Articles by: Alfonso Ruffo

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    ECONOMIA - Il Sud che funziona

    Non sono tante quanto potrebbero e dovrebbero essere ma non sono neanche pochissime, come ci ricorda la Fondazione Ugo La Malfa con il suo rapporto annuale. E, sorprendentemente, hanno performance perfino superiori a quelle delle più agguerrite concorrenti del Centro e del Nord.

     

    Si tratta delle grandi e medie imprese industriali del Sud che, percepite e raccontate come eccezioni, sfidano geografia e luoghi comuni per affermarsi in Italia e all’estero con le caratteristiche dei campioni.

     

    Operano nei settori più diversi e sono accomunate dalla voglia matta di emergere, aumentare la dimensione aziendale, uscire dai confini nazionali o consolidare la presenza all’estero, migliorare l’organizzazione e la qualità dei prodotti. Non per niente è possibile ritrovarle per la maggior parte sulla piattaforma Elite promossa da Confindustria e Borsa Italiana per presentare al mercato finanziario le realtà più dinamiche e promettenti o negli elenchi dei contratti di sviluppo gestiti da Invitalia che sotto la guida di Domenico Arcuri si afferma come partner decisivo per chi abbia importanti progetti d’investimento. (E ancora di più lo sarà quando diventerà operativa la Banca del Mezzogiorno acquisita di recente dalle Poste).

     

    Ne proponqui qui una carrellata senza alcuna pretesa scientifica e avvertendo fin da subito che la galleria sarà per forza di cose incompleta. Promettendo, però, che ci saranno nuove occasioni per riempire i buchi e offrire ai lettori una panoramica quanto più viva e realistica possibile del gran fermento che c’è sotto un’apparente calma piatta. Basta sollevare il velo dell’indifferenza per scoprire una riserva di energia che, con molta buona volontà e un po’ di coraggio, potrebbe dare un impulso decisivo alll’assetto economico del Paese.

     

    Non ha certo bisogno di presentazioni il gruppo Grimaldi che con 120 navi è un colosso armatoriale tra i più affermati al mondo. Sotto l’impulso di Manuel, suo fratello Gianluca, il cognato Diego Pacella, i figli Guido ed Eugenio, l’azienda napoletana ha fatto dell’innovazione la sua carta vincente e nonostante le dimensioni acquisite non si stanca di sfornarne di nuove. Oggi è alle prese con un brevetto rivoluzionario nel campo della propulsione: batterie al litio in grado di ricaricarsi durante la navigazione quasi azzerando ogni forma d’inquinamento.

     

    All’evoluzione digitale si sta dedicando la Getra – due stabilimenti in provincia di Caserta – specializzata nella realizzazione di trasformatori elettrici di grande potenza che alimentano, solo per fare qualche esempio, la City di Londra e a Dubai il grattacielo più alto del mondo (il Burj Khalifa). Il suo patron Marco Zigon, di terza generazione mentre con le figlie Ludovica e Claudia si affaccia la quarta, è stato di recente nominato Cavaliere del Lavoro ed è entrato nel Consiglio superiore della Banca d’Italia.

     

     

    Sulla frontiera della ricerca si colloca anche la Magaldi di Salerno che, leader mondiale nel campo della movimentazione di materiale ad alta temperatura e costruttore di oltre mille impianti sparsi per il globo, si sta ora concentrando sulla capacità della sabbia come accumulatore di energia solare. Se dovesse rivelarsi corretta l’intuizione del titolare Mario, imprenditore-inventore al pari dei suoi avi, si risolverebbe il principale problema dell’energia termica che non andrebbe più dispersa e potrebbe essere utilmente rilasciata un po’ alla volta.

