Articles by: Giovanna Pagnotta

  • Arte e Cultura

    Anni '80. Quell'Italia che non c'è più

    Molto più che la presentazione di un libro quella avvenuta lo scorso 9 Aprile presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò. Luci soffuse, atmosfera tenue e foto di quelli che erano glii italiani negli anni ottanta, scorrono nello schermo della sala.
     

    Le immagini sono quelle del libro fotografico di Charles Traub “La Dolce Via”, che con spontaneità e umorismo ci offre uno scorcio dell’Italia raccontata in uno dei periodi guardati con più nostalgia dagli over 30 Italiani. 

    Si tratta della prima raccolta completa degli scatti realizzati dal fotografo americano da Milano a Marsala nei primi anni ‘80, appunto.

    Attualmente Charles H. Traub è a capo del dipartimento MFA Photography, Video, and Related Media alla School of Visual Arts di New York, oltre che presidente della Fondazione Aaron Siskind.

    Le immagini sono state esposte, prima della pubblicazione del libro, al Museo Hudson River, alla Light Gallery di New York e alla Galleria Agorà di Torino a metà anni ‘80.
     

    “Queste foto sono state scattate agli inizi degli anni ottanta e ritraggono un’Italia senza eguali” ci spiega l’autore del libro. 

    Ed infatti gli scatti di Traub raccontano ragazzi con pantaloni rigorosamente a vita alta, capelli cotonati e abiti color pastello, descrivono proprio un’Italia in continua lotta per rimanere al passo con quella che cominciava a diventare un’economia sempre più globale. Ma ancora forse non c'era tutta questa consapevolezza e dalle immagini si intuisce.
     

    Il commento dell’autore  alle sue foto, interpretato dal rinomato studioso Luigi Ballerini e accompagnato dalle melodie della musica del piano composta apposta per l’occasione da Massimo Bianchi, sono state una combinazione dal grande impatto emotivo per il pubblico in sala.
     

    “Non si tratta solo di un libro di fotografia, ma è una testimonianza di tutti i cambiamenti storici e sociologici avvenuti in Italia durante gli anni ottanta” commenta Stefano Albertini, direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimò.
     

    Un periodo infatti per l’Italia di grande ingannevole ttimismo, modernità e spensieratezza. Dopo tutte le difficoltà affrontate all’inizio del decennio l’Italia sembrava vivere infatti una ripresa che porterà all’illusione di un nuovo boom economico.
     

    E Traub cattura questa spensieratezza e questa frenesia, lo fa attraverso scatti fotografici rubati da istanti di quotidianità. Bambini che giocano alla cavallina, anziani seduti sulle panchine, giovani con i classici costumi sgambati, ragazze che si fanno il bagno nella fontana di Trevi. 

    Scatti soffusi legati tutti da un’esplosione di colori che sa di vita non priva di sensualità.

    E' un libro che ammicca alla nostalgia, che ricorda Fellini, fa pensare al Sorrentino della Grande Bellezza.  Gente in cerca di un obiettivo che la guardi e la denudi. Un'Italia vintage e l'assonanza nel titolo con la Dolce Vita fa pensare.

    Dunque un'Italia che si mette in mostra e sembra spogliarsi anche se piena di colori. E così Traub ci conduce in un viaggio della memoria:  sui  quei ponti di Firenze, su quel lungomare di Mergellina, in quelle stradine di Roma ... ". Scatti che sanno di piacere, piacere sfrontato, ironico ma anche velato di tristezza, in una Grande Bellezza dolce-amara che preannuncia una delusione.

     Visit  Charles H. Traub website >>>

  • Arte e Cultura

    Calvino. Tra letteratura, teatro e musica

    Musica e recitazione per ripercorrere il genio di  Italo Calvino nella città dove sua figlia oggi vive.  C’era infatti anche lei, Giovanna Calvino professore presso la NYU, ad applaudire, nel folto pubblico della Casa Italiana Zerilli-Marimò.
     

    E’ successo lo scorso 7 Aprile, in occasione del Warren and Patricia Benson Forum of Creativity. Lo spettacolo a cui abbiamo piacevolmente assistito si intitolava “If on a Winter’s Night a Traveler..”.
    Nato da una collaborazione tra la Eastman School of Music della University of Rochester, la New York University, la Casa Italiana Zerilli-Marimò e il Kairos Italy Theatre, lo spettacolo ha celebrato l’opera di Italo Calvino con l’interpretazione del “Il Visconte Dimezzato”, attraverso musica e teatro.
     

    Una collaborazione questa  che enfatizza il legame tra letteratura, cultura italiana e musica, concepita da Elena Bellina, professoressa di Italiano presso la Eastman School of Music, il compositore Carlos Samchez-Gutierrez e integrata poi con il fondamentale apporto dell’arte teatrale di Laura Caparrotti, direttore del Kairos Italian theatre a New York.
     

    E’ stato uno spettacolo avvincente che ha catturato il pubblico. Tagliente la musica, come i brani recitati. La sonorità contemporanea degli strumenti, a tratti pizzicati, usati in maniera certo non convenzionale, ha trasmesso allo spettatore tutto il significato intrinseco di una narrazione come quella del Visconte Dimezzato che ripercorre le tematiche universali del doppio, del bene e del male.
     

    Si tratta della storia infatti di Visconte Medardo di Terralba che, colpito da una palla di cannone durante le guerre di fine Cinquecento contro i Turchi, rimane diviso in due parti che daranno vita a due personaggi autonomi, il Gramo e il Buono. Il primo compirà sempre il male e sarà riconosciuto da tutti come forte esempio di malvagità, il secondo agirà soltanto sulla linea del bene, tenendo fede ad un animo generoso e benefattore.
     

