Giuliano Amato. Quella Nazione ancora incompiuta

Luca Delbello (February 21, 2011)
Il 17 febbraio l’Istituto di Cultura Italiano a New York ha ospitato l’ex Primo Ministro italiano Giuliano Amato. Oggetto della conferenza è stata la storia dell’Unità d’Italia e la nascita dell’idea di un’unica nazione

La platea dell'Istituto di Cultura Italiano a New York è abituata alle conferenze. Ogni anno diverse personalità influenti arrivano dall’Italia con la finalità di esporre progetti ed idee; il 17 febbraio è stata un’eccezione, più che una conferenza o un dibattito, il pubblico ha assistito ad una vera e propria lezione di storia contemporanea. Una lezione particolare, perché non si tratta solo di un professore di una prestigiosa università ma è anche uno dei politici italiani più conosciuti in patria e all’estero, parliamo di Giuliano Amato. E’ stata una lezione ancora più particolare negli intenti, poiché oltre ad essere ricca di dettagli e aneddoti storici, ha offerto un’ampia finestra sul presente regalando spunti di riflessione sulla situazione degli ormai prossimi festeggiamenti dell’Unità d’Italia.

L’intervento dell’ex Primo Ministro non ha toccato i temi che inondano le principali testate italiane, la delicata situazione politica e sociale che l’Italia affronta negli ultimi mesi non è stata commentata, così come non si è dato spazio alle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi; protagonisti della lezione sono stati invece Gaetano Salvemini, Carlo Cattaneo  e altri studiosi e pensatori politici cari ad Amato.

L’ambasciatore italiano a Washington Giulio Terzi di Sant’Agata e l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Richard Gardner con i loro interventi hanno ringraziato Giuliano Amato per la sua visita statunitense.

Dopo la presentazione di Riccardo Viale, direttore dell’Istituto, Giuliano Amato ha conquistato la scena iniziando la sua lezione con un punto di partenza che è anche il titolo della sua “tesi”: l’Italia è una nazione antica e incompleta. E per sviscerare i dettagli della sua tesi ha preso in prestito il concetto di nazione del francese Ernest Renan.

Secondo il filosofo, per avere una nazione bisogna avere due elementi alla base, un passato comune e un futuro comune. Il passato non è obiettivo ed i momenti da ricordare sono scelti assieme. Amato ha citato anche gli insegnamenti di Anne Marie Thiesse, che insisteva sulla scelta comune dei momenti da inserire nell’ambito della “tradizione” di un Paese.
 
Secondo l’ex Primo Ministro, la storia italiana inizia ben prima della sua Unità. Nel 1821 Manzoni scriveva che l’Italia era una sola, unita da un unico esercito, un’unica lingua e una sola religione. Sebbene non sia d’accordo sul singolo esercito, il politico concorda nella visione del famoso romanziere con la lingua, arricchita da tanti dialetti e con un’unica religione.

“Il progetto con il quale l’Italia fu creata era condiviso da molti giocatori ma l’azione era differente”, ha affermato Amato. Garibaldi e Mazzini condividevano la stessa idea con tipi di azione differente, lo stesso valeva per Cavour, che fu “un grande statista con mire espansionistiche, soprattutto per il suo Piemonte”.

Vi era dunque una differenza tra il Paese che esisteva e quello sognato, immaginato dai protagonisti dell’Ottocento italiano. Già all’epoca le visioni del futuro erano differenti, ed era solo l’inizio. L’idea di un’Italia federalista era centrale per molti pensatori dell’epoca, tra cui Cattaneo.

“Ma probabilmente, quella era l’unica Italia possibile”, questa l’affermazione di Amato che ha posto l’accento sull’impossibilità di creare un altro sistema Italia; Inghilterra e Francia non avrebbero mai permesso all’Italia di avere governanti al di fuori della loro sfera di azione e controllo.

“Eppure quest’Italia, seppur ricca di contraddizioni, riscosse successo in molti campi, se pensiamo alla migliore educazione che fu offerta dall’Unità d’Italia e alla creazione del sistema ferroviario, sogno di Cavour”, ha affermato l’ex Primo Ministro.

Gaetano Salvemini era un convinto federalista, ma anche lui pensava che quell’Italia fosse l’unica possibile e l’unica realizzabile. Scrisse molto sulla condizione dei poveri che mutò in Italia, basti pensare ai cimiteri, che erano appannaggio dei soli ricchi prima dell’Unità e che divennero “utilizzabili” anche dalla classe povera dopo il 1861.

“Molti cambiamenti, dunque, avvennero; ma il Paese era un obiettivo per il futuro”. L’immagine di un futuro che era ancora incerta e, soprattutto, non condivisa.

Andando avanti di qualche decennio l’Italia si è scoperta divisa anche nelle sue estreme ideologie, “fascisti contro comunisti”. “Eppure la nostra creatività di italiani dovrebbe farci sentire uniti”, questo l’auspicio dell’ex Primo Ministro.

A pochi giorni dai festeggiamenti per l’Unità di Italia gli italiani si dividono ancora. Alcuni 'padani' ricordano le loro radici celtiche e altri meridionali guardano con nostalgia al passato borbonico. La scelta di un passato comune e la visione di un futuro condiviso ancora sembrano non appartenerci. “L’Italia è un Paese unito, ma qualcosa rimane…Possiamo avere l’Italia senza gli Italiani?”.

Questa è la domanda che si fa Amato e lascia il pubblico in sala penserioso sul destino della nostra nazione; bella ma tuttosommato ancora incompiuta.

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