Articles by: Emilia Ferrara

  • Fatti e Storie

    Visioni partenopee per una Web Side Story

    Martedì 21 ottobre, presso la scuola del Cinema di Napoli in via del Parco Margherita, 5, è stato presentato alla stampa TRAMONTI D’AMORE, il primo progetto mondiale di Web Side Story, nato dall’idea dell’instancabile attore e regista Duilio A. Vaccari.  Incuriositi da un'idea che riusa per la rete il vecchio e fortunato concetto di fotoromanzo, lo abbiamo incontrato.

    Il suo innamoramento per il teatro risale all'età di cinque anni, con Gennarino Palumbo ed Antonio Casagrande nel ruolo del piccolo schiavo. “Fare l’attore è una passione che da sempre ha accompagnato la mia vita, non so vivere senza e non ho mai vissuto senza questa continua ricerca delle persone attraverso questo mestiere e non perdo la magia di recitare e di fare il regista”.

    Chi sono i protagonisti del primo trailer e chi sono gli attori?

    Un tema molto attuale, un uomo di mezz’età rischia il licenziamento. La scena iniziale è con l’attrice Leda Conti che interpreta il ruolo della madre di Danilo (Renato Monarca) e moglie di Marco Bruni (Giovanni Caso). Marzia legge un libro sul divano e Danilo le sta seduto accanto a chattare col suo cellulare. La quiete è interrotta dal rientro del Marco preoccupato, sta per essere licenziato.
     

    Da quanto tempo stai lavorando alle trame di Tramonti d’amore?

    Il progetto è nato poco prima dell’estate ed ho passato le vacanze a scrivere storie, ad impostare le foto ma anche a immaginare il miglior format possibile per i social web.
     

    Che temi affronterete nelle storie, e hai avuto qualche difficoltà a far interpretare dei ruoli?

    È un Fotoromance, e parlerà sempre dell’amore come sogno, e come matrice portante ma le trame si diramano in storie vere di ricerca di occupazione, stalking, studenti lavoratori, diversamente abili, e tante indicazioni culturali della nostra città.
     

    Come hai scelto il cast?

    A pelle come tutte le cose della mia vita, oltre ad incontrare attori e attrici con cui da tempo ci promettiamo di lavorare insieme e non accade mai. Questa era l’occasione giusta. Inoltre ci sono professionisti di lungo corso che impreziosiranno il tutto, oltre ad affiancare e fare da mentore agli attori emergenti che trovano così un trampolino di lancio.
     

    Come abbinare tecnologia e tradizione?

    Facendo sempre vedere il piatto centrale che è la tradizione al centro delle cose, ed è per questo che si parlerà di storie d’amore, ma guarnendolo con modernità e tecnologia, avendo sempre un occhio a non creare un ibrido, ma come diceva il Vasari di Giotto …”ridipinger in moderno l’antico…”
     

    La stampa e gli artisti come hanno accolto la tua idea?

    La stampa con grande curiosità mediatica, e con interesse di prodotto sperimentale

    I colleghi attori con grande entusiasmo e li ringrazio nel cuore ad uno ad uno, alcuni mi hanno chiamato per partecipare pur sapendo che i numeri piloti sono a costo zero. Avremo diverse partecipazioni straordinarie e la prima è quella di un’attrice che ammiro prima da spettatore che da professionista, e che di lungo corso continuamente riscuote successi come Leda Conti.
     

    Da piccolo leggevi fumetti e fotoromanzi? Quale ti piaceva di più?

    Anche da grande, da piccolo Topolino e da adolescente Superman (anche perché assomigliavo a Clark Kent) poi sono passato a Dylan Dog con cui ho anche collaborato da ragazzo come preparatore grafico di tavole, esperienza straordinaria. Come fotoromanzo invece nulla, non erano letture di famiglia, ma ricordo con particolare affetto evocativo Franco Gasparri un bellissimo attore dallo sguardo magnetico che con occhi azzurri, catturava nei fotoromanzi l’attenzione della mia amatissima zia Rita. Purtroppo nel fiore degli anni e all’apice della carriera, un incidente lo condusse sulla sedia a rotelle e morì giovanissimo, fece in tempo a diventare padre e sua figlia ha scritto un commuovente ritratto in un libro chiamato Un volto nella folla.. di stella Gasparri. Non dimentichiamo che il Fotoromanzo è nato in Italia ed è un prodotto “esportato” in tutto il mondo.
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    Duilio A. Vaccari classe 1968 è un attore e regista napoletano, ideatore della prima Web Side Story o anche Fotoromance. Ha recitato nei migliori teatri italiani e negli spazi scenici, Al Parioli a Roma a Campo dei Fiori, al Reale Teatro San Carlo, al Mediterraneo, Al Nicolardi, e tanti altri Premiato nel 1989 da Mari-dist Roma da Gigi Proietti e Franco. Tra i registi Mario Martone, nel film Il giovane favoloso, Sergio Assisi A Napoli non piove mai, Claudio Insegno in Effetti indesiderati, Vittorio Parasole, Patrizio Chianese, Gianni Madelfini; Franco Cutolo, Marilena Di Somma. Ha collaborato con lo scrittore di fama internazionale Maurizio de Giovanni, e con gli attori; Ernesto Maria Conte, Vincenza De Rosa, Rosaria De Cicco, Enzo Iuppariello, Luca Nasti, Maria Porzio e Antonio Raimondi. Ha poi recitato in Gomorra la serie su sky, in Un posto al sole e per la trasmissione di Rai uno Torto o ragione, nell’episodio recuperare un rapporto.

  • Fatti e Storie

    Bullismo senza barriere… Parla una vittima di cyberbullying


    Facebook il più popolare social network, da poco ha festeggiato un miliardo di utenti…ma saranno tutti veri? O meglio gli iscritti sono tutti onesti con i dati?  Abbiamo intervistato Antonella Di Giuli   vittima di cyberbullying, insegna musica è l’ amministratrice  di un interessante e utile gruppo su facebook “Italiani in America”, che si propone di mettere in contatto gli italiani che vivono in America o che vogliano trasferirsi.

     
    Antonella da quando tempo sei vittima di cyberbullying?
    Le vittime del cyberbullying di solito si accorgono di essere cadute nella trappola solo quando è molto tardi. L’aguzzino tesse una rete intorno alle proprie vittime, le isola, ne carpisce la fiducia e le confidenze e poi le maltratta a piacimento, umiliandole e terrorizzandole. Le persone che mi hanno presa di mira in queste ultime settimane le ho incontrate virtualmente (almeno sotto quella presenza virtuale) all’incirca 8 mesi fa. Mi sono accorta di quello che stavano facendo solo quando la situazione per me è diventata insostenibile, un paio di giorni fa e anche solo grazie al supporto esterno di amici estranei alla vicenda.

     
    Ci spieghi esattamente quando hai scoperto di essere stata presa di mira e come hai reagito?
    Mi ero accorta da un po’di tempo che in particolare due di questi “profili” interagivano in maniera alquanto strana, avevo intuito che dietro c’erano una o due donne, nonostante un profilo fosse di nome maschile. Avevo anche notato un certo “compiacimento” per le mie disgrazie, una propensione di un profilo nel leggere e commentare con link appropriati nella propria bacheca, quello che io magari confidavo all’altro. Avevo fatto confidenze molto personali purtroppo e giustamente ne hanno approfittato per rigirare senza alcuna pietà il coltello nella piaga. Ero molto all’erta e ho finto di non sapere, ho anche finto di flirtare con il profilo maschile, perché cominciavo a sentirmi presa in giro; per farli uscire allo scoperto ho finto di non comprendere a che gioco stessero giocando fino alla fine. Nonostante tutto sono riusciti a farmi male, perchè in fondo avevo concesso il beneficio del dubbio.

