Cico, il Van Gogh dei graffiti

Riccardo Chioni (July 05, 2008)
Chico, assieme a Jairo, giovane italoamericano suo allievo, impugna la bomboletta spray per dipingere i muri. Oggi Chico è un "graffitista patentato" dalla municipalità newyorkese che non lavora più in clandestinità...


Non è ancora mezzogiorno di sabato quando Chico, bozzetto alla mano, traccia il primo segno di spray nero sul muro della 12th Street angolo Avenue A e subito l'angolo del East Village diventa un laboratorio d'arte all'aperto.

Sul marciapiedi l'assistente posiziona allineate in fila una schiera di bombolette di ogni colore come tanti soldatini pronti a sparare colore, Chico dice che ne userà almeno un centinaio.

Si avvicina l'ora del mitico brunch, ma anche chi va di fretta sembra venire calamitato da questo work in progress del maestro newyorkese dei graffiti, in arte Chico che in molti riconoscono, mentre tanti passanti si fermano e attaccano bottone con lui che non riesce a dare corpo al suo lavoro, distratto ogni minuto.

Ad un certo punto lo avvicina una coppia che gli chiede se può "mettere mano" ad un muro esterno dell'edificio dove abitano che - spiegano i due a Chico - ha bisogno di essere rivitalizzato un po', ad appena un isolato da dove sta lavorando.

Ma non sono i soli a cercare di raccogliere una promessa d'arte da parte di Chico. Nel giro di neanche un'ora le richieste di graffiti si contano già in numero di tre e lui ha ancora sei ore di lavoro da eseguire.

Una ragazza si ferma, gli chiede di vedere il bozzetto dell'opera e domanda se ha disegnato anche quello sotto casa sua "perché - gli dice - è talmente bello che l'ho fotografato e spedito in giro per il mondo".

Ora Chico, assieme a Jairo, giovane italoamericano suo allievo, non deve più guardarsi alle spalle quando impugna una bomboletta di vernice spray per dipingere sui muri.

Oggi Chico è un "graffitista patentato" dalla municipalità newyorkese che non lavora più in clandestinità, ma va ad operare là dove la comunità ha deciso di dare un tocco artistico corredato di messaggio positivo per il rione, diventato un marchio di fabbrica dell'artista.

Come ci si sente nel ruolo di "artista dei graffiti patentato", ora che la scuola Chico ha fatto storia e può addirittura vantare il sostegno della municipalità?

"Ti fa sentire bene, perché è qualcosa che ormai faccio da trenta anni. E devo dire che all'inizio non era gratificante quando i ragazzini scarabocchiavano sopra i miei murale i loro nomi, le loro sigle e questo non piace alla gente. Così ho deciso di passare dalle carrozze della subway alle strade, per portare un messaggio alla comunità e renderla più attraente: qualcosa che appunto faccio da tre decenni".

È un messaggio chiaro e diretto quello che Chico invia dai graffiti sui muri e gli abitanti del quartiere sembrano apprezzare l'impegno.

"È gente che trova il tempo di guardare, di apprezzare il mio lavoro e mi rispetta per questo, perciò mi sento gratificato per quello che faccio per la comunità. Si tratta solo di messaggi popsitivi - sottolinea -, niente violenza, niente politica".

E mentre da una parte la polizia attraverso una task force dà battaglia ai graffitisti vandali, dall'altra la città di New York riconosce ufficialmente un artista che ha contribuito a renderla più vivace.

"Ora la città di New York ha stabilito che il primo settembre sarà ricordato come Chico Day, lo ha approvato il consiglio comunale nel riconoscere valido il mio lavoro che si snoda appunto attraverso settanta mila graffiti in tre decenni".

E non solo a New York, Chico racconta di avere lasciato sue opere e la sua firma sui muri di mezzo mondo, da Parigi a Tokyo, da Londra a Roma.

"Vado nei ghetti - spiega - e cerco di renderli più vibranti con colori e messaggi positivi".
Cosa senti quando capita di dover sovrimporre un nuovo lavoro ad uno precedente?

"Devo dire che ferisce un pochino. Primo perché è già lì, poi perché rimarrà solo nella memoria. Ba bisogna cambiare, perché tutto nella vita cambia in fretta".

C'è chi sarebbe disposto a fare carte false per poter seguire la "scuola Chico" in strada e non solo i ragazzi americani, considerato che la sua fama di graffitista non conosce confini geografici.

"È quello che è nella mia mente: la creazione di una scuola itinerante che si trasferisce dove c'è da lavorare per migliorare un ambiente della comunità, oltre a insegnare cose positive ai ragazzi che vogliono seguirla".

L'arte dei graffiti - ne è convinto Chico - allontana i ragazzi a rischio dalle tentazioni della strada, semmai in strada lavorano a progetti che danno loro soddisfazione, che li portano a diventare orgogliosi di essere apprezzati dalla loro stessa comunità che tendono a migliorare.

È nota la crociata del consigliere comunale Peter Vallone Jr. contro i graffiti indiscriminati in città e nel suo quartiere di Astoria dove guida squadre di volontari che li rimuovono.

"Non tutti i graffitisti sono criminali. Ci sono due categorie: gli artisti e i vandali criminali che imbrattano le proprietà. E ci sono quelli come me che vanno a rimediare il vandalismo".

Indica l'altro lato della strada dove i muri e le saracinesche dei negozi sono ricoperte di nomi e sigle in un garbuglio segni e colori e aggiunge "quello per me è vandalismo".

"Link6" è il "tag" o nome d'arte scelto da Jairo, italoamericano di 23 anni, allievo per passione del maestro Chico, suo assistente nella stesura dei lavori, ex graffitista clandestino, adesso pure lui "patentato".

"È un sollievo pensare che hai un permesso per fare questo lavoro, che non devi nasconderti, che il murale non verrà vandalizzato perché sarà qui per adornare il rione. È una grande possibilità per l'artista che vede riconosciuta la propria arte".

Jairo racconta che la sua ammirazione per l'arte di Chico è scattata sette anni fa.

"Quando ho visto il murale che ha allestito dopo gli attentati alle Torri Gemelle alla 14th Street e Avenue A. Senza permesso è andato e ha lasciato il segno di cosa rappresentava per lui la tragedia. Quel lavoro ha cambiato la mia vita e da allora ho inizato a lasciare impresso il mio nome dappertutto. Forse fin troppo, ma ti fa sentire bene quando vedi il tuo nome in un'opera d'arte su un muro. Certamente il lavoro di Chico ha avuto un'influenza su di me perché è un po' come la Pbs dei murales, è l'Abc degli apprendisti come me. Mi piace la pittura - sottolinea Jairo -, che sia frutto della mia fantasia o nell'aiutare altri che disegnano, non fa differenza. È come avere propri lavori in una galleria d'arte all'aperto: questo fa piacere alla gente e a me dà immensa soddisfazione. Diamo colore a un rione e a questo in particolare dove sono cresciuto".

(Pubblicato su Oggi7 del 29 giugno 2008)

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