    Le varie vicissitudini dei due personaggi convergeranno poi in un lieto fine a conclusione della storia.

    “Siamo onorati del fatto che Carlo abbia deciso di lavorare con i suoi studenti sul testo di Italo Calvino, uno dei più famosi e amati scrittori del Novecento, non solo in Italia ma anche in tutto il resto del mondo”, commenta Stefano Albertini, direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimò. “Italo Calvino infatti è  uno dei pochi autori italiani che si possa trovare tradotto in qualsiasi libreria americana. La sua importanza non sta solo nella letteratura ma anche nella sua innovativa chiave di interpretazione del periodo moderno”.
     

    Calvino, usando la falsa riga di un racconto fantastico, denuncia l’incompletezza dell’uomo contemporaneo. “Non si tratta di teatro con musica strumentale, ma di teatro e musica, due entità differenti che, a tratti si intrecciano e a tratti percorrono linee opposte, pur avendo a che fare con la stessa tematica: la rappresentazione dell’essenza di Calvino” ha spiegato al pubblico Carlos Samchez-Gutierrez.
     

    E gli attori, in scena in mezzo al pubblico, hanno reso gli spettatori parte del racconto in un susseguirsi  di emozioni e tensioni. Unici intervalli le taglienti note dei musicisti della Eastman School of Music.

  • Arte e Cultura

    Canto con tutto il corpo. Anche per le nuove generazioni

    Ancora una  Casa Italiana Zerilli-Marimò colma di spettatori con Fred Plotkin. Questa volta ha incontrato Martina Arroyo per  Adventure in Italian Opera, serie in cui, il pleasure activist, Plotkin,  parla di lirica in maniera chiara ed accattivante al pubblico.

     

    Comincia con il racconto di quando ha incontrato la cantante. La  prima volta fu nel 1983 quando Martina Arroyo lavorava al Met.  Da li che è nata una grande amicizia.

    "L'unica volta che ho visto Martina con un'espressione triste è stato nel 94' quando stavamo viaggiando nelle acque del mar del Nord.
    C'era una tempesta incredibile" ci racconta Plotkin. Ma neanche in quella occasione lo spiccato senso dell'umorismo della Arroyo viene meno, infatti rivolgendosi a Plotkin l'artista dice ridendo “caro, sono diventata di vari colori nella mia vita, ma non avevo idea di poter diventare anche verde".

     
    Il senso del'umorismo e la grande umiltà sono due qualità caratterizzanti di una delle più grandi cantanti liriche del mondo.
     
    Martina Arroyo ha infatti illuminato il mondo intero con la sua voce e continua a farlo seguendo le nuove generazioni di artisti. “Io vorrei ancora cantare, ma non me lo fanno fare” commenta ridendo l'artista, classe 1937, insignita lo scorso 8 Dicembre di uno dei più importanti premi degli Stati Uniti, assegnato a coloro che hanno contribuito a diffondere la Cultura Americana nel mondo, il Kennedy Center Honour.
     
    Cresciuta ad Harlem nel calore di una famiglia molto affiatata è sempre stata aiutata nello studio dai suoi genitori. "Dare appoggio alle persone è molto importante, il supporto non è innato in noi, se qualcuno non ce lo dona non lo abbiamo. Mia mamma è stata fondamentale per me in questo". I genitori infatti portavano Martina e il fratello maggiore a molti eventi culturali a New York per incoraggiarli allo studio.
     
    L'opera non fa parte del background di Martina Arroyo fino ai suoi quattordici anni, quando partecipa a un workshop tenuto da Joseph Turnau sull'opera lirica presso l’Hunter College di New York.
     
    La Arroyo canta e Turnau ne rimane estasiato, tanto da darle il permesso di frequentare le sue lezioni e contattare per lei la vocal coach Marinka Gwrewich presentandole la Arroyo come una ragazza dal gran talento.
     

    Nonostante tutto, la lirica ancora non è che una passione per Martina che nel frattempo si laurea in lingue, lavora qualche anno come insegnante per poi lavorare al city welfare departement. Ed è proprio nel 1958, quando ancora stava in questo ufficio che Martina vince la Metropolitan Opera Audition.
     

    Nel 1959 debutta al Met con il “Don Carlo”. “Questa del Don Carlo era una piccola parte. Mi ricordo ancora che mia mamma si perse il mio debutto andando in bagno poco prima che iniziassi a cantare” ci racconta divertita la Arroyo.

    “Verdi è sicuramente stupendo, ma io ho sempre amato essere la Tosca” ci racconta la cantante “Essere lei anche per poche ore era un qualcosa di favoloso”.

    La svolta arriva nel 1965 quando le viene proposta la parte dell’Aida alla Metropolitan Opera. Da questo momento inizia la sua inarrestabile carriera che la porta in tour per tutto il mondo.

    “Il bello di Martina Arroyo è che oltre ad essere un’inimitabile artista è anche una grande insegnante” ci spiega Plotkin. La capacità di trasmettere l’amore per l’opera alle nuove generazioni è infatti la sua sfida.

    “Molte persone dicono che l’opera non sia realistica” racconta l’artista “ma in realtà non si tratta solo di cantare. Per interpretare bene l’opera bisogna essere totalmente coinvolti nel personaggio. E questo è indubbiamente un grande lavoro, significa infatti studiare un’altra lingua ed impegnarsi. Ma è solo attraverso un totale coinvolgimento personale che si potranno poi coinvolgere le altre persone”.

