Casa Italiana Zerilli Marimò della NYU. Ponte di dialogo culturale tra Italia e USA

Marina Melchionda (October 07, 2008)
In questa intervista Stefano Albertini ci racconta la sua esperienza umana e professionale da direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimò della NYU, polo di socializzazione e interscambio culturale a cavallo tra gli Stati Uniti e l’Italia

 Professor Albertini, da quanto tempo dirige la Casa Italiana?

Sono arrivato qui nel 1994. Sono stato  prima vice-direttore della Casa e nel 1998 sono diventato il direttore. Al tempo stesso ho sempre continuato ad insegnare alla  New York University. I due incarichi sono sempre stati collegati e prendono più o meno spazio nelle mie giornate a seconda dei periodi. Ho sempre mantenuto l’impegno accademico,  mi appassiona.  I rapporti con gli studenti, la ricerca...il dover essere sempre informato per preparare le mie lezioni in classe...fa tutto parte di un training che mantiene anche la Casa Italiana più viva, più vicina agli interessi delle persone giovani, degli studenti universitari.
 
Cosa distingue la Casa Italiana?
 
Noi facciamo promozione culturale ma soprattutto promozione di dialogo. Non abbiamo mai creduto che l’Italia fosse un prodotto da vendere, il Paese da magnificare o il luogo ideale dove far studiare i ragazzi. Non c’è bisogno della nostra sponsorizzazione: l'Italia è bella già da sola...la gente è simpatica per suo conto. Per cui non ci assumiamo un ruolo da missionari. Il nostro obiettivo è promuovere un dibattito culturale tra l'Italia e gli USA. In questo siamo agevolati dal fatto che siamo inseriti all'interno della New York University, un'importantissima università americana che ci permette di proporci come parte integrante della vita culturale di questo Paese.
Inoltre siamo stati i primi ad avere attenzione per la realtà italo-americana.  E' stata la Baronessa Mariuccia  Zerilli Marimò, la nostra Presidentessa, a capire per prima quanto fosse importante studiarne la cultura e le caratteristiche.  Abbiamo fondato per questo la cattedra di Studi Italo-Americani, "Tiro a segno,  Fellowship in Italian-American Culture”, afferente al dipartimento di Italianistica. Riconosciamo una sfaccettatura, evoluzione, sfumatura della cultura italiana anche in quella italo-americana.
 
Quale è il vostro rapporto con la NYU?
 
La NYU è molto rispettosa dell’indipendenza accademica ed intellettuale delle sue istituzioni. Ha pieno rispetto della libertà accademica e dell’iniziativa culturale. Lo stesso vale per la nostra fondatrice e il nostro Board direttivo. C’è un orientamento estremamente aperto. Queste è una premessa importantissima.
Uno spazio di dialogo come il nostro è poi davvero benvoluto. Perciò i miei colleghi – non solo della NYU, ma anche della Columbia University e della CUNY – dimostrano sempre enorme generosità ed interesse di fronte alle nostre iniziative, dal momento che si rivelano un'occasione per portare il discorso accademico al di fuori delle aule e confrontarsi così con il pubblico.  

 
Andiamo sul personale. Come l'ha cambiata questa esperienza? Ha mutato il suo modo di essere italiano qui?
 
Si è un’esperienza molto particolare. A volte mi sembra di non essere nemmeno negli USA. Per il mio lavoro è fondamentale sapere sempre cosa sta succedendo in Italia dal punto di vista culturale, letterario... c’è un costante reality check che da una parte mi induce ad una costante attenzione all'italianità, ma che dall’altra mi porta a confrontarmi con la realtà americana.
Non è un lavoro qualunque, mi ha cambiato. Mi ha costretto a rivedere costantemente le cose in cui ho sempre creduto, a leggere libri che altrimenti non avrei mai letto...ad imparare delle cose che poi ho scoperto essere molto interessanti... a conoscere persone dalle esperienze straordinarie da artisti a politici...
Tutta questa parte è bellissima, entusiasmante. 
Direi però che la scoperta più grossa è stata la comunità italo-americana che non conoscevo. 
  
