Friuli Venezia Giulia a New York. Tra passato, futuro e presente

Letizia Airos (May 17, 2016)
Accompagnamo Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia, ad Ellis Island e - immersi nel sogno americano - cogliamo l’occasione per parlare con lei di diversi temi legati alla sua Regione e a all’Italia


L’accompagno anch’io ad Ellis Island, in una domenica con la pioggia.

Il passaggio sul traghetto,  come sempre vigilato dalla Statua della libertà visibile da ogni lato,  è una vero tuffo, nel grigio increspato di un'acqua e di un cielo  con un fascino tutto particolare. 

Quella che, per me, è una delle tante visite nell’isola alla foce del fiume Hudson non lo è  per Debora Serracchiani, presidente della regione Friuli Venezia Giulia, accompagnata - nel luogo che ospita il più noto museo dell’emigrazione al mondo -  da suoi correginali, rappresentanti di associazioni, il console generale Francesco Genuardi ed i consoli Isabella Periotto e Roberto Frangione.

La seguo con lo sguardo nell’arco di diverse ore,  tra momenti di intensa emozione, serietà ma anche di grande serenità e leggerezza. Ascolta, osserva, pone tante domande.

Con un cappellino comprato sul posto,   affronta così anche lei questa primavera dispettosa,  tra la gente comune, senza  utlizzare passaggi speciali.

Ad accoglierla i ranger Sam Webb e Franco Paolino, un italoamericano che parla anche un po' italiano.  Ci sono infatti diverse persone che lavorano ad Ellis Island con cognomi inconfondibilmente italiani, orgogliosi del Paese di provenienza della loro famiglie. 

Sulla via del ritorno, da questo luogo, che ha rappresentato un porto di approdo per milioni di persone alla ricerca di migliori condizioni di vita,  non posso rinunciare alla curiosità di fermarla in un angolo  e farle raccogliere un po' di pensieri, con il vento in faccia.

Parliamo quindi,  lasciando alle nostre spalle il principale punto d'ingresso per gli immigranti che sbarcavano negli Stati Uniti.

“La prima cosa che mi viene da dire, dopo aver guardato le immagini e letto anche un un po’ anche la storia di questi immigrati, è che in fondo ben poco è cambiato rispetto ad allora; chi arriva oggi in barca, o in treno o a piedi, da un paese in guerra o semplicemente per migliorare le proprie condizioni di vita,  trova realtà molto simili. Simili sono infatti anche le circostanze economiche, perché i più poveri arrivavano qui con tutti i problemi del caso. Va detto subito però che avveniva in un Paese, come gli Stati Uniti,  che si era posto seriamente il problema della gestione dei flussi migratori, cosa che l’Europa ancora non ha imparato a fare.  Ci vogliono delle regole. Occorre strutturarsi per rispondere ad un’emergenza come quella che stiamo affrontando.” 



Un’emergenza umanitaria che certo non accenna a fermarsi e che racchiude un massaggio legato anche al nostro stile di vita, al futuro delle nuove generazioni, Debora Serracchiani ne conviene con noi.

“Venire qui, accompagnata anche da rappresentanti delle associazioni della mia regione ha aumentato l’emozione. - continua - i friulani e i giuliani, partiti dal Friuli-Venezia Giulia sono tantissimi, così come tanti altri italiani passati da qui. 



Tra l’altro ho fatto l’esperienza di cercare personalmente nei computer a disposizione un parente e di trovarlo. Questa è una grande emozione che ti fa sentire comunque un legame particolare con questo posto e quello che rappresenta. Ci sono quindi queste storie ancora vive e da raccontare ma anche tanti giovani. Dobbiamo fare in modo che siano loro i depositari di un racconto universale” 

Sul battello che porta a Ellis Island, Eligio Clapcich e Chiara Barbo. Un rappresentante di un’emigrazione storica, scappato nel ‘46 a quattordici anni da Fiume nascosto sotto il sedile di un camion,  ed una giovane che lavora  nel mondo del cinema che ha realizzato, tra l’altro. un documentario sulle giovani triestine emigrate in America nel dopoguerra. Tra i due un filo rosso importante e simbolico che racconta l’orgoglio di un’appartenenza che rivive oltre oceano,  con grande successo, senza retorica. Oggi come ieri.