    “Si inizia sempre a studiare il linguaggio, a capire il significato delle parole, ad entrare nel personaggio. Questo è ciò che da colore a ciò che si canta”. I colori stanno infatti nelle parole e nel modo di pronunciarle”

    Ed è questo ciò che la Arroyo cerca di trasmettere alle nuove generazioni di futuri cantanti lirici. La cantante infatti, con la sua Arroyo Foundation ha dato vita a due programmi per i ragazzi che intendano intraprendere quello che è stato il suo percorso. Il primo programma che dura diversi mesi da la possibilità ai giovani di interpretare un vero ruolo, seguiti sempre da esperti maestri di musica. Il secondo è un programma incentrato proprio sulla performance e lo studio e l’interpretazione del personaggio.

    “Si canta con tutto il corpo” ci ripete la Arroyo ed è proprio questo coinvolgimento e questa grande passione che l’hanno resa un’artista senza eguali in America e in tutto il mondo.

  • Arte e Cultura

    Anni '60 e '70. Fotografia e materialità in Italia

    Scatti che parlano di un’Italia degli anni sessanta e settanta. Sullo schermo della Casa Italiana Zerilli-Marimò scorrono fotografie che mostrano immagini dell'incontro fra individui e oggetti nei contesti ambientali e materiali che essi abitano. A raccontarci un Paese in cambiamento è Nicoletta Leonardi, insegnante di storia dell'arte presso la University of California EAP Florence,  in una conversazione con David Forgacs, scrittore e editore di numerose opere. 

     Avviene prendendo spunto dalle fotografie raccolte nel libro “Fotografia e materialità in Italia Franco Vaccari, Mario Cresci, Guido Guidi, Luigi Ghirri” di Nicoletta Leonardi

    I due studiosi ci spiegano come l’arte e la fotografia possano essere uno strumento molto profondo per comprendere un cambiamento come quello dell’Italia tra gli anni sessanta e settanta. Un periodo in cui il nostro Paese ha vissuto un grande rivoluzionamento culturale, sociale e politico.
     

    Il 1980 sarà il punto di arrivo, un momento in cui l’ondata di rivolte politiche iniziata nel sessantotto arriva al suo culmine. Il terrorismo rimane ancora un problema, fiorisce la televisione privata come canale 5.  I bronzi di Riace vengono esposti e sarà la prima esibizione del genere ad attrarre realmente le masse.
     

    È il periodo di Boom in borsa, cominciano gli anni dell’edonismo reaganiano, della televisione commerciale e al tempo stesso delle grandi proteste della Fiat a Torino.

    Si arriva ad un momento di pseudo-depoliticizzazione e di profondo cambiamento. L’arte rispecchia tutto questo. Prima di questo decennio gli artisti impegnati politicamente, cercavano di innestare una reazione sociale nel pubblico attraverso i propri lavori.  Negli anni ottanta invece assistiamo al ritorno alle immagini, fioriscono le gallerie e anche i quadri tornano ad essere una forma d’arte inflazionata. Le immagini diventano grandi e molto costose. Tutto ciò intacca enormemente  il modo di fare fotografia.
     

    “Ad esempio i lavori di Ghirri sono completamente differenti negli anni settata ed ottanta. Il formato è molto più grande e la fotografia viene stampata con molta più attenzione. In questo periodo gli artisti cominciano a lavorare sulla fotografia considerandola come un oggetto materiale, ossia parte di una materialità che ci circonda. I fotografi non sono più considerati artisti, ma operatori estetici che interagiscono con la realtà producendo cambiamenti” ci spiega Nicoletta Leonardi.
     

    “Questi fotografi non hanno mai lavorato insieme e non hanno mai interagito tra di loro, ma questo libro di Nicoletta Leonardi mostra come i loro scatti possano essere connessi tra di loro. Il terreno comune che li unisce è la materialità”  spiega David Forgacs.  Spiega che sono due gli aspetti della materialità. La prima è l’attenzione reale per gli oggetti che poi verranno catturati dall’obbiettivo e la capacità della fotografia di interagire con il mondo circostante. Gli oggetti infatti cominciano ad assumere un’esistenza propria, staccata da quella degli esseri umani. E il punto focale diviene proprio la rappresentazione di questa attenzione interazione tra  l’oggetto e la persona .
     

    Il secondo aspetto riguarda il processo materiale della fotografia stessa, ossia il concetto di guardare alle immagini del mondo materiale con una identità sociale.
     

    “Materialità è tutto ciò che ci circonda, gli oggetti che stanno intorno a noi. L’idea è quella di andare oltre il classico dualismo tra soggetto e oggetto. Pensando all’oggetto come qualcosa di reale. L’essere umano non è più il solo protagonista della produzione dei significati” racconta l’autrice, sostenendo che tutto ciò sia possibile prendendo in considerazione non solo noi stessi e la nostra materialità. ma anche una conoscenza dell’io attraverso la scoperta dell’ambiente che ci circonda. L’idea di materialità è legata quindi a questa teoria e le opere dei fotografi analizzati sono strettamente legate a questo concetto. Questo uso particolare della materialità e degli oggetti porta a un nuovo modo di fare fotografia che eleva gli scatti a un qualcosa di più di una semplice immagine.
     

    “Ora la fotografia ha un qualcosa in più che la va a connotare: l’elemento materiale, qualunque esso sia. Tutti gli aspetti materiali della fotografia che determinano il modo in cui la materialità coinvolge lo spettatore ne determinano il significato” aggiunge Nicoletta Leonardi.

    L’autrice attraverso il suo studio riesce a mettere in luce le minoranze artistiche degli anni 60-70 in Italia che non seguivano i canoni del post modernismo “ragione per la quale probabilmente non conoscerete nessuno di questi fotografi a parte Ghiri. Se non segui i canoni  non esisti” commenta la Leonardi.
     

