Street art, political ideals, social values: la vita secondo Obey, tra genio e sregolatezza...

Francesca Di Folco (March 29, 2013)
Tra i brusii di Canal Street, nei dedali di viuzze di Soho e fra i graffiti di quartieri di tendenza come Williamsburg. E’ in questi meandri newyorkesi che imperversa Shepard Fairey, alias Obey Giant, anche dopo la consacrazione planetaria che deve al poster su Obama: appiccica sticker, affigge manifesti di Occupy Wall Street e colleziona arresti. La Mondo Bizzarro Gallery ospita per la terza volta a Roma l’exhibition del guru della pop modern art su strada, celebrandone opere, valori, stili e contraddizioni. i-Italy ha incontrato Sabina De Gregori, autrice de "Shepard Fairey, in arte Obey", che ci ha fornito le chiavi d’interpretazione delle stampe, regalandoci cammei sull'artist

Si metta un writer arrabbiato, il suo indiscutibile talento di graphic designer e il mood ideologico imperante nell’illustretor tutto basato sul Progresso...

La sua street art fregiata di must del tipo “Change”, “Hope”, “Vote”...

Si shekeri il tutto e, l’identità che traspare, risponde al nome di Shepard Fairey, in arte Obey...

Poster artist di fama mondiale, Fairey è autore del manifesto-icona che ha accompagnato il primo senatore democratico afro-americano, Barack Obama, durante la campagna elettorale del 2008, fino allo scranno più alto della White House, contribuendo a far aumentare visibilità, notorietà e forse anche all’elezione del 44° Presidente Usa. Tanto che Obama l’ha poi pubblicamente ringraziato...

Obey The Giant, come si fa chiamare, è tutto ed il contrario di tutto...

Allergico alle convenzioni, restio ad esser inserito in categorie di generi, sfrutta l’insight della sua pop art e l’essential della modern street convinto che il potenziale artistico, il creative power incentiva Changing ...

E’ con queste premesse che ci apprestiamo  alla Mondo Bizzarro Gallery, casa d’arte-gioiello che, dal 2011 ad oggi, ha ospitato più volte le stampe di Obey e tributato all’artist il giusto merito professionale nel panorama capitolino, dedicandogli ben tre personal exhibition.

L’ultima delle quali, tutt’ora in atto, ci fa entrare nei life concepts di Shepard Fairey...

Americano di Charleston, figlio di un medico e di un'agente immobiliare, Fairey nasce nel 1970 e cresce nella Carolina del Sud, da ragazzino non si separa mai dallo skateboard: ma non trovando né adesivi per la tavola né magliette dei gruppi punk preferiti, adotta il point of view- guide del Do It Yourself...

Tutto comincia nell’89 a Providence, nel Rhode Island, quando Fairey, studente della Rhode Island School of Design, idea e realizza André the Giant Has a Posse, iniziativa con cui crea sticker adesivi raffigurante il volto di André The Giant, lottatore di wrestling famoso per la sua enorme stazza, con cui tappezza strade e che dissemina sui muri, in pieno guerrilla style.  

Ribelle per natura, anticonformista per vocazione, non limita le sue incursioni a Providence, imperversando su e giù per gli States, da Los Angeles a Boston, fino a New York City...

In breve, diventa oggetto della curiosità di coetanei e non, e di lui si accorgono sia i media sia i tutori dell’ordine. Risultato: colleziona quindici arresti.

Comincia come un gioco, eppure quello che compie Obey è un gesto di ferma rottura...

Il writer in erba non sa ancora che con quell’adesivo sarebbe partita la campagna che avrebbe ispirato la maggior parte dei suoi lavori degli anni a venire...

Lo stesso Fairey ha poi spiegato che non vi era nessun significato particolare nè nella scelta del soggetto, nè nel gesto in sè...

Il senso della campagna era quello di produrre un fenomeno mediatico e di far riflettere i cittadini sul proprio rapporto con l'ambiente urbano...

È il primo passo di un percorso che lo porterà a mettere in gioco credibilità di strada e modus operandi ma che gli getterà addosso pioggia di critiche per le collaborazioni con brand come Visa e Apple, che lo condurranno in alto...