Parlando appunto di giovani e del museo di Ellis Island la presidente ci dice: “Questo e’ un luogo che fa cultura e storia, soprattutto le nuove generazioni hanno bisogno di avere sia l’una che l’altra, con i piedi ben piantati per terra per spiccare il volo verso il proprio futuro e i propri sogni. E’ un posto che oggettivamente racconta tante storie, diverse ma allo stesso tempo simili, per cui credo che sia uno di quei luoghi dove porterei ogni singola classe di tutte le scuole italiane a vedere e a toccare con mano che cosa significa la paura della diversità e al tempo stesso la sua accoglienza.”



E di sogni si tratta. Di ieri come di oggi. Di futuro difficile.

E parliamo quindi con lei di sogno americano. L’ho vista molto concentrata mentre la guida raccontava. Questo mentre intorno a noi ogni angolo del museo viveva e narrava questo sogno. E fuori, dietro una vetrata e a pochi metri di acqua quella peranza di un futuro diverso. 

 “Qui in America hai ancora la sensazione di potercela fare, più che in altri luoghi. Hai l’impressione che l’impegno, le competenze e la forza di volontà ti diano l’occasione di migliorare la tua vita per prendere in mano il tuo futuro. E' una cosa che, in questo momento,  i giovani hanno difficilmente  in Italia, c’è molta meno fiducia.”

Ma questo non vuol dire che non esista la voglia di farcela. Di affrontare le difficoltà. Le sue parole vengono subito attraversate da una ventata di ottimismo.  “Credo che finalmente ci siano anche le possibilità per concretizzare i propri sogni.  Rispetto a qualche anno fa abbiamo numeri più positivi, è un Paese che sta uscendo fuori da una crisi lunghissima, che ha ritrovato credibilità internazionale a tutti i livelli. E’ fatto anche di grandissime eccellenze, ma soprattutto siamo di fronte a un Paese che finalmente ha abbandonato quello che è lo sport nazionale: parlare male di se stesso. 

Finalmente stiamo tirando fuori anche le nostre cose belle, partendo dal grande investimento che stiamo facendo sulla cultura intesa, non soltanto come luoghi della cultura sui quali l’impegno è fortissimo - basti pensare alla Reggia di Caserta, Pompei o al lavoro che stiamo facendo noi in regione su Aquileia - ma c’è anche una sensibilità rinnovata per la cultura, intesa proprio come sfida culturale. 

L’idea per esempio di essere l’unico Paese che ha  investito soldi sulla sicurezza, decidendo però che ciascun euro messo nella sicurezza sarebbe equivalso ad uno messo per la cultura, è oggettivamente un salto di qualità importante.”

La sua è una visita americana ricca di tappe, tra mondi diversi,  imprenditoriali e culturali. Questo a soli sei mesi da un’altra missione oltreoceano. Quali sono i motivi e gli scopi? “La nostra è una regione di confine, di emigrazione e di presenza internazionale molto forte. Abbiamo fatto un investimento importante sulle relazioni internazionali, portando a casa dei risultati gia’ molto importanti. Penso all’accordo che con la Baviera, siamo l’unica regione italiana che ha un accordo bi-laterale con il Länder della Baviera e penso anche all’intesa che abbiamo firmato con l’Iran sia per il porto di Trieste,  per la cultura e anche su altri settori, e poi ci sono ovviamente a tutti i rapporti che ci legano con i paesi Balcani e anche a quelli più vicini. 

 

New York e, gli Stati Uniti in generale, sono una meta molto importante perché l’export della regione verso gli Stati Uniti è in continua crescita ed è più elevato rispetto alla media italiana. Questo vuol dire che c’è grande interesse e che siamo una Regione che ha delle relazioni già consolidate in settori come la meccanica, la cantieristica navale, l’agro-alimentare. 