    In questi due decenni si producevano infatti lavori a livello teoretico e la visualità più ideologica, che l’autrice cerca di mettere i risalto, veniva considerata astratta e quindi confinata da un modernismo diventato ormai omogeneo.
     

    “Questa mancata adesione al postmodernismo da parte dell’arte italiana è stata spesso interpretata come il sintomo di un ritardo culturale.” Ci spiega  Nicoletta Leonardi nell’introduzione del suo libro.
     

    ”A mio avviso, più che di un ritardo si tratta una differenza culturale rispetto a un modello dominante. Uno degli scopi di questo libro è dimostrare che questa differenza ha le sue ragioni, le sue radici storiche e anche la sua attualità”.
     

  • Fatti e Storie

    Studiare all'estero. Gli scambi tra università. Una grande opportunità

    Il Calandra Italian American Institute di New York, insieme alla United Pugliesi Federation, ha organizzato lo scorso 31 Marzo la tavola rotonda “Studio e Ricerca all’estero”. Ospite d’onore dell’evento, Antonio Felice Uricchio, rettore dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.

    Con il padrone di casa, il preside Anthony Julian Tamburri, importanti esponenti uniti dalla passione per la lingua e la cultura italiana si sono confrontati sull’importanza degli scambi culturali e quindi dell’esperienza di studio all’estero. John Mustaro, presidente della United Pugliesi Federation, il Distinguished Professor presso il Calandra Fred Gardaphè, e Eugenia Paulicelli, docenti del Queens College, Joan Marchi Migliori direttore del CUNY/Italia Exchange sempre presso il Calandra Institute, e Annalisa Susca dottoranda al CUNY Graduate Center hanno detto la loro in un interessante dibattito.

    Ad aprire il Panel John Mustaro, presidente della United Pugliesi Federetation un’associazione fondata nel 1989 che si occupa da sempre della promozione delle relazioni che intercorrono tra i pugliesi a New York.

    “Sono rimasto impressionato da come, Antonio Felice Uricchio, nonostante una grande competizione con altri colleghi molto illustri, sia riuscito a diventare rettore. Ho subito capito che avrei dovuto contattarlo per avviare un programma di scambio tra il suo ateneo e quello americano”.

    E infatti una delle prerogative del rettore èproprio quella di incrementare gli scambi con l’estero e soprattutto con gli Stati Uniti. “La globalizzazione comporta il bisogno di cooperazione tra le Università, gli istituti di cultura e le persone” ci spiega il rettore Uricchio. “Studiare all’estero è un’opportunità per gli studenti e per gli stessi paesi che andranno ad ospitare gli studenti” continua deciso a parlare concretamente di cooperazione con la City University di New York.

    L’Universitàdi Bari infatti èuno dei poli piùimportanti del Sud Italia con 130 corsi di laurea, gran parte dei quali fruibili anche in lingua inglese.

    “La nostra Universitàvanta un’importante tradizione non solo nella nostra regione e in Italia ma anche all’estero” commenta il rettore . Con un giàcospicuo numero di studenti provenienti da Balcani, Nord Africa e Oriente, l’Universitàdi Bari aperta agli stranieri sta attuando progetti concreti per allargare il flusso degli studenti che decidono di studiare a Bari, capoluogo di una delle regioni più belle d’Italia.

    “Internazionalizzazione è la parola d’ordine” continua il rettore “e abbiamo bisogno di attuare tutto ciò’ con attività concrete e questa èun’ottima opportunitàper cominciare”.

    “L’esperienza all’estero cambia la vita di chi ha la fortuna di viverla” ci spiega Joan Marchi Migliori, Direttrice del CUNY/Italy Exchange office. “E’ con esperienze di questo genere che gli studenti imparano molto di loro stessi e del loro paese di origine”. Ed infatti il CUNY/Italy Exchange office, coinvolto negli scambi all’estero fin dai primi anni novanta, sta promuovendo il piùpossibile questo tipo di attivitàper dare l’opportunitàai propri studenti di vivere una tale esperienza.”

    E sono proprio le esperienze vissute in prima persona che ci fanno capire quanto davvero possa essere importante avere l’opportunitàdi vivere un’esperienza di scambio.

    “Ho frequentato un MA a Firenze” ci spiega il Professor Tamburri “ in quella occasione ho capito che avrei potuto fare questo per il resto della mia vita. Ho cominciato il mio dottorato di ricerca e ho capito che questa sarebbe stata la strada che avrei dovuto intraprendere” continua il preside del   John D. Calandra Italian American Institute, uno dei maggiori canali di diffusione e di ricerca della cultura italo-americana ed italiana negli USA.

     “L’esperienza all’estero mi ha portata a leggere la mia lingua con una sensibilità differente e penso che ciò sia molto importante. Quando sei nel tuo paese d’origine non percepisci le cose nello stesso modo. Studiare la mia lingua e la mia cultura in un paese estero èstato molto importante” racconta infatti la Professoressa Eugenia Paulicelli, docente di Italiano e Letterature Comparate presso la City University of New York. “La consapevolezza della propria lingua si approfondisce e diventa più articolata quando la studi in un’altra lingua” continua la docente citando Baticle “per me è stata un’esperienza molto importante che raccomando sempre ai miei studenti”.

    Bastano poche settimane, a volte giorni per cambiare completamente la direzione della propria vita. E’ il caso di Annalisa Susca, una studentessa Cuny americana di origini Pugliesi. Ci racconta che quando nel 2011 decise di fare tre settimane di scambio in Italia, non pensava sarebbe stata un’esperienza che le avrebbe sconvolto la vita.