     

    Inarrestabile il cammino della Adler-Peltzer di Paolo Scudieri che partendo dalla nativa Ottaviano ha inaugurato nei giorni scorsi a Bratislava, con i figli Achille e Luca, il sessantaquattresimo stabilimento di un impero presente in ventitrè Paesi con sette siti di ricerca, 13mila dipendenti e un fatturato di un miliardo e mezzo nella progettazione e produzione di componenti per il sistema dei trasporti (in particolare dell’automotive e dell’aeronautica) avendo per clienti anche Ferrari, Porsche, Audi, Rolls Royce, Agusta, Alenia, Boeing, Bombardier.

     

    Attraverso la sua holding Angelo InvestmentsVito Pertosa è attivo in Puglia nell’autodiagnostica ferroviaria e nel segnalamento (MerMec), nell’aerospazio e nella costruzione di satelliti (Sitael), nella produzione di aerei ultraleggeri in fibra di carbonio (Blackshape). È l’unica realtà italiana ad aver partecipato con la Nasa al laboratorio spaziale mobile conosciuto come Mars Rover Curiosity per l’esplorazione di Marte.

     

    Consolidate e quasi parallele le esperienze della Seda e della Laminazione Sottile. Entrambe leader nei rispettivi settori di appartenenza, cartotecnica e fogli di alluminio, hanno avuto un fondatore geniale – rispettivamente Salvatore D’Amato e Guido Moschini – e sono state ampliate in una dimensione internazionale da due coppie di fratelli – Antonio e Gianfranco, Massimo e Luca – che le gestiscono con indiscutibile profitto.

     

    Più piccoli ma non per questo meno interessanti i casi tecnologici di Coelmo Graded-Grastim. La prima realizza gruppi elettrogeni: dai piccoli generatori per imbarcazioni a sofisticati marchingegni a fini militari. Fondata nel primo Dopoguerra da Mario Monsurrò, l’azienda è oggi amministrata e sviluppata anche sul piano internazionale dal figlio Marco. Nata con il padre Lucio per installare impianti di riscaldamento, la seconda realtà è oggi diventata una Energy Saving Company attiva oltre i confini nazionali grazie al lavoro dei fratelli Vito e Federico Grassi.

     

    Nel ricco settore dell’alimentazione spicca senz’altro la Besana di San Gennaro Vesuviano che, guidata da Pino Riccardo Calcagni (padre e figlio), coordina una galassia di duemila aziende agricole in Italia e all’estero per produrre e vendere frutta secca ed essiccata in 100 milioni di confezioni l’anno.

     

    Qui il campo è molto largo e accoglie un nutrito gruppo d’imprese che stanno conoscendo una stagione di successi dentro e fuori casa. C’è La Doria di Angri, in provincia di Salerno, colosso della lavorazione di derivati del pomodoro, sughi, succhi e bevande, governata da Antonio Ferraioli e unica azienda industriale al Sud a essere quotata a Piazza Affari. Troviamo la Kimbo dei fratelli AlessandraPaola e Mario Rubino che nel caffè sono secondi in Italia solo alla Lavazza e conducono un’attività promozionale molto spinta che va dalla Scala di Milano al Calcio Napoli. E che, in un gioco di contaminazioni, ha lanciato con la Fabbrica della Pasta di Gragnano – gestita dai fratelli Ciro, Antonino, Marianna e Susanna Moccia – i fusilli al gusto di caffè.

     

    Presenze di valore si riscontrano anche nell’acqua minerale con due tra le più conosciute e apprezzate compagnie che si riforniscono nell’alto casertano da fonti molto vicine: la Ferrarelle di Carlo Pontecorvo(Riardo) e la Lete di Nicola Arnone (Pratella). La prima sta ampliando la gamma dei marchi che oggi contempla Vitasnella, Boario, Natìa, Santagata, Evian e l’ultimo arrivato Fonte Essenziale con proprietà curative riconosciute dal ministero della Sanità. La seconda è l’acqua ufficiale della Nazionale di calcio italiana e, quello che più conta per il pubblico locale, della squadra del Napoli di cui è sponsor storico.

