Today I am a new yorker!

(February 11, 2016)
Discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell'incontro con la comunità italiana al Museo Guggenheim


Vorrei in primo luogo ringraziare la collettività italiana e italo-americana per il caloroso benvenuto che ha voluto rivolgermi in occasione della mia prima visita negli Stati Uniti. Desidero, in particolare, rivolgere un saluto molto caloroso alle Associazioni che mi hanno invitato a questo incontro. 


La Conferenza dei Presidenti delle maggiori organizzazioni italo-americane, la NIAF, la Fondazione dei Cittadini di Cristoforo Colombo, l'Ordine dei Figli d'Italia in America, l'Associazione Americana dei Decorati dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, l'Associazione Nazionale delle Donne Italo-Americane e la Camera di Commercio Italo-Americana hanno dimostrato, e continuano a dimostrare, un particolare attaccamento al nostro Paese. I loro sodalizi costituiscono un'eccezionale testimonianza della profondità e dell'ampiezza delle relazioni tra Stati Uniti e Italia. Di questo, e per questo, desidero molto ringraziarle, così come ringrazio tutti voi presenti qui oggi.


È forte l'emozione che provo di fronte a voi nella splendida cornice del Guggenheim, un'istituzione che, anche grazie all'omonima collezione ospitata a Palazzo Venier a Venezia, testimonia in maniera eccellente l'inestimabile valore del patrimonio di legami che uniscono i nostri Paesi. In voi scorgo i volti di una storia fatta di coraggio, sacrificio, duro lavoro, ma anche di grandi successi che hanno plasmato nel tempo i destini della nazione americana, dell'Italia e - non è assolutamente un'iperbole - del mondo intero.


Gli Italiani costituiscono una componente fondamentale dell'emigrazione in questo Paese e forniscono da più di un secolo un contributo rilevante al progresso della società statunitense. Domani mi recherò ad Ellis Island, dove nel corso degli anni sono arrivati oltre quattro milioni di nostri concittadini, carichi di speranze e difficoltà, ma anche di fiducia nei confronti della terra che li avrebbe accolti. Tre milioni vivono oggi nei territori dello Stato di New York, New Jersey e Connecticut. Sono, orgogliosamente, americani e italiani e nel passato e nel presente di questi Paesi hanno le loro radici. Al futuro di queste due nazioni, queste donne e questi uomini guardano con forti aspettative, consapevoli della loro grandezza e ricchezza.


La città di New York ha rappresentato a lungo un porto di approdo per i connazionali alla ricerca di migliori condizioni di vita rispetto a quelle offerte dal nostro Paese alla fine dell'800 o all'indomani delle due Guerre Mondiali. Ad arrivare negli Stati Uniti erano prevalentemente cittadini provenienti dal Mezzogiorno, ma non sono mancati ingenti flussi provenienti dal Centro e dal Nord Italia. L'America ha aperto loro le porte, dimostrando come accoglienza ed integrazione rappresentino la spina dorsale di qualunque società che voglia definirsi autenticamente democratica, libera e forte. È una lezione che gli Stati Uniti impartiscono ancora oggi e di cui l'Unione Europea può far tesoro per rispondere all'odierna emergenza migratoria, con politiche coerenti e all'altezza dei valori di cui le nostre società sono - e si sentono a buon diritto - rappresentative.


Consentitemi oggi, Giorno del Ricordo, di rivolgere un pensiero particolare agli emigrati istriani, fiumani e dalmati e alle loro famiglie che hanno trovato conforto in questo Paese sfuggendo agli orrori subiti durante la Seconda Guerra Mondiale e anche al termine del conflitto. Costretti ad abbandonare le loro case e le loro terre, sono arrivati qui, con la fiducia che questa straordinaria città, questa terra straordinaria, questo grande Paese, avrebbero offerto loro una nuova opportunità di plasmare liberamente il proprio destino. E così è avvenuto.


Tanta storia comune, questa straordinaria amicizia tra Stati Uniti e Italia, sono oggi autorevolmente rappresentate dal Governatore dello Stato Andrew Cuomo, al quale rivolgo un ringraziamento amichevole e cordiale per la sua presenza, per le parole che mi ha rivolto e un saluto intenso da parte di tutti gli italiani per il suo lavoro e il suo ruolo così importante in questo Paese. 