    “Ero già stata in Italia, ma studiare all’estero per me ha cambiato tutto nel giro di un mese. Prima di partire ero pronta a fare domanda in tutte le scuole odontoiatriche di New York. Quando sono tornata avevo una visione differente della mia vita che mi ha portata a cambiare completamente strada. Ora studio per un dottorato di ricerca in italiano”.

    L’esperienza all’estero èfondamentale anche per riscoprire le proprie radici. E’ il caso del Professor Fred Gardaphe di famiglia pugliese che decide di andare in Italia alla scoperta delle sue radici. “E’ stato come nascere di nuovo. Sono arrivato pensando di essere Italiano quando in realtànon lo ero. Quando sono tornato negli Usa mi sono pero’ reso conto di non essere americano ma di essere italo-americano”.

    “Il mio sogno e’ quello di andare un giorno nell’Università di Bari con un gruppo di miei studenti per mostrare la bellezza e la cultura di questo paese” conclude il Professore Gardaphe spiegando quanto sia importante creare dei programmi di scambio anche nel sud dell’Italia, parte della penisola dalla quale provenivano la maggior parte degli immigrati italiani in America.

  • Events: Reports

    Jovanotti: Two School Systems Working Together for Citizens of the Future

    We met the artist, this time not as singer but as a parent of a student at the La Scuola d’Italia Guglielmo Marconi. We spoke with him about the differences of Italian and American school systems, and about the exceptional work carried out by the school that his daughter attends.

    Lorenzo Cherubini, aka Jovanotti attended the Annual Gala of the La Scuola d’Italia Guglielmo Marconi held at Cipriani '42, as a father as well as a well-known Italian artist. To the joy of the students and their parents, the artist generously performed a short concert.

    During the interview with Letizia Airos for-ItalyTV, he expressed the importance of this educational institution:

    "I'm here at the Gala for the second year in a row as a parent. Even though I travel a lot, I assiduously track my daughter, and I think that this school is a great resource for our country. Since 1977, La Scuola d’Italia Guglielmo Marconi has played an important role in the teaching of the Italian language and culture in New York City, offering a complete curriculum, which emphasizes bilingualism and multiculturalism. It would be great if the relationship between the school in Italy and this school be more developed," said Jovanotti.

    "In fact, I think of the many teens from Italy who would love to visit here and have the experience of living a couple of months in New York," he continued. "This is a city that changes your life, it opens up the horizons. My hope is therefore that La Suola d’Italia lets this relationship grow more and more."

    Jovanotti went on: “The openness towards other cultures, and particularly the exchange between the Italian and the American, are the cornerstones of La Scuola d’Italia, and this is confirmed by the important agreement with the University for Foreigners of Perugia, which was just signed on March 20th.”

    "What strikes me is the double identity of this school” – he continued - “the fact that an Italian school offers the benefits of the American educational system. This multiple identity offers opportunities, as well as certain pragmatism, an attention to the working world, therefore a certain outlook on the future.”

    “To me it seems that schools in Italy are still too focused on strict, old-fashioned learning. Knowledge for the sake of knowledge, which is fine, but perhaps in the modern era, we need both things at once, the pleasure of knowledge for knowing but also the need for the application of that knowledge in the market of life. Market in a broad sense: the market of knowing, of technology and of innovation. In this sense I think that La Scuola d’Italia has these two identities and this balance is beautiful and should be strengthened," added Jovanotti.

    When asked if he would recommend La Suola d’Italia to the Americans, Jovannotti answered: "Absolutely, because it seems that Americans have a sort of a deficiency in the schools below the university level. There's little attention given to the humanities, for example, which are considered to be almost of secondary importance. I graduated from high school. Italian, history, philosophy... I regret not having studied more when it was time. Now I find that I appreciate these subjects more than any others. This is particularly true in my case, many say that in the future the humanities will no longer exist. In school kids will study other things. I do not like this idea. It can’t be like that…. We will prevent it from happening."

    “Italy has always been known for its "humanistic" education system, it is still struggling to provide students with the kind of education which is really enjoyable, a sort of preparation which would enable them to take on the working world without difficulty once they graduate. But of course even the American model, as functional as it may seem, compared to Italy, falls short in the area of humanities, considered almost a secondary knowledge. Consequently, a merger of the two systems certainly makes up for those deficiencies and it could fully prepare those who will be the citizens of tomorrow.”

  • Fatti e Storie

    Scuola. Jovanotti: modello americano e italiano. Per i cittadini del futuro

    Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti ha partecipato anche lui al Gala della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi da Cipriani ‘42. Lo ha fatto in veste di padre oltre che di artista italiano.

    L’artista si è esibito con generosità in un breve concerto per la felicità di ospiti, studenti e genitori e ha contribuito con grande entusiasmo all'auction allestita per raccogliere fondi per la scuola.

    Nell’intervista che vi raccontiamo, rilasciata a Letizia Airos per i-ItalyTV, troviamo il padre che in poche parole rende il senso dell’importanza di questa istituzione scolastica italiana a New York.

    “Sono qui al Gala per il secondo anno consecutivo da genitore. Anche se viaggio molto, seguo assiduamente mia figlia e penso che questa scuola sia una grande risorsa per il nostro paese” racconta Jovanotti.

    La Scuola d’Italia Guglielmo Marconi infatti dal 1977 svolge l’importante ruolo di veicolare la lingua e la cultura italiana a New York con un’offerta formativa completa basata sul bilinguismo e soprattutto sull’educazione al multiculturalismo.