Il lead che ha dato il alla visibilità planetaria di Fairey è il manifesto Hope con cui l’artista riproduce il volto stilizzato di Barack Obama in quadricromia, che marchia a fuoco la campagna elettorale del 2008, divenendone l'icona identificativa...

Il manifesto si arricchisce e appare anche con altre due scritte: "Change" e "Vote".

Il comitato elettorale di Obama non ufficializza la collaborazione con Fairey, perché, come nella tradizione della street-art, i manifesti vengono affissi illegalmente, ma il presidente, una volta eletto, ha inviato una lettera al writer in cui ringrazia Fairey per l'“apporto creativo alla campagna, il privilegio di essere parte della tua opera d'arte e sono orgoglioso di avere il tuo sostegno".

Lifestyle artistico-creativo ed esistenza socio-culturale si fondono in Obey, diventano una coscienza unica, producendo un mix di passioni, mettendo in scena vortici di sentimenti e traducendosi in spinte propulsive d’impatto notevole...

Obey appoggia proteste ed iniziative di Occupy Wall Street sia con i suoi manifesti sia segnalando sul suo sito i numeri di telefono del sindaco di New York Bloomberg, del governatore Cuomo e dei responsabili dei vari distretti di polizia, dopo gli sgomberi e le cariche subiti dai manifestanti del movimento.

Le opere di Obey trovano spazio tanto in strada con manifesti, adesivi e poster quanto nelle gallerie d’arte su tela o tavole, pezzi unici o in tiratura limitata...

Cosa troveremo nei locali della Mondo Bizzarro Gallery? I muri parlano di arte e politica... Le pareti ci raccontano frammenti di miti americani...
Gli scorci ci sussurrano 
la storia della street art statunitense...
Dall’androne della Gallery, il tour di i-Italy si snoda tra le prints di personaggi-leggenda...

Davanti ai nostri occhi campeggia Obama progress, il manifesto che Fairey ha dedicato al sostegno della campagna elettorale di Obama, quadricromia famosa a livello planetario, dove al poster s’accompagnano Hope, Vote, Belive, words dalla portata enorme...

Sguardo ispirato, espressione sognante, ma tenace, lungimiranza illuminata proiettata nel futuro...


Con la stampa siamo dentro la visione del social change del writer, inteso come politiche di sfida e cambiamento...

Procediamo, lo sguardo è rapito dalla calda attualità americana...

Ecco il tessuto connettivo della real-politic statunitense che si fa strada dinnanzi a noi e prende forma...

Siamo dinnanzi alla maschera senza volto, ma dalla forte ideologia di Anonymous, che si erge a Phantom of Opera di giustizia mondiale, passiamo tra le action-moving de We are 99%, movimento di protesta di Occupy Wall Street, fino ad arrivare al mondo delle Arab Spring, stravolto dalla total ribellion, universo rivoltato dalla civil war, sovvertito dal sangue dei manifestanti, le cui prints in Obey si trasformano in Speranza, hanno i lineamenti puri di donne...

Così come è donna un altra stampa per eccellenza, quella dedicata ad Aung San Suu Kyi, leader politica della lotta non violenta per l’indipendenza Birmana, anche lei immortalata tra sfumature e nuance illuminate da toni di forza e pace... Ideals che riecheggiano quando, di seguito, ammiriamo il ritratto di Ghandi, emblema di Pacifismo...

Un fil rouge invisibile lega entrambe le opere alla celebre Defend Equality Love Unite, in cui Obey ci mostra come dallo stradiffuso pugno rivolto in alto, scaturiscono, fermi ed imprescindibili, i valori d’Uguaglianza e Giustizia sociale...

L’excursus targato Andy Warhol, prosegue nella seconda stanza della Mondo Bizzarro Gallery...

Ci affacciamo su un tripudio di scatti politici, storici, a carattere cosmopolita, rivisitati da Shepard Fairey in chiave pop-modern art...

Torniamo indietro nel tempo alla prima metà del ‘900 con stampe rosse di Stalin, Lenin, Mao e Marx, incorniciate di Revolution ed ideologie...

Un Regan ridente, ma dal volto graffiato stringe in mano gli slogan Legislative Influenze for sale e Corporative Violence for sale...