     
    Ti sei confrontata con altri utenti? Cosa ti raccontavano?
    Hanno inventato le storie e i problemi più assurdi, si offendevano per non si sa bene cosa costringendomi a chiedere scusa, mi hanno minacciata di pubblicare tutto quello che gli avevo scritto. E da altri utenti so che la paura che questo profilo pubblichi informazioni carpite nella confidenza non è solo mia. Alla fine sono arrivati a chiamarmi stupida, cattiva, persona piccola e più loro lo scrivevano, più io mi sentivo realmente cosi`. Avrei potuto e dovuto interrompere la cosa li`, ma pur sapendo che la situazione avrebbe portato all’esasperazione, non ce l’ho fatta ad uscire da sola dal circolo vizioso dell’offesa- insulti-chiedi scusa. Ho trascorso due settimane d’inferno, disattivando più volte il mio account sul social network.

     
    Persone vigliacche, con falso nome si insinuano nella vita degli altri per denigrare, ci fai un esempio del loro comportamento?
    Mentre io uso il mio nome e la mia vita reale anche sul web, loro non lo fanno, quindi non siamo ad armi pari. Loro ti possono insultare nelle cose a te care, tu non puoi difenderti perché non si può controbattere e non conosci la loro vita reale. L’ultimo episodio, per il quale ho pianto per tutta una mattinata, è stato quando ho mandato un “buongiorno musicale” al profilo femminile perché sembrava che le acque si stessero calmando. Nel video da youtube suonava un violinista famoso, Itzhak Perlman, notoriamente sulla sedia a rotelle e le ho scritto queste testuali parole: “un regalo musicale... mi commuovo sempre con questo concerto qui (smile) oltre a venerare come Dio il violinista che lo suona in questo video. Suona sulla sedia a rotelle, è una persona straordinaria dal cuore d'oro e si sente nella sua musica. Buongiorno a te (smile)”.

     
    E poi cosa è successo?
    La mattina successiva vedo il profilo femminile disattivato e quello maschile che tra insulti vari mi ricorda che come mia “ultima finezza” avevo avuto l’ardire di spedire un musicista sulla sedia a rotelle ad una persona che sulla sedia a rotelle aveva rischiato di rimanerci. Non ci crederete. Mi sono scusata anche per questo e mi sono sentita cattivissima per non aver pensato che magari la cosa avrebbe potuto ferirla.

     
    Come sei riuscita a superare quest’umiliazione?
    Per fortuna ho avuto una carissima amica che mi ha supportata e mi ha aiutata a vedere la realtà per quello che era. Nessuna persona sana di mente si sarebbe mai offesa per un video di un concerto.

     
    Cosi  ho deciso di darci un taglio e recuperare me stessa. Mi sentivo ridotta in poltiglia nel mio io. Sono stata umiliata, denigrata, chiamata cattiva e subdola, costretta a chiedere scusa per le cose più assurde. E mi sentivo cosi  insignificante! Dopo aver pianto, ho cominciato a ricostruire mentalmente l’immagine di me con tutte le mie qualità positive di persona vera e ho riacquistato serenità e sicurezza.

     
    Meno male che ne sei uscita. Speravi di esserti sbagliata su di loro?
    Speravo comunque che questa gente con la quale avevo condiviso tante ore online non fosse quello che temevo e che avessero solo altri problemi. Quindi gli ho scritto di questa mia rinascita, per metterli al corrente che non potevano più farmi male e ho porto una mano.
    Quando ho chiesto spiegazioni mi è stato risposto: “Non ho deriso e men che meno attaccato, ho difeso senza mezzi termini la mia persona e la mia dignità, oltre a quella di (altro profilo)”. Parola di bullo.
     
    Nonostante tu avessi intuito la malafede, avevi sempre la speranza di un chiarimento… Queste persone come sono entrate in contatto con te, gli attacchi a tuo parere provengono per via del gruppo?
    No, non per via del gruppo Italiani in America: li noi amministratori siamo molto compatti, seri e severi nei confronti di chi viene ad insultare. Gli attacchi vengono dalla gentaglia che si è raccolta attorno ai gruppi che sono sorti intorno al caso Scazzi (delitto della quindicenne Sarah Scazzi Avetrana, avvenuto in provincia di Taranto il 26 agosto 2010). Hanno usato e usano profili falsi per vari motivi, dal cercare di entrare tra le amicizie dei testimoni o cercare di entrare nell’account altrui fino a cercare di carpire informazioni di utenti che in realtà non c’entrano con il processo. Chi ci rimette sono gli utenti reali che con il proprio nome e cognome esprimono la propria opinione. Un profilo falso non sarebbe un problema, da sempre sui forum si commenta con pseudonimi per mantenere l’anonimato. Il problema è l’uso improprio che se ne fa a scapito di altri.

     
    Davvero vergognoso. Semplice gusto di un perverso modo di divertirsi?
    È principalmente un modo per crearsi un angolo di gloria virtuale per persone che nella realtà sentono il peso del fallimento. Vogliono dominare anche sul web e sottomettere gli altri alla propria volontà. È gente che nella realtà non è capace di affermarsi. Uno di questi profili diceva di essere uno scrittore, un giornalista, ma penso che in realtà una persona che passa notti intere davanti al computer è molto più probabile sia disoccupato. È facile creare un profilo falso che ci dia sempre ragione e inneggi a noi, ma anche molto triste, deprimente e squallido.

     
    Si dovrebbe fare più informazione e istruire al meglio gli utenti….
    Si dovrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica al problema emergente del bullismo sul web. Un insulto rimane un insulto anche se fatto dalla poltrona di casa propria. Dovrebbero esserci Leggi che puniscano questo tipo di reati (in USA ci sono già). Inverosimilmente l’età media della gente che si diverte in questo modo varia tra i 35 e i 50 anni. Gente che dovrebbe essere reputata matura. I miei bulli erano al di sopra dei 40. È gente che si è ritrovata in mano un tesoro che non sa usare e lo usa come mezzo per sfogare la propria frustrazione.  E soprattutto bisognerebbe aiutare le vittime ad identificarsi come tali e ad uscire fuori dalla trappola il prima possibile. Se a me persona matura questa storia ha fatto perdere un bel po’ di ore e tranquillità, non immagino cosa potrebbe succedere a ragazzi più giovani ed inesperti. Emarginazione, depressione, suicidio? Purtroppo non sarebbe la prima volta che succede.

    Che misure di sicurezza si possono prendere, e come stare all’erta? Spegnere il computer sarebbe come dire fuori dal mondo…

    Oggi non si può consigliare di spegnere il computer e non andare online. Sarebbe come se trent’anni fa ci avessero consigliato di non uscire da casa per non incontrare il mostro. Internet va usato come risorsa d’arricchimento, non per danneggiare il prossimo. Bisognerebbe integrare Internet con la vita reale, che è poi quella che conta. I social network possono essere un modo simpatico di passare il tempo e conoscere gente nuova, ma bisogna essere forti e darsi delle regole. Quando il web invade il nostro quotidiano prendendo il sopravvento, significa che è ora di correre ai ripari. Non ci sono molti modi per difendersi. Si potrebbero seguire delle regole, ma il virtuale si trasforma di volta in volta, difficile stare al passo. Soprattutto se si è molto giovani i pericoli sono maggiori, perchè manca l’esperienza. Non appena si notano comportamenti strani, la cosa migliore è chiedere il parere di una persona fidata estranea alla vicenda.