    “Probabilmente il rapporto tra la nostra scuola in Italia e questa scuola dovrebbe essere più sviluppato. Penso infatti a quanti ragazzi in Italia avrebbero piacere di visitare e magari fare un’esperienza di un paio di mesi a New York.” continua Jovanotti

    “Questa è una città che ti cambia la vita, ti spalanca gli orizzonti. Il mio auspicio è quindi quello che la Scuola D’Italia possa ampliare sempre più questo rapporto”.

    L’apertura verso le altre culture, e particolarmente lo scambio tra quella italiana e americana, sono i punti cardine della scuola d’Italia che proprio lo scorso 20 Marzo ha anche siglato un importante protocollo con l’Università per Stranieri di Perugia.

    “Ciò che mi colpisce della Scuola Marconi è la sua doppia identità" contiua Jovanotti  "il fatto che una scuola italiana si apra anche ai benefici del sistema americano.
    Questa identità multipla si avvantaggia così anche di un certo pragmatismo, una certa attenzione al mondo del lavoro, quindi uno  sguardo al dopo".

    "La scuola in Italia  mi sembra sia ancora troppo concentrata al sapere per il sapere, che va benissimo. Forse però nell'epoca moderna sono necessarie le due cose insieme, ovvero il piacere del sapere per il sapere e la necessità di un sapere applicato al mercato. Mercato inteso in senso ampio:  del sapere, della tecnologia, dell'innovazione. In questo senso penso che la scuola d'Italia abbia queste due identità e questo equilibrio è bello e va fortificato".

    E alla domanda se consiglierebbe la Scuola d’Italia anche ad un americano, Jovannotti risponde: “Assolutamente si, perché mi sembra che gli americani abbiano una carenza nelle scuole prima dell'università. C’e poca  attenzione alle materie umanistiche ad esempio che vengono considerate quasi di seconda scelta. Io ho fatto il liceo scientifico. L'Italiano, la Storia, la Filosofia …  mi pento di non averle studiate meglio quando era il momento. Ora mi trovo nella vita ad apprezzarle di più rispetto a tutto il resto.

    Questo è un mio caso particolare, molti dicono che in futuro le materie umanistiche non esisteranno più. Nella scuola si studierà altro. Questo non mi piace.
    Non sarà così, lo impediremo.” 

    L’Italia, da sempre nota per il suo sistema educativo “umanistico”, fatica ancora ad offrire agli studenti un tipo di istruzione realmente fruibile, una preparazione che li renda capaci di immettersi nel mondo del lavoro senza difficoltà, una volta finito il percorso di studi.

    Ma certo anche il modello Americano, per quanto funzionale  presenta comunque rispetto a quello italiano una carenza nelle materie umanistiche, considerate quasi di seconda scelta.
    Di conseguenza una fusione dei due sistemi  compensa certamente quelle che possono essere le carenze di tutti  per preparare in maniera completa i cittadini del domani.

  • Fatti e Storie

    Fabio Volo ed i suoi romanzi per tutti

    Fabio Volo, showman, conduttore radiofonico, presentatore televisivo e doppiatore, è ormai da tempo noto per la sua carriera da scrittore, in grado di innescare un fenomeno mediatico virale in Italia e nei ventidue paesi del mondo in cui i suoi libri sono stati tradotti.

                                       

    Autore di grande carisma Volo, è tornato a New York per presentare il suo ultimo romanzo “ La strada verso casa” lo scorso 19 Marzo presso l’Istituto di cultura italiana, dove ad introdurlo sono stati presenti ospiti di grande rilievo nello scenario culturale italiano.

    “ Prima di questo evento mi è capitato di leggere qualche articolo su questo romanzo e di notare come i critici sostengano che i libri di Fabio Volo siano fatti per una generazione tra i venti e i quaranta anni. Io come molte altre persone all’interno di questa sala ho superato quella soglia” scherza Natalia Quintavalle, Console generale d’Italia. “Invito tutti a leggere questo libro per ricredersi”.
     

    E infatti la capacità di raccontare la quotidianità e le difficoltà che ogni giorno ognuno di noi deve affrontare sono le armi vincenti di uno scrittore tanto amato quanto discusso in Italia. “Mi piace raccontare la difficoltà del quotidiano in quanto penso che nella semplicità si nasconda il divino” ci spiega Fabio Volo.

    Ed è Il suo stile semplice e diretto, a volte criticato, ad essere in realta’ ciò che colpisce il lettore.  

    Un lettore che non puo’ non immedesimarsi nelle storie dei personaggi a cui Volo da vita.

    Critiche a parte, sono i numeri a parlare. In un paese dove un italiano su due legge al massimo un libro all’anno, 28.000 persone dopo solo la prima settimana dall’uscita del suo romanzo hanno deciso di leggere, forse come unica lettura dell’anno, proprio il libro di Fabio Volo ci spiega il Professor De Sanctis.

    L’autore infatti ci rende protagonisti delle sue storie attraverso il racconto delle vite di persone che come noi sono messi di fronte a scelte e quindi a tutti quei sentimenti di paura, confusione ma anche adrenalina che le scelte comportano.
     

    “Io costringo i miei personaggi a fare una scelta. Non scegliere è come guidare una macchina ed accelerare senza mai mettere la marcia. La marce sono le scelte che noi facciamo, che siano queste sbagliate o giuste. E quando la marcia non viene ingranata anche se la sensazione è quella di spingere l’acceleratore in realtà ci si ritrova sempre al punto di partenza”.

    E’ il caso di Giacomo, protagonista di “il Giorno in più” , romanzo di grande successo con circa un milione di copie vendute in Italia e presentato a New York presso l’Istituto di Cultura Italiano nel 2009.
     

     Storia di un uomo di successo che vive la sua vita intrappolato in una quotidinita’ fatta di semplici cerezze e superficialita’. Certezze che verranno poi totalmente messe in dubbio dall’incontro con Michela e che porteranno il protagonista finalmente a scegliere di correre un rischio e ad aprirsi a vivere l’amore.
     

