scegliere una sala più grande”. E poi, dulcis in fundo, a coronare il successo della visita in terra americana del Presidente Napolitano, ha ammesso: “Noi tutti pensiamo che Giorgio abbia il miglior lavoro al mondo, in quanto Presidente dell'Italia”.

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