In Nixon è facile scrutare l’espressione di spauracchio dello scandalo Watergate...

Ci avviciniamo alla contemporaneità con ben due stampe di Bush junior che, nella prima assume i tratti di un moderno Hitler, ritratto con i caratteristici baffetti squadrati ed in un altra stringe in mano una bomba...

Segno eloquente di colpevolezza agli occhi di Obey per aver appoggiato la guerra in Iraq...

Ma è sul finir dell’exibition, quando s’immagina ormai di aver visto tutto, che alberga l’ultima chicca, quella finale, che regala anche una dimensione nazionale al nostro peregrinare tra i meandri psichedelici della street art obeyana...

Un Silvio Berlusconi fa bella mostra di sè, ritratto con fare scanzonato, strabordante di risate e che straccia la bandiera italiana, quasi a volersi prender gioco del Paese...

Tra il serio ed il faceto, sbattendoci in faccia la verità cruda o filtrata d’ironia, tra una risata ed un ghigno... è questa la vita per Shepard Fairey, alias Obey...

È incarnando tale spirito che il painter-writer sovversivo realizza le sue opere, dall'aspetto quasi ornamentale, ma dalla tempra, contenuto ed ideologia politica schierata, densi di sense of humor e carichi di pathos...

E’ una start up-fucina di valori insospettati, questo graphic artist ribbelle...

Shepard, con la sua pop-art di strada elevata al top, comunica il proprio think tank sul monopolio della pubblicità sulle menti nelle megalopoli...

Paesaggi urbani falsamente romantici, perché rovinati da industrie, smog e ripetitori, come in These sunsets are to die for ci costringono a riflettere su come il business system imperante colpisca l’Uomo, tramite il perturbamento del tessuto urbano, in ogni dove, fisico e metafisico, in una dimensione reale o mentale, obbligando il passante, assuefatto ai messaggi pubblicitari che quotidianamente lo bombardano, a chiedersi “cosa sto guardando? Cosa vogliono farmi comprare?”

L’arte dell’illustrator trasuda messages come high Need, big Necessity, social Problem primi fra tutti carenza d’acqua e siccità nei Paesi in via di sviluppo del Terzo mondo sinonimi di arretratezza e disperazione...

Obey, con il power of images, ci proietta in Environment sconquassati, donne e bambini assetati, si fa carico di dar voce ai Popoli inascoltati...

Il Bad Boy della street art con le sue produzioni pone l’enfasi su values, ideals e must dell’esistenza...

“Diritti umani”, “Democrazia”, “Pace”, “Giustizia”, “Privacy”, “Libertà civile”: ecco i principi dell’essere, i cardini della vita, i pilastri portanti dell’Umanità alla luce dei quali Obey si muove...

Il guru del graphic design ha elaborato uno style tutto suo e son davvero tanti i riferimenti cui si ispira per "realizzarsi" e che attraversano le sue opere...

Dall’interesse per il Costruttivismo russo alla propaganda sovietica che forgiano l’identità e pensiero di Fairey...

Dal point of view tecnico, il writer trae ispirazione dalle opere dell’illustrator newyorkese Milton Glaser, l’ideatore del logo I LOVE New York e stimoli dai lavori grafici dell’artista concettuale Barbara Kruger.

Ma quella di Obey è anche un’arte che ha conosciuto influssi d’eccellenza con il mito della pop modern Andy Warhol e impronte di genio dadaista dal sommo rappresentante del movimento, Jasper Johns...

Shepard Fairey fa incetta di film di John Carpenter, fa propri e rielabora i test di Rorschach, assorbe scritti di Marshall McLuhan e si nutre della filosofia heideggeriana...

Tutto converge in un gesto grafico capace di unire azione politica e culturale.  

In Obey c’è anche tanto di McLuhan...

“Il mezzo è davvero il messaggio che si esprime con fenomenologia heidegeriana - dichiara lo stesso Fairey nel suo Manifesto -, e consente all’essere umano gettato nel mondo di vedere ciò che è giusto davanti ai propri occhi, senza essere oscurato da un’osservazione astratta, cosicché le cose si manifestino”.