A quale aspetto dell'Italia sono più interessati i suoi studenti americani o italo-americani?
 
Distinguo i nostri studenti in due categorie: quelli in partenza e quelli di ritorno dall’Italia.
I "pre-Italia" sono quelli che si stanno preparando a fare la loro esperienza nella nostra sede a Firenze, che accoglie circa 400 studenti a semestre. In questi studenti c’è interesse nel Medioevo, nel Rinascimento...nelle cose che associamo più tradizionalmente all’Italia. Negli studenti di ritorno c’è invece  molto interesse per l’Italia contemporanea, dal II dopoguerra ad oggi. Questi studenti vogliono conoscerne l’aspetto politico, economico, sociale.
  
Quale è l'aspetto del suo lavoro che più le piace?
 
Provocare le persone a parlare di cose di cui altrimenti non parla. Riunire persone che altrimenti non si conoscerebbero. Qui sono nati progetti, collaborazioni, libri considerabili il frutto di incontri avvenuti tra queste mura. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo presentato un'opera del bravissimo Paolo Mastrolilli. In quell'occasione conobbe  un editore americano da noi invitato e  in primavera  pubblicherà qui il libro tradotto in inglese.
 
Quali sono le prossime iniziative della casa Italiana?
 
Parliamo di arte. Ora ospitiamo una mostra importante che raccoglie una serie di incisioni di Giorgio Morandi. A novembre ne avremo una fotografica che si intitolerà "Tra la via Emilia ed West". Il fotografo, Paolo Simonazzi, ha fatto i suoi scatti in Emilia Romagna, catturando paesaggi del tutto simili al west americano.
Quelle foto potrebbero essere state scattate in Arizona. Rappresentano il mito dell’America rivissuta in questa parte di Italia. Bar che sembrano dei saloon, pensioni che si chiamano Motel... 
A dicembre faremo un’altra mostra egualmente bella ma completamente diversa: esporremo una collezione proveniente dal Museo del Giocattolo di Canneto sull’Oglio, in provincia di Mantova. Il paesino fu per 100 anni la capitale del giocattolo in Italia.  Attraverso la storia di questi giocattoli tenteremo di ricostruire 100 anni di storia sociale italiana.
 
Collaborate con altre istituzioni italiane presenti sul territorio newyorkese?

 
Collaboriamo in particolare con l' Istituto Italiano di Cultura, perchè abbiamo una missione simile: promuovere la cultura italiana a New York. Loro lo fanno sul versante istituzionale, noi su quello accademico. La mostra di Morandi è, ad esempio, organizzata nei nostri due poli. Anche Il premio letterario "Zerilli Marimò-Città di Roma" viene organizzato in partnership con l'Istituto. Ma manteniamo costanti rapporti con l'Italiian Academy della Columbia University, con il Calandra Institure della Cuny, con il Centro Primo Levi.
 
Tra un po' ci sarà un evento molto importante per la Casa italiana. Il premio "Zerilli Marimò-Città di Roma".
 
Si  premio è alla sua nona edizione. E' importante perchè prevede la traduzione dei romanzi premiati. Tre finalisti verranno invitati a NY la settimana prossima. Nelle 8 edizioni precedenti 7 libri sono stati pubblicati con traduzione in inglese grazie al premio. È  organizzato in collaborazione con la Casa delle Letterature del Comune di Roma,  
Presto conosceremo il nome del vincitore di quest'anno. Ci auguriamo naturalmente che il premio porti anche a lui grande fortuna negli USA, cosi come è stato per le edizioni precedenti!
 
 

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La Casa Italiana Zerilli-Marimò, sede del Dipartimento di Studi Italiani della New York University, fu fondata nel 1990 per iniziativa della Baronessa Mariuccia Zerilli-Marimò. La missione dell’istituto è diffondere la cultura italiana a livello internazionale con la convinzione che essa non appertiene solo agli italiani ma anche a chiunque desideri conoscerla.

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