Vorrei riprendere una considerazione che ha fatto poco fa il Governatore Cuomo: nella nostra comune amicizia, tra Stati Uniti e Italia, vi è un grande impegno contro il terrorismo, contro la violenza che semina morte e distruzione in tanti parti del mondo. Nel pomeriggio mi sono recato a Ground Zero a rendere omaggio alle vittime di quell'atroce attentato, a vedere il Museo, il Memorial, a vedere la nuova Torre che ha segnato la ripresa della vita e la grande vitalità di questo Paese : la risposta della civiltà contro la morte e l'odio. 


L'ingegno italiano e la forza creatrice degli Stati Uniti permeano il panorama di Manhattan e delle aree contigue di questa città, di questo Stato e ci ricordano quanto sia profondo il legame che unisce gli Stati Uniti e l'Italia. L'impronta del nostro Paese è riconoscibile anche in alcune delle più recenti opere che arricchiscono la Grande Mela, come la nuova sede del Museo "Withney" dell'architetto Renzo Piano, che ospita ed esalta alcune delle più importanti e significative opere di arte moderna americana.


Vorrei, in particolare, ricordare un'opera che non è frutto del talento italiano ma che di un italiano porta il nome: Giovanni da Verrazzano. Quel grande ponte, con le sue lunghissime e imponenti campate, uniscono Staten Island a Brooklyn; la sua costruzione ha consentito a milioni di persone di ammirarne la maestosità. Da molti anni, a seguito dell'intuizione di due persone, di cui un italo-americano, migliaia di persone da ogni parte del mondo si danno appuntamento su quel ponte per una sfida sportiva, unica al mondo, la maratona di New York. Una gara divenuta simbolo della città, della sua energia, che è quella dell'intera America, del suo intramontabile spirito competitivo, della sua capacità di sfidare le avversità, emergendo sempre più forte e sempre più sicura. 


Come quel ponte che unisce, anziché isolare, che accoglie anziché respingere, voi rappresentate un "ponte" tra Stati Uniti e Italia. Siete cittadini degli Stati Uniti, leali al vostro Paese, non avete però mai smesso di guardare all'Italia, unendo con le vostre energie le due sponde dell'Atlantico. Se l'Italia è ammirata, se i suoi talenti sono apprezzati, se la nostra amicizia è così grande, questo si deve anche al vostro operato e al modo in cui avete vissuto la vostra identità, americana con origini italiane.


Determinante in questo senso - così come è in Italia - è stata, ed è, l'impronta delle donne italo-americane. Desidero pertanto cogliere questa occasione per rivolgere un saluto riconoscente e cordiale all'Associazione Nazionale delle Donne Italo-Americane, che ha da poco festeggiato i 35 anni di attività, e alle sue associate, che con il loro impegno ricordano a tutti quanto sia stato fondamentale il contributo dell'universo femminile italiano negli Stati Uniti. 


Le relazioni tra Stati Uniti e Italia sono il prodotto di un articolato intreccio di relazioni politiche, economiche, culturali e personali, unico al mondo, che ieri ho avuto l'opportunità di registrare in un colloquio di grande cordialità con il Presidente Obama. Le maglie del legame che unisce le due sponde dell'Atlantico sono così fitte e così forti da renderlo indissolubile. È un legame che è stato forte in questi decenni, è forte oggi e sarà forte nel futuro. E questo, come dicevo poc'anzi, è in gran parte merito vostro, è merito anche delle Istituzioni diplomatico-consolari, culturali ed economiche del "Sistema Italia" presenti nei "Tre Stati", che si impegnano giornalmente con lo spirito e la devozione di chi sa di essere al servizio del bene comune di due Paesi e due popoli le cui fortune sono oggi legate in maniera indissolubile.


Vorrei concludere con queste parole che spero siano adatte e adeguate per esprimervi l'affetto dell'Italia nei vostri confronti e la mia personale amicizia. Lo faccio con un'espressione breve e simbolica : today I am a new yorker!

 

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