Articles by: Daniele ministeri & marta donatone

  • "Blood type: Ragu". Siculo-americani secondo Frank Ingrasciotta


    Non è necessario essere italiani per comprendere e godere dello spettacolo interpretato dall'attore e scrittore Frank Ingrasciotta nel suo "Blood type: Ragu", messo in scena presso il teatro Actors Playhouse di New York. Ci siamo recati in questo piccolo teatro del Greenwich Village qualche settimana fa, spinti dalla immediata simpatia ispirataci dalle comuni origini siciliane con l'attore delo spettacolo.


    L'opera, per la maggior parte autobiografica, racconta la storia di Frank, un ragazzo americano di

    origini siciliane nato e cresiuto nel quartiere newyorkese di Brooklyn. Oltre 20 personaggi si alternano e interagiscono sul palco, tutti interpretati dalla voce e dai movimenti dell'attore. Un vero e proprio one man show che va avanti senza interruzioni per novanta minuti.

      

    Siamo stati contenti di scoprire che nello spettacolo non si parla di mafia, come avviene purtoppo nella maggior parte delle opere americane dedicate alla Sicilia. Se ne fa solo un riferimento sapientemente ironico quando Ingrasciotta sottolinea, volgendosi a suo fratello, che non si può andare in giro a minacciare la gente in quanto la realtà è ben diversa da un film del 'Padrino'. Un atteggiamento diversivo che ci da un'idea di quale sia lo scopo principale della rappresentazione: "Il mio obiettivo" ci ha confidato Frank "non era quello di raccontare una storia sulla mafia come

    quella dei film ma di raccontare la realtà di una famiglia italo-americana. Una storia sulla vera

    cultura siciliana e siculo-americana. Insomma una storia qualunque." Una storia qualunque quindi destinata tanto ad un pubblico italiano quanto ad un pubblico americano che si pone come scopo primario quello di mostrare il vero volto di un americano di origini siciliane, un volto senza etichette: "In America la gente ti vuole mettere dentro una scatola, vuole etichettarti." ha continuato l'autore parlandoci del suo vissuto. "Se sei siculo-americano pensano subito ai film sulla mafia e legano le tue origini a quell'ambiente". 

    Ma ancora più sorprendente è il modo in cui Frank riesce a giocare con le espressioni linguistiche, passando dalla rozza creatività del siciliano all'elegante traduzione inglese e generando delle gag tipiche della comicità siciliana contemporanea. Nel glossario che ci è stato
    consegnato prima dell'inizio dello spettacolo, strumento indispensabile per la visione da parte di un pubblico anglofono, ne troviamo qualche esempio. Dal colorito: "Ayu un dulure di testa di morire, mi pisa", si passa all'inglese: "I have a head pain to die for. It weighs me"; o ancora: "Brutta femmina", sulla quale Ingrasciotta ci informa che Totò avrebbe detto "malafemmina", si trasforma in americano "ugly woman".


    "Volevo rappresentare la cultura siciliana nella sua interezza comunicandola al pubblico americano." Ci racconta Ingrasciotta. "La lingua siciliana è molto ricca di espressioni che si evolvono continuamente, è un linguaggio molto poetico, la cui traduzione in inglese risulta spesso divertente". Un espediente che non è solo fonte di ironia, ma anche uno specchio delle commistioni linguistiche spesso generate dagli italiani immigrati in America. Il risultato dell'opera è una dettagliata fotografia dell'emigrazione, in questo caso siciliana, nella quale molte famiglie possono ritrovare un pezzo della loro stessa storia perchè, come recita anche il sottotitolo della locandina legata allo spettacolo, "It's not drama..it's just family".

     
     
    Giuseppe Castiglia, noto comico siciliano, racconta una barzelletta e poi si cimenta in una lezione di "Siculo-Americano"
     

  • Mondiali di calcio Vs Superbowl: sfida tra le due finali più seguite al mondo





    Una volta ogni 4 anni l’intero globo, dalle americhe all’Australia, dall’Inghilterra al Sud Africa, si riunisce davanti ad un'unica partita: la finale dei mondiali di calcio. Ma c’è un paese che ogni anno dedica maggiore attenzione ad un altro evento sportivo. Un evento che, nel 2009, ha attirato quasi 100 milioni di spettatori, cioè un terzo della sua popolazione. Si tratta degli Stati Uniti e la manifestazione che  tiene in sospeso, facendo realizzare una manifestazione  al terzo posto nella storia della nazione come audience, è il Superbowl di Football.

     

    Ma quali sono le differenze tra le due match? Cosa ha di tanto speciale la finale di football da poter essere più importante per gli americani della finale di calcio?

    New York, 9:00 a.m.: la diretta della partita di football tra i Pittsburgh e gli Arizona è prevista per le 5 di sera. L’NBC, canale che detiene i diritti del Superbowl, inizia la diretta da Tampa Bay. I reporter raccontano ogni istante della preparazione: dalla colazione degli atleti all’affluenza del pubblico. Ad alternare le dirette dalla Florida un susseguirsi di spot e news sportive tra cui anche un’intervista a Bruce Springsteen, che terrà quest’anno il concerto di metà partita. Nel pomeriggio persino il presidente Obama, vestito con una poco formale camicia a quadri, lancia dalla Casa Bianca il suo messaggio per il pubblico: “Auguro ogni bene ai Cardinals ma io tifo per Pittsburgh, sono il team che sento più vicino al cuore”.

