Crescendo con Sanremo. Cosa rimane della tradizione?

Cristina Fei (February 21, 2010)
Al sessantesimo anniversario del Festival di Sanremo trionfa il pop dei talent show. Tra polemiche e provocazioni vola in finale anche il principe di Savoia in un terzetto inedito. L’edizione condotta da Antonella Clerici piace a 14 milioni di italiani, ma la rassegna canora ha ormai cambiato pelle. Un viaggio personale nelle pagine della memoria alla riscoperta di una tradizione quasi dimenticata.


SANREMO – “A tavola, la cena è pronta!”. Quella sera il rituale richiamo di mia madre aveva un sapore speciale. Erano gli anni Ottanta quando io e la mia famiglia ci riunivamo davanti alla tv per vedere il Festival di Sanremo. Per una sera eravamo tutti spettatori di uno stesso programma, in religioso silenzio. Come quando con la nascita della televisione italiana negli anni Cinquanta un intero condominio si radunava a casa di chi poteva permettersi l’acquisto di un televisore, all’epoca molto costoso. E incantati dalle luci dello schermo tutti guardavano quell’unico canale in bianco e nero.



Alle 22.45 del 27 gennaio 1955 c’erano otto milioni di persone ad attendere il primo Festival trasmesso contemporaneamente anche dalla TV dopo i titoli di coda del varietà di Tognazzi e Vianello "Un, Due, Tre". Un evento eccezionale visto che la prima vera edizione della kermesse canora nel 1951 andò in onda in radio, su Rete Rossa, per tenere compagnia ai giocatori d’azzardo. Costava 500 lire il biglietto d’ingresso del Salone delle Feste del Casinò di Sanremo e tra una scommessa e l’altra, il pubblico ascoltava le venti canzoni in gara eseguite da soli tre cantanti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano.

 



1984. I miei primi frammenti di memoria del Festival. Gli artisti cantavano in playback totale ma a me, ancora bambina, poco importava. Ero affascinata dalla scenografia luminosa, dalle lunghe scalinate laterali del palco e dai fiori colorati. Romina e Albano, giovani e innamorati, vinsero con “Ci sarà”. Era anche la prima volta che il Festival veniva trasmesso in diretta negli Stati Uniti, grazie a una rete radiofonica di New York: la INC.

 

Nel 1986 si tornava a cantare dal vivo. Lo ricordo bene perché la voce graffiante di Loredana Bertè e il suo look aggressivo un po’ mi inquietavano. In abito corto e aderente, tacchi a spillo e giacca borchiata, la Bertè non rinunciava alle provocazioni: si esibiva con la canzone “Re” indossando un finto pancione.

 

Nulla in confronto allo scandalo che suscitarono un paio di anni più tardi il salto di spallina e il seno nudo dell’ospite internazionale Patsy Kensit, cantante degli Eight Wonder e il brano Etienne, della francese Guesh Patti con un testo pieno di espliciti riferimenti sessuali.

 

E pensare che da piccola bastavano il viso scavato di Anna Oxa, le pettinature ingessate dalla lacca e il suo fisico scheletrico ad urtare la mia sensibilità. M’impaurivo e ascoltavo l’audio coprendomi gli occhi. Inoltre negli anni Ottanta le scenografie dei Festival erano molto scure, dominavano il blu e il verde. Il colore, un privilegio concesso ai telespettatori solo dal 1977 quando il Festival abbandonò il bianco e nero e venne trasmesso per la prima volta dal teatro Ariston.



Ben presto la Festa della Canzone superò i confini di spazio e tempo. Lo sapeva bene il primo e storico conduttore Nunzio Filogamo che apriva le serate del Festival con il consueto saluto “Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate”. Un invito a sentirsi parte della tradizione italiana, in qualunque posto e in qualunque momento.

 

Già, la tradizione. Perché  il Festival ha scritto le pagine della cultura del Bel Paese, ne ha fotografato l’evoluzione sociale, ha scandito gli eventi. Alle elementari ballavo insieme ai miei compagni di scuola “Papaveri e papere”. Non potevo sapere che quel brano, cantato nel 1952 da Nilla Pizzi, fu accusato di essere un inno di propaganda politica del Partito comunista italiano: i “papaveri alti alti” erano i dirigenti della Democrazia Cristiana, le papere il popolo. C’è chi disse invece che quel motivetto allegro voleva ironizzare sulla condizione femminile del tempo.