  • Fatti e Storie

    Napoli. IV Edizione del Natale di Partenope. Si premia l'eccellenza

    La giornata è iniziata alle 17 con  il Forum "Ripensare le città, ripensare come viverle" presso l’istituto di Cultura Spagnolo Cervantes,  nel quale partendo dalle buone prassi per la riconversione urbana attuate a Bilbao, si è discusso dello sviluppo di Napoli e della Campania.

    Dopo il Forum, la serata è proseguita come consuetudine in Galleria Umberto I per le attesissime premiazioni.

    Il Premio, è stato organizzato con il contributo della Fondazione Troncone con il patrocinio della Regione Campania, della Provincia di Napoli e del Comune di Napoli.  Come da cartellone, protagonisti dell’apertura dei lavori gli interventi di Claudio Agrelli seguito dai saluti del Sindaco di Napoli  Luigi De Magistris. La kermess è stata condotta dalla giornalista e quirinalista del Tg2 Daniela Vergara.  Madrina della serata la cantante Monica Sarnelli. In apertura non poteva mancare ‘O sole mio interpretato magistralmente dal tenore Giuseppe Gambi .

    Onoreficenza speciale è stata assegnata al Comune di Bilbao per la straordinaria riconversione urbana avvenuta negli ultimi vent’anni che ha reso il caso della città basca uno dei più studiati e imitati.
     

    Sono stati premiati, tra gli altri, il comune di Torino per un innovativo progetto di bike sharing, quello di Verona per il coinvolgimento dei privati nella manutenzione dei monumenti e il Ministro agli Affari Regionali e allo Sport Piero Gnudi per il progetto per la diffusione della pratica sportiva nelle scuole di Scampia presentato a maggio con il Ministro dell'Istruzione Francesco Profumo che prevede uno stanziamento di 4 milioni di euro. 

    Tra i premiati ci sono anche il Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Napoli Amedeo Manzo, per aver creato in pochi anni un esempio di banca del territorio e per il territorio, contribuendo anche ad importanti iniziative per il sociale come il giubileo lanciato dal Cardinale Crescenzio Sepe”. 

    Agrelli un bilancio della serata?

    Molto soddisfatto. I partenopei hanno capito il messaggio; il premio è un modo per evidenziare le eccellenze e prenderne spunto e influenzare gli altri cittadini mediante le buone prassi. Anche quest’anno con la premiazione abbiamo voluto rendere merito sia amministratori che a cittadini e imprenditori virtuosi proprio per dimostrare come solo tutti assieme potremo rilanciare Napoli e il Paese. Con la quarta edizione del Natale di Partenope abbiamo provato a dare una risposta alle migliaia di sollecitazioni e proposte che ci arrivano dalla community di www.cittadipartenope.it per migliorare la qualità della vita a Napoli e la sua immagine.

    Tra i premiati anche cittadini comuni…

    Sì. Abbiamo premiato Ciro Rinaldi, impiegato a Bologna presso gli uffici del Ministero dello Sviluppo Economico che ha denunciato i suoi colleghi assenteisti e “fannulloni”. Ha avuto molto coraggio per la sua volontà di denunciare episodi di sospetta illegalità nella pubblica amministrazione, rappresenta un dovere civico di ogni cittadino. “Valore aggiunto” Rinaldi è un Napoletano che ha agito in questo senso e lo ha fatto per di più in una città del nord Italia, è un segnale degno di evidenza presso i nostri concittadini.
     

    Come potrebbe migliorare la città?

    Coinvolgere i privati nel finanziamento dei progetti di manutenzione e conservazione delle infrastrutture. Al centro storico sono cadute i calcinacci perché non coinvolgere i privati nella manutenzione?   Città di Partenope se ne infischia dei colori politici, accetta tutte quelle che sono le buone prassi, prendendo spunto anche dall’estero.
     

    Come sono i cittadini napoletani?

    Il concetto di meritocrazia non esiste in questa città. I napoletani nutrono un sentimento di insicurezza e frustrazione nei confronti dell’altro. Tra le persone non c’è collaborazione, non c’è sinergia.
     

    Progetti futuri?

    Propositi futuri... riqualificare l’area pedonale e manterremo la stessa linea dell’anno scorso, di incrementare i treni. Il decoro urbano è un tema molto dibattuto e tra le idee c’è la proposta di mettere i cassonetti sotto terra per migliorare la vivibilità

    Inoltre stiamo lavorando ad una maxitrasmissione con un messaggio molto significativo: “Sui napoletani in parte è tutte vero in partenope no”.

    Per avere altre informazioni >>>

  • Arte e Cultura

    Un viaggio nell’inesistenza con 200 scrittori

    Giancarlo come è nata l'idea dell’enciclopedia e da chi è partita?
    L'idea è nata da un esercizio assegnato alla Bottega della scrittura, il laboratorio di Homo Scrivens. Avevamo chiesto ai bottegai di inventare una serie di titoli e poi di inventare uno scrittore autore delle relative opere, e infine di scriverne la biografia.
    L’idea è partita da Aldo Putignano, constatato che le biografie erano varie (dal drammatico all'umoristico, dall'avventuroso alla parodia) e interessanti, ha pensato di farne un piccolo libro, un opuscoletto, un volume-esperimento che ci consentisse di "tastare" la collaborazione con Boopen, l'editore con cui collaborava Homo Scrivens prima di divenire casa editrice a sé. Ma la voce si sparse e il volume crebbe fino a diventare una vera e propria enciclopedia, con più di duecento schede e un centinaio di compilatori.

                      

    C'è uno stile letterario "inesistente" particolamente originale?
    Ce ne sono svariati: dai Carrambalia, elegie latine del ricontro, alle più recenti "parole sulla sabbia" (opere ontologicamente caduche, ma forse per questo imprescindibili, fino alla futura poesia Bancomat, che utilizza come mezzo espressivo il Codice Pin. Questo solo per fare pochi esempi.
    L'enciclopedia numero 2.0 in cosa si differenzia dalla precedente? Innanzitutto è una versione aggiornata e più completa: abbiamo raddoppiato le schede, per circa 180 compilatori provenienti da tutt'Italia. Poi altre novità sono: l'apparato iconografico, le figure retoriche, le forme metriche e i componimenti inesistenti. Infine una rubrica apposita, a cura del sottoscritto, recensisce le maggiori fiere letterarie e i festival dedicati all'Inesistenza.

    Aldo quali sono i propositi e gli obiettivi immediati di questa nuova casa editrice?

    Homo Scrivens è una casa editrice che nasce già vecchia di dieci anni. Nel 2002 ci siamo riuniti come compagnia di scrittura ed abbiamo lavorato sul campo, selezionando testi, lavorando in collaborazione con molte case editrici e animato la città con spettacoli di lettura e rassegne culturali. Oggi offriamo uno spazio di pubblicazione tutto nostro, lontano dalle trappole dell’editoria a pagamento. Siamo degli editori che continuano a ragionare da scrittori. Homo Scrivens è stata tra le case editrici del Salone internazionale di Torino 2012, insieme alla casa editrice Cento Autori.

    Quanti compilatori ci sono in questa enciclopedia?

