La vera pace parte dal dialogo con le differenze

Gennaro Matino (July 16, 2015)
La pace è figlia dall'accettazione, della misericordia, del perdono, del dialogo con le differenze e con ogni diversità. Possiamo farcela, questo mi è sembrato il messaggio del Gay Pride, possiamo volerci un po' più di bene. Possiamo fare pace con noi stessi, con il mondo, stimarci quel tanto che basta e ci consenta di partire insieme, senza steccati, alla trasformazione del mondo perché sia più giusto e accogliente.


I COLORI del Mediterranean Pride hanno invaso Napoli, colori di una festa rumorosa, stravagante, capricciosa, innocente e stracciona, sfacciata e coraggiosa, processione di uomini e donne impropriamente chiamati diversi che rivendicando l'orgoglio del proprio stato, altro non hanno gridato che desiderio di pace.


Desiderio di una pace duratura conquistata sopra le resistenze di un mondo spesso ottuso che giudica e condanna prima di amare, ancor prima di conoscere. Pace duratura che è guerra duratura per chi ama la propria armonia, il bene preziosissimo della propria vita, unica e irripetibile, per chi si ama e si accetta per quello che è e non vuole sottostare a un modo perverso di incasellare le storie individuali, tutte già codificate, strutturate, decise, consentendo a chi governa di dividere presuntuosamente il mondo tra ciò che è il bene e ciò che è il male. Pace che ingaggi contro l'immobilismo dell'anima che uccide ogni aspirazione, offende ogni emozione, affonda ogni vero desiderio di novità, che ti metta in discussione con il tuo evolverti come storia, come uomo.

 

Può far piacere o meno, può far storcere il naso a qualcuno, a qualcun altro divertire, può muovere tenerezza o condanna, assenso o disgusto, ma in quella processione diseguale, varia di cultura, di gente e di genere hanno marciato coraggiosamente e a viso aperto, anche per coloro che ancora hanno paura di venire allo scoperto, i nostri figli, i nostri fratelli e sorelle, amici e compagni.


Piccola rappresentanza di un mondo molto più ampio che ci appartiene e ci interpella e, ci piaccia o meno, costringe e invita tutti, anche chi quel mondo proprio non riesce a capirlo, a prendere posizione, senza far finta di non vedere, e convincersi che quel mondo, qualsiasi siano i nostri convincimenti, continuerà ad esistere. I colori dell'orgoglio omosessuale, per strano caso e fortunata coincidenza, anche se dicono altro e altro raccontano, comunque rimandano per simpatia alla bandiera della pace, parola che per me, uomo di Chiesa, è fondamento di ogni relazione, è premessa di ogni annuncio, è dinamica di ogni relazione.


Parola che oltre la festa gay, troppo chiassosa per essere affine al mio modo di pensare ma non per questo meno degna di rispetto, ha provocato un ardente, profondo desiderio di riconciliazione tra mondi ingiustamente contrapposti. Pace vera, non accomodante, non fatta di parole che vengono smentite, di aperture promesse che in realtà sono chiusure più perverse, che raccontano di accoglienza ma nel profondo non dicono accettazione, che sembrano inaugurare nuove frontiere di vicinanza e in realtà restano parole ambigue per accontentare piazza e stampa. Un desiderio ardente di pace che finalmente dia a ognuno lo spazio di dignità che, oltre gli steccati ideologici, culturali, religiosi, sociali, merita ognuno per il solo fatto di essere uomo e, per chi è credente, figlio amato dell'Altissimo.


Desiderio di pace e non compromesso accomodante che proponga una libertà senza valori e un amore senza regole, ma pace come volontà assoluta di superare il tempo dell'odio spesso colluso con la falsa tranquillità della requie. La pace come requie genera mostruosità, è calma piatta senza conflitto d'amore, quella che porta ognuno ad infischiarsene dell'altro, che quando per sfortuna lo si incrocia nella propria vita lo si percepisce come contrario, perciò diverso e si comincia ad odiarlo, respingerlo, combatterlo: la requie è per i morti. La pace vera è la lotta che descrive la vita, è il dolore del superamento dell'odio, dell'avversità che dà emozioni, che sprigiona l'ebbrezza della gioventù eterna nel cuore di ciascuno. Una pace che sa di morte non serve a nessuno.


Le mille paure che attanagliano la nostra quotidianità spesso sono generate dall'ignoranza. Quante vittime miete la disistima, quante ne uccide il senso di colpa. E quanto danno è stato fatto dagli educatori, dalle ideologie, dalle politiche, dalle religioni usando il senso di colpa come arma di dominio o di controllo. La pace è figlia dall'accettazione, della misericordia, del perdono, del dialogo con le differenze e con ogni diversità. Possiamo farcela, questo mi è sembrato il messaggio del Gay Pride, possiamo volerci un po' più di bene. Possiamo fare pace con noi stessi, con il mondo, stimarci quel tanto che basta e ci consenta di partire insieme, senza steccati, alla trasformazione del mondo perché sia più giusto e accogliente.


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