 

 Nilla Pizzi and Mina in "Papaveri e Papere"




Il Festival degli anni Settanta arrivò persino a dettare le mode: l’acconciatura a cespuglio di Marcella Bella, che esordì con “Montagne verdi”, divenne una mania fra le adolescenti. Per non parlare delle minigonne mozzafiato di Sabrina Salerno e Jo Squillo, in coppia nel 1991 con “Siamo donne”.

 

Crescevo, il Festival cambiava. Ma restava un appuntamento da non perdere. La musica mi piaceva sempre di più, il pubblico si affezionava ai cantanti. Vasco Rossi diventava un icona del rock, ben diverso dal rock’n’ roll dei “24 mila baci” di Adriano Celentano.

 

Negli anni Novanta il panorama musicale si arricchiva di nuovi talenti: Andrea Bocelli, Giorgia, Laura Pausini.

 

Adoravo la musica sì, ma altrettanto forte era il mio amore per la scrittura. Da qui nacque il mio sogno nel cassetto: un giorno sarei stata un’inviata a Sanremo.

Dieci anni più tardi ero lì. Giravo per le strade che odoravano di tulipani, girasoli, rose, orchidee. Nella tasca un taccuino, nelle mani una video camera per catturare ogni istante. Ero fra centinaia di giornalisti in sala stampa.

Davanti a me il palco calcato da Pippo Baudo e Mike Bongiorno. Quello su cui si erano esibiti Domenico Modugno, Claudio Villa, Luigi Tenco, Mina e Giorgio Gaber. Davanti a me l’orchestra che suonava dal vivo. La musica mi arrivava dritta allo stomaco e poi al cuore fino a farmi commuovere. Un’emozione troppo grande da contenere, troppo forte da raccontare.

 

A distanza di sessant’anni il Festival, ormai adulto come un padre, sembra aver perso il senno, la genuinità, la magia di una tradizione che passa per le orecchie, lo sguardo e s’imprime sulla pelle. Quella degli italiani.

 

Oggi, nel 2010, c’è bisogno di dimenticare i problemi quotidiani. E il pubblico fischietta già alla seconda serata il ritornello di una delle canzoni in gara, “Malamorenò” di Arisa. Una simpatica ventottenne, un po’ bruttina, che somiglia a un cartone animato. Con occhiali enormi e labbra rosso fuoco, sdrammatizza sul futuro. Perché in fondo “Può scoppiare in un attimo il sole, tutto quanto potrebbe finire, ma l’amore, ma l’amore no!”. Per non farsi mancare niente Arisa si fa accompagnare dalle sorelle Marinetti, tre coristi uomini vestiti da donne. Un chiaro riferimento alle Sorelle Bandiera (Tito Leduc, Neil Hansen e Mauro Bronchi), il trio comico e musicale di travestiti che spopolavano sul piccolo schermo negli anni Settanta.

 

Sono finiti i tempi di Modugno, quando nel 1958 la platea batteva i piedi a ritmo di “Nel blu dipinto di blu”. E quando un anno dopo la sua “Piove” conosciuta come “Ciao amore ciao” divenne un tormentone. Fu scritta quasi per caso durante la sua tournèe in America, nella stazione di Pittsburg dopo aver visto l’addio disperato tra due fidanzati.

Tra le note oggi si parla di corruzione, eutanasia, di disoccupazione e crisi mondiale. “Meno male che c’è Carla Bruni” recita la canzone di Simone Cristicchi. Una voce controcorrente che elenca i difetti e non le virtù di un’Italia in balia della mala informazione. Dove ciò che conta è il gossip, perché alla fine fa sorridere.

 

E ci ritroviamo in gara un terzetto pittoresco composto da Pupo, il tenore Luca Canonici ed Emanuele Filiberto di Savoia, erede della dinastia cacciata dall’Italia con l’istituzione della Repubblica e poi tornata dopo più di mezzo secolo. A quanto pare il principe biondo, occhi azzurri, ma senza calzamaglia né cavallo bianco conquista le fanciulle e domina i palinsesti.


 

 Pupo, Emanuele Filiberto and Luca Canonici in "Italia Amore Mio"




Vincitore dell’ultima edizione del programma “Ballando con le stelle”, sbarca persino al Festival di Sanremo. Non sa cantare, ma impugna l’asta del microfono come una rockstar. Messo lì non a caso. E’ popolare, è ormai un personaggio.

 

Corsi e ricorsi storici, che strano scherzo del destino! La giuria lo elimina, il televoto da casa lo salva.