Straripano collaborazioni e contaminazioni tra i generi d’arte, autentici mix gioielli, con cui Obey infarcisce la sua carriera...

E’ mitica l’irruzione di Fairey ne I Simpson: da vita ad una gallery con la rivisitazione di Bart ed in cambio, gli autori del cartoon girano "Exit Through The Kwik-E-Mart", spassosissima parodia in cui Obey viene celebrato in una puntata dove Bart decide di diventare uno street artist e tappezza i muri di Springfield con lo stencil del faccione di Homer, apostrofando il logo del  writer. 
 

Ma non basta stare “con i piedi per Terra” e il Nostro fa un giro anche altrove. Nello Spazio...

Shepard Fairey balza nello spazio interplanetario cimentandosi in un ambito completamente diverso da quelli toccati in precedenza, l'esplorazione spaziale... 

L'artista progetterà il logo per Ark1, acronimo per Advanced Science and Research, missione della Nasa, in programma per settembre 2013, per il primo volo completamente gestito dal Casis, Center for the Advancement of Science in Space, organizzazione no-profit istituita dal Congresso degli Stati Uniti per promuovere la ricerca scientifica a bordo della Stazione spaziale internazionale.

“Volevo riprodurre gli aspetti più affascinanti della stazione spaziale e dare un senso di movimento -ha commentato l’artist- ma in un logo lo “spazio” a disposizione è limitato e bisogna semplificare gli elementi perché l'insieme funzioni: ho provato a ridurre e rendere astratta la stazione internazionale, cercando di dare al logo un buon aspetto d'insieme”...

E sembra proprio esserci riuscito...

Public Enemy e Metallica sex Pistol, Led Zeppening,

Personaggio fuori dagli schemi, carattere sui generis, indole turbolenta, Fairey è conosciuto anche per il suo fare controverso...

E criticato su più fronti...

Esponendo nella galleria newyorkese di Jeffrey Deitch poco prima che questi diventi direttore del Museo d’Arte Contemporanea di Los Angeles, Obey incrocia il mondo della moda sostenendo di “non tradire né l’ideologia né l’iconografia delle origini”, basate sulla presa di coscienza...

Suona strano detto da uno che qualche anno prima mise a ferro e fuoco Providence, Los Angeles con stickers per scuotere gli animi dal torpore di paiette e marketing pubblicitario patinito...

E piovono giudizi piccanti quando il writer per il suo ritratto di Obama, finito sulla copertina di Time e acquistato dalla National Portrait Gallery di Washington, viene citato in tribunale dall’Associated Press: nel realizzarlo ha utilizzato una foto senza curarsi del diritto d’autore.

Davanti ai giudici mente, si aggrappa a documenti falsi. Dopo due anni le parti arrivano a un accordo, ma i termini restano confidenziali...

Idem dicasi per il diktat l’illustratore californiano Mark Vallen che lo accusa di plagio, come se Andy Warhol o Jamie Reid non fossero mai venuti al mondo.

Manifesti infarciti di slogan politiche...
Poster densi di ideologie di vita...
Stampe vibranti  di invettive-must...

Quando lasciamo la Mondo Bizzarro Gallery una celebre frase di Majakovskij, ripresa da Shepard Fairey, riecheggia nella nostra mente : «Le strade siano i nostri pensieri e le piazze le nostre tele»...

Con gli occhi ancora pieni di leit motive della street art, i-Italy ha incontrato Sabina De Gregori, autrice del volume Shepard Fairey, in arte Obey, che ci ha fornito le chiavi d’interpretazione delle stampe, regalandoci cammei sull'artist.

Shepard Fairey nell'89 a Providence idea e realizza André the Giant Has a Posse, iniziativa con cui dissemina i muri della città con sticker che riproducono il volto del lottatore di wrestling André the Giant.

E' un atto artistico di notevole rottura con la tradizione della street art del momento: che senso ha tale gesto creativo? 

Oggi, a distanza di anni, e con alle spalle una carriera da writer, graphic designer e illustrator "al top" delle potenzialità d'espressione, Obey focalizza l'attenzione sulla società. Questa influenza il suo point of view sulla vita? Qual'è l'elemento più importante dal quale prende ispirazione?


