"Consigli al candidato sindaco di Napoli dell'anno del Signore 2100"

Gennaro Matino (October 07, 2015)
In una vecchia soffitta, sono inciampato in una cassapanca stracolma di pensieri, carte ingiallite dal tempo e dal tempo consumate e ho trovato...



CURIOSANDO in una vecchia soffitta, sono inciampato in una cassapanca stracolma di pensieri, carte ingiallite dal tempo e dal tempo consumate. Scrittura a mano sapientemente concepita, bella grafia per accattivare sguardi interessati alla lettura. Tra questi fogli l'occhio è caduto su uno scritto, non si sa quando datato, che al primo acchito pareva molto antico, ma da restar stupiti per la sua sorprendente modernità. In testa titolava: "Consigli al candidato sindaco di Napoli dell'anno del Signore 2100".


Sorpresa non da poco per chi nella gloriosa Partenope da sempre è viandante, soprattutto ora che l'agone elettorale è alle porte, anzi già è pronto a menar mazzate, anche se lo scritto per altra data si profetizzava e molto più avanti della nostra. Cosa avrebbe mai potuto immaginare lo scrivano antico del futuro governo di una città così complessa, frontiera di così straordinarie possibilità? Sarà possibile rintracciare in quel futuro preconizzato qualcosa che interessi al nostro candidato, tanto da provocare in lui sguardi visionari capaci di rinnovare la consistenza civile della città? Ho letto con interesse e un primo pensiero ha provocato in me strane suggestioni: dovrebbe essere della politica amministrare il presente e ragionare di futuro.


Ma se il futuro della politica è asfittico per incapacità dei politici di prevedere il futuro, materia che dovrebbero governare, orientare, organizzare, sarà mai credibile la loro proposta? Quanto ottimismo aveva lo scrivano antico nel passar consigli a chi doveva governar domani, quanta futurologia nel sangue dovrebbe avere oggi chi si appresta al governo della città, fondando il suo presente organizzativo proprio sull'idea di futuro che sogna e per cui lotta. La regola prima per il candidato, a detta dello scrivano, dovrebbe essere il non presentarsi ai cittadini con le mani in mano.


Non basterà nel 2100 dire ai votanti chi lo manda, a nome di chi si presenta, perché saranno la sua storia personale, la sua arte conosciuta, la sua capacità amministrativa ad essere le sue credenziali, anzi si guarderà bene dal lasciarsi risucchiare nell'angusto cerchio dell'appartenenza di destra, di sinistra o di altro perché dovendo servire tutti, quella appartenenza potrebbe perfino risultare antipatica a un elettorato stanco e deluso da fameliche congreghe esperte in parole di fumo. Si presenterebbe non da solo, in verità, ma con la sua squadra che da tempo e per tempo con lui ha elaborato la visione della città futura da coniugare con il presente da amministrare, una squadra che lo dovrebbe affiancare nel governo della città, volti di cittadini e storie conosciute per professionalità e competenza, non prodotti da giochi di potere, ma uomini e donne che la città eleggerebbe perché già eletti dalla loro personale storia, ora messa a disposizione del bene comune.


Il sindaco si presenterebbe inoltre anche con i futuri responsabili del governo delle diverse circoscrizioni, che farebbero parte integrante della sua proposta amministrativa con piani differenziati di sviluppo territoriale. Ai presidenti delle municipalità, con i quali dovrebbe il sindaco necessariamente condividere il governo della città, verrebbero passate gran parte delle responsabilità, oggi centralizzate, delegando agli specifici territori un gran numero di questioni, sia per meglio avvicinare i cittadini al municipio, sia perché in una grande città ogni municipalità ha una sua particolare consistenza e governarne una è diverso dal governarne un'altra. Soprattutto si impegnerebbe il futuro sindaco a rivoluzionare la macchina amministrava della città senza la quale ogni profezia diventa condanna.


Per farlo non mancherebbe il coraggio di scelte difficili ma necessarie che passano attraverso il doloroso ricollocamento strutturale e funzionale delle competenze e della forza lavoro a servizio del comune. I sindaci passano, gli impiegati, gli operai, i segretari, i sottosegretari, gli uscieri e i contro uscieri, i funzionari, gli agenti, i tecnici e i manovali restano, e il governo della città passa attraverso il loro prezioso e irrinunciabile servizio. Se funzionano loro, funziona la città. Tanto altro lo scrivano antico consigliava, ma è roba da soffitte, ingiallite carte per curiosi di futuro, nel frattempo altra sapienza s'appresta, altra idea di città s'inventa di certo più appropriata. La regola prima per il candidato dovrebbe essere il non presentarsi ai cittadini con le mani in mano.


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