    Circa 200 scrittori di tutta Italia, hanno giocato con la fantasia inventandosi tra i tanti anche cuochi scrittori e una casa editrice dal nome “Struffoli&Krapfen” componimenti poetici “Sode” oppure Franco Saltalapizza, Manfredi Ricotta e tanti altri. Gli scrittori immaginari sono internazionali, vanno dal pasticcere al poeta e da Adamo alla letteratura robotica.

    Ci sono scrittori noti tra i compilatori?

    Molti scrittori sono esordienti, ma ci sono anche tanti professionisti della penna che hanno avuto numerosi premi e riconoscimenti, come: Vincenza Alfano, Matteo B. Bianchi, Maurizio
    De Angelis, Maurizio De Giovanni, Andrea Di Consoli, Pino Imperatore e Michele Serio.

    Quale autore ha avuto successo grazie a te?
    Sono stato il primo agente di Maurizio De Giovanni, il padre del commissario Ricciardi, che in Italia ha avuto un grandissimo successo; dai suoi libri faranno uno sceneggiato. Pino Imperatore scrittore umorista, dirige la scuola Achille Campanile, ha collaborato con noi. Vincenza Alfano è la penna promettente del momento. Ne abbiamo intercettati tanti. La speranza è seguirli negli anni.

    Altri progetti in cantiere?
    Sì. In corso d’opera ci sono ben tre collane “Dieci”, “Polimeri” e “Scout che compongono il catalogo dedicate alla narrativa, alla scrittura collettiva e agli scrittori esordienti.

  • Arte e Cultura

    Le mille voci di Napoli per l’Unesco

    Sono ben due i volumi realizzati con il contributo di quasi duecento autori impegnati in un laboratorio di scrittura promosso condotto da Claudio Calveri. Immaginapoli e Napolicromie i suggestivi titoli delle due antologie concepite come contaminazione tra letteratura e linguaggio fotografico.
     

    L’iniziativa ha ottenuto il patrocino dell’Unesco e il sostegno dall’Associazione Circolo Artistico Politecnico.  Al direttore editoriale della Photocity Aldo Putignano va invece il merito di aver creduto fino in fondo all’idea di Calveri.
     

    Abbiamo incontrato e intervistato per i lettori di i – Italy i fautori del libro ImmagiNapoli.
     

    Claudio Calveri, che immagine di Napoli è uscita fuori dalla raccolta di racconti? Discosta molto dalla vera Napoli?

    Non è un  momento semplice per la città, e la cosa è emersa dal complesso delle 'percezioni' che gli autori hanno trasposto in chiave artistico-narrativa. Lo scopo era proprio quello di sondare e di dare sfogo creativo alle sensazioni che la metropoli è in grado di restituire a chi la vive quotidianamente.

    Una cosa particolarmente interessante è la tensione di tutti a voler immaginare - e quindi costruire - una Napoli diversa, nella quale riconoscersi. La scrittura da parte degli autori è un vero e proprio atto d'amore, un amore sincero e 'vero', senza concessioni alla oleografia.
     

    Differisce dal vostro progetto ideativo?

    Verità creativa, artisticamente filtrata e quindi anche propositiva è un meccanismo quello di valorizzazione dell’ espressione culturale che aiuta la comunità a progredire, questa è l’idea base del progetto. Si ispira indegnamente alle città invisibili di Italo Calvino, laddove Kublai Can e Marco Polo dialogavano sull’immagine mentale delle città. Qui invece siamo partiti da dato concreto, lasciando libero spazio all’interpretazione creativa e narrativa degli autori. 

     

    Questo progetto editoriale che impatto ha avuto sulla città?

    Un effetto immediato e soprattutto 'misurabile', nel suo piccolo. Aggregare tanti amici, vecchi e nuovi, attorno ad un’idea creativa forte oltre che all’idea di un progetto di animazione - tramite la partecipazione diretta - di una prospettiva importante per lo sviluppo legato alla cultura, Napoli Città della Letteratura. 

    I  racconti di Immaginapoli hanno centrato gli obiettivi prefissati del progetto?

    Direi proprio di si. Conoscersi, lavorare insieme, divertirsi, arrivare tutti insieme ad un obiettivo comune, produrre qualcosa - il libro - che rimanga a testimonianza del percorso. Senza tralasciare il riconoscimento importantissimo arrivato dalle massime istituzioni culturali: il patrocinio morale concesso (tra i pochissimi casi in Italia) dalla Commissione Nazionale Italiana UNESCO.


    Che genere letterario ha prevalso tra i corsisti?

    Una delle cose che amo della 'scoperta' di questo libro è la pluralità delle voci e delle immagini che hanno preso corpo nelle invenzioni degli autori. Una varietà che non è mai del tutto codificabile. C'è una forte traccia personale ed una grande visione d'insieme che è la risultante di questo processo collettivo. Bellissimo, secondo me.

    Cosa intendi per mappa emozionale della città?

    Restituire la dimensione della città attraverso l’interpretazione e il vissuto degli autori. La risposta emotiva delle persone al vissuto è una delle tendenze più interessanti degli ultimi anni.  Abbiamo voluto sperimentare la filosofia del social media, dove c’è un’esplicitazione continua di quelle che sono le pratiche di storie in un collettivo, attraverso un canale più tradizionale.
     

    Si è ricreata una completa mappatura emotiva della città?

    Il bello di avventure come questa è... che non finisce mai. Speriamo di poter ampliare di molto il lavoro con la seconda pubblicazione e poi con i tanti altri progetti a cui stiamo lavorando e che promuoveremo entro la primavera.

    A che punto siamo con la candidatura?

     Il Dossier ufficiale di candidatura è stato spedito alla Commissione Centrale UNESCO di Parigi per l’approvazione. I programmi dell’UNESCO sono stati sospesi, dopo i tagli dei finanziamenti decisi dagli USA in seguito all’ingresso della Palestina nell’ONU. 

    Stiamo aspettando ma si dovrebbe riavviare tutto per maggio. Ci auguriamo che a breve avremo buone notizie.
     

    Ci puoi accennare come si intitolerà il secondo volume?

    NaPolicromie,  una ‘guida narrativa’ alle atmosfere della città’, con gli autori impegnati a proporre i propri itinerari alla scoperta dello ‘spiritus loci’ in forma letteraria sulla traccia di cinque parole chiave: amore, mistero, magia, avventura, futuro.

    Aldo Putignano, direttore editoriale della photocity, scrittore, fondatore dell’associazione Homo Scrivens. Ci spieghi cos’è?

    Un piccolo spazio dedicato alla scrittura, proponendo ogni anno corsi di scrittura creativa in vati punti della città di Napoli.  

    Qual è l’idea guida Homo Scrivens?

    L’arte è anche espressione individuale, quindi la possibilità di esprimersi. Lo scrittore è narcisista individualista mentre Homo scrivens è in controtendenza perché è una compagnia di scrittura. Mettendo insieme tanti scrittori non solo napoletani, invitati a unire le forze per parlare al pubblico: questo è il significato più vero e profondo del pubblicare.
     

    Tu hai fortemente creduto e sostenuto il progetto di Claudio Calveri, una linea molto simile a Homo scrivens. Siete riusciti ad avere un impatto positivo con il pubblico?

    Homo scrivens è nato nel 2002, sono 10 anni di lavoro, oltre 400 autori portati alla prima pubblicazione. Centinaia di libri pubblicati con diversi editori.
     