     

    A Benevento, più precisamente a Montesarchio, sorge il complesso che dà vita all’Olio Dante oggi disponibile in numerose versioni comprese quella con vitamine per aggiungere benessere al piacere della tavola. Un’intuizione del patron Biagio Mataluni che ha realizzato un processo verticale integrando tutte le fasi della produzione. Sui vini ci sarebbe da scrivere un’antologia. Per tutti accendiamo i riflettori sulla cantina a conduzione familiare Argiolas, vicino a Cagliari, tre bicchieri del Gambero rosso, dove i fratelli Franco e Giuseppe su intuizione del padre Antonio preparano il famoso Cannonau.

     

    Nella patria della pizza non può mancare il numero uno delle farine e infatti il Molino Caputo di Carmine e Antimo, padre e figlio, ne lavora per tutti i gusti e tutti gli usi (compresa la variante per celiaci) organizzando ogni anno a Napoli la più grande manifestazione dedicata al settore, il Pizzafest, e animando a New York un’accorsata scuola per pizzaioli.

     

    A Matera, in Basilicata, si sta affermando con sempre maggiore convinzione il biscottificio Di Leo che, fondato nel 1860, è stato tra i primi a eliminare tra gli ingredienti l’olio di palma e usare quello di mais per volontà dell’intraprendente amministratore Pietro. In Puglia e Basilicata è secondo nelle vendite alla sola Barilla ed è presente con le sue confezioni negli store che Eataly ha nel mondo.

     

    Sempre a Matera cresce la Weber di Pasquale Lorusso, tra l’altro presidente degli industriali lucani, specializzata nella produzione e commercializzazione di accessori in acciaio nei settori automotive, medicale e museale.

     

    Resiste con qualche complicazione il re dei salotti Pasquale Natuzzi che quotò l’azienda di poltrone e divani alla Borsa di New York già nel 1993. Cresciuto come leader mondiale di settore, il gruppo è oggi impegnato in un programma di ristrutturazione ma è sempre un punto di riferimento per l’economia del territorio a cavallo tra la Puglia e la Basilicata.

     

    Molto interessante il profilo della Gias che in provincia di Cosenza produce surgelati. Fondata negli anni Settanta da Antonio Tenuta, per la qualità dei suoi prodotti l’azienda fu notata dalla Findus che ne diventò il primo cliente. Nascono qui i Quattro salti in padella e la Zuppa del casale. Oggi l’impresa è gestita dalla figlia Gloria che si presenta con una laurea in Economia e commercio presa a Bologna e un master negli Stati Uniti.

     

    Tra i tanti possibili esempi di realtà virtuose si affaccia in Sicilia quello di Mosaicoon, piattaforma di produzione e distribuzione di video per il web che agli International Business Award di un paio di anni fa è stata riconosciuta come miglior impresa innovativa d’Europa per poi assicurarsi anche il Premio Demattè come Private Equity of The Year. Fondata da un giovanissimo Ugo Parodi Giusino con un investimento iniziale di 10mila euro, la start up fu subito notata dal fondo Vertis di Amedeo Giurazza che apprestò i primi finanziamenti per la crescita. Oltre che a Palermo, dov’è nata, oggi è presente a Roma, Milano, Madrid, Londra, Seoul, Nuova Delhi, Singapore.

     

    Un discorso a parte meritano abbigliamento e accessori che in campo maschile hanno a Napoli la capitale mondiale. Un raggruppamento di firme come AttoliniKiton e Isaia per gli abiti, Marinella per le cravatte, Finamore e Barba per le camicie, Tramontano per le borse, De Cristofaro per le calzature, Ascione per il corallo è difficile ritrovarlo altrove. Riuniti fino a qualche anno fa nel consorzio Napoli Crea per affrontare insieme e con più efficacia i mercati internazionali, gli imprenditori hanno poi sciolto il sodalizio senza per questo far venir meno i rapporti di collaborazione e talvolta di amicizia. Prosegue il cammino del bassotto di Harmort & Blaine, nel cui capitale è entrato il fondo Clessidra, e si fanno apprezzare i marchi Antony MoratoKocca e Silvian Heach.

