Il Presidente della Repubblica Italiana. Dall’Eurocomunismo all’Unità d’Italia

Letizia Airos (March 23, 2011)
Giorgio Napolitano sarà a New York per celebrare l’Unità d’Italia. Ricordiamo il suo incontro con Barack Obama lo scorso anno, e la sua visita in America nel 1978 . Lo facciamo anche insieme al Professor Joseph LaPalombara e con alcune parole del compianto giornalista John Cappelli

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Aspettiamo tutti con ansia la visita del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha deciso di continuare negli Stati Uniti le celebrazioni del centocinquantesimo dell’Unità d’Italia.

 
L’ultima volta l’ho visto a Washington, nel corso della primavera dell’anno scorso. Gli ho stretto la mano e parlato con lui brevemente.
 
 

Quella del 2010 è stata un breve ma intensa visita per il Presidente della Repubblica. Una visita di cui forse non si è parlato abbastanza, trascurandone un pò la portata storica che ha visto il suo culmine nell’incontro con il presidente degli Stati Uniti. Vorrei ricordala ancora, nel momento del suo ritorno negli USA.
 
Un ex comunista incontrava un presidente americano nero alla Casa Bianca. Mi sono chiesta più volte in quei giorni cosa sia passato per la mente di Giorgio Napolitano, soprattutto alla luce di una sua altra visita, quella del 1978. Una visita a sua volta storica.
 
Erano momenti altrettanto difficili per il nostro Paese, erano passati 18 giorni dal rapimento di Aldo Moro (Presidente del partito Democrazia Cristiana) da parte delle Brigate Rosse quando Napolitano atterrò negli USA.
 
Allora cercò di spiegare agli americani cos’era e cosa stava diventando il Partito Comunista Italiano (PCI), l’ “eurocomunismo”, l’Italia del “compromesso storico.”
 
Sono ricordi in bianco e nero quelli del “compagno Napolitano”, allora giovane dirigente del PCI, negli Stati Uniti. Ne ho parlato con Joseph LaPalombara, Professore Emerito di Scienze Politiche presso l’Università  Yale. Fu lui ad accompagnarlo allora in molti incontri. Era veramente un altro mondo, ma ci piace ricordalo per accogliere il Presidente in questa altra visita importante che lo porta a celebrare l’Unità d’Italia.
 
Lui il comunista a cui per l'eleganza, la compostezza, la moderazione, diplomazia, precisione, venne dato il nomignolo di Lord Carrington (politico britannico conservatore), mentre altri lo hanno chiamato Principe Rosso, o Re Umberto, per la sua somiglianza Umberto II Re di Savoia.
 
In questi nomignoli un fondo di verità, nobiltà d’animo ed eleganza, quello di un uomo che, comunista o no, ha saputo servire lo Stato. E’ stato il primo comunista a diventare addirittura Ministro degli Interni con il consenso anche di un conservatore incallito come il grande giornalista ora scomparso Indro Montanelli
 
“Io, con due colleghi – racconta LaPalombara - abbiamo dovuto fare una lotta feroce per persuadere il governo Americano e permettere che venissero a trovarci i vari dirigenti del cosidetto euro-comunismo. Lui fu il primo ad arrivare nel ‘78 e venne ospitato da noi. Sono stato io presentarlo.
 
Fu bellissimo. Fece un’impressione molto positiva, ovunque andasse per gli Stati Uniti. Certo fu un giro abbastanza ristretto, il Governo federale voleva sapere tutto, minuto per minuto, dove si trovava questo comunista. Era il primo di una certa statura che aveva il permesso di entrare nel Paese. Hanno voluto che ci fosse un iter dettagliato."
 
Napolitano incontra, in pochissimi giorni, prestigiosi studiosi come l’economista James Tobin e lo scienziato politico Robert A. Dahl. Tiene relazioni a New York, Princeton, a Washington, Harvard, Yale, al Lehrman Institute of American History, al Council on Foreign Relations, alla Johns Hopkins e a Georgetown. Partecipa a seminari sull’Italia ed il PCI.
 
Certo allora gli interlocutori furono solo del mondo accademico, nessun politico, membro del congresso, ma è chiaro per lui deve essere stato molto importante non solo come leader politico ma anche a livello personale.
 
“Era molto contento di venire - continua a raccontarci LaPalombara - ha tenuto dei discorsi indimenticabili. Alla mia facoltà pensavamo che avremmo avuto un pubblico ristretto, invece vennero almeno 200 persone.
 
Mi ricordo poi benissimo una riunione al Council on Foreign Relations dove tenne un discorso sulla situazione economica italiana ed europea con avvocati, professori, banchieri. Ricordo i loro volti, erano quasi sbalorditi. E penso per almeno tre motivi.
Primo, era un leader comunista che parlava inglese scorrevolmente. Secondo il suo discorso era di una profondità inaspettata. Terzo era vestito all’italiana, con un bel vestito tagliato a mano.”
 
Ed il ricordo di quei tempi si affianca anche nelle parole di LaPalombara in maniera quasi naturale all’ultima visita di Napolitano negli USA. Quella in cui ha incontrato Barack Obama alla Casa Bianca.
 
“Un momento storico di un grande valore simbolico. L’incontro tra due personalità. Il primo presidente nero degli Stati Uniti, poi un ex comunista membro di un partito nemico degli USA che diventa il Presidente della Repubblica.”
 
Certo l’incontro con Obama è stato sicuramente il coronamento di quel lavoro da cesellatore che ha saputo accompagnare la storia d’Italia per quasi settanta anni.
Napolitano fu dunque il primo leader del Pci ammesso in quanto tale negli Stati Uniti grazie a un visto d’ingresso concesso in deroga ad una legislazione restrittiva. Ben altro è stato il suo viaggio lo scorso anno, viaggio in cui ha incontrato, non va dimenticato, anche Nancy Pelosi, donna italo-americana, Speaker della Camera, terza carica dello Stato.
 
Questa volta viene sicuramente a ribadire ai connazionali, e a tutti coloro che amano l’Italia qui,  che il nostro Paese ha bisogno di: "Uno scatto nuovo di sentimento e di consapevolezza nazionale che accomuni gli italiani di tutte le opinioni e di tutte le regioni." Così come ha detto nel corso delle celabrazioni del centocinquantesimo in Italia.

 

 

 
Un altro ricordo personale: a parlarmi per la prima volta di quel viaggio del ’78 fu John Cappelli, un giornalista italiano che purtroppo è venuto a mancare nel 2009. Allora corrispondente alle Nazioni Unite, John aveva continuato a rivendicare il suo essere comunista fino alla fine, nonostante fosse cittadino americano.
 
Cappelli raccontava con orgoglio di quando il futuro presidente della Repubblica Italiana venne a New York. Di come il suo inglese fosse ottimo, ma da rivedere, perché molto accademico. Di come lo editarono insieme.
 
Con gli occhi umidi di ricordi il vecchio giornalista mi disse come, nel rieditare il testo della relazione, s’era fatta notte, e Giorgio Napolitano lo stupì per la sua sensibilità: si preoccupava perchè John abitava lontano, nel Bronx, e avrebbe dovuto tornare a casa da solo nella notte.
 
Non poteva non venirmi in mente Cappelli che amava definirsi  “italo-italo-americano”, appena ho saputo dell’incontro tra Giorgio Napolitano e Barack Obama, non posso che ricordarlo ancora in occasione delle Celebrazioni dell’Unità d’Italia, qui a New York.
 
 
 
 

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