Il Ghetto di Venezia di Regina Resnik

Sara Capraro (January 30, 2009)
New York: nella settimana dedicata al Giorno della Memoria, l’Istituto Italiano di Cultura presenta ‘The Historic Ghetto of Venice’, documentario a cura di Regina Resnik


Oggi si è soliti utilizzare la parola ‘ghetto’ in riferimento a luoghi ove vengono confinati gli emarginati senza speranza, gli esclusi dalla società. Posti in genere poco sicuri, dove la criminalità è poco controllatabile. Gli stessi titoli dei giornali troppo spesso urlano la notizia dell’ultimo scontro nel ghetto della Bradford inglese, della vecchia Harlem americana o delle Banlieues parigine. Ma il termine Ghetto in sé per sé nasce in un tempo molto più lontano, e con tutt’altro tipo di significato. Nasce legato e stretto intorno ad un popolo ebraico che in quei ghetti trovò dapprima dimora e purtroppo in certi anni  prigione.

 Il documentario "Lo Storico Ghetto di Venezia", presentato all’Istituto Italiano di Cultura di New York lo scorso 26 Gennaio, racconta la storia del primo Ghetto, dove la comunità ebraica locale fu confinata già secoli prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. Circa un centinaio le persone che hanno assistito alla proiezione, in un rispettoso silenzio che sapeva di sentita emozione.

Ad accogliere i presenti il Direttore dell’Istituto, Renato Miracco, che ha presentato l’evento con parole forti. “È veramente importante essere qui insieme per ricordare [...] Io penso che esistano due tipi di memoria. La memoria delle persone che vissero quegli orribili anni, e quella tramandata da questi a noi. La memoria che noi possiamo creare, giorno dopo giorno, ricordando e condannando il passato non è abbastanza. Questa notte siamo qui per ricordare in un modo differente, cercando di trarre una lezione che serva per il presente”. Miracco recitera' poi, alla fine della proiezione, parole di Primo Levi.  Estratti di un brano tratto da ‘La Tregua’  trasmessi dal direttore con straordinaria enfasi e trasporto.

Dopo anche il Console Generale d’Italia a New York, Francesco Maria Talò,  ha espresso un forte appoggio all'iniziativa promossa dall'Istituto, un evento che porta all’attenzione una parte molto importante dell’identità e della cultura italiana. 

A presentare il documentario, nella sua versione originale del 1982, il figlio di Regina Resnik (direttrice e produttrice della pellicola insieme al marito Arbit Blatas)e il tenore Michael Philip Davis.

L'idea alla base del progetto, spiega, nasce dall'interesse dei coniugi Resnik e Blatas nell'approfondire la storia di un luogo poco conosciuto ai più, un luogo che fu il primo ad essere chiamato ghetto, da cui tutti gli altri, ebraici e non, presero poi il nome.

In quel luogo, di poche centinaia di metri, sito nel cuore del sestiere Cannaregio, su un isolotto ben controllabile attraverso due soli accessi, gli ebrei veneziani furono obbligati a risiedere per quasi tre secoli, senza poter uscirne la notte e durante le feste cristiane. Tre secoli in cui il popolo ebreo della Venezia di quegli anni lavorò e pregò, pagò le tasse e procreò. Fino a che un giorno le camicie nere irruppero nella Casa di riposo e portarono via duecento fra vecchi, donne e bambini, e li caricarono sui treni piombati. Solo in sette sarebbero ritornati. A ricordare quella tragedia, ora, esiste un bassorilievo memoriale dell’Olocausto, nel Campo del Ghetto Nuovo, in cui l’artista lituano Arbit Blatas ha rappresentato gli ebrei privi di volto diretti verso le camere a gas.

E' un film che, con le sue immagini per lo più in bianco e nero, racconta una storia amara. Un viaggio nel passato, per ‘conoscere’, ricordare e guardare al futuro.

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