     

    Si arricchisce di un nuovo capitolo la storia imprenditoriale delle famiglie Cimmino e Carlino che sotto l’ombrello di Pianoforte Holding (il 10 per cento è d’Intesa Sanpaolo) gestiscono tre marchi di grande impatto come Yamamay per l’intimo, Carpisa per la valigeria e Jaked per l’abbigliamento tecnico sportivo. Forte di milletrecento negozi in cinquanta Paesi, Pianoforte progetta uno sbarco in grade stile in Cina ed ha lanciato proprio in questi giorni un nuovo concetto di punto vendita chiamato Carpisa Go e dedicato all’argomento del viaggio.

     

    Pubblicato su EonomyMag

  • Fatti e Storie

    ECONOMIA - Anno record per la Bei: Italia primo mercato

    Il 2017 è stato un anno record per la Bei in Italia che risulta così il primo Paese d’Europa per la quantità dei finanziamenti ricevuti: 12,3 miliardi, per la precisione, e cioè il 10 per cento in più del dato 2016 che pure non era stato male. Un dato che vale lo 0,7 per cento del Pil e che ha certamente contribuito a determinare il buon andamento dell’economia come hanno fatto notare il vice presidente Dario Scannapieco e il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan all’atto della presentazione dei risultati.

    Le operazioni concluse, tra grandi e piccole, sono state 119 divise tra prestiti della Banca Europea per 10,8 miliardi e interventi del Fondo Europeo (Fei) nel capitale e a garanzia per 1,5 miliardi. Il valore complessivo degli investimenti attivati ha raggiunto i 41,9 miliardi che equivalgono al 2,4 per cento del Prodotto interno lordo. In pratica, il peso di una discreta manovra finanziaria.

    A fine anno la Bei impiegava in Italia 67,22 miliardi a fronte di rapporti con 39.700 imprese e 542mila occupati. Questo per dire che il fenomeno è da tempo uscito dal limbo delle relazioni ristrette per diventare molto diffuso e capillare. Nell’ultimo decennio il gruppo ha sostenuto investimenti nel Paese per oltre 270 miliardi, ha finanziato 210mila imprese e sostenuto 6 milioni di posti di lavoro nei settori più diversi.

    Il raggio d’azione si è inoltre molto ampliato e accanto alle classiche operazioni attraverso il sistema bancario crescono le attività con la pubblica amministrazione, nelle infrastrutture e nell’ambiente, in ricerca e sviluppo, nel campo del sociale. La Bei, inoltre, è stata e continua a essere un grande promotore del piano Junker per le grandi opere cui anche è affidato il risveglio dell’Unione dopo la batosta della crisi. E se qualche segnale di ripresa arriva, sarà anche per l’avvio di numerosi progetti.
    Neanche una settimana fa è stato presentato a Milano l’Elite basket bond rivolto a dieci imprese selezionate da Borsa Italiana per un esperimento di emissione obbligazionaria condivisa e garantita che la Bei ha sottoscritto al 50 per cento in pratica rendendo possibile avviare l’iniziativa.

    Anche in questo caso l’intento è favorire la nascita di buona finanza per lo sviluppo dell’economia reale.
    Insomma, benché basata in Lussemburgo e in apparenza lontana, la Banca europea degli investimenti è da tempo diventata un attore centrale della politica industriale nazionale e rappresenta un punto di riferimento a vantaggio di pezzi della funzione pubblica, ministeri e Regioni, per la gestione congiunta di attività che altrimenti non saprebbero come realizzarsi.

    Per svolgere questa funzione a tutto campo la Bei ha dovuto naturalmente ampliare di molto la sua operatività senza perdere la reputazione e il rating che le assicurano un facile e favorevole approvvigionamento di valuta. Soprattutto, considerevole è stato l’avvicinamento alle piccole imprese dinamiche che adesso sanno che per reggere l’urto del mercato devono imparare a diventare medie e poi grandi.

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    Pubblicato su www.ildenaro.it