La creazione dello stickers André the Giant has a Posse è nata come un gioco, non c'era l'intenzione di creare una rottura con la street art o con la tradizione artistica del periodo...
Il senso era quello di creare qualcosa di nuovo, soprattutto nella pratica dello adesivi, nell'idezione di immagini icastiche, ma soprattutto nel tappezzare l'intero paese con la stessa immagine che ha poi fatto da cassa di risonanza e catturato l'opinione pubblica. 

Il meaning della campagna era quello di produrre un fenomeno mediatico e di far riflettere i cittadini sul proprio rapporto con l'ambiente urbano...
 

The Giant in nuce già conteneva il nucleo del messaggio principale dell’arte di Obey: colpire tramite il perturbamento del tessuto urbano, obbligando il passante assuefatto ai messaggi pubblicitari che quotidianamente lo bombardano a chiedersi “cosa sto guardando? Cosa vogliono farmi comprare?”...

Obey immortala social movements e protagonisti della attualità incandescente, Arab Spring, Occupy Wall Street, Anonymous, Aung San Suu Kyi, leader dell'opposizione birmana, Defend Equality Love Unite.

 

Le proteste sono protagoniste della sua produzione artistica?

Sicuramente la scena ma soprattutto la denuncia sociale è al centro del lavoro di Shepard. I manifesti che ha creato per la Primavera araba e per Occupy Wall Street sono diventate delle icone-status symbol, rappresentative del momento e portatrici di un messaggio di cambiamento, di rivoluzione, di supporto alla causa.

L'arte di Obey è inequivocabilmente legata alla stampa sul Presidente Obama. Durante la campagna elettorale del 2008 l'illustretor ha supportato l'allora senatore di Chicago con le sue stampe e Obama, una volta eletto, lo ha pubblicamente ringraziato.

 

Quali ideali, valori, riforme e sfide politiche di quello che sarebbe divenuto il primo Presidente nero alla Casa Bianca infervorarono Obey?

Più volte Obey ha dichiarato di non essersi mai schierato politicamente a favore di qualcuno...

Prima dell'arrivo sulla scena statunitense di Obama aveva solo realizzato un poster contro Bush, ma mai un lavoro in cui dovesse sbilanciarsi verso una fazione politica.

Quello che ha colpito Shepard dell'approccio di Obama è stata la novità, la volontà di cambiamento, che poi ha scelto come unica parola da apporre sul manifesto "Change".

Un altro aspetto che ha inciso moltissimo è stata la capacità di coinvolgimento dei cittadini, soprattutto giovani, nella campagna elettorale.

Oltre a questo, l'idea che gli Stati Uniti potessero eleggere il loro primo Presidente nero era già di per sè un grande elemento rivoluzionario...

Fairey ha preso posizione anche durante la seconda campagna obamiana? E' di nuovo sceso in campo con altre produzioni a sostegno del Presidente?

Si è detto soddisfatto delle politiche e strategie di cambiamento messe in atto?

L'immagine di Obama è rimasta nella storia e lo stesso Presidente ha dichiarato l'importanza che ha avuto nel buon fine della campagna elettorale: Obey ha avuto la capacità di renderla sacra ed è stato il miglior canale di comunicazione per le persone che ne hanno condiviso appieno la forza e la potenza mediatica.

"Sono fiero di far parte del Change in atto -ha dichiatrato Obey in una recente intervista- perchè ciò dimostra che anche chi è fuori dal sistema e dalle lobby può influenzare la politica. Certo oggi Obama è troppo sulle difensive, continua l'artist, dovrebbe ritrovare la passione, la relazione emotiva con la gente che aveva in campagna elettorale"...

"Ci sono cose che mi hanno deluso: la riforma sanitaria troppo fiacca, il sì alle trivellazioni. Ma su tanto altro sta facendo bene"...

Qualche piccolo neo c'è , ma Fairey comunque continua a sostenere Obama e l'icona che ha creato vive di vita propria, rimane il simbolo dell'elezione e del cambiamento che è iniziato, avvenuto e che non si è mai fermato.

 6) Dalla real-politic odierna Obey irrompe prepotentemente anche nel passato...