    A parte ImmagiNapoli, ci sono altri prodotti che siete riusciti a realizzare anche grazie alla scrittura collettiva?

    Un prodotto molto significativo di homo scrivens è l’enciclopedia degli scrittori inesistenti, a cui hanno preso parte circa 200 scrittori,  è entrato nel dossier Unesco e so che è stato anche molto apprezzato.
     

    Mi sembra di capire che portate avanti quasi una missione….

    Sì. Naturalmente l’obiettivo non è soltanto la notorietà ma rivendicare degli spazi in una città che troppe volte confina la cultura in un ambito “militare” non è quello in cui speriamo.

  • Fatti e Storie

    Il terzo “Natale di Partenope”: la Napoli dei cittadini virtuosi

    Città di Partenope, già nota ai lettori di i-Italy e alla stampa estera, è un portale che mira a raccogliere i cittadini napoletani che condividono i valori della convivenza civile e della responsabilità sociale. Nato come una trovata pubblicitaria della Agrelli&Basta, una piccola ma innovativa impresa creativa della città, è diventato ormai una realtà conosciuta e riconosciuta a Napoli e fuori.
     

    Tra le novità di quest’anno: “Il Premio Città di Partenope” organizzato in collaborazione con la Fondazione Troncone (sponsor di “Natale a Napoli”), che premia le “buone prassi” di cittadini ed amministratori pubblici. Tra i premiati di questa edizione figurano, come “migliori amministratori italiani”, i sindaci di Bari Michele Emiliano, di Salerno Vincenzo De Luca, di Bolzano Luigi Spagnoli, di Portici Vincenzo Cuomo e di Massa Lubrense Leone Gargiulo.  
     

    Un riconoscimento particolare, per l’attivit`a di informazione condotta in periodi di grave crisi, come nel caso dell’ultima emergenza rifiuti, è stato dedicato ai direttori delle principali testate partenopee, in particolare i direttori de Il Mattino Virman Cusenza, del Corriere del Mezzogiorno Marco de Marco, de il Denaro Alfonso Ruffo, de Il Roma Antonio Sasso ed ai caporedattori de La Repubblica Giustino Fabrizio e del TgR Massimo Milone.
      

    La conduzione della serata è stata affidata alla giornalista del Tg2 Maria Concetta Mattei. Sono intervenuti alla terza edizione il Cardinale di Napoli Crescenzio Sepe e il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Tra gli ospiti della Tv era presente Patrizio Rispo, attore napoletano, noto per il suo ruolo nella seguitissima fiction “Un posto al sole”.  
     

    Secondo il fondatore di Città di Partenope Claudio Agrelli, Napoli è “una città che non vuole piangersi addosso, ma riscattarsi. Partendo non dalle sue eccellenze e, nemmeno dai suoi eventi positivi e negativi, ma dalla sua normalità.  Napoli troppo spesso è mortificata da situazioni di cui i suoi cittadini non hanno alcuna colpa.”
     

    Come coinvolgete i cittadini napoletani e cosa gli offre Città di Partenope?

    “Abbiamo un eccezionale sistema di democrazia telematica, diretta e partecipata, sul sito di Città di Partenope.  Grazie ad un campione di cittadini attivi e virtuosi, che rispettano le regole, contribuiscono a dare idee e propongono progetti. Li invitiamo a votare su dei  provvedimenti, quelli che risultano più votati vengono sottoposti all’attenzione del sindaco.” 

    Avete chiesto ai cittadini di Partenope di segnalare alcune zone da riqualificare. Quali sono i risultati?

     Molti. Ad esempio l’Isolotto di San Martino, da attrezzare per l’attracco degli yacht; la Corricella a Procida, dove resta da completare la condotta fognaria; il Calascione, una scalinata che collega Pizzofalcone con Piazza De Martiri, che andrebbe illuminata meglio per diminuire il rischio di rapine. 
     

    Sono luoghi un po’ nascosti…

    Napoli è tutta da scoprire; ci sono tante zone sconosciute agli stessi napoletani. Non è una città che si vede in cinque ore. Napoli va vissuta, assaporata in tutti i suoi aspetti, che sono decisamente affascinanti. Ma ci sono anche progetti più grandi, come quello della Galleria Umberto I, costruita tra il 1887 al 1890. Noi cittadini di Partenope, abbiamo raccolto migliaia di firme insieme al FAI (Fondo Ambiente Italiano) per rivalutare questa galleria, chiedendo una maggiore illuminazione. Di sera è molto buia e triste. Di conseguenza  non vi si passeggia con piacere. Vorremo trasformarla sul modello della Galleria di Milano; farne una specie di “salotto”. 
     

    Come vede le prospettive per la Napoli "reale"?

    Siamo al fianco del nuovo sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che ammiriamo molto.  Parla lo stesso nostro linguaggio, quello della legalità e, lavoreremo in sinergia per qualsiasi iniziativa vorrà intraprendere, sul piano sociale e sul senso civico. Per il rispetto delle regole, e per i cittadini di Napoli.
     

    Dove porterete Città di Partenope  prossimamente?

    In Canada. E vorremmo fare anche una passeggiata a New York…
     

     

  • Fatti e Storie

    "Adagio", Pizza alla Romana "London Style"

    Correndo per le vie di Londra è facile incontrare ristoranti e bar con bandiere italiane, ma che di italiano hanno ben poco. Basta leggere e vedere gli ingredienti adoperati per preparare le pietanze …   Le lunghe passeggiate per le strade della città ci hanno però portato a scoprire Adagio, una nuovissima catena di vera pizza al taglio romana in pieno centro, nel quartiere Soho . Incuriositi ed interessati ad un vero Made in Italy abbiamo incontrato ed intervistato per i lettori di I-Italy il menager Shelley Squire e lo staff di Adagio.  Squire è uno chef di fama internazionale, ha cucinato anche per la regina Elisabetta.

    Come è nata l’idea di aprire una pizzeria al taglio a Londra?  Perché il nome Adagio?

    Tutto è iniziato dalla intraprendenza di Shelley … chef professionista che ha voluto imparare dai maestri romani la lavorazione della pizza a metro. L’idea del nome Adagio è del direttore Hagit Klaiman per il lento processo di lievitazione della pasta, che ci impiega 72 ore.

    Da quanto tempo esiste Adagio? Ci sono altri punti in Europa?

    La prima pizzeria Adagio è stata aperta a Londra dal gennaio 2010, l’idea sembra riscuotere successo. Anche perché è molto diffusa la formula del “Take Away”,  e la pizza al taglio è una perfetta soluzione per gli inglesi.
     

    Quante pizzerie Adagio esistono al momento?

    Di Adagio  ce ne sono due a Londra, nell’area di Soho, ed un altro punto si trova in Bulgaria.
     

    La pizza al taglio a Londra sta riscuotendo successo?

    Ai londinesi la pizza piace tantissimo, non conoscevano la pizza al taglio, e per loro è una fantastica novità.  Un anno fa c’erano solo 5 pizzerie che la offrivano, ma visto che agli inglesi la formula piace moltissimo, è un’idea che  si sta diffondendo sempre di più. C’è da lavorarci parecchio. Adagio ha voluto investirci molto. Shelley è andato personalmente a Roma presso la pizzeria al taglio di  Roberto Vinci, designato “Maestro pizzaiolo” ed ha appresso la tecnica di lavorazione.
     

    Quali sono i gusti del londinesi, quale pizza preferiscono?

    Tra le pizze favorite qui a Londra, in prima linea c’è quella con formaggio, funghi e salsiccia; subito dopo quella con il salame piccante  e carne di maiale.
     