    Volo riesce a mettere su carta con una semplicità straordinaria angosce, gioie e sentimenti che sono parte di una battaglia che tutti noi, come lui, inevitabilmente viviamo ogni giorno.

    “Credo che ci sia sempre qualcosa di autobiografico in quello che decido di raccontare ” ci spiega l’autore “ogni volta che scrivo un libro racconto qualcosa che per me è stato importante” e infatti troviamo un po’ di Volo in tutti e sette i suoi romanzi.
     

    Coinvolgendoci con grande maestria nelle avvanture di vita dei suoi personaggi , eroi di tutti i giorni, Volo ci trasmette la forza di capire che cambiare, liberarsi ed essere felici e’ una cosa possibile e che dipende da noi.
     

    La liberta’ che sta nel cambiamento Volo ce la racconta anche attraverso Elena, protagonista del libro “Le prime luci del mattino”. Una donna oppressa da un matrimonio ormai finito, convinta che “due infelicità insieme possano dare vita ad una felicità” fin quando delle scelte coraggiose la porteranno a liberarsi della sua relazione e a iniziare una nuova vita.  

    Fabio Volo mette davanti ad un bivio anche i protagonisti del suo ultimo romanzo.  Questo libro infatti racconta la storia di due fratelli che durante la loro adolescenza vivono la difficile situazione di avere una madre malata in casa. Il racconto è ambientato nell’Italia festosa e superficiale degli anni ottanta “ma in un momento in cui tutto il mondo esplode di felicità ed è in fervore sembra  come se i due fratelli non siano invitati a questa festa” ci racconta Fabio Volo.
     

    Quando  la madre muore,  con lei svanisce anche il padre costretto dal lavoro e dall’incapacità di gestire una tale situazione. In questo modo i tre si accorgono di non essere più una famiglia ma solo uomini che convivono. Le reazioni dei due fratelli a questa situazione saranno opposte. Andrea il più grande, deciderà di pianificare la sua vita in maniera linearmente razionale sostituendo inconsapevolmente la figura della madre. Marco al contrario, incapace di decidere, comincerà a vivere una vita più dissoluta che lo porterà ad andare a vivere a Londra.
     

    Le loro vite prenderanno quindi direzioni opposte finche’ la malattia del padre non li costringerà a riavvicinarsi di nuovo e forse ad iniziare a scegliere di capirsi per la prima volta.

    Modello di una letteratura nuova, lontana dal modo di scrivere artificioso che per anni ha sempre costituito lo standard base del nostro etichettare come letteratura un opera, Volo infrange gli schemi rendendo eroico il reale,con un linguaggio che ci appartiene e che rende vivi più che mai i personaggi delle sue opere. Sintomo di un modo di scrivere vicino al grande pubblico che diventerà magari una nuova convenzione della letteratura.
     

    Un coinvolgente romanzo che racconta  dolore, felicita’ e amore con la profondità e la semplicità che da sempre contraddistinguono lo stile artistico di Fabio Volo. Best seller in Italia sara’ presto disponibile nella versione inglese anche in America.

  • Facts & Stories

    A Memorandum for the Italian Language

    March 20th, 2014 became an important day in the Italian cultural history. Chairman of the Board of Directors of the Italian Academy Foundation Stefano Acunto, active Chairman of the Board of Trustees of the Italian School  Guglielmo Marconi, and its Dean Anna Fiore, the Rector of the University for Foreigners of Perugia John Paciullo, the coordinator of the cultural exchange projects Roberto Dolci, Chief Executive Officer of the University for Foreigners of Perugia Christian Nicoletti and Head of External Relations and Institutional Fabrizio Focolari, all gathered for a very important cause: the signing of the “Memorandum of Understanding” between La Scuola D’Italia and the University for Foreigners of Perugia.

    The signing of the Memorandum of Understanding, in the coming months, will allow the New York based Scuola d'Italia to organize courses of the Italian language for adults under the umbrella of the University for Foreigners of Perugia, which will be accredited as courses carried out by the University.

    "For a long while we have been working with Professor Dolci. The University for Foreigners of Perugia has prepared for us an ad hoc syllabus, adapted to our needs. We are in the process of selecting textbooks and are moving to an operational phase," stated the Dean of the Scuola d’Italia, adding that the new courses will be starting in the spring.

    According to Professor Roberto Dolci, head of the New York foundation of the  University for Foreigners of Perugia, the aim is to complete the circle of education, where the education of students from kindergarten through high school will be in the hands of tLa Scuola d'italia, and thanks to this project all the way to a university level…

    "I always believed that the school should do more even though we have done a lot. The school should be a reference point for the Italian community in America as well as for the Italians who wish to come to the United States," said Professor Roberto Dolci, an integral part of the foundation of the University for Foreigners in New York, whom has always advocated the importance of cultural exchange between Italy and America.

    Having the Italian company compete with the new trends is a key challenge for the Chancellor of the University for Foreigners of Perugia.

    "To us, the relationship formed by the signing of this agreement is very important and we would like to be able to contribute effectively to make this initiative even more accessible," said Paciullo, emphasizing his appreciation for the work that the Scuola d'Italia and the academic community are doing in order to bring the project to completion.  

    The Chancellor went on to explain that the joint effort has already led to concrete objectives to be pursued, and despite the difficulties, such as the reduction in the number of Italian cultural institutions, will probably lead to a strengthening of the institutions still present, and especially to a wider availability of resources creating a network which has not always been able to seize the many, already present opportunities for cultural exchange.