     

    Roma, 9:00 del mattino: la diretta della finale Italia-Francia è prevista per le 8:45 di sera. Nelle tv e nei cuori della gente la partita è al centro dell’attenzione. I telegiornali dedicano qualche notizia alla nazionale che si appresta a giocare per il titolo ma, nonostante i numerosi riferimenti alla partita, il palinsesto televisivo va in onda secondo i canoni quotidiani. Nelle piazze iniziano a montarsi i maxi-schermi e la decisione del giorno diventa dove guardare la partita: da un amico, in mezzo alla folla o magari al bar sotto casa.

     

    New York, 5 p.m.: le strade della Grande Mela sono deserte. La vita quotidiana della “Città che non dorme mai” sembra essersi presa qualche ora di pausa. I cittadini sono tutti radunati davanti ai televisori dei ristoranti o a casa di amici. Alcuni attrezzati con i barbecue, altri armati di birra e pollo fritto. Finalmente la sigla, realizzata ad hoc per l’occasione, annuncia che il LXIII Superbowl inizierà tra pochi minuti. L’eroico pilota dell’aereo ammarato un mese prima nell’Hudson sfila davanti al pubblico che lo accoglie trionfante. Poco dopo entrano le squadre circondate da fuochi d’artificio. E’ il momento dell’inno nazionale. Jennifer Hudson, ex “reality girl” e premio Oscar, ha l’onore di cantare davanti alla folla che ascolta in piedi e con la mano sul cuore.

     

    Roma, 8:30 di sera: le piazze sono stracolme di gente radunata davanti ai maxi-schermi. Non esiste più alcuna differenza tra nord e sud. Tutti sono in strada o nei locali ad attendere l’inizio della partita, pronti ad esultare per le gesta della nazionale. Italia e Francia entrano in campo in maniera molto sobria. Ad illuminarle i flash dei fotografi professionisti e del pubblico armato di digitale. Le note dell’inno nazionale rimbombano in tutti gli altoparlanti dello stadio, seguite da un coro unanime di tifosi che sormonta la voce dei calciatori.

     

    Su entrambi i campi è sempre una monetina a decidere a chi spetterà la palla d’inizio. Ma mentre nel campo di calcio è l’arbitro a celebrare questo rito, a Tampa Bay la responsabilità è affidata al generale Patraeus, comandante in capo in Afghanistan ed Iraq. Entrambi gli sport condividono però l’emozione del calcio d’inizio, momento magico in cui tutto il pubblico si zittisce restando col fiato sospeso.

     

    La partita di football è un vero e proprio spettacolo, uno show che alterna azioni velocissime a spot pubblicitari dai costi esorbitanti studiati ad hoc per l’occasione. Tra questi fanno la loro comparsa i primi spot in 3-D ed anche qualche spot sulle nuove fonti di energia rinnovabile, segno dei tempi che cambiano. Durante il match i replay sono continui, la moviola è ammessa come prova in campo dalla lega ed ogni touchdown si trasforma in un’esplosione di luci. Persino l’arbitro si trasforma in uno showman grazie ad un microfono collegato agli altoparlanti dello stadio che gli permette di parlare direttamente con il pubblico.

     

    Durante la pausa più lunga, cioè dopo il secondo dei 4 tempi, il campo viene occupato da un palco montato in pochi istanti e subito circondato dal pubblico pronto ad intonare le canzoni del Boss. Da più di 10 anni la NFL ha chiesto senza successo a Bruce Springsteen di cantare durante le partita. L’attesa è premiata da uno spettacolo che solo la rockstar simbolo dell’America con la sua E-Street Band può dare. Il Football diventa  una commistione tra sport e show-business in cui lo spettacolo fa da protagonista durante l’intera partita.

     

    La finale dei mondiali è invece un momento quasi sacro in cui è lo sport a far da padrone. Le interruzioni pubblicitarie sono solo delle fugaci incursioni e spariscono quasi subito per dare spazio alle gesta dei calciatori. L’attenzione è tutta sulla partita. Solo tra i due tempi la pubblicità scende in campo lasciando il dovuto spazio a qualche commento.

     

    Il XLIII Superbowl si è concluso con una vittoria dei Pittsburg Stealer decretata negli ultimi 20 secondi di gioco. L’enorme risultato di pubblico ed il record d’ascolti dell’evento hanno smentito le previsioni negative sugli incassi. A quanto pare il Football è riuscito ad uscire parzialmente indenne dalla crisi e l’NBC ha portato a casa la cifra record di 206 milioni di dollari in spot.

     

    Mentre gli americani dovranno attendere solo un anno per il prossimo evento, per noi amanti del “soccer” l’attesa durerà ancora 16 mesi prima del calcio d’inizio che terra nuovamente in sospeso il mondo intero.

     

    Top ten degli spot del Superbowl