 

Sul versante della politica interna ritrae Nixon, Carter, Regan, e non si fa mancare nulla in politica estera dove omaggia Marx, Lenin, Stalin, Mao... 

Sulla quadricromia del volto di Obama campeggiano, alternandosi a vicenda, "Hope", "Vote", "Believe", "Progress"... 

 

Parole-azione, slogan, battute, must tappezzano le altre stampe e incarnano ancor più lo status di graphic designer-illustrator mixato al writer pensante dell'artista, perchè arricchito da un think tank unico e esclusivo nel suo genere proprio di Obey, divenendo segni inscindibili della sua arte neo-pop... 

Obey è uno street artist ma oggi è completamente immerso nel mercato.

Ha l'atto creativo del pubblicitario con l'irriverenza dello street artist.
E' sfacciato ma capace di mettere le parole ad hoc accanto alla giusta immagine.
La sua è propaganda e riesce a centrare ogni volta il messaggio corretto da lanciare tanto da renderlo uno strillo più che un commento.

Ha una grande capacità comunicativa, conosce i meccanismi del marketing alla perfezione. Tanto da sfruttarli a suo vantaggio in ogni approccio ed occasione... 

 
Dal Costruttivismo russo alla propaganda sovietica, passando per I LOVE New York, opera d'arte dell'illustratore newyorkese Milton Glaser, ideatore del logo, e i lavori grafici dell’artista concettuale Barbara Kruger: Obey con la tecnica da poster-art in stile post-bolscevico condita da chiare impronte targate Andy Warhol e Jasper Johns, omaggia il genio di Carpenter, interpreta gli scritti di Marshall McLuhan, i test di Rorschach e la filosofia heideggeriana...

 

C'è questo e quanto altro nell'Obey style-manifesto

Oltre a tutto questo c'è l'attenzione millesimale per la realtà, che deve essere immancabile per dare un senso al proprio lavoro, renderlo attuale e valorizzarlo. Se un artista non parla al presente è difficile che smuova qualcosa di importante.

 
Dalle prints di Bart Simpson al logo Ark1, prossima missione della Nasa nello spazio: il power of illustration di Shepard Fairey spazia a 360° su campi inimmaginabili... strizzando l'occhio ad una energy source in particolare. Quella musicale. 

 

Fairey celebra i suoi eroi musicali traendo spunto da Joe Strummer e Johnny Cash, rivelando la passione per Sex Pistols, Metallica e Led Zeppelin...

Certo, la musica è sempre stata al centro del suo lavoro... 

Più volte ha raccontato lui stesso che a Charleston non esistevano negozi di merchandising musicale, magliette o gadget... e che ha iniziato a produrli da solo per sé e per i suoi amici. Ha proseguito lavorando in un negozio di skate e quando il proprietario ha visto il materiale che creava ha iniziato a metterlo subito in vendita. ed erano gli articoli che vendevano di più.

I lavori di Obay hanno risonanza internazionale: anche in Italia ha esposto per ben 3 volte alla Mondo Bizzarro Gallery, a Roma, e varie a Milano...

Quali sono le principali somiglianze e/o differenze, se esistono, tra pop modern e street art italiana e quella statunitense?

Ogni genere di street artist è diversa dagli altri, è questo che la rende così innovativa e originale. I paesi di appartenenza non rappresentano un linguaggio comune. Possono offrire degli spunti ad alcuni piuttosto che altri, ma in genere le voci personali degli artisti sono indipendenti e ognuno lavora su temi differenti, che stimolano una creatività specifica e molto individuale.

Fairey ha dedicato una stampa a Silvio Berlusconi. Singolare la scelta di ritrarre un leader politico che strappa la bandiera nazionale e, per di più, alle prese con grasse risate...  

Bizzarra si, ma non strana, anzi assolutamente in linea con l'approccio critico e di denuncia della società che mette in atto Obey.
Anche Banksy, a cui è stato attribuito ma non si ha la certezza sia veramente autentico, ha fatto uno stencil di Berlusconi colpito dalla statuetta a Milano, sotto la stazione Garibaldi...

Comments:

i-Italy

Facebook

Google+