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La gente nel teatro Ariston fischia, urla e si alza in piedi. L’orchestra si ribella al giudizio, lanciando gli spartiti in segno di protesta

. E’ caos. Graziato tra finalisti colui che canta “Sono qui, per dire al mondo e a Dio, Italia amore mio”.

 

Non c’è dubbio, sono i numeri dell’Auditel a trionfare, non la qualità. E tra le ruffianate di chi inneggia alla patria e l’imitazione mal riuscita di un divino Freddy Mercury, la spunta Valerio Scanu, nuova scoperta di un talent show.



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Il suo brano “Per tutte le volte che” si classifica al primo posto.



 

Insomma dov’è finita la tradizione italiana? Chissà cosa direbbe Nunzio Filogamo in occasione del sessantesimo anniversario. Forse sospirerebbe deluso: “Miei cari amici vicini e lontani…questa è l’Italia!”.



ANNO TESTO CANTANTE       1951 Grazie dei fiori Nilla Pizzi 1952 Vola colomba Nilla Pizzi 1953 Viale d'autunno Carla Boni e Flo Sandon's 1954 Tutte le mamme Gino Latilla e Giorgio Consolini 1955 Buongiorno tristezza Claudio Villa e Tullio Pane 1956 Apri le finestre Franca Raimondi 1957 Corde della mia chitarra Claudio Villa e Nunzio Gallo 1958 Nel blu dipinto di blu Domenico Modugno e Johnny Dorelli 1959 Piove Domenico Modugno e Johnny Dorelli 1960 Romantica Tony Dallara e Renato Rascel 1961 Al di là Betty Curtis e Luciano Tajoli 1962 Addio...addio! Domenico Modugno e Claudio Villa 1963 Uno per tutte Tony Renis e Emilio Pericoli 1964 Non ho l'età Gigliola Cinquetti - Patricia Carli 1965 Se piangi se ridi Bobby Solo e i Minstrels 1966 Dio come ti amo Domenico Modugno e Gigliola Cinquetti 1967 Non pensare a me Iva Zanicchi e Claudio Villa 1968 Canzone per te Sergio Endrigo e Roberto Carlos 1969 Zingara Bobby Solo e Iva Zanicchi 1970 Chi non lavora non fa l'amore Adriano Celentano e Claudia Mori 1971 Il cuore è uno zingaro Nada e Nicola Di Bari 1972 I giorni dell'arcobaleno Nicola Di Bari 1973 Un grande amore niente di più Peppino Di Capri 1974 Ciao cara come stai? Iva Zanicchi 1975 Ragazza del Sud Gilda 1976 Non lo faccio più Peppino Di Capri 1977 Bella da morire Homo Sapiens 1978 E dirsi ciao Matia Bazar 1979 Amare Mino Vergnaghi 1980 Solo noi Toto Cutugno 1981 Per Elisa Alice 1982 Storie di tutti i giorni Riccardo Fogli 1983 Sarà quel che sarà Tiziana Rivale 1984 Ci sarà Al Bano e Romina Power 1985 Se m'innamoro Ricchi e Poveri 1986 Adesso tu Eros Ramazzotti 1987 Si può dare di più Tozzi-Ruggeri-Morandi 1988 Perdere l'amore Massimo Ranieri 1989 Ti lascerò Fausto Leali e Anna Oxa 1990 Uomini soli Pooh - Dee Dee Bridgewater 1991 Se stiamo insieme Riccardo Cocciante - Sarah Jane Morris 1992 Portami a ballare Luca Barbarossa 1993 Mistero Enrico Ruggeri 1994 Passerà Aleandro Baldi 1995 Come saprei Giorgia 1996 Vorrei incontrarti fra cent'anni Ron e Tosca 1997 Fiumi di parole Jalisse 1998 Senza te o con te Annalisa Minetti 1999 Senza pietà Anna Oxa 2000 Sentimento Piccola Orchestra Avion Travel 2001 Luce Elisa 2002 Messaggio d'amore Matia Bazar 2003 Per dire di no Alexia 2004 L'uomo volante Marco Masini 2005 Angelo Francesco Renga 2006 Vorrei avere il becco Povia 2007 Ti regalerò una rosa Simone Cristicchi 2008 Colpo di fulmine Giò Di Tonno e Lola Ponce 2009 La forza mia Marco Carta 2010 Per tutte le volte che Valerio Scanu





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