    Come mai avete scelto un pizzaiolo romano e non napoletano, dato che la pizza è nata a Napoli?

    Perché la pizza al taglio nasce a Roma. Prima veniva definita alla pala perché si utilizzava la pala per prenderla dal forno. Col tempo la pala è stata sostituita dalla teglia per una questione di praticità.
     

    Gli ingredienti che utilizzate sono italiani?

    Quelli principali sì. Il salame piccante, per esempio, viene direttamente dalla Sicilia. Anche  la carne di maiale che utilizziamo per le pizze è italiana. A Londra si trova la carne di maiale ma non è saporita come la nostra.
     

    Quanti italiani lavorano per Adagio?

    Il personale che lavora qui è quasi tutto italiano, compreso il braccio destro di Shelley, Roberto, che ha lavorato per anni nelle pizzerie al taglio a Roma.

    Roberto, da quanto tempo ti sei trasferito?

    Sono a Londra da circa un anno. Mi trovo molto bene. Qui si lavora tanto. È molto facile essere assunti, ma anche essere licenziati, perché la domanda di lavoro è alta ma anche l’offerta. Quindi se non dai il 110% al lavoro ci sono altre dieci persone dietro di te che darebbero il 120% per avere il tuo posto. Questo fa si che ogni giorno si da il massimo, perché l’azienda va avanti, la nazione è in costante crescita, con il sistema di progredire giorno dopo giorno. Non come in Italia che si va indietro anziché andare avanti.
     

    Consiglieresti quindi ai tuoi connazionali si venire a cercare lavoro a Londra?

    Certo. A Londra ci sono ogni giorno tante novità nel mondo del lavoro. Questo dà a noi giovani l’opportunità di pensare al futuro, cosa che in Italia è impensabile. Io dall’Italia me ne sono andato perché dopo otto anni di lavoro facevo sempre il ragazzo di bottega, guadagnavo sempre 5 euro all’ora... non era possibile continuare così. Qui invece ho avuto la possibilità di lavorare da chef, da menager… Insomma a Londra ti danno la possibilità di crescere professionalmente.
     

    Roberto, la  missione di Adagio è portare qualcosa di buono dall’ Italia…

    Si. Abbiamo cercato di importare qualcosa di buono della nostra terra, le nostre ricette originali, authentiche. Diffonderle e promuoverle è quello che faccio ogni giorno da quando sono a Londra
     

    Vuol dire che a parte la pizza cucini altri piatti italiani fuori dal lavoro?

    Mi capita spesso di cucinare per altri, e preparo la carbonara di solito. Non so per quale motivo la Francia e la Spagna l’hanno trasformata in  pasta con la panna. Per me educare alla vera cucina italiana è oramai  una missione

  • Opinioni

    Dall'Arizona all'Europa. Le nuove politiche migratorie secondo due giornalisti partenopei

    Emigrare per ragioni lavorative negli ultimi anni è diventato sempre più difficile, per ragioni oggettive legate alla precarietà, ma soprattutto quando nel luogo dove si emigra accade di essere perseguitati. Succede quasi ovunque, nei paesi di nuova e vecchia immigrazione. In Arizona, Stati Uniti. è stata approvata lo scorso 19 Aprile la legge shock SB1070 nota come “Legge Arizona”, che permetterebbe alle forze dell'ordine di arrestare qualsiasi persona che abbia sembianze latin; insomma una legge discriminatoria contro gli immigrati “illegali” messicani.

    La legge, inoltre, costringerebbe anche il personale sanitario e del settore dell'insegnamento a denunciare alle autorità le persone che ricevono questo servizio nel caso in cui abbiano lineamenti latini. Questa legge ha scatenato  non poche obiezioni sia a livello locale, come a livello nazionale ed internazionale. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha criticato duramente questa legge, dichiarando " ha il potenziale per essere applicata in modo discriminatorio. E’ una legge irresponsabile che contraddice i principi basilari della giustizia statunitense”.

    Oggi in Arizona è sufficiente avere appena l’apparenza di un migrante irregolare per essere sottoposti ad arresto ed interrogatorio. Ma nella vecchia Europa cosa succede? in Italia nuovo paese di immigrazione e in Francia, paese di immigrazione storico? L’ondata xenofoba non sembra differente, come ammonisce anche il Papa durante il suo Angelus domenicale, in risposta alla politica “caccia ai rom” della Francia.

    Il Santo Padre ha invitato le autorità ad accogliere gli immigrati, concludendo la sua predica “Chi è preposto alla sicurezza e all’accoglienza - sappia far uso dei mezzi atti a garantire i diritti e i doveri che sono alla base di ogni vera convivenza e incontro tra i popoli». Rivolgendo la sua attenzione soprattutto ai minori ed ai loro diritti ha dichiarato “Anche Gesù, da bambino, fu un migrante e sarebbe oggi un rifugiato, essendo scappato con Giuseppe e Maria in Egitto dalla furia di Erode”.       

    Per voi abbiamo intervistato due giornalisti partenopei. Francesco Bellofatto giornalista professionista e docente universitario, all'attività professionale unisce quella sociale ed in difesa dei Diritti Umani: nel 1975 è tra i fondatori della sezione italiana di Amnesty international. Francesco Romanetti, giornalista professionista lavora per la sezione esteri de Il Mattino dagli anni 0ttanta.
     

    Come mai la Francia, Paese europeo più rispettoso in materia di diritti degli immigrati, ha intrapreso la “caccia ai Rom”?
    Bellofatto: Preoccupante la virata di Sarkozy, ha voluto dare, a mio parere, un segnale politico ai conservatori. Questo è molto grave.
    Romanetti: Oggi Sarkozy, erede di Chirac, strizza l'occhio ai sentimenti xenofobi e all'intolleranza.
     
    In tema di immigrazione che differenze ci sono tra Italia e Francia?
    Bellofatto:  La Francia tradisce quella che è la sua storia dell’apertura verso gli immigrati. Verso le popolazioni come Algeria, Tunisia… Con questa “manovra” sono andati in frantumi quelli che sono i sui diritti fondamentali, noti a tutti: libertè, ègualitè fraternitè. Creando una scollatura dall’Europa. Non ho paura che il popolo francese diventi xenofobo, sono scesi tantissimi in piazza per protestare, ma mi chiedo quale messaggio e quale immagine Sarkozy intende dare all’estero? La rotta europea è ben lontana dalle mosse di Sarkozy. La Merkel per esempio punta sull’integrazione e forza lavoro, come risorse economiche del paese e non c’è differenza di tutela del lavoratore tra un tedesco e uno straniero, uguali diritti e doveri. L’Italia invece è un paese lontano dalla posizione della Germania; il silenzio della classe politica è molto preoccupante.
     

    Romanetti: Dal punto di vista sociale ci sono profonde differenze tra Italia e Francia, che dipendono dalle differenti radici storiche del fenomeno immigrazione. In Francia c'è stata storicamente una radicata presenza di immigrati legata ai periodi coloniale e post-coloniale. Di conseguenza la consapevolezza dei diritti degli immigrati è più antica e diffusa. In Francia, nonostante tutto, è ancora viva la tradizione culturale-giuridica legata agli ideali illuministico-rivoluzionari della fratellanza e dell'uguaglianza. Tuttavia, da un punto di vista politico le analogie tra Francia e Italia sono diventate numerose e sono legate al rafforzamento negli ultimi decenni della destra in Europa. Una destra che, anche in Francia, ha assunto connotazioni xenofobe. Fino a qualche anno fa la differenza tra un leader razzista come Le Pen e uno Chirac era evidente: l'uno rappresentava la destra estrema e fascistoide, l'altro la destra "pulita" e di "nobile" tradizione. In Italia, politicamente sta avvenendo un processo inverso: una destra "ripulita" (Fini) sta prendendo le distanze dalla destra populista, razzistoide e con tentazioni autoritarie (Berlusconi- Lega). Meno male.