Possiamo assolutamente continuare ad espanderci, motivo per cui nella visita abbiamo fatto un lavoro molto specifico proprio sull’agro-alimentare con una partnership con Eataly che ha dato rinnovata visibilità a tanti prodotti, alcuni di questi già conosciuti, come per esempio il prosciutto San Daniele, altri meno.

È una visibilità che diamo a tutta la Regione perché i nostri prodotti sono collegati al territorio, quindi se una persona mangia il prosciutto San Daniele o assaggia per la prima volta il Frico o beve un bicchiere di vino, lo collega anche al posto dal quale il prodotto proviene.  Questo ci permette anche di fare un investimento sullo sviluppo turistico: lo scorso anno tutti i nostri siti maggiori, dalla montagna al mare, hanno avuto dei dati positivi.  Rispetto agli ingressi turistici e devo dire che c’è un’attenzione piuttosto importante anche da parte dei turisti che vengono dagli Stati Uniti.”

Nel corso del suo scorso viaggio in America la sua Regione ha curato molto i rapporti con l’ambiente accademico. L’impegno sta avendo i suoi frutti?

“Sì la scorsa visita è stata incentrata soprattutto sulla ricerca e la conoscenza delle università americane, ero accompagnata anche dai rettori delle università del Friuli-Venezia Giulia. Quelle reti si sono consolidate e ci sono dei progetti sui quali stiamo lavorando insieme. Stessa cosa faremo a Boston, presso il MIT (Massachussets Institute of Technology), un incontro che sarà sotto il segno della collaborazione ed avrà come oggetto la ricerca. Tutto il settore della ricerca, della conoscenza e dell’università, è uno di quelli che esportiamo con più successo, perché nella zona di Trieste, ma non solo, ci sono istituti di grande prestigio che ci permettono di instaurare collaborazioni importanti con diversi paesi e regioni internazionali.”

C’e’ anche un altra novità. L’apertura  del nuovo circolo dell’Ente regionale Acli per i problemi dei Lavoratori emigrati del FVG in Carmine Street a New York. 

“Si l’inaugurazione di una sede ERAPLE. Di questa visita colgo ancora due aspetti: il primo l’importante iniziativa del Consolato Generale di unire i giovani che sono venuti a New York per lavorare e farli incontrare con le maggiori aziende italiane presenti in città (Meet the Job Fair: evento che si è tenuto presso il Consolato Generale d’Italia lo scorso Sabato 14 Maggio ndr all'interno della serie Meet The New Italians), un sistema molto importante per far incontrare domanda e offerta di lavoro ed anche di dare un punto di riferimento ai giovani; in secondo luogo le nostre associazioni di friulani e di giuliani sono tante e da sempre lavorano nel mantenere i legami sempre ben stretti con la loro regione di provenienza. 




Adesso si stanno riadattando alla sfida delle nuove generazioni, hanno bisogno però anche di avere strumenti nuovi e forse un’attenzione in più per capire quale potrebbe essere il rapporto di questi ragazzi con il paese di origine dei genitori, e dei nonni.”

E chiudiamo la conversazione parlando di un’amica comune. Lidia Bastianich. Un grande ambasciatore della cultura italiana, originaria di Pola.

“Diciamo che persone come lei sono i nostri ambasciatori più efficaci per certi versi, senza togliere niente alla diplomazia, è però chiaro che il ben mangiare, il buono che c’è dietro ad un piatto curato con la creatività e la passione dei grandi chef come Lidia o Joe Bastianich, sono il biglietto da visita più importante. 

Il legame che loro sono riusciti a creare con la nostra terra, con l’acquisto dell’azienda agricola e la presenza in regione, sta rendendo ancora più forti i legami fra la terra d’origine e il loro lavoro in America.”



Lidia Bastianich  è una delle persone che hanno voluto fortemente il mese dedicato alla promozione del Friuli Venezia Giulia "Friuli Mouth", in corso a New York (e Chicago) con la presenza di 58 aziende della regione presso Eataly. 

 

E già si racconta di un mitico “Frico alla Lidia” che siamo tutti curiosi di assaggiare insieme alla sue celebri ‘ofelle triestine’. 

 

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