    "We are witnessing an important cultural initiative of our university," said Paciullo. "We realize that our training should be reformulated, taking into account the growing attention to various aspects of Italian culture. All this requires action equal to what we have done in the traditional sectors," he continued. 

    "We wanted to publicly announce this initiative about a month ago when, at the opening of  the academic year we gave out the Gold Seals at the University, in the presence of representatives of Italian culture, such as Ferruccio Ferragamo, Oscar Farinetti, George Ferrarae and  Pier Luigi Celli,"stated Paciullo, pointing out how the promotion of all that relates to the Made in Italy is of fundamental importance for the University which is an "ambassador of Italy in the world."

    The chancellor concluded by emphasizing the importance of the relationship between the Italian reality and Scuola d'Italia Marconi, a true advocate of Italian culture at a global level, which is a model for the University for Foreigners of Perugia.

    "In three words: we are very interested," said Stephen Acunto - newly appointed as Chairman of the Board of Trustees of the School of Italian Guglielmo Marconi - who is very satisfied and happy because of this important step, not only for the School and the 'University but for the teaching of Italian language and culture in general.

  • Arte e Cultura

    Scuola d'Italia e Università per stranieri di Perugia. Insieme per la lingua italiana

    Insieme per mettere una firma importantissima. Al tavolo delle trattative erano presenti il Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Italian Academy Foundation Stefano Acunto, nella funzione di Chairman of the Board of Trustees della Scuola d'Italia Guglielmo Marconi, la Preside Anna Fiore, il Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia Giovanni Paciullo, il coordinatore dei progetti di scambio culturale Roberto Dolci, il Direttore Generale dell’Università per Stranieri di Perugia Cristiano Nicoletti e il Responsabile delle Relazioni Esterne e Istituzionali Fabrizio Focolari.

    La firma del Memorandum of Understanding  consentirà nei mesi a venire alla Scuola d’Italia di organizzare corsi di Italiano per adulti in convenzione con l’Università per Stranieri di Perugia e che saranno, quindi, riconosciuti a tutti gli effetti come corsi o parti di corsi svolti presso tale Università.

    “Stiamo già da tempo lavorando con il Professor Dolci.  L'Università per Stranieri di Perugia ha preparato per noi un sillabus ad hoc che adatteremo alla nostra realtà. Stiamo selezionando i libri di testo e siamo in una fase operativa” .  Spiega la preside delle Scuola d’Italia aggiungendo che già in primavera verranno avviati i nuovi corsi.

    Secondo il Professor Roberto Dolci, responsabile della fondazione a New York dell’Università per Stranieri di Perugia, si tratta di chiudere un cerchio educativo, dove la formazione degli studenti dall’asilo fino a quelli delle scuole superiori sarà in mano alla Scuola d’Italia, fino ad arrivare a progetti a livello universitario con l’Università per Stranieri.

    “Ho sempre pensato che la scuola debba fare di più anche se già si è fatto tanto. La scuola deve essere un punto di riferimento sia per  la comunità italiana in America che per l'Italia che vuole  entrare negli Stati Uniti” sostiene il Professor Roberto Dolci che ormai da anni parte integrante della fondazione a New York dell’Università per Stranieri, ha sempre sostenuto l’importanza dello scambio culturale tra Italia e America.

    Consentire alla realtà italiana di misurarsi con le nuove tendenze è una sfida fondamentale per il Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia.

    “Per noi il rapporto che si traduce con la firma di questi protocolli in una condivisione più stretta è molto importante e vorremmo poter contribuire concretamente per rendere ancora più agibile questo impegno” sostiene Paciullo sottolineando il suo apprezzamento per il lavoro che la scuola d’Italia e la  comunità accademica stanno svolgendo alla realizzazione di questo progetto.

    Il Rettore continua spiegando che l’impegno congiunto con la Scuola d’Italia ha già portato ad obiettivi concreti da perseguire , e nonostante le difficoltà, la riduzione del numero degli istituti di cultura italiana  porterà probabilmente ad un potenziamento degli istituti presenti  e soprattutto ad una disponibilità di risorse maggiori per una rete che non è stata sempre capace di cogliere le numerose opportunità di scambio culturale presenti.

    “Stiamo vivendo un passaggio importante dell’iniziativa culturale del nostro Ateneo” spiega Paciullo “ci rendiamo conto che la nostra offerta formativa debba essere riformulata tenendo conto della crescente attenzione per gli ambiti della cultura italiana. Tutto ciò richiede un’iniziativa pari a quella che abbiamo svolto nei settori tradizionali”.

    “Abbiamo voluto dare anche una rappresentazione pubblica di questa scelta meno di un mese fa quando, all’inaugurazione dell’ anno accademico abbiamo dato i sigilli d’oro dell’Università a delle figure che rappresentano le eccellenze della cultura italiana come Ferruccio Ferragamo, Oscar Farinetti, Giorgio Ferrarae Pier Luigi Celli” continua Paciullo, sottolineando quanto l’attività di promozione di tutto ciò che riguardi il made in Italy sia di fondamentale importanza per ‘Università  “ambasciatrice dell’Italia nel mondo”.

    Il rettore  conclude sottolineando l’importanza del rapporto tra realtà italiana e la scuola Marconi, presenza della cultura italiana a livello globale che rappresenta un modello per l’Università per Stranieri di Perugia.

    “In tre parole: siamo molto interessati”  commenta Stefano Acunto -  fresco di nomina come Chairman of the Board of Trustees della Scuola d'Italia Guglielmo Marconi - che si ritiene molto soddisfatto e contento di questo passo importante non solo per la Scuola e l'Università ma per l'insegnamento della lingua  e cultura italiana in genere.

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