    Bellofatto, nel dibattito attuale, sulla questione immigrati, quale idea sarebbe auspicabile un a sana integrazione?

    Sarebbe auspicabile che il comportamento di Sarkozy resti un caso isolato, non ci sia una deriva forte. Fortunatamente in questo periodo non si leggono scontri come quello di Rosarno o manifestazione di violenza. Sperando che la politica italiana dia risposte concrete sulla regolarizzazione dei contratti dei lavoratori stranieri, permettendogli di accedere agli stessi diritti e doveri dei cittadini nativi. Penso che la polemica di Maroni sulla Moschea sia strumentale, secondo me, in un Paese come l'Italia che garantisce costituzionalmente la libertà di professare il proprio credo religioso, ognuno dovrebbe essere libero di pregare secondo la propria fede e cultura.
     

    Romanetti. L'Italia oggi si trova ad affrontare un dibattito sul tema immigrazione. Ma secondo lei, c'è cultura in merito? È pronta ad affrontare e rispondere a un dibattito del genere?

    Il dibattito sull'immigrazione in Italia non è tanto recente. L'Italia è un paese di immigrazione ormai da un quarantennio. Inoltre l'Italia ha dovuto affrontare la prima grande emergenza legata all'immigrazione nei primi anni 90, in seguito all'arrivo massiccio degli albanesi, che giunsero a decine di migliaia sulle "carrette del mare". Il dibattito è inquinato dalla presenza al potere in Italia di una destra rozza, populista e razzista, incarnata da Berlusconi e dalla Lega. L'opposizione di centrosinistra non ha saputo sempre contrastare con il vigore dovuto le derive xenofobe e razziste, inseguendo presunti sentimenti diffusi tra la popolazione e lasciando il compito di resistere all'ondata dell'intolleranza alla Chiesa.
     

  • Opinioni

    Muore il progetto dell'Università a Scampia. Gli abitanti del quartiere lanciano un appello


    Nel 2006, la Giunta regionale della Campania, d’intesa con Comune e Università Federico II, aveva deliberato la realizzazione nel quartiere Scampia della Facoltà di Scienze della Nutrizione Umana al posto dell'ex "Vela H" abbattuta nell'aprile 2003.


    Il progetto, finanziato con 21 milioni e 450 mila euro dei Fondi Europei, rischia di essere annullato dal nuovo esecutivo di centrodestra nell'ambito del piano di ottimizzazione finanziaria dell'Ente.


    Questo è un duro colpo per i cittadini del quartiere che vedevano in quel progetto "una vera e concreta opportunità di crescita civile, culturale ed economica sorretta, finalmente, da una visione politica di programma che miri alla valorizzazione del territorio e della sua gente". Essi, però, non si sono persi d'animo e hanno promosso, sul sito del quindicinale di informazione fuoricentroscampia.it, una petizione che si sta diffondendo a macchia d'olio sul web. Ciò che chiedono al Presidente Caldoro, al Sindaco Iervolino e all'ex Rettore Trombetti, è di non far morire il progetto dell'Università a Scampia, di ripristinare, cioè, tutto il valore della delibera con cui la giunta Bassolino, nell'aprile 2006, aveva approvato la costruzione della struttura accademica di cinque piani, destinata a duemilacinquecento studenti, su un'area di 15 mila metri quadrati.


    Spiegano i promotori che all'Università "non si può rinunciare se si vuole che il quartiere cominci a costruire un futuro migliore pacificamente, con intelligenza e impegno civile". In realtà, non gli si può dar torto. La storia del quartiere è, infatti, tutta segnata da progetti che, partiti con squilli di tromba, sono poi miseramente naufragati nell'indifferenza generale lasciando il quartiere della periferia nord di Napoli nel più totale abbandono, solo con i suoi gravi problemi strutturali e sociali che hanno favorito l'ascesa delle attività criminali, prima fra tutte lo spaccio della droga.


    Già la nascita del quartiere avvenne, nel lontano 1964, senza una idea di fondo. Il suo processo di costruzione, originato e gestito dal Comune di Napoli con la collaborazione di enti di costruzione e gestione (IACP, cooperative), non seguì una progettazione organica ed unitaria. Si sviluppò in carenza di visione urbanistica, economica, sociale. Questo "peccato originale" il quartiere lo paga a caro prezzo. I suoi 100.000 abitanti, che solo semplicisticamente e crudelmente possono essere associati alla minoranza dedita alle attività criminali (che tanta notorietà ha conquistato sui mass media), vivono una vita quotidiana difficile. Per loro è più difficile muoversi, fare la spesa, studiare, occupare il tempo libero, e, persino, dichiarare la loro provenienza territoriale senza leggere sulle facce dell'interlocutore la preoccupazione dettata dal pregiudizio.


    Eppure, nonostante ciò o, forse, proprio a causa di ciò, sta crescendo in quel quartiere una coscienza democratica forte.


    Sempre più in questi anni, nelle associazioni, nelle parrocchie, nelle comunità, si è radicata la convinzione che occorre farsi protagonisti del cambiamento. Occorre, attraverso le leve della partecipazione democratica, influenzare e orientare le scelte politiche di fondo che, andando nella direzione dello sviluppo e della promozione umana, segnino veramente una nuova nascita del quartiere.


    L'iniziativa della petizione "per l'Università a Scampia" va proprio in questo senso. Ad essa bisogna guardare con attenzione non solo perchè è giusta, ma anche perchè indica alla nostra intera città, sempre immobile e chiusa su se stessa, che se di un cambiamento radicale abbiamo bisogno , e tutti ne avvertiamo l'urgenza, questo passa attraverso le persone, i cittadini, il loro impegno, la loro capacità di immaginare e costruire insieme un futuro.




    Petizione per il rilancio del progetto dell'Università a Scampia


  • Arte e Cultura

    I Peanuts in... 60 noccioline!

    Il 2 ottobre 1950 compariva la prima striscia a fumetti di Charles Monroe Schulz su 7 giornali statunitensi. Di lì a poco, il fumetto Peanuts di Schulz sarebbe entrato nel Guinness Book of Records come il fumetto più popolare del mondo per essere stato venduto a più di 2000 quotidiani, toccando picchi di 355 milioni di lettori. Peanuts, che letteralmente significa “noccioline”, era il nome che diede alle strisce di Schulz  l'United Feature Syndicate, con cui l'autore siglò un contratto di cinque anni, per indicare la velocità e l’insaziabilità con cui le storie venivano “consumate”. Peanuts racconta la vita di un gruppo di bambini con cane, che si muovevano sullo sfondo di un quartiere residenziale, fatto di casette a schiera, muretti e giardini, tipico della provincia americana.

