Tusiani, l’italiano che regala poesia al mondo

Giovanna Chiarilli (December 23, 2009)
San Francesco, Foscolo, Boccaccio, Machiavelli, Dante, Manzoni e Pascoli, ecco i classici tradotti in inglese. “Ho realizzato il sogno di Lord Byron”.


A 12 anni componeva sonetti solo in italiano, precisazione doverosa visto che Joseph Tusiani ha scritto poesie in inglese, spagnolo, dialetto garganico e 7 volumi in latino. Stessa lingua di Pro senectute mea “in cui si lamenta la facilità con la quale un giovane, vedendo il passo lento di un vecchio, crede lenta e inerte anche la sua mente, quel Lucis Principium, quella fonte di luce che in un unico nodo lega fanciullo e vegliardo”.

Nato nel 1924 a San Marco in Lamis, raggiunge il padre a New York. Professore nel Bronx, con The Return vince il Greenwood Price, prestigioso riconoscimento assegnato per la prima volta, nel 1955, ad un “americano”.

Joseph Tusiani: il più grande poeta neolatino contemporaneo. Ma sembra non rendersi conto dello spazio conquistato nell’olimpo della poesia, per i suoi versi e le traduzioni che hanno fatto amare le pagine più esaltanti della nostra poesia oltre l’Italia. “Ci sono cose nella vita che ci rendono fieri di averla vissuta. Nel mio caso è l’aver fatto conoscere al mondo anglosassone la poesia di Michelangelo. E' il libro che fece dire a tutti, cito il Presidente Kennedy e Martin Luther King: ‘Ma era anche poeta quell'uomo?’ E l'orgoglio di aver realizzato il sogno di Lord Byron: tradurre i 35.000 versi del Morgante del Pulci di cui aveva reso in lingua britannica solo il primo Cantare, per poi arrendersi”.

La quotidianità con Manzoni, Dante, il soffermarsi su ogni verso a percepire le sensazioni che hanno dato vita a quelle parole, non portano Tusiani a definire il suo autore preferito. “Scegliamo poeti o compositori secondo i bisogni spirituali, gli stati d'animo. In certi momenti si preferisce la musica di Monteverdi a quella di Verdi, o Bach. Non posso pensare che nella festosità di un banchetto nuziale, si possa leggere ‘Per le nozze della sorella Paolina’ di Leopardi”.

Intere opere trasformate in un'altra lingua, come non pensare al conflitto tra poeta e traduttore. “Un esempio che potrà sembrarle immodesto. Quando traduco, diciamo Michelangelo, dico a me stesso: ‘Sono Michelangelo che scrive in inglese, sua lingua natia’. Bisogna mirare tant'alto per arrivare al segno voluto”.

A raccontare le anime, le identità del poeta, Cosma Siani, docente d’inglese all'Università di Cassino in ‘Joseph Tusiani: l'Io diviso’ che sottolinea “la scissione dello spirito, della mente, l’inarrestabile oscillazione tra due patrie e due lingue”. A definire la produzione in inglese, i versi: two languages, two lands, perhaps two soul:/ am i a man or two strange halves of one? Ma anche alla domanda ‘di queste due patrie, di queste due lingue, qual è veramente mia?’ Tusiani non può rispondere, mentre “il problema della lingua mi illudo di aver risolto col rifugio nel latino, la lingua ancestrale, di un mondo diverso e perciò nuovo e solamente mio”.

I poeti: eccitatori di sentimenti per Eratostene, esseri superiori alla ricerca di ebbrezza, esaltazione che porti a liberare su un foglio sensazioni che non vogliono rimanere prigioniere della mente. O semplicemente esseri che sanno guardare oltre?... lo spazio, il tempo, l’umano. Sarà questa l’ispirazione? “Ogni cosa fa scattare l'ispirazione che trasforma il noto in ciò che diventa nuovo. E’ il compito della poesia: trasformare il Notum in novum, è Orazio a dirlo”. E quali autori contemporanei vorrebbe tradurre Joseph Tusiani? “Dovrei pensarci”. Senza commenti, lascio il poeta alla sua Musa, nell’attesa che torni “a dittarmi dentro”, a Manhattan o in un altro angolo del mondo.

 

(Pubblicato con il consenso dell'autrice e de "Il Punto")



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