Alexander Stille. Il peso delle vittorie di Obama

Gina Di Meo (February 21, 2008)
Commentando le vittorie di Obama con Alexander Stille, giornalista, scrittore e docente di giornalismo internazionale alla Columbia University


 L’intervista che segue è stata realizzata commentando la netta vittoria di Barack Obama su Hillary Clinton alle primarie in Maryland, Virginia e District of Columbia.

Professor Stille, che peso si deve dare alle vittorie di Obama?

«Sono estrememente importanti perché se all’inizio si poteva pensare che le sue prime vittorie fossero “anomale” perché l’Iowa è uno stato piccolo, molto più bianco del resto degli Stati Uniti ma anche molto a sinistra e poi era un caucus e non una primaria, tende a stimolare gli attivisti del partito, quindi si trattava di una popolazione non rappresentativa del resto del paese. Ma vincere tanti caucus e tante primarie e non solo con il voto degli attivisti politici, dei laureati, dei giovani ma anche di categorie dove la Clinton prevaleva, vuol dire che lui non è un fenomeno effimero ma un candidato forte.

C’è già stato un candidato di colore, Jesse Jackson, che differenza c’è tra i due?

Totale. Sono di estrazione totalmente diversa, di generazione diversa e approccio politico diverso. Jackson, come tutti i leader neri della generazione precedente Obama, proviene dai ranghi della lotta per i diritti civili, ovviamente solo per la popolazione di colore, non per tutti gli Stati Uniti, era un candidato che non sconfinava oltre la comunità di colore. Obama non è un discendente degli schiavi, è una figura post-moderna di un mondo globalizzato. È figlio di uno che viene dal Kenya, che sposa una donna bianca americana, cresce alle Hawaii, in Indonesia, ha una sorella semi-asiatica quindi lui rappresenta un mondo post-razziale. Come uomo politico capisce che pur volendo rappresentare una parte povera della popolazione, deve saper parlare anche al resto della popolazione e lui dà l’impressione di essere molto a suo agio sia con i bianchi che con i neri, è un fenomeno molto interessante.

È scontato che il prossimo candidato sarà democratico?

No, nulla è sicuro. In teoria i democratici dovrebbero vincere queste elezioni per diversi motivi. Soprattutto perché hanno un vantaggio strutturale dovuto all’impopolarità di Bush che ha messo fine all’egemonia repubblicana. Attualmente i democratici sono avanti di un 10% ma queste non sono elezioni qualsiasi. Il candidato democratico quasi per certo sarà o una donna o un uomo nero, questo non si era mai visto. Ma ci sarà una certa percentuale, il fattore X, di elettori incerti che ha difficoltà a votare per una donna o per un uomo di colore. Non sappiamo quanto grande sarà questo fattore X. La controparte è John McCain, l’unico candidato presentabile tra i repubblicani, forse è vecchio, ma è un eroe di guerra che ha subito torture in Viet Nam. Certo davanti ad un candidato fresco come Obama sarebbe in svantaggio ma ricordiamoci che anche oggi, dopo tutti i disastri commesse, c’è ancora un 32% dell’elettorato che passerebbe tra le fiamme dell’inferno per Bush, per cui si comincia con questo 32% che in qualsiasi circostanza voterà per McCain. Il gioco alla fine lo faranno gli indipendenti. Sono persone moderate a cui interessa poco la politica. McCain è un eroe di guerra, la gente ha paura del terrorismo, Obama ha poca esperienza, non conosce il mondo. McCain ha subito torture e una cosa è sicura: ci saprà proteggere.

Come votano gli afro-americani?

All’inizio si era avanzato che la comunità nera non considerava Obama sufficientemente nero e per questo preferivano Hillary, ma i neri sono pragmatici ed intelligenti, hanno aspettato. Prima conoscevano molto meglio Hillary e se tutti i sondaggi in quel momento dicevano che lei era il candidato, loro volevano dimostrare lealtà nei confronti del vincente. Ma man mano che Obama è andato avanti, si sono resi conto che forse poteva esserci un presidente nero, una cosa mai vista fino ad ora.

Quanto contano razza e genere per la Clinton o Obama a questo punto?

Secondo gli exit poll di stasera (12 febbraio per chi legge, ndr), Obama ha vinto per la prima volta tra un elettorato femminile anche se si devono studiare le cifre perché c’è una forte presenza nera, ma secondo me le donne americane non avranno nessuna difficoltà ad appoggiare Obama, come alla fine i neri volterebbero Hillary. La parte, invece, che potrebbe impegnarsi fortemente per Obama sono i giovani e che si sentirebbero fortemente delusi se Obama non vincesse e potrebbero non andare alle urne, lo stesso per i neri. Se alla fine ci sarà una nomina ingiusta, ad esempio se Obama continua a vincere e per qualche gioco elettorale si porterà avanti Hillary, ci sarà rottura nel partito democratico.

Ma se alla convention di Denver i due candidati arrivano pari?

A quel punto deciderà l’establishment del partito, i superdelegates. Se Obama ha più delegati e la Clinton più superdelegati si rischia di andare contro il voto popolare, e la gente può anche decidere di non votare, questo a vantaggio dei Repubblicani.

E se Hillary non fosse stata la moglie di Bill Clinton?

Non sarebbe stata una candidata. Lei ha grandi vantaggi e grandi svantaggi. A mio avviso è un po’ un peccato arrivare alla Casa Bianca attraverso il matrimonio, preferirei una donna come Nancy Pelosi, o un qualsiasi politico donna che è entrato in politica in proprio e vince o perde in proprio.

Ci potrebbe essere un altro candidato? 

È difficile.

Il peggior difetto di Obama e Clinton?

Il difetto di Obama è di essere piuttosto vago nei suoi discorsi, dovrebbe discutere di più dei suoi programmi invece punta molto su slogan un po’ retorici, vuoti. Il difetto principale di Hillary è l’essere troppo calcolatrice, molto simile a suo marito, lei prima di prendere posizione su qualsiasi cosa si consulta con i sondaggisti. Non ho le prove ma sono sicuro che anche quando si è trattato di decidere l’intervento in Iraq lei si è consultata e le è stato detto che se voleva diventare il primo presidente con la gonna non poteva votare contro la guerra. Le avrebbero detto che era una debole. Obama nella stessa circostanza ha detto questo intervento non ha senso, è stato coraggioso.

E per i Repubblicani, come va interpretata la rimonta di Mike Huckabee?

Non andrà da nessuna parte, però potrebbe diventare vice-presidente o il paladino della parte conservatrice e strappare a McCain una serie di concessioni, ad esempio contro l’aborto, i matrimoni gay.

Quanto pesano alla fine gli “endorsement”, ad esempio quelli degli attori?

Dipende, gli attori contano perché sono in grado di rastrellare soldi a Hollywood, per il resto non contano più di tanto.

A giochi fatti, qual è l’elemento chiave che porterà alla scelta del presidente?

Varie cose potrebbero favorire. Se la recessione continua e l’economia è fonte di malessere, i democratici sarebbero favoriti, se la situazione in Iraq rimane stabile o migliora favorisce i repubblicani. Poi ci sono sempre le incognite, un attacco terroristico, un intervento militare.

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