    Schulz, chiamato da tutti Sparky (così firmò anche i suoi primi lavori) ha avuto sin da piccolo una passione per il fumetto. Ispiratosi alle persone ed all’ambiente che lo circondavano: soprattutto i suoi figli, per esempio, sono stati la sua grande fonte di’ispirazione. Per alcuni personaggi, come nel caso di Snoopy, si ispirò al brachetto bianco e nero che gli regalarono da ragazzino e che portava il nome di Spike: un cane buffo e intelligente. In una nota intervista Sparky dichiarò che il fumetto era la sua vita, e per questo motivo  una clausola nel suo contratto prevedeva che i personaggi morissero con il loro creatore. Fin dagli esordi, Schulz ripeteva: "Quando non potrò più disegnare, non voglio che nessuno prenda il mio posto. Charlie Brown, Snoopy, Linus, Lucy e gli altri miei personaggi usciranno di scena con me". E così é stato.

    Peanuts è tra i fumetti più longevi della storia e i suoi personaggi a loro volta sembrano far parte ognuno di un piccolo universo, pur avendo relazioni quotidiane tra loro. Trascinano il lettore nei loro piccoli mondi, ognuno segue la propria filosofia di vita. Le loro piccole storie divertenti, e originali, sono inevitabilmente entrate a far parte del nostro immaginario collettivo.

    Basti pensare alla coperta di Linus; al mito di Linus e della "Great Pumpkin", che in Italia, forse per errore di distrazione si è trasformata, diversamente che nella storia di  Cenerentola, non in carrozza ma in Grande Cocomero; alla nota sfortuna di Charlie Brown nei suoi tentativi fallaci di far volare gli aquiloni, preso dai suoi continui dubbi sulla vita; alla famosa “scorbuticheria” di Lucy che crede di aver trovato la felicità nell’amore non corrisposto per Schroeder; al bracchetto Snoopy, cane-aviatore, scrittore dalle mille strategie quotidiane, tutte preposte a unico scopo: mangiare e dormire; fino a  Schroeder  che lotta per affermare e divulgare la sua passione per la musica di Beethoven che per lui è la vera chiave della felicità. I personaggi sono continuamente alla ricerca della Felicità, diritto inalienabile insieme alla Vita e alla Libertà, già  presenti nella Dichiarazione d’Indipendenza dei tredici Stati Uniti d’America del 1776.
     

    In occasione del 60esimo anniversario della nascita di quello che forse è il fumetto più popolare di tutti i tempi, la Donzelli, nota casa editrice italiana, ha appena pubblicato il saggio “Piccola storia dei Peanuts” di Simona Bassano di Tufillo, fumettista e teorico dell’arte. Il saggio  applica al fumetto i criteri dell'epistemologia e dell'estetica riservati di norma esclusivamente alle belle arti ed evidenziando i meccanismi letterari messi in atto nella striscia, la loro evoluzione nel tempo, i nodi che li legano alla cultura statunitense. Abbiamo incontrato l'autrice a Napoli, presso la Libreria Eva Luna, e rivolto qualche domanda sui Peanuts alla fumettista Sbadituf sul fumetto.
     
    In 60 anni di tempo, incredibile ma vero, questa è la prima monografia sui Peanuts, ed è un primato tutto italiano, che continua la tradizione di interpretazione critica inaugurata all’epoca di Umberto Eco, che sui Peanuts si è limitato a scrivere qualche introduzione alle raccolte italiane del fumetto.
    La lettura propostaci dall’autrice di “Piccola storia dei Peanuts” prende proprio le mosse dall’ormai lontanissima interpretazione del noto semiologo italiano, ribaltandola.
    Quale giudizio diede Umberto Eco ai Peanuts?
    Umbero Eco, nei lontani anni Sessanta, giudicò i Peanuts come la metafora delle nevrosi degli adulti contemporanei, interpretazione assimilata in blocco da chiunque abbia parlato o scritto dei Peanuts. Io sono giunta ad una deduzione affatto differente, potendomi avvantaggiare dello studio sull’opera completa di Schulz.
    Quale?
    Charlie Brown e compagnia non sono una metafora degli adulti in quanto non stanno mai "per qualcos’altro", questo sarebbe in contrasto fortissimo con l’etica dell’autore. Al contrario degli animali antropomorfi inventati da Walt Disney, che scimmiottano lo stile di vita dei tipici agglomerati urbani occidentali contemporanei, nei fumetti di Schulz i bambini sono bambini, i cani sono cani, gli uccelli sono uccelli e così via. La serie è pervasa da un profondo senso di rispetto per l’altro: che sia un bambino, un animale, una foglia o un oggetto. C’è una sorta di animismo ecologico che dona a tutto il creato una sua dignità e ragione di essere esattamente ciò che è.
     
    Lei scrive nel saggio che fu l’assenza degli adulti dalle strisce a portare Eco a formulare la sua tesi...
    Esatto. Ma a ben vedere, non sono assenti solo gli adulti dalle strisce di Schulz, ma anche altri bambini, gli avversari nelle partite di baseball, la bambina dai capelli rossi amata da Charlie Brown... e gli altri animali, come lo stupido gatto dei vicini odiato dal cane Snoopy. Se i Peanuts rappresentassero gli assenti dalla striscia non sarebbero solo una metafora del mondo degli adulti, ma anche di quello dei gatti, di altri bambini, dei coyote e così via… inutile dire che non ha senso!
     
    Quindi... se i Peanuts non sono una metafora degli adulti stressati, che sono?
    Il vicinato di Charlie Brown, Snoopy, Linus eccetera, è un’astrazione. Si tratta di un mondo chiuso in una sfera di cristallo, dove accadono sempre le stesse cose, con mille varianti, ma sempre le stesse: scuola, baseball, aquiloni, banchetto psichiatrico, Grande Cocomero… tutto torna con la ciclicità dell’alternarsi delle stagioni. È un mondo rassicurante in cui sperimentare senza paura ciò che più ci terrorizza: il rapporto tra l’io e il mondo, con tutte le inenarrabili difficoltà di traduzione, compromesso, violenza.
     
    Charles M. Schulz, coi suoi disegni dai tratti molto semplici, conditi da parole mai banali seppure pronunciatieda bambini comuni, ha sempre affrontato temi “filosofici” con la risolutezza e la semplicità di un bambino.
    E' questo che ha fatto la differenza e che ha reso i Peanuts un punto di riferimento per intere generazioni di persone che si sono identificate in quei personaggi problematici, simpaticissimi, dubbiosi e meditabondi. Lo sfondo su cui si muovono i Peanuts è tipicamente americano, ma allo stesso tempo traccia situazioni universali: beghe, litigi, domande filosofiche, le difficoltà delle relazioni sociali, le incomprensioni.... Schulz traccia un quadro disastroso e poi ci indica la strada della salvezza: la felicità viene dall'accettazione dell'altro da sé che nasce dalla convivenza continua, lunga, fianco a fianco. Questa condizione aiuta a vedere se stessi come parte del tutto e non come dominatori dell'universo, che sfruttano natura e risorse come se fossero infinite... insomma il suo è un pensiero molto ecologico.

    Simona Bassano di Tufillo Fumettista, nata a Napoli, si è laureata con lode in Arti Visive al D.A.M.S. di Bologna e in Grafica presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli; si è poi specializzata in Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali. 

    Oltre al saggio "Piccola Storia dei Peanuts", ha pubblicato per Donzelli il libro a fumetti "BURKA!" nel 2007, poi tradotto in Francia ("BURQA!") dalla casa editrice La Martinière nel marzo 2008. Per Lavieri Editore ha pubblicato "STAR TRASH - sacchetti in mondovisione" sull’emergenza ambientale in Campania (aprile 2008).

     

     

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